Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Siria

Indice del libro

1947/48 modifica

Inizialmente, la Force Aérienne Syrienne era quasi inesistente, con un totale di 15 addestratori armati SNJ-5 Texan e un Piper J-3 Cub. In seguito ordinò altri aerei, in particolare è nota la fornitura di Fiat G-55A, versione export con 4 mitragliatrici da 12,7 mm, ordinati nel 1948.

1956 modifica

La dotazione della Forza aerea all'epoca della Seconda guerra arabo-israeliana era costituita finalmente dai primi jet: 7-12 Gloster Meteor NF Mk.13 da caccia notturna, 11-14 Meteor F Mk.8 e T Mk.7, nonché due ricognitori FR Mk.9 inglesi, oltre ai primi di centinaia di MiG: 25 MiG-15Bis di costruzione cecoslovacca (Avia), alcuni MiG-15UTI, alcuni degli originari 26 G.59-2A e 2B, qualche G.59-4A, aerei addestratori SNJ-5 Texan, Fiat G.46, DHC Chipmunk e trasporti Il-14.

1967 modifica

Con un esercito di 105.000 uomini, 550 carri e 120 aerei, la Siria era molto rafforzata rispetto al passato.

  • 90 MiG-17F/PF /C-D)
  • 16 MiG-19S (Farmer C)
  • 20 MiG-21PF(Fishbed-D)
  • 6 Il-28
  • 10 MiG-15UTI
  • aerei L-29 Delfin

Nonostante la notevole potenza che già la Siria possedeva, essa venne duramente sconfitta perdendo gran parte dell'aviazione quel 5 giugno del '67, per poi perdere le Alture del Golan poco dopo. Di fatto i siriani non ebbero alcun successo in questa violenta guerra che venne chiusa rapidamente, dopo la caduta di Gerusalemme già il 7 giugno, un giorno prima dell'arrivo sul canale di Suez, e due giorni prima che gli israeliani attaccassero le alture. Nonostante i siriani non si fossero scomposti durante le prime fasi, stando piuttosto a difendersi in ben protette postazioni di difesa, i reparti misti di carri e fanteria israeliani crearono presto dei varchi, aiutati anche dagli elisbarchi, e sfondarono le posizioni, fino a mettere in fuga la fanteria e a far abbandonare i carri ai reparti corazzati. Con l'aria dominata dagli implacabili attacchi aerei e il supporto delle artiglierie, il morale dev'essere crollato, accentuando tale stato dal fatto che, nonostante il terreno impervio, l'avanzata nemica era stata così veloce. I siriani rimasero a proteggere quella parte non così grande di territorio che manteneva in salvo Damasco, ma non fecero di più di così, né interessò molto agli israeliani fare avanzate in questo settore oltre all'occupazione delle alture più importanti del confine con la Siria.

1973: la Guerra del Kippur vista dal lato Est[1] modifica

Se l'Egitto fu pressoché l'unico avversario sul 'Fronte occidentale', la Siria era sì la principale, ma non l'unica forza da combattimento in quello orientale. Questo verrà poi esplicitato descrivendo gli eventi, in cui le forze dei Paesi arabi amici o quantomeno, alleati a Damasco si dovranno, loro malgrado, esporre per combattere contro gli israeliani.

L'aviazione siriana era ritornata, grazie alle forniture sovietiche, più che rigenerata dalle perdite di 6 anni prima. La sua forza era costituita, all'inizio della guerra, secondo ricostruzioni piuttosto attendibili da:

  • 94 MiG-21PFM (Fishbed-F)
  • 45 Su-7MF (Fitter-A)
  • 120 MiG-15, 17, 19
  • 12 Il-14
  • 6 Mil Mi-6
  • 30 Mil Mi-8[2]

Non era ancora molto, ma nondimeno si trattava di una forza abbastanza moderna, che rispetto alla precedente guerra aveva ottenuto un certo numero di MiG-21 di seconda generazione, i pesanti Su7 e gli elicotteri a turbina Mi-6 e Mi-8. Da sola, comunque, non allineava che 260 apparecchi, e quindi inferiore sia in quantità, oltre che in qualità, ai mezzi della HHA.

L'obiettivo dei siriani era liberare i territori perduti nel '67, e l'occupazione della piana di Hule, che è in Alta Galilea e che serviva per ridurre la possibilità di offensive israeliane verso gli affluenti del Giordano. Prima si doveva attaccare le difese israeliane, poi arrivare alla Piana, il Mar di Galilea (o Lago Tiberiade) e oltre, sempre che possibile. C'era da attaccare su due direttrici, Damasco-Kuneitra-Valle di Hule, e contro il M.te Hermon, avanzare di 8-10 km, far scattare in avanti le unità di riserva, e conquistare la valle del Golan entro la mezzanotte del 7 ottobre.

 

L'armata siriana aveva in tutto 3 divisioni di fanteria e due corazzate. Delle prime, la 7a era a nord, la 9a al centro e la 5a a sud. Le seconde erano la 1a e la 3a. Una brigata corazzata della 3a era a rinforzo della 7a, le altre due brigate, di cui una meccanizzata e l'altra corazzata, erano nel settore della 9a, assieme a tutta la Prima divisione corazzata. Ma non c'erano solo queste, esistevano anche la brigata marocchina a nord, e la brigata meccanizzata della Guardia Repubblicana, con i T-62 (i più moderni carri arabi), che doveva proteggere Damasco. Non solo, ma c'erano anche i libanesi e i giordani che dovevano impedire all'Esercito di aggirarne la linea d'azione a nord o a sud. Infine, gli iracheni, come già in altre guerre, ritornarono (per l'ultima volta) a costituire la forza di riserva strategica.

Alle 14 in punto i siriani aprirono il fuoco sul fronte del Golan, sia con un pesante bombardamento d'artiglieria su oltre 100 batterie (> di 600 pezzi), sia con limitati attacchi aerei e missilistici. I siriani lanciarono infatti numerosi razzi FROG-2 e FROG-3, che però si dimostrarono imprecisi (oltre 500 m di CEP) e colpirono prevalentemente aree civili. Gli egiziani, dal canto loro, tirarono almeno 3 SS-1 Scud B e diversi razzi FROG-3 e 7, tanto che due di questi (forse nella meno potente e veloce -3) vennero dichiarati distrutti dagli israeliani con i sistemi contraerei (gli unici capaci di tanto, eventualmente, erano gli HAWK). Gli egiziani lanciarono anche numerosi missili AS-5 Kelt da parte dei Tu-16, stavolta salvati dalla distruzione preventiva dei loro compagni del '67. Di 25 missili tirati, pare anche contro bersagli navali, solo 5 raggiunsero i bersagli designati, a quanto pare colpendo due postazioni radar e un deposito (tanto che vi sono dubbi che i Kelt usati fossero di tipo antiradar e non una versione convenzionale dei tipi strategici, con il sistema di navigazione inerziale ma nessun tipo di guida finale). Dell'altra ventina non è chiaro se alcuni siano andati abbattuti (essendo delle grosse armi marginalmente supersoniche, erano in tal caso senz'altro bersagli piuttosto facili per i missili HAWK).

