Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Regno Unito-11

Indice del libro

Bombardieri modifica

A pistoni modifica

 

Nel dopoguerra i Mosquito continuarono ad essere tenuti in gran considerazione come cacciabombardieri, bombardieri e caccia notturni, ma soprattutto come ricognitori strategici. Vennero impiegati per anni in molti teatri operativi nelle loro versioni più avanzate, come la PR.Mk 34, l'ultima che venne mantenuta in servizio, capace di quasi 700 km/h e ritirata solo nel '55 (alcune versioni rimasero in servizio a lungo, altre vennero ritirate già nel '46). L'ultima missione operativa, infatti, la eseguì un aereo di questo tipo del No.81 sqn in Malesia il 15 dicembre '55. Altre versioni che vennero usate anche nel dopoguerra: il cacciabombardiere FB Mk 24 e 26, il caccia NF Mk 30,36 e 38, aerei da caccia imbarcati Mk 33 e 37, addestratori come gli TT Mk 22, 27, 39 e 43, bombardieri Mk 23,25, 35, recce PR. Mk 32 e 34. Per quanto poco noto, molti Mosquito rimasero in servizio in altre nazioni, anche se la struttura in legno compensato non era certo l'ideale per durare a lungo. Forse l'USAF, che ebbe il Mosquito in quantità come ricognitore se ne sarebbe ricordata per progetti come i suoi ricognitori strategici, e per il suo diretto successore, il Canberra.

Strano a dirsi, in Malesia i Mosquito, che avevano ampiamente sostituito il Beaufighter nel resto del mondo, qui vennero rimpiazzati proprio dai Beaufighter: era necessario, perché le strutture in legno del 'Mossie' erano troppo vulnerabili all'umidità. Il Beaufighter era capace di portare 4 cannoni da 20 mm con 1 siluro o 907 kg di bombe, volando fino a 488 km/h a bassa quota, essendo oramai un apparecchio d'attacco piuttosto che da caccia notturna. Il suo rimpiazzo tecnico venne comunque realizzato: era il Bristol Buckingam, veloce apparecchio da bombardamento e attacco leggero. Ma vi furono ritardi nella disponibilità dei motori, per giunta si dimostrò di pilotaggio difficile e di prestazioni non eccelse. Questa macchina del '44 venne costruita solo in 123 esemplari. Alla fine venne usato soprattutto come aereo da trasporto.

B.Mk 1:

  • Pesi: 10.905-17.259 kg
  • dimensioni: 14.27 m di lunghezza, 21.89 m di apertura alare, altezza 5.33 m, superficie alare 65.77 m2.
  • Motori: 2 Bristol Centaurus da 1.880 hp l'uno
  • Prestazioni: 531 km/h, tangenza 7.620 m, raggio 5.118 km
  • Armameno: 10 mitragliatrici da 7,7 mm, armamento 1.814 kg

Il suo successore era migliore: il Bristol Brigad, ultimo dei bimotori Bristol iniziati col Blenheim. Aveva capaci tà di portare un siluro come armamento principale, poteva contare su motori potenti, prestazioni elevate, usava ali e coda del Buckingam, come del resto fece il Beaufighter col Beaufort. L'aereo volò per la prima volta nel dicembre '44, ma i B.Mk I videro le consegne iniziate solo nel '48, e oramai solo come bombardiere 'coloniale'. In tutto ne vennero costruiti 147-156 esemplari, oramai ampiamente obsoleti rispetto ai nuovi jet, ma nondimeno di tutto rispetto per impieghi d'attacco al suolo. Nondimeno non pare che ebbe successo in termini di popolarità e affidabilità complessiva.

  • Equipaggio: 3
  • Motori: 2 Bristol Centaurus 57 da 2470 hp o 2.880 hp
  • Dimensioni: lungheza 14,15 m, apertura alare 22,05 m, superficie alare 66.7 m2
  • Pesi:11.600-17.690 kg
  • Prestazioni: 575 km/h, tangenza 7.930 m, raggio 4.506 km
  • Armamento: 4 cannoni da 20 mm, 1.350 kg di carico tra cui un siluro o una bomba da 907 kg e 16 razzi da 76 mm e 27 kg.
 

L'Avro 694 Lincoln era un bombardiere pesante quadrimotore britannico; venne sviluppato nell'ultimo periodo di guerra ma entrò in servizio a guerra ormai finita: il 57 sqn cominciò a ricevere i primi aerei proprio quando la guerra stava finendo.

Il Lincoln era solo una versione molto "rimaneggiata" del precedente Lancaster, con fusoliera allungata, motori potenziati e velocità incrementata a 475 km/h, armi da 12,7 mm di calibro e 6.350 kg di armi. Non ebbe sufficiente successo perché le sue prestazioni erano troppo modeste per sfuggire ai caccia, e persino alle esplosioni nucleari delle proprie armi, che pure aveva la capacità di trasportare. Pesantemente armato, venne ampiamente utilizzato nel dopoguerra come macchina COIN, in Kenya, Malesia, e persino, nel '63, ad Aden, ultimo suo dispiegamento, impiegando sia bombe leggere che le armi di bordo in voli a bassa quota come una sorta di 'cannoniera volante' ante-litteram.

Venne sostituito dal B-29 'Washington' come apparecchio di prima linea, in attesa dei jet. La macchina venne convertita poi ad altri ruoli: un suo diretto derivato era lo Avro 696 Shackleton, che venne usato sia come piattaforma da guerra sottomarina che come aereo da avvistamento radar (AEW) fino a tempi recenti, con un apparecchio che originariamente copriva solo un raggio dell'ordine dei 129 km, poi 185, sistemato in un radome sotto la fusoliera. Esportato (nel modello ASW) anche in Sudafrica, rimase in servizio per decenni in questi ruoli di seconda linea.

Da notare che nemmeno l'Avro Lancaster sparì di punto in bianco: le ultime versioni restarono in servizio per alcuni anni dopo il '45, assieme ai loro derivati come il Lancastrian e lo York da trasporto.

  • Ruolo: Bombardiere
  • Equipaggio: 7 (pilota, copilota/ingegnere di bordo, navigatore, operatore radio, mitragliere frontale/addetto alle armi, mitraglieri dorsale e posteriore)
  • Primo volo: 9 giugno 1944
  • Entrata in servizio: agosto 1945
  • Costruttore: Avro
  • Esemplari costruiti: 604
  • Dimensioni: lunghezza 23,86 m, apertura alare 36,58 m, altezza 5,27 m
  • Peso: 19.686-34.019 kg
  • Motore: 4 Rolls-Royce Merlin 85 a pistoni 1.750 CV l'uno
  • Prestazioni: velocità massima 475 km/h (a 4.750 m), tangenza 9.225 km, raggio 1.470 km con massimo carico di bombe
  • Armamento: 4 Browning M2 da 12,7 mm di calibro, 2 Hispano da 20 mm nella torretta dorsale, fino a 6.350 kg bombe[1]

Canberra[2] modifica

 
Un PR.9 da ricognizione

L'English Electric Canberra, attualmente un po' dimenticato, è stato a suo tempo il primo e più importante bombardiere britannico a reazione, talmente valido da essere adottato dagli statunitensi come Martin B-57 Canberra. È rimasto in servizio nella RAF dal 1954 fino al 23 giugno 2006, come aereo da ricognizione e addestramento ECM.