Gli israeliani avevano considerato, al pari che nel Sinai, la possibilità di subire un attacco preventivo. Così realizzarono una linea simile alla Bar-Lev del fronte occidentale, che correva sulla 'Linea Viola', stabilita dopo il cessate il fuoco del '67, che comprendeva 11 postazioni fortificate in posizione tale da dominare le colline e una dodicesima, ancora più importante, che era sul Mt. Hermon, da cui si poteva osservare il territorio nemico fino a Damasco, la capitale siriana. Quando si considerano queste guerre arabo-israeliane, bisogna sempre tenere a mente gli spazi ristretti su cui vennero combattute: nulla a che vedere, tranne che nel fronte occidentale, con la guerra combattuta tra l'Asse e gli Alleati tra l'Egitto e la Tunisia. Queste opere si avvalevano della protezione data dal terreno circostante, ma anche di campi minati e ostacoli come i reticolati. Non solo, ma le 17 colonie impiantate nella zona dopo il conflitto erano previste anche come centri di resistenza.

In ogni caso, i siriani attaccarono pesantemente nella zona di Rafid con la 5a Divisione di fanteria e parte della 9a, in funzione di preparazione per i preziosi carri della sopraggiungente 1a Divisione corazzata. Nel contempo, anche a Kuneitra la 7a attaccò, supportata da elementi della 3a. Quest'ultima grande unità era a Sud, assieme alla 9a e parte della 1a. L'attacco siriano mirava a conquistare i due passaggi principali sul fiume Giordano, uno dei quali era il Ponte dei Figli di Giacobbe, il più importante dei due perché serviva le forze israeliane sul Golan. Prima avrebbero dovuto attaccare le brigate meccanizzate per la conquista delle alture più vicine, poi doveano continuare le brigate corazzate e per superare le difese c'erano mezzi gittaponte e apripista, il che consentì di superare il profondo fossato anticarro costruito dagli israeliani.

La situazione sembrava compromessa, una vera falange di migliaia di veicoli, tra cui buona parte dei 1.500 carri siriani, stava riversandosi sui difensori israeliani. Ma questa armata era costretta a dibattersi in un territorio ridotto e stretto, che diede ai pochi difensori, con poche decine di carri, modo di rispondere al fuoco. I loro carri, specie i Centurion, presero posizione dalle piazzole di cemento, e cominciarono a sparare addosso ai mezzi nemici da grande distanza. La situazione fu talvolta un vero 'tiro a segno', tanto che un Centurion riuscì a colpire 29 carri siriani, quasi l'equivalente di un battaglione, prima di essere messo KO, e di essere lasciato sul posto come monumento ai carristi israeliani. Alle 17:30 era già notte, ma gli scontri continuarono grazie ai sistemi IR dei mezzi sovietici. Tuttavia gli israeliani, che quei sistemi a quanto pare non avevano (sebbene molti tipi di carri avessero la predisposizione per sistemi IR o per proiettori a luce bianca, come quelli dei Super Sherman), si fecero illuminare il campo di battaglia con l'artiglieria (usando i bengala, il fosforo bianco è in realtà piuttosto 'controproducente' se c'è da vedere qualcosa, visto che principalmente è un agente fumogeno) e basandosi sulle vampe dei cannoni nemici, talvolta persino sul rumore dei cingoli, cercarono con successo di localizzare i corazzati avversari nelle tenebre, squarciate dalle fiamme e dalle vampate, poi dai bengala. La superiorità di gittata utile dei carri israeliani continuò in molti casi a essere valida persino in quell'infernale notte di battaglia, grazie soprattutto all'illuminazione artificiale. I tiri d'artiglieria dei siriani continuarono durante la notte dalle 22 alla mattina successiva. Il Golan era un settore altamente pericoloso per i due contendenti, non c'era margine per ritirarsi né per Israele né per la Siria. Per cui, mentre il Sinai poteva essere anche sacrificato per intero, il Golan doveva essere tenuto a ogni costo. Qui l'aviazione eseguì molte pericolose missioni d'attacco, non meno che sul Sinai. La guerra durava da 36 ore, quando all'una dell'8 ottobre i siriani cessarono l'offensiva, date le perdite subite in combattimento. Una delle sorprese furono i riservisti israeliani. Per gli Arabi i loro reparti erano mobilitabili solo dopo qualche giorno dall'inizio delle ostilità. Invece, viste le dimensioni così ridotte di Israele, vennero attivate dopo poche ore, anche per questo ci sono foto di militari 'capelloni' che evidentemente non ebbero tempo di passare dal barbiere prima di partire a combattere. Insomma, era il vecchio esempio dei 'minuteman' americani, che vuol dire letteralmente 'riservista pronto in un minuto' (lo stesso nome sarebbe stato dato poi ai missili ICBM del SAC, a tutt'oggi in servizio con le ultime batterie).

La battaglia ricominciò poco dopo alcune ore, ma la 7a Brigata corazzata israeliana continò a tenere testa alle avanzate nemiche, imbottigliandole e dirigendole verso la Valle delle Lacrime ed escludendoli dall'altopiano. La cadenza di tiro, precisione e depressione del cannone dei carri inglesi e americani era di aiuto rispetto agli equivalenti sovietici, a dimostrazione che la guerra 'vera' non si fa calcolando solo il calibro o la potenza del cannone. I pezzi da 105 mm L7 e M68 dimostrarono la loro superiorità anche sui 115 mm sovietici, date le distanze utili maggiori di cui erano capaci, e con una maggiore cadenza di tiro e riserva di munizioni (fino a 50-60). Ma tra le colline vi furono anche scontri a meno di 200 m. Nel settore sud gli israeliani passarono all'offensiva, minacciando con una manovra a tenaglia il centro logistico della 1a Divisione siriana, a Hushiyah, mentre i missili SAM tra consumo e danni diretti (inflitti da artiglieria e aviazione) si erano ridotti in virulenza, specie dopo 4-5 giorni di consumo massiccio con parecchie batterie sparanti alle volte contro singoli attaccanti, tanto era temuta la HHA e densa la difesa. Il 9 ottobre venne attaccato il Q.G. dell'aviazione e il Ministero della difesa di Damasco con sei F-4, uno dei quali abbattuto e un altro danneggiato. Ma fu un successo tattico e psicologico. Seguirono i giorni successivi vari altri obiettivi strategici, come centrali elettriche e il terminale petrolifero iracheno per il Mediterraneo. A quel punto gli israeliani pensarono di avanzare e infliggere i maggiori danni alla Siria, più pericolosa ma più debole dell'Egitto, fino ad arrivare a distanza di tiro utile (circa 30 km) per battere i sobborghi di Damasco con l'artiglieria. Non c'erano invece forze sufficienti per conquistare la capitale, per non parlare dell'insostenibilità politica di una tale iniziativa 'difensiva'.

Ma c'erano anche dei problemi da risolvere. Apparentemente, e non certo per un unico caso nella storia, era la fanteria a tenere meglio e più duramente le posizioni rispetto all'azione dei carri. La 1a Divisione siriana era considerata l'unità migliore dell'Esercito, ma si era sbandata e addirittura ammutinata, tanto che talvolta venne consigliato ai suoi soldati di restare dentro i propri carri bombardandone le posizioni con l'artiglieria. Un disastro totale, dunque, che d'altro canto si spiegava con la perdita di due terzi dei carri armati e corazzati siriani in pochi giorni di combattimento e soprattutto, per risultati limitatissimi anche rispetto alle ambizioni, tutt'altro che megalomani, dei piani originali. Ma la fanteria siriana non mollava. Così, l'11 ottobre alle 11 del mattino gli israeliani si mossero sotto la copertura di un attacco aereo preventivo contro le postazioni della flak e campi d'aviazione, mentre le posizioni della fanteria vennero travolte a Hushniyh e Kuneitra da artiglieria e carri israeliani in poche ore. Totale delle perdite a quel momento, circa 867 carri e un migliaio di veicoli vari siriani.

Lo sfondamento doveva essere anche a nord del Mt. Hermon con due divisioni israeliane, la prima in offensiva e la seconda in riserva. I siriani tentarono di fermare l'avanzata degli israeliani, ma non ci riuscirono e allora richiesero l'aiuto dell'Egitto, che non si decideva a sferrare un'offensiva violenta sul Sinai. L'URSS era già impegnata nel ponte aereo di aiuti, e lo incrementò, ma data la sconfitta siriana a Lakatia, c'era anche da proteggere le coste e allora la Eskadra sovietica venne schierata, provenendo dal Mar Nero, a difesa di Lakatia e Tartus. La minaccia di mandare truppe aviotrasportate a difesa di Damasco era poi ancora più gravida di conseguenze. Gli americani, 'padrini' convinti di Israele rafforzarono la 6a Flotta e cominciarono il ponte aereo di aiuti, che in poche settimane avrebbe raggiunto migliaia di tonnellate. Del resto la stessa Israele dichiarò dopo 5 giorni che stava esaurendo le scorte e le risorse a sua disposizione. Una sorpresa per il mondo e l'ammissione che da soli gli israeliani erano incapaci di sostenere lo sforzo bellico. Naturalmente su tale affermazione non venne menzionata la disponibilità della prima ventina di armi nucleari, disponibili per missili balistici o aerei tattici.

I corazzati contro la fanteria sono un po' come l'elefante e il topolino. Il secondo che ha la meglio sul primo, e piuttosto che fuggire, va a spaventare il proboscidato rodendogli la pelle delle zampe. La fanteria contro i carri è un rapporto tutto sommato simile: uomini che pesano poco più di un millesimo dei mostri corazzati che li affrontano, in realtà sono in grado di render loro la vita difficile. I carri da soli non funzionano correttamente, da qui anche perdite i battaglie come El-Alamein, in cui fanti leggeri potevano avvicinarsi ai carri armati uscendo dalle buche all'ultimo momento, una tattica rischiosa ma efficace. Per Israele fu lo stesso quando dovette combattere il 12 ottobre contro le truppe a difesa di Tel Shams, una collina e soprattutto un ottimo punto d'osservazione per i siriani. I carri israeliani passarono all'attacco, ma da subito razzi, cannoni SR e i temuti missili li decimarono. Anche quando raggiunsero la cima della collina, non poterono fare altro che ritirarsi, bersagliati da altre postazioni di lancio nascoste nelle formazioni rocciose di origine lavica, frastagliate ideali per i difensori. Anche la 17a Brigata corazzata della divisione di Laner, ebbe dure perdite. Prima bersagliata dall'artiglieria della 9a divisione, poi attaccata da cacciatori di carri che distrussero o misero fuori uso 25 mezzi in appena un'ora. Nemmeno l'aiuto della 79a Brigata corazzata fu d'aiuto, tanto che le truppe corazzate israeliane persero in tutto oltre 40 carri. Così, per combattere con forze pesanti i fanti siriani, gli israeliani persero l'equivalente di un battaglione carri e dovettero ritirarsi. L'avanzata di due divisioni nel settore era per il momento rinviata. Per eliminare i nemici vennero allora impiegati altri fanti, i parà della 31a Brigata, che dopo poche ore eliminarono i difensori, non erano particolarmente ben armati contro altri fanti.

Gli iracheni avevano tenuto fin'allora una disposizione di riserva e difesa, ma la loro armata, spinta dal fallimento dei siriani, dovette andare all'attacco, sia pure ostacolata dalla ritirata degli Alleati. Qui si può descrivere meglio i punti di forza e soprattutto, di debolezza, degli eserciti arabi e in particolare del pur formidabile corpo di spedizione iracheno. Questo portava il nome del Saladino, e si componeva tra di 2 divisioni corazzate, due brigate di fanteria, una brigata di forze speciali. Totale, 30.000 uomini e 500 carri armati. Ma la carenza di mezzi porta-carri per percorrere centinaia di chilometri fece sì che i mezzi cingolati, per quanto fossero materiali moderni, subissero un grave logorio che mandò in crisi il loro spiegamento, e con esso il sistema di comando e controllo, dimostratosi parimenti inadeguato come lo era il numero di portacarri. Nondimeno, il 13 ottobre gli iracheni fermarono l'avanzata israeliana con la 3a Divisione corazzata (che però per Eshel ebbe successo, senza fornire dettagli ulteriori, mentre per Remino subì la perdita di 80 carri contro nessuno nemico, risultandone dimezzata, a causa della mancanza d'informazioni siriane che la fece letteralmente cadere in trappola; in ogni caso la logistica israeliana ne venne afflitta a sufficienza per finire l'avanzata) e il 16 passarono all'attacco, sempre con la 6a Brigata corazzata già protagonista del precedente combattimento. Il tutto venne pianificato con cura e con ampio fuoco d'appoggio delle artiglierie siriane e irachene, per giunta muovendosi con il sole negli occhi dei difensori. Ma i tre gruppi misti (a livello di battaglione) impiegarono quasi tre ore per coprire poco oltre 5 km di distanza, malgrado la copertura d'artiglieria, così che vennero aggirati sui fianchi dagli israeliani e fatti progressivamente a pezzi, nel corso di tre attacchi senza risultati pratici. Nel mentre c'erano altre 4 brigate corazzate, due di fanteria e quella forze speciali che erano disponibili, ma alle quali non venne dato ordine di intervenire[3].