Oltre 1.300 esemplari vennero prodotti per le forze aeree di 5 continenti, come è successo solo con pochissimi altri aerei tattici (F-86, MB.326/339 e Mirage), con compiti di bombardamento, attacco leggero e ricognizione-spionaggio. Aveva una velocità di oltre 900 km/h e soprattutto una tangenza superiore a 14.000 metri, che lo metteva al riparo dalla prima generazione di caccia-jet postbellici, e in larga misura lo lasciava indenne anche da quella successiva.


Il Canberra è stato un simbolo per la RAF e l'industria aeronautica britannica, e un affare in termini economici mai più replicato. Nemmeno con altri progetti come l'Hawk e il Tornado, o con l'Harrier. Il Canberra ha dato il là per il bombardiere a reazione 'popolare', assieme al rivale Il-28 sovietico.

Venne giudicato molto valido per teatri operativi come quello Coreano, ma rispetto a quella guerra volò prima: il 13 maggio del '49, dall'aeroporto di Warton. Quest'aereo era il prototipo A.1 con immatricolazione VN799 ed pilotato dallo Chief Pilot R.P. Beamont. Volò per 27 minuti, i primi di milioni d'altri.

Il Canberra nacque come successore del Mosquito, rispondendo alla specifica B.3/45 del Ministry of Supply, e che voleva un bombardiere veloce d'alta quota capace di rimpiazzare il Lincoln anche se concettualmente era per l'appunto simile al Mosquito. Sperimentato all'AeAAE di Boscombe Down e poi al RAE di Farnborough, con i suoi due turbogetti R.R. Avon RA2 si dimostrò più veloce, di maggiore tangenza e (almeno in quota) più agile dei DH. Vampire o dei più grossi Gloster Gladiator. Era in questo non dissimile da quello che già il Mosquito (e in verità, numerosi altri prima ancora) aveva dimostrato: un bombardiere tanto rapido da lasciare dietro i caccia coetanei. A Farnborough venne montato il nuovo autopilota Mk 9 nel 1951, per poi cambiarlo con lo Smith Mk.10. Dal gennaio 1950 il nuovo aereo venne battezzato 'Canberra', ma il prototipo precipitò vicino a Woodbridge, a Sutton Heath, per un guasto ad uno degli ancora difettosi Avon, poi diventati col tempo tra i migliori turbogetti di sempre.

Venne ordinata la costruzione in grande serie delle versioni da bombardamento diurno, notturno, ricognizione e addestramento. Stranamente un velivolo tanto efficiente non ebbe una versione da caccia notturna.

Le versioni modifica

La prima versione fu la B.Mk.1 solo 4 prototipi, di cui il primo con un timone verticale curvo, poi rimpiazzato da quello a corda larga e sagoma trapezioidale. Questo marcò un deciso distacco dalla superficie ellittica del Mosquito, molto alta e di corda ridotta: ma era meglio per le alte velocità avere un alto rapporto tra superficie e altezza, che riduceva l'attrito. Il secondo prototipo venne provato con i RR. Nene centrifughi anziché assiali. Era il VN813 ma questa via non ebbe seguito, mentre lo Il-28 sarebbe stato dotato proprio della copia sovietica dei 'Nene'. Gli altri due erano il VN828 e 850, che ebbero inizialmente una pinna dorsale poi omessa in quanto inutile. Volarono anch'essi prima della fine del '49.

A questi seguirono i primi Canberra di serie, i 430 B.Mk.2 su specifica B.5/47, che avevano motori Avon 101, muso trasparente e terzo posto per un puntatore oltre ai due già presenti; il primo, il VX165 volò il 23 aprile 1950: tempo un anno, e il 25 maggio del '51 i primi vennero consegnati al No.101 Sqn di Binbrook. Quindi c'era tutto il tempo per provare i Canberra sulla Corea, se si fosse voluto. Ma per qualche ragione questo teatro operativo venne praticamente snobbato dagli anglo-americani che mandarono i migliori caccia, ma solo un pugno di B-45 oltre ai B-29 tra i bombardieri (e i primi erano usati solo come ricognitori). Nel '54 c'erano ben 25 squadroni con il Canberra, ma solo nel '57 il No.73 di Akrotiri ebbe l'onore di utilizzarli, in Estremo Oriente. All'epoca esisteva la MEAF (Middle-East Air Force), mentre il No.45 della FEAF (Far East Air Force) basato a Tengha (Singapore) fu la prima unità dell'Estremo oriente a ricevere i Canberra. Nel frattempo I Canberra avevano già ricevuto il battesimo del fuoco in Egitto e Siria (guerra del '56).

 
Un B-57A, la versione americana del Canberra di prima generazione

La serie continuò con un solo esemplare del B.Mk.5, nato dalla specifica B.22/48, con musetto quasi solido e che introduceva un'importante innovazione, i serbatoi integrali, dalla maggiore capacità rispetto a quelli 'a sacco'. Aveva la funzione di 'Target Marker' (cercatore e marcatore di bersagli), motori Avon Mk. 109 da 3.400 kgs e avionica molto più sofisticata, un bombardiere-'pathfinder'. Ma questa idea di usare aerei specifici per guidare altri bombardieri venne abbandonata in favore di una migliore avionica individuale, necessaria per le missioni 'moderne'; alla fine, il B.Mk.5 divenne il prototipo del B(I).Mk.8.

Il successivo l'B.Mk.6 triposto, che volò il 26 gennaio 1954 con gli Avon 109 e i serbatoi integrali; ne vennero prodotti 129, che rimpiazzarono i B.2 del già citato No.101, mentre 12 vennero esportati (i primi di tanti) in Ecuador nel '54-55: 30 anni dopo cinque di questi erano ancora in servizio. È poco noto che anche la Francia ne ebbe 6, basati a Istres come banchi prova per i sistemi di guida dei missili, e quindi aiutando lo sviluppo del gran numero di realizzazioni della missilistica francese.

La Mk.6 diede origine alla B.(I) Mk.6 che era un interdittore notturno. Volò nel '55, aveva mezza stiva portabombe occupata da un pacco di 4 cannoni da 20 mm con munizioni sufficienti per un minuto di fuoco (quindi circa 3.000 colpi), per il resto c'erano 454 kg di bombe nella parte posteriore del vano, due contenitori subalari con razzi o altre bombe. Ebbe un unico estimatore, il No.313 Sqn in Germania (RAF Germany) che li tenne fino al '69.

L'evoluzione del progetto portò il Canberra alla versione B(I) Mk.8, costruita in 74 esemplari. Si trattava di un altro incursore notturno che volò dal 31 marzo del '56, inizialmente da B.6 convertiti. Aveva il contenitore esterno, ventrale, per 4 cannoni da 20 mm, muso allungato e soprattutto un tettuccio a goccia di tipo rialzato, visto che quello precedente era fin troppo 'a filo' della fusoliera e per quanto aerodinamico si era guadagnato il soprannome di 'boccia per pesci rossi'. Al solito v'era la possibilità di ospitare 2 bombe da 454 kg o razzi sotto le ali e alcune bombe dentro la fusoliera. Se il primo apparecchio era stato il VX185, di cui si è parlato sopra, il primo di serie volò l'8 giugno 1955. I B(I) Mk.8 andarono al No.88 Sqn, ma già dal maggio del '56 vennero esportati in massa nella ex-colonia indiana come B(I) 58, ancora in servizio a metà degli anni '80 negli sqn. 5, 16 e 35, aiutando a formare la seconda flotta di Canberra dopo quella della RAF, flotta che arriverà a circa 100 bombardieri; il Perù ne ebbe 8 come B(I) 68 e 78, il Venezuela invece le conosceva come B(I) 8/88 per l'Escuadron No.39 (questo era l'utente durante gli anni '80); la Nuova Zelanda ebbe 11 B(I) Mk.12, il Sud Africa ne ebbe 6 dello stesso tipo.

E non finì qui: la GAF (che significa Government Aircraft Factory) rielaborò la B.Mk.6 come B.Mk.20, che per la RAAF venne realizzata in 28 esemplari con gli Avon 101 e 20 con gli Avon 109, costruiti in entrambi i casi su licenza.

Come si è detto c'era anche la versione da addestramento, anzi le versioni addestrative: la T.Mk.4 (specifica T.2/49), con il prototipo WN467 in volo dal 6 giugno 1952, potenziato dagli Avon Mk.1 e muso metallico. Ne vennero costruiti 75 e passarono in servizio al No.231 Sqn, dove vennero raggiunte da altre 22 ex- B.2; alcuni addestratori di questa prima versione vennero dati anche alla Royal Navy.

La successiva era la T.Mk.11, quadriposto per ruoli speciali, grazie al radar AIRPASS (Airborne Interception Radar and Pilot Attack Sight System); il prototipo VN828 volò il 29 maggio del '58; per addestrare i piloti dei Javelin al No.228 OCU Sqn. La T.19 era derivata da questa, ma con un solo aereo per il No.100 Sqn come 'bersaglio' per il Controllo caccia (in sostanza, faceva la parte dell'intruso), e un altro venne dato al No.7. La T.Mk.3 venne servita in due esemplari per la RNZAF, la T.Mk.21 per la RAAF (7 B.20 e 2 B.2 ex-RAF); la U.Mk.10 era un aerobersaglio modificando i B.2, in servizio dal '57 sul No.728B Della FAA, ad Hal FAr (Malta). Lo scopo degli U.Mk.10 era fare da bersaglio per i missili Seaslug; quelli Australiani, di Woomera, vennero poi designati D.14.

Non meno importanti dei bombardieri furono le versioni da ricognizione: la PR.Mk.3 era il sostituto dei Mosquito PR.34 e PR.35 (specifica PR.31/46); il prototipo VX181 volò il 19 marzo 1950, seguirono 35 biposto con gli Avon 109, maggiore capacità di carburante e fusoliera allungata e macchine da ricognizione fotografica. Dal '53 divenne un infaticabile spione per la RAF con il No.540 e poi i No.31 e No.69 in Germania. Era davvero un aereo formidabile se il WE139 decollò da Londra e dopo 23 ore e 51 minuti atterrò a Christchurch, Nuova Zelanda: meno di un giorno per 19.740 km di percorso. Si meritò certo il posto che ha al museo RAF di Hendon. Naturalmente venne rifornito, ma a terra: non c'era la sonda per il rifornimento in volo, quindi nel percorso totale bisogna considerare anche la pausa per i rifornimenti. Il successivo PR.Mk.7 era derivato dal B.6, con compiti e motori simili al PR.3, ma era nell'insieme leggermente migliorato e con sette macchine fotografiche; ne vennero costruiti 74 esemplari che si fecero valere, volando raids sopra il Polo Nord tra Londra e Tokyo, vincendo una competizione NATO nel '61 e ottenendo vari record. Nella RN una versione derivata era chiamato T.22, e si trattava come si capisce dalla sigla, di un addestratore: infatti aveva il muso del Buccaneer. Era basata a Yeovilton, ancora in servizio negli anni '80. Il ricognitore PR.Mk.9 era la versione definitiva da ricognizione, con il WH793 che volò il 8 luglio 1955. Era un PR.Mk.7 modificato per ruoli da ricognitore d'altissima quota, con gli Avon 206 da 4.560 kgs, maggiore apertura alare, due posti in tandem etc. Andò in servizio con il No.58 Sqn nel 1960, con 4 o 6 fotocamere F-52 da 91 mm e una F-49 verticale da 150 mm.

Ricapitolando le versioni principali sono state il B.Mk.2 (430 esemplari), B.Mk.6 (129), B.Mk.8 (74, ma alcuni per conversione degli Mk.6), 48 B.Mk.20, 35 PR.Mk.3, 74 PR.Mk.7, più le altre versioni derivate e gli addestratori. A questi si aggiungono poi i tipi ottenuti per modifica di versioni precedenti.

Tra questi i B.15 e B.16, ovvero B(I)Mk.6 e Mk.8 modificati con lanciarazzi e missili AS.30, più macchina fotografica F-95 e una G-45, maggiori dimensioni della stiva bombe, che era già capace di portare 6 bombe da 454 kg. In tutto vennero costruiti 32 B.15 per la NEAF e FEAF, 8 dei quali nel 1969-70 trasformati in E.15 per la calibrazione dei radar (Sqn.98 e No.100 di Marham e Norfolk). I B.16 costruiti furono invece 20 ex B.8, e operarono con il No.6 e No.29 della NEAF di Cipro nel '62-69.

24 B.2 vennero trasformati in T.17 per addestramento ECM: operanti con il No.360 sqn di Wyton, erano irti di antenne ECM (non meno di quattro 'bozze' erano visibili nel muso, più l'antenna principale, e altre due almeno erano nella coda) e senz'altro i più brutti dei Canberra, ma ugualmente efficienti nel loro lavoro, che altrove era svolto da macchine come il PD-808GE. Essi avevano anche la capacità di portare un gran numero di chaff, per contribuire a disturbare i radar della difesa aerea. Il B.2 venne anche modificato in TT.18 per la RAF e RN con il No.7 Sqn e la FRADU della RNAS di Yeovilton.

Tecnica modifica

Quale era il segreto del successo del Canberra? Un'ala molto larga ed efficiente garantiva una maneggevolezza elevata, un'ottima tangenza operativa, un carico utile tale da portarsi dietro 2,7 t di bombe e migliaia di litri di carburante, abbastanza per garantire un'autonomia tutt'altro che comune rispetto ai primi apparecchi a reazione. Aggiungiamo la robustezza, affidabilità e una notevole economia e il gioco è fatto. Anzi, da ricordare che la data della sua nascita lo poneva tra i primissimi bombardieri a reazione, per cui era davvero un antesignano e forse il primo apparecchio realmente efficiente tra quelli spinti da turbine a gas. Come nel caso del Pe-2, lo Il-28 era invece un velivolo dall'ala più piccola, con prestazioni leggermente inferiori, meno autonomia e protezione parzialmente affidata ai due temibili cannoni da 23 mm. Una macchina valida, ma meno estrema e con meno possibilità di utilizzo in alte quote, contraccambiate con una certa maggiore efficacia quale macchina tattica, grazie anche alla presenza pressoché standard di due armi da 23 mm a prua.