Tutto questo avrebbe portato a riorganizzazioni profonde per migliorare l'efficienza dell'esercito iracheno, ma per la guerra in corso era tardi. Anche l'aviazione irachena del '73 ebbe dei problemi, tanto che i siriani attaccarono alcuni loro apparecchi scambiati per nemici con i radar non sintonizzati sui loro IFF. Il risultato fu di 4 Hunter abbattuti dai MiG di Damasco.

I giordani dovevano andare all'attacco assieme agli iracheni, difendendo attivamente Damasco con la loro solida 40a Brigata carri, localizzata dalla ricognizione aerea israeliana sulla strada di Jasim. Hussein si decise ad abbandonare la neutralità a causa delle richieste di aiuto siriane. Si trattava di una forte brigata equipaggiata con i Centurion, circa 90 carri, da spiegare assieme alla 5a divisione siriana e alla 3a Divisione corazzata irachena. Fu con reparti di quest'ultima che attaccò quel 16 ottobre. I comandanti dei carri erano a mezzobusto, esposti sopra i loro carri per dirigere le operazioni, e riuscirono a sfondare le linee israeliane, sia pure perdendo 14 mezzi. Il problema fu che il tiro d'artiglieria iracheno, mal coordinato, a quel punto colpì i giordani che erano sopra le posizioni nemiche mentre doveva aprire il fuoco mezz'ora prima del loro attacco. I carristi giordani si ritrovarono sotto il tiro combinato proveniente da tutte le direzioni, sia iracheno sia nemico, il che li costrinse a ritirarsi dopo avere perso altri 14 carri. Il peso dell'artiglieria campale è una variabile non ben considerata in tanti scenari tattici, quando la sua azione può risultare devastante anche per i reparti corazzati, persino senza usare munizioni cluster. Fu in questo contesto che gli iracheni persero i loro 4 Hunter, oltre a lanciare contro gli israeliani le unità di cui si è parlato; ma solo per farsele respingere da due brigate, con una terza che aggirò la linea nemica verso sud. Alla fine gli Arabi, con queste azioni d'attacco scoordinate, buttarono via la vittoria e persero circa 100 carri armati. Sempre quel 16 ottobre, superato il momento più difficile, seguito alla frantumazione contro i capisaldi israeliani, l'esercito di Damasco lanciò un'altra azione verso Tel Shams e la battaglia fu anche qui violenta, tanto che le IDF persero ben 45 carri armati. Però nemmeno in questo caso gli arabi riuscirono a vincere. Del resto nel settore c'erano 2 brigate corazzate israeliane con 200 carri, praticamente una divisione, e quindi con una forza sufficiente per combattere in maniera prolungata contro qualunque avversario gli venisse contro.

Due giorni spesi a riorganizzarsi, e poi di nuovo in azione: il 19 ottobre iracheni e giordani attaccarono ancora le posizioni nemiche, i primi disponevano di ben 130 carri e 100 APC della 1a Divisione corazzata, e i giordani con quel che restava della 40a Brigata. Erano in vantaggio numerico di 3:1 rispetto agli israeliani e decisi a rifarsi della sconfitta precedente. La battaglia durò ben 7 ore e comportò 3 attacchi diretti. Il valore degli iracheni era incontestabile e risultarono molto tenaci e combattivi contro gli israeliani, i quali per compensare l'inferiorità numerica ripiegavano di poco e poi, avanzati i nemici, li colpivano ai fianchi con un movimento avvolgente. Così successe che sia gli iracheni sia i giordani vennero battuti. I Centurion giordani erano non più di una sessantina e subirono circa 20 perdite, magari per mano di altri Centurion, stavolta israeliani. Del resto i Tiran 5 erano i carri T-54 e 55 catturati nel '67 e riutilizzati, previo ammodernamento, dalle IDF, e si comportarono abbastanza bene da meritarsi nel dopoguerra altri aggiornamenti tecnici. Con il pezzo da 105 e migliori condizioni d'abitabilità, risultavano certo migliori dei loro 'fratelli' arabi, contro cui combatterono, specie nel fronte orientale.

Le cose alla fine favorirono Israele, ma la giornata venne salvata da un espediente suggerito dalla disperazione: data l'avanzata irachena durante il terzo tentativo, il comandante della 20a brigata tolse un carro da ogni battaglione a titolo di 'riserva'. Tre carri in tutto, lanciati ad attaccare il settore nord facendo più rumore possibile. Gli iracheni pensarono che si trattasse di ingenti forze e che i siriani non li avevano avvertiti del loro arrivo (come fidarsi, del resto, dopo le esperienze pregresse). Fu solo per questo che ripiegarono e salvarono la 20a brigata israeliana dall'annientamento.

A quel punto si volle finire la campagna del Golan come si cominciò, ovvero con la lotta per il Mt. Hermon. I siriani ne avevano preso il possesso nel primo giorno di offensiva, e questo era stato un bruttissimo colpo per l'esercito israeliano, che solo il 15 diede notizia della sua perdita. Così però non vollero che rimanesse, e il 20 decisero di riconquistare la preziosa cima. I siriani erano ben armati e decisi a resistere, anche con reparti di para e commandos. Anche gli israeliani impiegarono reparti analoghi e quindi fu uno scontro tra pariclasse, molto raro nella storia di queste specialità. C'erano anche guerriglieri palestinesi. La Brigata Golani lanciò 3 battaglioni alla riconquista, di cui due scalando sentieri impervi ma poco sorvegliati, e l'altro sulla strada, appoggiato da vari mezzi e cingolati. I parà invece atterrarono direttamente sul Mt. Hermon con gli elicotteri. Ovviamente, nelle migliori tradizioni israeliane aerei e artiglieria avrebbero coperto l'azione al meglio delle loro possibilità, oltre ai mortai della fanteria. La battaglia fu molto violenta e nonostante l'enfasi della tecnologia, spesso combattuta con scontri fisici diretti tra i soldati. La 'Golani' fu quella che soffrì di più delle due unità israeliane, ma alla fine la battaglia venne vinta dalle IDF ai danni degli Arabi. Per la mattina del 22 ottobre erano stati riconquistati il Mt. Hermon nelle sue varie cime.

Paradossalmente l'Egitto, sul fronte occidentale, era inizialmente superiore militarmente ai suoi Alleati orientali, persino messi tutti insieme; ma ritrovandosi pressoché solo, dopo le perdite subite e l'offensiva israeliana si ritrovò quasi indifeso, mentre il conglomerato arabo del fronte Orientale era invece meglio 'stratificato' e capace di rigenerarsi con le riserve e il ponte aereo di rifornimenti attrezzato dall'URSS. Così per il 23 ottobre era già previsto un altro attacco, grazie agli aiuti sovietici. Esso doveva coinvolgere ben 5 divisioni, di cui 2 siriane, 1 giordana e 2 irakene. Ma il 'Cessate il fuoco' dichiarato dall'ONU pose fine alla lotta appena il giorno prima.