Come caratteristiche tecniche il Canberra ha un'ala con tronco centrale diritta, gondole alari a mezz'ala, semiali esterne trapezioidali spesso con serbatoi all'estremità, con longherone a T doppio centrale, longherone posteriore con ipersostentatori del tipo a spacco, alettoni con alette a molla, aerofreni diruttori sulla parte dorsale e ventrale del tronco centrale. La fusoliera a struttura metallica e a guscio, aveva un diametro massimo, al centro, di 1,83 m, ed era divisa in parti: anteriore con l'abitacolo, centrale con stiva portabombe e la parte posteriore con i piani di coda. La deriva è a struttura bilongherone e per quanto possa sembrare strano, con il bordo d'attacco in legno, sotto cui vi è l'antenna radio. Il carrello ha una carreggiata di 4,79 m, con elemento anteriore biruota e pattino di coda per proteggere la parte posteriore della fusoliera da atterraggi sbilanciati. I motori Avon avevano, nella serie 100, dodici stadi con avviamento a cartuccia e 8 camere di combustione, vincolati in 4 punti al longherone principali, avvolti in cofanature facilmente rimovibili, tre serbatoi in fusoliera, e 2.180 l in serbatoi alari. Dei tre serbatoi della fusoliera i due anteriori sono flessibili, rinforzati e facili da rimuovere; completano la dotazione serbatoi d'estremità alari (in realtà sistemati sotto le ali) nei tipi B.6 e B.8, mentre non è apparentemente mai stata standard la sonda per il rifornimento in volo. Quanto all'abitacolo esso era pressurizzato spillando quella dei compressori dei motori, da cui venivano anche i sistemi di riscaldamento. I 2-3 membri d'equipaggio in genere erano sistemati dietro il musetto di plastica con dispositivo di puntamento, l'abitacolo sopraelevato e il vano tra i due posti ha il terzo membro d'equipaggio. Solo il pilota aveva i sedili MB 0-0 nell' Mk.8, mentre il portello d'accesso era sulla parte destra della fusoliera e il navigatore doveva usarlo sganciando la porta in emergenza. La situazione era peggiore nei tipi addestratori, che avevano quattro posti.

La capottina del tettuccio era inizialmente a 'a vasca di pesce' (sferico), con un doppio strato di plexiglas, poi sostituito da un tipo modello 'caccia', rialzato e spostato verso la sinistra e un po' indietro rispetto all'altro. Il muso aveva, nei tipi B.2, B.6 e B.8 una struttura in plastica trasparente con vetro ottico e sistema di mira. Nei tipi addestrativi è invece metallico. L'accesso è possibile con un portellone sulla destra.

 
Un Canberra argentino

E.E. A.1 Camberra B(I)Mk 8

  • Ruolo: Bombardiere
  • Equipaggio: due
  • Primo volo: 13 maggio 1949 (prototipo)
  • Entrata in servizio: maggio 1951 (B.2)
  • Costruttore: English Electric
  • Esemplari costruiti: 1.376 (inclusi i B e RB-57)
  • Dimensioni: lunghezza 19,945 m, apertura alare 19,945 m, altezza 4,75 m, superficie alare 89,18 m²
  • Pesi: a vuoto 10.511 kg, tipico 23.130 kg, mx 25.515 kg, carico alare 259 kg/mq, rapporto spinta: peso 0,294:1
  • Impianto propulsivo: due turbogetti Rolls-Royce RB.146 Avon Mk.109, 3.402 kg/s al decollo
  • Prestazioni: velocità massima 933 km/h a 9.150 m (mach 0,855), 833 km/h slm (0,68), salita 17,3 m/s (a 25.009 kg), tangenza fino a 21.775 m (?), tangenza pratica circa 14.630 m, raggio tattico, a 610 m (2.000 ft) e 648 km/h (400 mph), 1.290 km (800 miglia), autonomia tipica circa 3.700 km, max in trasferimento (con i due serbatoi d'estremità da 1.109 litri l'uno), 5.840 km
  • Armamento: quattro cannoni da 20 mm opzionali e 1.361-2.722 kg di armamenti nella stiva (dipendenti dalla presenza o meno dei cannoni), e 907 kg subalari. Il massimo era di 8 bombe da 454 kg (1.000 lbs) nominali.

Carriera modifica

 
Un Camberra B.2 della LW, usato solo per compiti di seconda linea

Il bireattore britannico ebbe una larga diffusione, in aggiunta anche a quanto già detto sopra.

La Rhodesia ebbe inizialmente 15 B.2 ex-RAF, i cui ultimi superstiti erano in servizio negli anni '80 con il No.5 Sqn, armati con lanciarazzi sotto la fusoliera. Poi nel '61 arrivarono altri 3 T.4 (ex-B.2 convertiti). Cliente poco noto fu la Germania Ovest con 3 B.2 per la Erproboungstelle 61 per compiti sperimentali (D-9566, -67 e -69), così che tutte e tre le potenze europee principali ebbero i Canberra, sebbene in due casi solo per compiti di seconda linea. La T.11 venne comprata in due esemplari (ex-B.2 RAF) dalla Svezia, sempre con ruoli sperimentali, che comprendevano un muso modificato con radar da intercettazione (erano noti come Tp.52, i WH711 e 905). L'Etiopia ebbe 4 B.52 (al solito, B.2 convertiti), uno dei quali finito in Somalia. 3 T.4 ex-RAF vennero comprati dal Sud Africa. Ma soprattutto, l'Argentina ebbe 10 B.62 (ex-B.2) e 2 T.64 (ex-T.4) della RAF, consegnati nel 1970, tutti in servizio eccetto le perdite in guerra, ancora nel 1987. Il Perù nel '65 ordinò alcuni esemplari, i B.56, ovvero B.6 e 15 modificati; poi nel 1968 seguì un altro ordine e nel '69 arrivarono 12 B.72 (al solito, B.2 modificati) e 2 T.74 (ex-T.4). Il Venezuela ordinò nel '58, un lotto di 12 B.2 nell'edizione locale B(I)82 (ex-B.2 della RAF), più due PR.83 (ex-PR.3) e due T.84 ( T.4 ex-RAF). Nel 1987 risultavano in carico al No.39 Escuadron de Bombardeo, dove c'erano anche i B(I)8. Il No.40 aveva i PR.83. Nel 1970 l'India ebbe 10 B(I).66 (ex-B.6), due PR.67 (PR.7) e sette T.4; successivamente giunsero altri 8 B(I).12 ex-RNZAF e 2 T.13, e vari B.20 ex-RAAF, usati però solo come bersagli (non è chiaro se volanti o solo a terra).

Nel servizio con la RAF i Canberra svolsero compiti sperimentali eccezionalmente numerosi data l'autonomia e la quota, inclusi i sistemi missilistici, radar e sonde per il rifornimento in volo. Oltre che nella discussa (e pagata politicamente a caro prezzo) campagna di Suez, vennero usati in Malaysia con il No.101 Sqn, parteciparono nel '61 alla crisi del Kuwait con i No.88 e 213 (anche all'epoca v'era la minaccia di annessione da parte dell'Irak).

La prima guerra fu quella contro l'Egitto nel '56, in cui gli inglesi mobilitarono diversi reparti di Canberra basandoli in Egitto e a Malta. In tutto si trattava di 92 B.Mk 2 e B.Mk 6, oltre a 7 da ricognizione.

Compiti più pacifici erano assegnati ad un B.2, il WD952, che nel 1953-56 raggiunse quote molto superiori ai soliti 14.000-15.000 m dei tipi standard: grazie a due Bristol Olympus 99 arrivò a 20.083 m, mentre il 28 agosto 1957 il WK163, con un razzo 'Double Spectre' nella stiva ventrale, si arrampicò a 21.430 m. Queste prestazioni ad alta quota torneranno molto utili, così come l'autonomia e la capienza dei serbatoi, per i ricognitori, attivi per decenni ovunque vi fossero interessi britannici.

I Canberra Indiani hanno visto azioni di tutto rispetto: le guerre contro il Pakistan, ma anche nella crisi del Congo del '61; l'Australia usò i suoi aerei nel Vietnam con il No.2 di Phan Rang durante il periodo 1967-giugno 1971. Vennero usati anche per cartografare le isole come quelle di Papua-Nuova Guinea, nella missione 'Sky Pikas', terminata nel luglio del '75.

Come aereo da alta quota il Canberra era certamente difficile da 'beccare': non ne raggiunsero nemmeno uno nelle misteriose e numerose missioni inglesi attorno alla 'Cortina di ferro'. I caccia F-86 italiani cercavano di prenderli durante le loro crociere di trasferimento da e per Malta e Cipro(teoricamente avevano abbastanza velocità per farlo), ma i Canberra salivano a 15 mila metri e così gli F-86 non riuscivano a beccare gli inglesi, perché semplicemente stallavano prima. Tuttavia, anche qui c'è stata un'eccezione, la guerra del '56, quando i Canberra subirono l'azione dei veloci MiG-15, con danni ad almeno uno dei ricognitori inglesi, nemmeno loro erano al riparo da questi nuovi caccia intercettori. Un altro venne abbattuto sulla Siria, e per colmo d'ironia, non da un nuovo MiG, ma da un altro aereo di costruzione inglese, un caccia Meteor siriano, che lo 'beccò' a quota meno elevata del solito, dato che il Canberra dovette abbassarsi a cercare un varco nelle nuvole per poter portare a termine la sua missione.

Un'altra ragione della longevità degli aerei, a parte la durevolezza delle cellule, è stata la disponibilità di spazio, che ha permesso la sperimentazione di motori, avionica, sonde IFR e missili, tanto da fare di questi aerei una piattaforma sperimentale estremamente importante per sviluppare sistemi molto più moderni, che questi aerei non hanno mai portato in servizio.

I Canberra, tuttavia, non ebbero i sistemi avionici più moderni ed efficaci disponibili, quanto meno dagli anni '60. Nella RAF vennero sostituiti dai Buccaneer (che pure nacquero come aerei navali, ma il TRS.2 era stato nel frattempo 'abbattuto' dalle decisioni politiche). L'USAF a suo tempo scelse il Canberra quale bombardiere leggero ideale, a seguito delle esperienze coreane, dismettendo così il pur promettente Martin XB-51, che aveva minor autonomia oraria e quindi, di 'persistenza' in missioni d'appoggio (e anche così, in Malesia spesso vennero preferiti i vecchi aerei a pistoni, con un'autonomia ancora maggiore). La Martin costruì su licenza il Canberra in diversi tipi profondamente modificati, i B-57. Essi saranno poi i più sofisticati della famiglia: gli ultimi tipi, come i B-57F, erano dei veri e propri interdittori notturni, con sofisticati radar e sistemi avionici quali FLIR, LLTV e laser, e con questo set avionico, ampiamente usati in missioni notturne sul Vietnam e dintorni. Un altro tipo altamente specializzato fu l'RB-57, che con le ali aumentate (come nell'RB-57F) divenne quasi all'altezza dell'U-2, sebbene soffrisse di problemi di resistenza strutturale.

Il Canberra era inizialmente quasi invulnerabile, almeno finché si fosse mantenuto alle massime quote operative, che, anche con il carico bellico, arrivavano a circa 12.000 metri. Con il tempo, però, i caccia supersonici e i SAM riuscirono ad erodere la loro supremazia ed essi dovettero rifugiarsi alle quote più basse. Nel 1982 uno venne abbattuto da un Sea Harrier con un AIM-9L, mentre un altro, che a circa 12.000 m stava bombardando postazioni inglesi, venne centrato da un missile Sea Dart, ad una quota alla quale di fatto non era raggiungibile dai caccia inglesi (anche per il timore di ritrovarsi a che fare con i Mirage, che là sarebbero stati troppo superiori ai lenti aerei V/STOL).

Ancora nei primi anni '2000 il Perù aveva in servizio i suoi Canberra, modificati con sistema di bombardamento moderno, basato su GPS; nel mentre, la RAF lo aveva ancora in servizio per compiti di addestramento EW. Un vecchio guerriero che dopo oltre 60 anni di servizio, è probabilmente a tutt'oggi in servizio con qualche forza aerea secondaria. Del resto i suoi sostituti (fino al Tornado GR Mk.1) si sono dimostrati troppo costosi per la gran parte degli utenti del vecchio bireattore, che così è rimasto in auge, anche perché le sue prestazioni in quota sono superiori anche a quelle dei suoi successori, soprattutto quanto a tangenza e agilità di volo.

Valiant modifica

 
Un Valiant al decollo, nel suo immacolato bianco antinucleare, mostra anche il particolare carrello con ruote in tandem

Il Vickers Valiant è stato il primo dei cosiddetti "V-Bombers". Questo nuovo aereo, nato come Vickers-Armstrong Type 660, era una macchina di valide caratteristiche, con un carrello retraibile elettricamente all'interno come sul B-25, 5 uomini di equipaggio e l'assenza di qualunque armamento difensivo, puntando sulla quota e velocità per sopravvivere, oltre che su di una colorazione bianca 'anti-nucleare' per riflettere l'energia delle esplosioni nucleari. Però esso aveva anche un'ala quasi diritta, non superava i 920 km/h e anche le altre prestazioni erano poco impressionanti, tranne l'ottimo carico utile di oltre 9 tonnellate sotto forma di 21 bombe da 454 kg come massimo. Entrato in linea nel 1955, il Valiant fu prodotto in poco più di 100 esemplari e fu impiegato in guerra nel 1956 (operazione "Musketeer" durante la guerra arabo-israeliana di quell'anno, a cui presero parte anche gli anglo-francesi) con 4 squadriglie, che pare ebbero una perdita dovuta a un Meteor o un MiG-15. Dal '63 venne passato agli attacchi a bassa quota, mentre alcuni erano stati ricostruiti come aerocisterne, data la disponibilità dei Vulcan e Victor. Il passaggio alle missioni a bassa quota provocò danni per la fatica alle ali, che portarono alla radiazione dopo pochi anni del velivolo, nonostante che la versione B.Mk.2 era già approntata con il primo volo nel '53, specializzata per le basse quote; a quel punto però gli altri V-bombers erano già pronti.

Genesi modifica

Le sue origini vanno ricercate nella specifica nata dagli studi del Joint Technical Warfare Committee, iniziati nel novembre 1944 e con un report (il Tizard Report) del 3 luglio 1945 che dava indicazioni sul futuro della RAF, rimasta la forza aerea più potente d'Europa (almeno, eccetto l'URSS). Nel 1946 fu la volta della specifica OR229 e della simile OR230, che chiedevano lo sviluppo di aerei a reazione come deterrente per vettorare armi nucleari sul territorio sovietico, dato l'aumento della tensione internazionale già verso la fine del conflitto. Seguì la B.35/46 del British Air Ministry (del gennaio 1947) che chiedeva un bombardiere veloce quasi quanto il suono, a quote di 15.240 metri.