Si verificò così una completa inversione di ruoli: inizialmente l'Egitto era più forte della Siria e progredì prima e meglio dell'Alleata, rimasta invece bloccata nella sua offensiva. L'Egitto poteva ritenersi pago del risultato, tutto sommato, aspettando la tregua mediata dall'ONU. Ma la Siria aveva totalmente fallito ed era in difficoltà; le sue pressioni fecero sì che anche gli Egiziani attaccassero, necessariamente sbilanciandosi, e subendo a quel punto una pesante sconfitta contro un nemico contro cui non avevano più il vantaggio della sorpresa. La battaglia del 13-14 ottobre fu inftti una sanguinosa sconfitta per gli Egiziani, che consumarono molte delle loro forze in un attacco di cui potevano fare a meno, e per giunta scalfirono appena il dispositivo israeliano. A quel punto loro divennero vulnerabili perché lanciarono altre forze oltre il Canale e rimasero con poco disponibile in riserva, mentre gli Israeliani passavano il Canale a Sud e circondavano l'Armata egiziana, per poi attaccare in profondità il territorio nemico. Nel frattempo, mentre l'Egitto pagava tanto caro l'aiuto alla Siria, questa paradossalmente si rinforzava con gli altri Paesi Arabi e alla fine della guerra si ritrovò nuovamente nelle condizioni di lanciare offensive massicce. Per giunta, mentre l'Egitto riuscirà ad ottenere un trattato di pace con Israele (e il Sinai), la Siria resterà in tensione perenne con il potente vicino, oramai potenza egemone della regione (nonché unica potenza nucleare), tanto che finirà un'altra volta in armi (e pienamente sconfitta) nel 1982. Per allora gli Irakeni erano impegnati contro l'Iran, il Libano era in rovina, e la Giordania un vicino 'tranquillo', casomai impegnato ad aiutare gli Irakeni.

Alla fine dei giochi tra ex- Alleati della coalizione anti-israeliana, nel 1991 la Siria e l'Egitto manderanno una divisione ciascuno contro l'Irak, assieme agli Americani e agli altri della Coalizione. Ma con la condizione che Israele non entrasse a sua volta in guerra. Cosa che, nemmeno da ex-nemici inesorabili, né l'Egitto né tantomeno la Siria sarebbero stati disposti ad accettare.

1982: invasione del Libano[4][5] modifica

Il Libano era ed è frammentato da fazioni in lotta che dal '76 lo hanno reso campo di battaglia con episodi di violenza tali, che ne hanno trasformato, e in peggio, la natura stessa. Beirut era fino agli anni '70, una città bella e prospera; poi divenne sinonimo di distruzione e disgregazione sia fisica che sociale. Nel '43 venne costituito un patto con il quale Cristiani, Falangisti e Maroniti avevano un ruolo dominante nell'area, quando le sette musulmane come i Drusi e gli Sciiti erano già quasi la metà della popolazione; a questo si aggiungano i profughi palestinesi con relative basi dell'OLP. Poi successe che, in questa situazione, probabilmente destabilizzata anche dalla guerra del Kippur e dalla crisi energetica, un infausto 13 aprile un autobus carico di palestinesi venne assaltato dai Falangisti e i suoi occupanti uccisi barbaramente. I Cristiani erano la destra dello schieramento politico libanese, gli arabi tendevano invece per la Sinistra. L'OLP ebbe un'incursione in un suo campo profughi e si unì a quella che era diventata una guerra civile. La Lega araba incaricò la Siria di riportare la pace in Libano, l'ex-Svizzera del Medio Oriente, e di lì a poco venne eletto con una votazione popolare il Maronita Sarkis come presidente, sostenuto da Siria, USA, Israele e Arabia Saudita. Ma non riuscì a tenere il Paese unito, anzi nel '77 questo si divise in due, di cui il Sud controllato dai Cristiani con le relative 'isole' musulmane sotto controllo dell'OLP, e il Nord controllato dai Siriani. I Siriani di Assad presto ebbero a che fare con i militari Cristiani del Libano e dopo alcuni scontri bombardarono Beirut nel suo settore cristiano. Il 14 marzo 1978, dopo un attacco terroristico sul proprio territorio, Israele si lanciò in un'occupazione del Libano meridionale fino al fiume Litani e poi si ritirarono dopo una condanna ufficiale dell'ONU, sostituite da truppe ONU per controllare il Libano meridionale. I Siriani nel frattempo erano diventati 30.000 nel 1980 e avevano installato nel Libano centrale, nella Valle della Bekaa, una rete di sistemi contraerei su cui riponevano fiducia, visti i risultati dati nella precedente guerra del '73. Ma le cose non si erano affatto agiustate e nonostante la loro forza, i Siriani di Assad vennero sfidati apertamente dai Cristiani con un l'occupazione di Zahle, vicino all'autostrada Damasco-Beirut, e le truppe di Damasco reagirono violentemente; nel frattempo, dai i continui lanci di razzi contro i kibbuz e le città del nord di Israele, la sua aviazione lanciò attacchi contro i settori musulmani di Beirut (in pratica, nulla di diverso da quello che è successo ancora 25 anni dopo, nel 2006). Vi fu anche una tregua del 24 luglio 1981 messa a punto dagli altri stati arabi, ma durò poco. I lanci di razzi continuarono e allora gli Israeliani attaccarono ancora il Libano. Nonostante la perizia dei loro aviatori e le armi moderne di cui disponevano, i loro attacchi navali e aerei del 4 e 5 giugno fecero centinaia di vittime civili sui 25 km di costa tra Tiro e Damur, poi il 6 giugno iniziò l'operazione Pace in Galilea, per annientare o quantomeno allontanare dai propri confini i molesti nuclei dell'OLP che continuavano a tirare razzi. Presto 20.000 soldati entrarono il Libano con centinaia di carri (alla fine saranno oltre 1.200, usati senza risparmio in quanto capaci di risparmiare molte vite ai soldati di Israele) che riuscirono a vincere la resistenza dei Fedayin e dei gruppetti della Sinistra libanese. I Siriani intervennero nella zona della Bekaa ma vennero respinti, mentre dall'8 giugno iniziavano combattimenti aerei violentissimi in cui l'aviazione siriana perse grossomodo l'equivalente dell'intera linea di caccia dell'AM italiana (circa 80 aerei), e gli Israeliani occuparono Tiro e Nabatieh. Mentre i Siriani erano costretti a ridimensionarsi al rango di osservatori, gli Israeliani assediavano Beirut, tra le proteste internazionali per i massacri commessi. Infatti la capitale libanese venne bombardata in maniera spietata dalle truppe di Sharon, con migliaia di vittime civili sotto un assedio devastante, e i massacri di Sabra e Chatila, durati giorni da parte dei Falangisti, mentre le truppe d'occupazione israeliane, ufficialmente, non erano al corrente di quanto stava accadendo (quando le testimonianze oculari parlavano chiaramente di come i check point israeliani fossero a non più di qualche centinaio di metri di distanza dai campi palestinesi).