La Shorts Brothers sottopose un progetto reputato troppo ambizioso, ma data la necessità di avere un progetto di riserva in caso fallisse lo sviluppo del tipo previsto, allora venne accreditata dello sviluppo di un altro tipo di aereo, nato dalla B.14/46, chiamato successivamente S.A. 4 Sperrin, e che venne completato in due soli prototipi, volati a partire dal 1951. Mentre l'H.P. e l'Avro tendevano a volare in alto, con i loro nuovi progetti avanzati, la Vickers, già autrice del vecchio Wellington (che nei suoi limiti, fu il bombardiere britannico più prodotto di sempre), ebbe un altro contratto, che fosse di back-up in caso di fallimento dei tipi più avanzati. In realtà, inizialmente la proposta Vickers sembrò poco attraente se comparata a quella dei concorrenti, ma dato che questi ultimi sarebbero stati prodotti e messi in servizio con qualche anno di ritardo, si pensò di attribuirle una commessa per quest'aereo ad 'interim'. Così, i bombardieri britannici vennero sviluppati su più fasi: il Lincoln non era altro che un Lancaster potenziato, mentre il Canberra sostituì il Mosquito, ma non aveva l'autonomia e la capacità di carico per portare un ordigno classe 4.500 kg (come erano le armi nucleari dell'epoca, insomma). Il Lincoln, difficilmente capace di allontanarsi per tempo dall'esplosione delle proprie stesse armi nucleari, venne sostituito da circa 90 B-29 'Washington' come interim. Poi venne lo Sperrin, che fu praticamente una sorta di programma di sviluppo; il Vulcan e il Victor vennero entrambi portati avanti nel timore che uno dei due fallisse; e nel frattempo, come successore del Washington, fu la volta del Valiant, voluto come aereo provvisorio per i reparti britannici. All'epoca si faceva davvero in fretta, anche a sviluppare gli aerei più sofisticati e costosi; ma dato che la guerra nucleare era del tutto diversa da quella convenzionale, e che i 'jet' erano sia più costosi che più difficili da colpire dei vecchi aerei ad elica, in pratica tutti i progetti britannici finiranno per essere poco prodotti e assai dispersivi nella loro produzione. Restano un esempio affascinante di evoluzione aeronautica, in quella che divenne nota come 'V-Class' perché questi aerei, a similitudine di molti tipi di navi britanniche, avevano tutti nomi inizianti con V.

 
Il primo Valiant prototipo a Farnborough, 1951

Il Valiant, portato avanti nella RAF soprattutto grazie all'attività del capo-progettista George Edwards, che insisté sulla maggiore rapidità e minor rischio di sviluppo, ebbe così luce verde. La prudenza dell'aviazione britannica sui progetti avanzati può sembrare difficilmente comprensibile, specie se si considera anche l'ansia contemporanea di avere un nuovo bombardiere. Ma erano così quegli anni: l'avveniristico trasporto D.H. Comet sembrava dare ai Britannici una leadership nell'aviazione commerciale, finché la sua carriera fu rovinata da inaspettate debolezze strutturali (in pratica, i finestrini rettangolari finivano per fornire alla pressione della cabina un punto debole su cui infierire sulla struttura metallica; troppo tardi verranno realizzati i Comet con finestrini ovali, nel frattempo la carriera fu compromessa e i concorrenti americani finirono per prevalere). Nel mentre, la Boeing, già autrice dei migliori bombardieri del conflitto, entrò nella scena degli aerei a reazione con il B-47 Stratojet, che volò già nel '47 ed entrò in servizio all'inizio degli anni '50. Al contempo, i Sovietici avevano messo in crisi la comoda legge 'dei 10 anni', che i Laburisti avevano dichiarato dopo la guerra e che prevedeva che 'non vi sarebbero state gravi emergenze per altri 10 anni'. Cosa comprensibile, dati danni subiti dalla Gran Bretagna (che finì il razionamento addirittura dopo l'Italia, nel '54), ma che Stalin, nonostante i danni ancora maggiori subiti dall'URSS, mise in crisi già con Berlino (1948), e che frantumò definitivamente con la Guerra di Corea. E i Sovietici avevano sviluppato anche efficaci aerei da caccia, i MiG-15, che poterono dimostrare la loro efficacia contro i B-29 già nel '50, durante la guerra di Corea. I Britannici avrebbero avuto molti guai con i loro pur numerosi Lincoln e persino con i bombardieri di 'punta', i Washington. Bisognava fare presto, e al contempo, non fare passi falsi: facile a dirsi, meno a farsi!

Così, con l'aprile 1948, l'Air Staff emise la specifica B.9/48, che in pratica era costruita sulla proposta Vickers (il Type 660, secondo la designazione interna della compagnia) e nel febbraio 1949 vennero ordinati due prototipi. Quasi inevitabilmente, questi sperimentarono due diversi tipi di reattori, quelli che all'epoca erano in contrasto tra di loro: il primo ebbe i R.R. RA.3 Avon, e il secondo ebbe gli A.S. Sapphire (venendo definito come 'Type 667'). Il primo dei due volò il 18 maggio 1951, riuscendo non solo a mantenere le promesse di rapidità di sviluppo, ma anche il meno avanzato Sperrin: appena 27 mesi dalla firma del contratto. Il nuovo si unì al vecchio, dato che il collaudatore era niente di meno che il Capt. Joe 'Mutt' Summers, che a suo tempo sperimentò lo Spitfire, circa 15 anni prima, e che voleva sperimentare anche questo nuovo aereo, prima di ritirarsi e di cedere il passo a Gabe Bryce, secondo pilota di quel volo. Il nome 'Valiant' giunse soltanto il mese dopo il volo. Non molti ricordano che la Vickers aveva già proposto un aereo con questo nome, il Type 131 del 1931, ma era un biplano di seconda linea. Nondimeno, questo nome giunse alla celebrità con il Type 660, 'battezzato' così da una commissione degli stessi impiegati della Vickers.

Il Vickers Valiant n.1 ebbe tuttavia un incidente mortale nel gennaio 1952, causato da un incendio in volo (morì il solo co-pilota, il resto dell'equipaggio si salvò). Dopo modifiche all'impianto carburante, il Type 667 volò l'11 aprile 1952. Nonostante la sigla fosse diversa da quella del primo prototipo, il secondo Vickers ebbe comunque gli Avon (nel tipo R.A.7 da 3.300 kg/s) piuttosto che i Sapphire. In effetti, gli Avon ebbero dei problemi di 'pompaggio' all'inizio della loro carriera, ma poi vennero superati rendendo questi tra i migliori motori dell'epoca. Per alimentarli sufficientemente venne anche modificata l'entrata delle prese d'aria, ora ingrandite e più arrotondate perché i motori erano diventati più potenti di quelli previsti e avevano bisogno di più aria. Questo secondo aereo, che volò così rapidamente dopo la perdita del primo aereo, poté in pratica eliminare i ritardi connessi con quell'incidente. Questo rese possibile un ordine per 25 Valiant B. Mk.1 o B.1 (Bomber Mark 1) sempre in quell'aprile, quando era nel pieno svolgimento la Guerra di Corea. Ma il primo aereo di produzione volò solo nel dicembre 1953, quando quella guerra era finita. Tuttavia, l'URSS restava, anche con Stalin morto, una minaccia gravissima dal punto di vista occidentale. Oramai i Sovietici avevano sviluppato non solo le loro prime armi nucleari, ma persino quelle H, molto più potenti.

La V-Bomber force doveva così fronteggiare una minaccia molto grave, a maggior ragione se si considera che essa nacque come tale molto prima (ottobre 1952) di quando ebbe i suoi aerei: il primo Valiant venne consegnato solo nel gennaio 1955.

Tecnica modifica

 

La fusoliera era costruita attorno ad una struttura longitudinale molto robusta, la cui 'spina dorsale' sosteneva sia l'ala che il carico di bombe. Quanto all'equipaggio, questo era sistemato soltanto a prua, in un compartimento pressurizzato ('egg') con pilota, copilota, due navigatori e un operatore dell'elettronica. Tuttavia, come gli altri V-Bombers, soltanto i due piloti avevano sedili eiettabili e gli altri dovevano eventualmente scappare dalle porte sui fianchi della grossa fusoliera. Quanto alla costruzione, l'aereo era in lega leggera zinco-magnesio-rame-alluminio (DTD683), il che, abbinato al criterio 'safe-life' usato per la manutenzione, venne ampiamente criticato già nel '56, dato che quella lega leggera era vista come instabile e che il criterio safe-life poco garantiva se c'era un cedimento strutturale catastrofico.