Israele aveva vinto chiaramente la sua campagna militare. All'incontrario della sua capacità bellica, risaltò invece la sua totale incapacità politica alienandosi le simpatie residue (difficilmente rilevabili dopo la strage di civili, specie nella capitale) che potevano avere, tanto che dovettero ritirarsi nel 1984 dopo avere subito dalla guerriglia perdite sempre più dolorose. In patria le contestazioni alla violenta invasione non mancarono fin da subito, con manifestazioni di piazza numerose (molto di più di quanto si è visto nel 2006, per esempio). Così ritiratisi gli Israeliani i lanci di razzi continuarono come prima. A parte questo i Marines americani intervennero massicciamente come truppe di pace. Ebbero i loro problemi, e soprattutto la distruzione delle basi da parte di attaccanti kamikaze, che causarono oltre 200 morti. Anche i Francesi ebbero problemi analoghi perdendo 50 soldati. Le altre forze d'interposizione, mobilitate dopo i massacri di Sabra e Chatila, erano i britannici e gli italiani, che ebbero un morto dovuto alle ferite e la prima esperienza di una massiccia operazione di peace-keeping della loro storia postbellica.

Gli americani non difettavano di potenza di fuoco; intervennero i caccia ricognitori F-14, l'incrociatore USS Ticonderoga con il suo modernissimo sistema AEGIS e i cannoni da 127 mm, e la corazzata NEW JERSEY che intervenne spesso con i suoi cannoni da 406 mm contro le posizioni nemiche. La mobilitazione avvenne dall'ottobre 1982, dopo le stragi dei campi profughi. Nei monti dello Chouf, a SE di Beirut, i falangisti cristiani e i drusi musulmani iniziarono a massacrarsi prendendo in mezzo gli occupanti israeliani. Gli americani spararono colpi da 127 mm a centinaia sulle posizioni druse a Souk al-Gharb, prevenendone l'attacco finale alle posizioni Maroniti.

Durante gli scontri armati a terra i Siriani pare che persero circa 400 carri di cui 270 T-62 e il resto T-54, 55,72, oppure 150 carri in tutto a seconda delle versioni. Gli Israeliani ebbero perdite elevate a propria volta, meno di 150 carri di cui un terzo circa totalmente distrutti. Per quanto si provò non si riuscì a catturare i carri T-72.

La battaglia a Beirut fu violentissima, con l'OLP che usò largamente i propri mezzi, anche blindati. Oltre ai lanciarazzi MLR BM-14 e BM-21, vennero usati 100 carri T-34 e moderni semoventi ZSU-23-4, BRDM-1 e 2, carri T-54 e 55. Durante i bombardamenti l'Esercito israeliani sperimentò i suoi nuovi razzi da 160, 240 e 290 mm. I Palestinesi avevano razzi BM-21, che nei tipi 'commando' erano su tubo di lancio da 22 kg e trippiede da 28 kg, razzi da 107 e 140 mm, blindati contraerei BTR-152 da 14,5 mm, cannoni ZPU e ZU da 14,5 e 23 mm.

La distruzione dei sistemi contraerei siriani fu quella a cui venne data la priorità. L'ordine di battaglia dei due schieramenti era questo. Anzitutto c'erano azioni di ammorbidimento sulla costa e lo sbarco di team di commando, poi 20.000 soldati vennero impiegati per la prima azione offensiva in profondità, con 500 carri su due divisioni, e altrettanti per ulteriori due divisioni di riserva e infine due vennero mandate sul Golan a sorvegliarne le alture.

La direzione dell'avanzata sarebbe stata su tre direttrici parallele e appoggiata dai Falangisti cristiani (che poi fecero 'il lavoro' nei campi profughi di Sabra e Chatila) congiungendo le avanzate nella valle della Bekaa.

Per prevenire le minacce elettroniche, vennero mobilitati un B 707 in funzione ELINT e gli E-2C (ce n'erano 4), e i Phantom modificati (circa 12) per l'uso dei missili Standard ARM. Prima gli RPV Scout e Mastiff della IAI erano da usare come'esche' per far accendere i radar siriani, pensando che fossero un'ondata di attaccanti aerei; poi i Phantom avrebbero tirato i missili ARM colpendo i sistemi radar nemici, e infine Kfir e F-16 per distruggere anche le rampe, sebbene a quel punto non ce ne sarebbe stato nemmeno bisogno. I falangisti contribuivano con 8-9 mila elementi con addestramento ed equipaggiamento israeliano, con corazzati M113 e M47. Venne usata specialmente contro l'OLP.

L'OLP aveva una forza di circa 10-15.000 elementi, organizzati al massimo in battaglioni e soprattutto presenti nei campi profughi attorno a Beirut, i Palestinesi che erano basati lì, profughi delle guerre di annessione israeliane dei decenni precedenti.

Le forze terrestri israeliane avevano inizialmente la consistenza di 20.000 elementi, con 3 brigate con M113 e la 1a divisione rinforzata con 500 carri di cui 200 Merkava e 300 M48 e Centurion, appoggiati da semoventi M68 e M71 e i missili Ze'ev, ovvero gli Standard ARM in versione lanciata da terra per colpire i radar nemici; supporto da parte di elicotteri tra cui gli AH-1G e Q, e i Defender. La Marina aveva 4 Sa'ar 4 deitipi Reshef per i bombardamenti con i pezzi da 76 mm bombardando zone entro i 5-10 km nell'entroterra con la direzione dei team sbarcati in precedenza.

Gli aerei erano i Phantom E e 25 F-16A, e 2 squadroni di A-4H e N, nonché gli F-15 di due squadroni, 2 KC-130H e gli RPV.

I Siriani dal canto loro avevano 2 divisioni, 1 brigata e molte unità speciali e commando, per un totale di 30.000 elementi tra cui la versione T-34SP con il cannone da 122 mm come artiglieria semovente.

Muoversi nel Libano non sarebbe stato facile, date le catene del Libano e dell'Antilibano, in mezzo a cui c'era la valle della Bekaa, larga una decina di km e lunga 120, alta circa 900 m sul livello del mare. Considerando che il Libano è piuttosto piccolo, questa area, idonea per il movimento dei mezzi corazzati, era molto importante. Tiro con i suoi 12.000 abitanti era solo a 28 km dal confine israeliano, Sidone a 65 km (22.000), Beirut all'epoca ne aveva 478.000 a 115 km dal confine e Zahle aveva 33.000 abitanti, dominando la valle della Bekaa. Il fiume Litani scende fino ad appena 65 km dal confine con Israele.

Il 4 giugno le motocannoniere israeliane entrarono in azione colpendo villaggi identificati come basi OLP tirando da 2-3 km dalla costa, muovendosi in linea di fila, praticamente senza contrasto. Il 6 giugno, all'alba, arrivò in cielo un E-2C e il Boeing 707 da 50 km della costa cominciando a guardare le emissioni elettroniche e pattugliando lo spazio aereo. Alle 11.25 il corpo di spedizione entrò nel confine, con tre colonne di cui quella costiera con 50 carri M60 per colpire le basi salvatesi dal bombardamento navale di due giorni prima, la colonna B aveva invece 100 carri e la C con altri 200. Una delle azioni più violente fu la conquista del castello di Beaufort, antica fortezza crociata, che venne scalata dai reparti speciali israeliani che combatterono di notte con le loro mitragliette Uzi contro i 30 palestinesi dell'OLP che lo difendevano come punto strategico per entrare nella Bekaa.

La sconfitta dei Siriani necessitava di una rilevante attività di intelligence, con la conoscenza dei sistemi elettronici che spiegavano, peraltro ben noti essendo i soliti tipi. Il radar 'Long track' per la scoperta a lungo raggio era integrato in maniera analogica con i centri di difesa aerea e con le batterie; montato sopra un autocarro, ha una portata di 150 km e una quota max di visualizzazione di 30 km, operando in banda E. Ha limitata capacità di cambio frequenza, ma solo manualmente per cui è considerato di media durezza rispetto ai disturbi. I radar di batteria, in genere uno ogni 4 lanciatori SA-6, sono gli Straight Flush, un doppio radar ben più difficile da disturbare, con due sistemi di cui un radar rettangolare da scoperta in banda G e il paraboloide del sistema di scoperta in banda I. I sistemi di questo tipo sono disturbabili sfruttando il lieve ritardo degli echi tra le varie parti del bersaglio, e l'uso di quantità di chaff di lunghezza adatta. Lo ZSU-23-4, entrato in servizio nel '66, ha il radar Gun Dish in banda J2, da ben 15 Ghz, con portata di 20 km in scoperta e 8 in inseguimento, ha un sistema MTI per distinguere gli echi radar nel terreno ma non è molto efficace sotto i 60 m, e come sistema di scansione conica, è vulnerabile alle ECM di tipo deception jamming. La probabilità di colpire un aereo è del 53% a 1 km per ogni raffica.

Gli Israeliani avevano i sistemi SIGINT come l'EL/L-8300, 8312, 7032, 8350 aerei con caratteristiche contro segnali radio. I sistemi di terra sono l'EL/L-8352, 8353, e i pod ECM ALQ-119, 131 e altri tipi. Il modello 131 ha la capacità di disturbare fino a 5 frequenze diverse spesso associato anche ad un sistema MAWS nella parte centrale per l'allarme contro lanci di missili SAM.

Quanto all'aviazione siriana, i MiG-23 abbatterono un RPV BQM-34 Firebee già il 6 giugno. Seguirono battaglie aeree in cui i risultati furono contestati. L'8 giugno sarebbero stati abbattuti dei caccia F-16 e A-4, contro la perdita di alcuni MiG-21. L'attacco del 9 giugno contro le basi antiaeree siriane fu devastante, e le batterie, paradossalmente troppo vulnerabili perché troppo costrette in spazi limitati, vennero distrutte. I Siriani accesero troppi radar per non essere localizzati dai missili israeliani e non si resero conto dei danni che così avrebbero subito dai missili 'Purple Fist' (ARG-78) dei Phantom, che colpirono anche 4 radar di scoperta. Infine un attacco di 92 aerei distrussero le rampe di lancio. Gli israeliani distrussero pare 28 aerei di cui 12 dagli F-15 dei 54 decollati. Il 10 gli F15 distrussero 5 MiG 21 e gli F-16 18 MiG-21 e un Gazelle. In tutto i MiG-23 eseguirono 52 sortite tra il 6 e l'11 giugno con la perdita di 10 aerei, di cui 4 MS e 6 MS. I Siriani ammisero 60 perdite e altre 12 dovute alla contraerea, tra tutti i tipi di caccia e aerei. In seguito vi sarebbero stati altri combattimenti aerei tra Israele e Siria fino almeno agli ultimi anni '80, ma poco pubblicizzati.



La SyAAF era nei primi anni '80 dotata di una brigata di elicotteri controcarri con 4 squadroni di Gazelle SA.342L e M, le unità 976, 977, 98 e 989, più uno stormo con i Mi-25, gli squadroni 765, 766 e 767. Queste brigate erano basate a Marj al Sultan e Jadeydeh.

Con questo potenziale la Siria cercava di trovarsi nella condizione di affrontare i corazzati israeliani, soprattutto dopo che questi ultimi erano appoggiati dal '77 con gli AH-1 Cobra. I primi 18 Gazelle entrarono in servizio con lo squadroe 976 ma originariamente erano armati con gli AS-12 e solo dopo ebbero i missili HOT (“Hautsubsonique Optiquement Téleguidé Tiré d’un Tube” ), capace di eguagliare l'HOT con la penetrazione di 700 mm di acciaio o 288 a 65°, la massima incidenza entro cui la testata esplodeva per deformazione. Con questa combinazione vennero volate oltre 100 missioni nel 1982, reclamando oltre 30 successi solo considerando i carri, contro la perdita di 5 elicotteri. La ragione della compera di questi mezzi occidentali era dovuta al fatto che i Mi-25 sovietici non erano armati con missili particolarmente validi, e poi non vennero forniti per tempi sufficienti; solo dal 1981 divennero disponibili per l'export in Siria, con i primi 4 elicotteri. I missili AT-2 Swatter (9M17) erano a radioguida manuale, capaci comunque di perforare, stando alle dichiarazioni, 500 mm di acciaio, ma non era molto efficace in azioni reali. Di fatto usavano i Mi-25 soprattutto come cannoniere con razzi e armi da 12,7 mm. Non ebbero alcun ruolo contro gli Israeliani nel 1982.

Dai primi del 1982 i Siriani si aspettavano una nuova offensiva israeliana nel Libano meridionale, come la Litani del 1978, quando però le loro truppe si limitarono a soli 40 km di penetrazione. Ma se non si fossero fermati prima, si sarebbero certo scontrati con le loro truppe, sistemate al centro del Paese, specie tra Zahla e Beirut e la superstrada Beirut-Damasco, tentando di ridurre l'avanzata delle colonne nemiche, organizzando delle imboscate contro le colonne corazzate e meccanizzate tra le colline e i villaggi.

In tutto, a giugno 1982 avevano 20 battaglioni commando con 50 'team' controcarri, che avevano quanto di meglio fosse disponibile al di fuori degli USA, come gli RPG-18 e gli AT-4 Spigot di prima generazione, nonché i similari MILAN. In genere c'erano 2 lanciatori e due caricatori per ciascuna unità controcarri e ogni team aveva anche due lanciatori per SA-7. I soldati erano tra i più esperti e ben addestrati, specie nei combattimenti urbani e in collina.

C'erano anche le forze corazzate normali, come la 1a divisione corazzat, costituita dalle brigate carri 76 e 91 con i T-62 e la 58ima Meccanizzata. C'erano poi 3 brigate SAM con 19 batterie (15 SA-6, 2 SA-2, 2 SA-3) sulla Bequaa, e altre unità minori.