I primissimi Valiant (o forse solo i prototipi) ebbero i motori Avon RA.3 da 6.500 lb/s (circa 2.900 kg/s) annegati nella radice delle ali, similmente ai Comet e agli altri V-Bombers. Questa era forse l'unica cosa insolita dell'aereo, che lo stesso capo-progettista definiva 'unfunny', dato che era -per quanto possibile- molto semplice nella sua concezione. L'ala era in posizione alta, con una freccia limitata e nondimeno, di tipo 'composito' secondo un brevetto della stessa Vickers: nella parte interna arrivava a 37° di angolo, ma alle estremità arrivava a soli 21, dando quasi l'impressione che fosse un'ala diritta. Questo differenziale (esattamente all'opposto della soluzione che venne poi attribuita al Victor) consentiva di compensare la riduzione dello spessore relativo vicino alle estremità alari e quindi l'aumento della resistenza dell'ala. La velocità massima era nondimeno limitata a circa mach 0,84, ma poteva essere mantenuta una di 0,75 persino a 16.600 m (55.000 ft), ovviamente a pesi leggeri. Anche la coda era a freccia, con gli equilibratori piuttosto in alto, sul timone verticale, ma senza arrivare alla soluzione a T del Victor, aereo con cui aveva maggiore somiglianza rispetto al delta puro del Vulcan. Il Valiant poteva così giovarsi di comandi che stavano al di fuori del getto di scarico dei motori, che restavano piuttosto più bassi. L'ala di per sé aveva anche i flap per il decollo (a 20°) e atterraggio (40 o 60°), carrello triciclo anteriore con due ruote. L'azionamento di molti dei sistemi era elettrico (112V o, per i sistemi più piccoli, 28DC, con batterie a 24 e 96V), incluso il carrello e i flap, una differenza considerevole rispetto agli aerei della vecchia generazione, in genere dotati di sistemi idraulici. La radio e il radar erano alimentati invece con correnti alternate a 115V. Soltanto i freni e lo sterzo erano idraulici, ma pur sempre con pompe ad azionamento elettrico. I comandi erano duplicati, ma c'era anche il sistema totalmente manuale per le emergenze. In un certo senso, il Valiant era un pò 'il bombardiere elettrico' dell'epoca, come venne poi battezzato molti anni dopo l'F-16 ('electric jet', per via dei comandi FBW). Il sensore principale era il radar, un'evoluzione dell'H2S del tempo di guerra, con lunghezza d'onda centimetrica, ma almeno all'inizio non pare vi fossero ECM, così come non c'era alcun armamento difensivo: la quota e la velocità erano la principale arma difensiva del Valiant.

Il carico alare era necessariamente ridotto, per le prestazioni in quota viste con favore all'epoca. Lo spessore era (al centro) il 12% della corda e sufficiente (alla radice) per contenere i motori, migliorando l'aerodinamica ma non la manutenzione e anche il rischio di gravi conseguenze in caso di incidenti (esplosione della turbina, cosa tutt'altro che infrequente all'epoca). Internamente, poi, i longheroni dovevano essere oppurtunamente 'piegati' per passare attorno ai motori. Questi ultimi all'inizio della produzione erano gli Mk.201 (designazione successiva rispetto alla serie RA) da circa 4.200 kg/s; si sperimentarono anche due motori a razzo DH Sprite, ma i problemi di sicurezza e il potenziamento dei motori a reazione fece abbandonare l'idea. Piuttosto, alcuni Valiant ebbero motori con iniezione d'acqua per aumentare la potenza al decollo di circa 450 kg/s (1.000 lb).

Quanto alla capacità bellica, i Valiant potevano portare una bomba da 10.000 lb (4.500 kg) nucleare, oppure fino a 21 da 450 kg; erano anche disponibili dei grandi serbatoi esterni sotto le ali, allo scopo di dissetare opportunamente i turbogetti di prima generazione. Ciascuno di essi aveva ben 1.650 imp gal (7.500 litri) di carburante. Almeno nel caso del 'Vulcan', le bombe erano caricate in 'clips' di 7 ordigni l'uno, il che spiega il loro numero, piuttosto strano. E' verosimile che anche il Valiant, così come il Victor, avessero tali 'clips' (solo che il Victor ne aveva 5 unità), il che permetteva di ricaricare gli aerei molto in fretta, cosa evidentemente pensata per un loro impiego come macchine convenzionali, nonostante l'enfasi data nel ruolo di bombardiere nucleare.

Valiant B.Mk 1:

  • Ruolo: Bombardiere
  • Equipaggio: 5
  • Primo volo: 18 maggio 1951
  • Entrata in servizio: 1955
  • Costruttore: Vickers
  • Esemplari costruiti: 108
  • Dimensioni: lunghezza 32,99 m, apertura alare 34,85 m, altezza 9,80 m, superficie alare 219,43 m²
  • Peso: 34.418-63.500 kg
  • Motore: 4 turbogetti Rolls-Royce RA.28 Avon Mk.204/205, 4.560 kg/s
  • Prestazioni: velocità massima 912 km/h, tangenza 16.450 m, autonomia max 7.200 km
  • Armamento: fino a 9.525 kg di bombe convenzionali o nucleari

Oltre ai due B.1, venne anche costruito un altro prototipo, il B.2. Esso era lungo 34,8 metri, anziché 33, ma soprattutto aveva ali rinforzate e carrello adatto a pesi maggiori (con 4 gambe anziché 2 per ciascuno dei due elementi principali, con rientro all'indietro nelle ali). Quest'aereo dismise anche il 'bianco anti-nucleare' dei precedenti aerei, ma ebbe il 'gloss black' diventando noto come 'Black Bomber'. Esso poteva volare a 655 miglia all'ora a bassa quota, quando il B.1 era accreditato di sole 414 (ovvero, 1.054 vs 666). Questo dava al B.2 una velocità sufficiente per sfuggire agli intercettori nemici e l'Air Ministry ne ordinò 17 tra cui 2 prototipi, già nell'aprile 1952. Questo, malgrado il prototipo volasse soltanto nel settembre 1953. Ma, con molta miopia, il programma venne cancellato nel 1955 e così questa sorta di antenato del Buccaneer non ebbe seguito. L'unico B.2 venne usato per prove in vari anni, e poi demolito come bersaglio per armamenti.

Successivamente, i Valiant ebbero seguito in ambito Vickers, dai proposti trasporti passeggeri a turboelica Vanguard (del '59) e a reazione VC-10 (1962), ma non vi fu più alcun aereo nato strettamente come 'militare' nella produzione della Vickers.

Complessivamente, i B.1 di preserie furono 5 (Type 674, con gli RA.14 da 4.200 kgs/9.500 lb, noti anche come Avon 201); quelli di serie furono 34 (Type 706), con gli Avon RA.28 204 o 205, da 10.500 lb/4.700 kgs e iniezione di metanolo/acqua al decollo.

La ricognizione fu presa in condiderazione fin dall'inizio, e così apparvero anche i Valiant 'recce'. 8 furono i Type 710 B(PR).1, da ricognizione (e bombardamento), con un sistema rimovibile nel vano portabombe con fino a otto macchine fotografiche e 4 telecamere. 13 ulteriori furono i Type 733 B(PR)K.1, bombardieri-ricognitori. Tutti questi aerei erano apparentemente soltanto macchine modificate, visto che quelli della produzione erano già stati completati.

I più numerosi furono i Type 758 Valiant B(K).1, ben 44, che erano utilizzabili come bombardieri o cisterne, con un sistema stivato nel vano portabombe, e tipicamente due serbatoi subalari e sonda nel muso. Altri 16 vennero ordinati, ma poi cancellati.