Gli Israeliani iniziarono la loro avanzata alle 11 del 6 giugno, ma solo l'8 giugno iniziarono gli scontri con la 76ima brigata carri. I movimenti erano ostacolati dal traffico civile e con la 162 Ugda del gen Einan. Prima però ebbero anche a che fare con i Gazelle del 977imo squadrone, che improvvisamente lanciarono i loro missili senza nemmeno essere avvistati colpendo vari mezzi, ma gli Israeliani riportarono solo 4 feriti. Dopo un'ora arrivarono anche alcuni cacciabombardieri siriani. Poi l'avanzata venne fermata dalla 91a brigata verso Beirut.

Il 9 giugno la 162 Ugda arrivò a Zahlta, vicino all'autostrada di Beirut, ma incontrarono in un villaggio vari T-62 siriani che costrinsero alla ritirata gli israeliani, che poi vennero attaccati anche dai commando siriani. Erano finiti contro la 58a brigata siriana. I Siriani persero 20 uomini e 3 carri, mentre alle 9.30 i Gazelle siriani colpirono diverse jeep con missili TOW israeliane. I combattimenti continuarono ferocemente e fu una fortuna che molti carri Magach 6 avessero pannelli di corazze ERA. Poi arrivarono i MiG-23BN colpendo il QG israeliano che già era sotto tiro dell'artiglieria. Dopo di allora venne lanciata l'Operazione Drugstore, che distrusse le difese aeree della Bequaa. A quel punto le forze terrestri israeliane avanzarono più rapidamente contro la 1a Divisione corazzata nella vallata, mentre circa 23 aerei siriani venivano abbattuti dai caccia israeliani. Nondimeno i soli MiG-23BN siriani volarono oltre 100 missioni fino all'11 giugno.

Il 10 giugno la 162 Udga superò le posizioni della 51a Brigata corazzata siriana, subendo vari attacchi con aerei ed elicotteri. Uno venne danneggiato da uno dei sistemi M163 Vulcan. Seguirono diversi altri attacchi mentre gli Israeliani cercavano di tagliare in due la superstrada Beirut-Damasco. Nel frattempo la 252 Ugda si muoveva tra difficoltà tra le colline subendo altre perdite dai Gazelle, che dichiararono 7 M113 e M60.

Nel frattempo le forze israeliane in Libano erano giunte oramai a circa 5 divisioni come equivalenti. Nel frattempo la TF Peled raggiunse Yanta ,dove però si scontrò con la brigata meccanizzata 21 della 3a Divisione corazzata in movimento da Damasco e in seguito da un attacco di uno squadrone di Su-22, che uccise anche il vice comandante gen Adam, e poi ancora da Gazelle che dichiararono 12 carri e vari veicoli. Gli Israeliani hanno tuttavia negato questi attacchi aerei e non è chiaro come le cose siano andate.

Nel frattempo i MiG-23BN erano pure in azione, anche se entro la fine della guerra avrebbero perso 7 aerei da parte dei caccia e uno dagli HAWK. Mentre la 1a divisione corazzata siriana si ritirava stava arrivando la 3a, con carri T-72, che peraltro non avrebbero visto molti combattimenti.

Gli Israeliani erano convinti che i Siriani si stessero ritirando e avanzarono con la loro 90 Ugda, il cui 362 battaglione ebbe un fuoco di ritorno molto violento da uno dei villaggi, e restando intrappolati nella vallata e la mattina dell'11 anche mitragliata da 2 MiG-21. I carristi israeliani si lasciarono dietro 8 carri distrutti o messi fuori uso. Alcuni vennero anche catturati e mandati sia a Damasco che in URSS, per studiare le corazze ERA e le granate perforanti M111. La mattina di quel giorno la 81a brigata siriana con i carri T-72, venne attaccata dal battaglione controcarri 409 israeliano, della TF Peled e dai carri m60 della brigata corazzata 767. I Siriani persero almeno 10 o forse 12 T-72, ma dichiararono 10 M60 e soprattutto recuperarono i loro T-72 distrutti, per lo più dai missili TOW. Non vi furono mai incontri tra T72 e Merkava. Malgrado questo, i siriani poterono ritirarsi ma mantenere il controllo della superstrada Damasco-Beirut.

Nel frattempo nella valle della Bekaa l'Ugda 162 combatté contro i T-62 della 58a siriana, che da breve distanza erano nemici formidabili con i loro 115 mm, tuttavia subirono una dozzina di perdite contro 2 Merkava messi fuori uso. Nel frattempo almeno 16 T-62 e alcuni T-72 sarebbero stati distrutti dagli elicotteri israeliani a Zahla contro la perdita di un Defender e un altro distrutto per errore da una cannonata israeliana. I Merkava avevano abbattuto almeno un Gazelle con un colpo da 105 mm e un altro da un missile TOW di un AH-1 Cobra. In un solo giorno di combattimenti la brigata israeliana perse 22 carri e un centinaio di morti e feriti, tra cui il comandante (ucciso), Shriper.

In seguito il cessate il fuoco venne poi rotto in almeno altre 11 occasioni nelle settimane successive tra Israeliani e Siriani.

Nel luglio 1982 il Ministro della difesa siriano dichiarò distrutti almeno 23 carri con i soli team di cacciacarri, su di un totale di oltre 120 mezzi colpiti, e in seguito si arrivò alla cifra di 60 mezzi, anche se solo pochi vennero totalmente distrutti. Le IDF persero totalmente almeno 7 Merkava, le ERA aiutarono molto i carri più vecchi, ma gli M113 ebbero pesanti perdite, specie mirando alla zona in cui avevano i serbatoi da parte dei team di cacciacarri. Per contrastarli venne usato un fuoco micidiale da parte degli M163 Vulcan, schierati in prima linea, oltre all'uso dei missili TOW. Questo provocò pesanti perdite ai cacciatori di carri siriani che subirono perdite elevatissime, ma contribuirono a fermare molti dei 130 carri che gli Israeliani si ritrovarono KO. Contro i carri siriani gli Israeliani dichiararono 81 vittorie con i loro corazzati, perdendo una decina di Merkava e M48, oltre a un non ben noto numero di M60 e di M113. Solo l'atteggiamento delle più grandi unità siriane, che non presero prontamente il posto delle definizioni originali quando la 1a divisione siriana venne rimpiazzata dalla 3a, rese possibile agli Israeliani avanzare meglio nonostante i loro guai. Peggio andò all'aviazione, che perse 85-87 aerei con una trentina di piloti, mente gli elicotteri subirono 2 perdite dagli israeliani e altri due, danneggiati, vennero catturati dagli israeliani che poi usandone i pezzi ne ricostruiranno uno. I soli elicotteri dichiararono la distruzione di un centinaio di mezzi tra cui oltre 71 carri.


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