Quindi, i Valiant, proposti fin dall'inizio anche come ricognitori (il che non dovrebbe stupire, visto che i bombardieri quasi sempre danno luogo a versioni da ricognizione), sono stati in tutto 107, inclusi tre prototipi B.1 e B.2, 5 di preserie e 99 di serie, che ebbero una carriera piuttosto complessa dato che diversi vennero convertiti da bombardieri a ricognitori o aerocisterne. I bombardieri 'puri' sono stati solo 42, di cui 3 prototipi e 5 di preserie. Tuttavia, praticamente tutti gli altri erano comunque utilizzabili come bombardieri a seconda delle necessità: 21 ricognitori-bombardieri, e 44 come cisterne-bombardieri. A questo proposito, il sistema di rifornimento a cestello era stato studiato proprio in Gran Bretagna, e poi passato anche agli Stati Uniti, che lo usarono per i loro tanker, anch'essi ricavati in genere da bombardieri, come i B-50.

Un modello da trasporto, con ala da 44,5 metri, il Type 1000, venne studiato fin dal 1953, ma non venne completato, così come non ebbero seguito i Type 1004 e 1007 da trasporto civile. Tutti gli aerei vennero comunque completati già entro l'agosto 1957.

Gli operatori furono la RAF con le basi di Gaydon, Finningley, Honington, Marham, Wittening e Wyton, con gli squadroni No.7, 18, 49, 90, 138, 148, 199, 207, 214, 543, 232 e il flight 1321 (per gli esperimenti nucleari).

La breve carriera modifica

 
La bomba 'Yellow Sun'

Il Valiant entrò in servizio nel 1955, iniziando con il No.232 Operational Conversion Unit su RAF Gaydon. Seguì il No.183 Sqn sulla stessa base (e poi spostato a Wittening). Al culmine della sua breve carriera, il Valiant equipaggerà ben 9 squadroni. Non stupisce nemmeno che quest'aereo, in forza al No.49 Sqn, fu anche il primo aereo inglese che sganciò una bomba nucleare (una Blue-Danube depotenziata) nel poligono di Maraling (sud Australia). L'esplosione ebbe luogo l'11 ottobre 1956 e appena pochi mesi dopo, il 15 maggio 1957, fu la volta di un altro Valiant (un B.K.1) che, sempre in forza al No.49, sganciò la prima H britannica (Green Granite Small), nell'ambito dell'Operation Grapple. Nonostante che la reazione di fusione nucleare venne ottenuta, quest'ordigno, sganciato sul Pacifico meridionale, fu incapace di fornire più di un terzo del potenziale previsto. Appena l'8 novembre successivo fu la volta della Grapple X Round A/ 'Round C1', che ottenne quanto ci si aspettava. I test della serie 'Grapple' continuarono fino al novembre del '58, quando il governo britannico diede il suo stop definitivo agli esperimenti nucleari nell'atmosfera.

Il bombardamento convenzionale non era trascurato, ma certo non così tenuto in considerazione. Veniva usato un sistema addestrativo basato su bombe addestrative (per il poligono) e simulazioni radar (per bersagli fuori poligono). Il sistema completo era, per il bombardamento, noto come Navigational and Bombing System (NBS), ed esso consentiva un'elevata precisione, si stima di circa 100 yarde ad alta quota (dell'ordine di 40.000 ft), ovvero circa 91 metri (da 12.200 m di quota), almeno con un equipaggio ben addestrato. Questa capacità venne messa alla prova con la crisi dell'Ottobre 1956 a Suez (Operazione Musketeer), che vide i Valiant operare da Luqa (Malta). I sistemi d'arma convenzionali dovevano ancora essere provati e i 24 aerei impiegati avevano appena ricevuto sistemi di mira per le bombe convenzionali di fortuna, sganciando nondimeno ben 842 tonnellate di bombe su sette campi d'aviazione egiziani. Malgrado questo, soltanto tre di essi vennero danneggiati seriamente. Del resto, questa non era una novità per i bombardamenti convenzionali: l'affrettata messa in servizio dell'aereo, l'enfasi sul nucleare e il fatto di operare di notte da quote dell'ordine dei 13.000 metri non consentiva certo di sperare in risultati migliori, che comunque depotenziarono l'aviazione egiziana ed inflissero danni non trascurabili, anche se non decisivi quanto gli attacchi a bassa quota da parte di aerei tattici.

Notevole comunque sia, il livello di prestazioni raggiunto da quelli che erano i più modesti dei V-Bombers: infatti, Luqa distava non meno di 1.600-1.800 km dai bersagli nell'area del Cairo, eppure i Valiant arrivarono fin là e ci arrivarono con non meno di 18 bombe l'uno, tanto che una delle prime incursioni ne vide 7 sganciare 132 bombe complessive. E questo volando a 13.000 metri (almeno, stando all'articolo ACIG, ma anche Wikipedia.en riporta quote di circa 12.000 m per le missioni di bombardamento), con risultati inferiori alle aspettative anche perché gli equipaggi, pare, erano addestrati per lanci da 15.000 metri (evidentemente con armi nucleari). La loro capacità di portare 21 bombe forse non fu sfruttata appieno, ma sicuramente, almeno in missioni leggermente meno 'tirate', sarebbe stata esercitata. All'epoca non c'erano ancora i Valiant in versione rifornitori e per giunta, queste missioni vennero fatte di notte. Una cosa resta oscura: se questo raggio d'azione era quello 'reale' (nemmeno quello 'teorico', che in genere è considerato in maniera assai ottimistica dai costruttori), allora come mai i Vulcan Mk.2, assai superiori a qualunque Valiant e capaci in teoria di circa 3.700 km di raggio d'azione, ebbero bisogno anche di sei rifornimenti in volo per le 'Black Buck' (quasi 13.000 km)? E' una domanda simile a quella che si potrebbe porre al riguardo degli F-111F che bombardarono nel 1986 Tripoli, dato che per un percorso grossomodo analogo ebbero bisogno anch'essi di parecchi rifornimenti in volo. Ma è un fatto assolutamente sicuro, che i Valiant furono in grado di portare non meno di 8 tonnellate di bombe su distanze di circa 1.800 km (1.000 miglia nautiche) ad alta quota e velocità, di notte e senza alcun rifornimento in volo, operando direttamente tra Malta e il Delta del Nilo. Dato che i vicini aeroporti di Cipro erano già saturi, non pare che vi fu alcuna pianificazione per atterrare là dopo la missione. Piuttosto, c'erano nelal zona i Canberra Mk.2, mentre i B.Mk.6 erano basati a Malta, ed essi riuscirono a loro volta ad eseguire azioni di bombardamento fino in Egitto. Come sia possibile che persino questi bireattori riuscissero in una missione così lunga e con carichi elevati (forse 6 bombe l'uno) è arduo dire, ma i Canberra non potevano proprio rifornirsi in volo, quindi è certo che quello dimostrato era davvero il loro raggio d'azione 'reale', senza aiuti esterni (anche se sarebbe perfettamente ragionevole che essi facessero missioni 'spoletta' atterrando a Cipro prima di tornare a Malta).

Presto fu anche la volta dei Valiant da rifornimento, iniziando dal No.214 di Marham (dal 1958) e No.90 (Honington) dal 1959 (quindi: dato che la produzione era cessata da circa 2 anni, essi nacquero tutti come bombardieri); essi avevano una HDU 'Hoodoo' (Hose Drum Unit) che in pratica era una manichetta posta nel vano portabombe ed era rimovibile quando necessario. Un problema era la necessità di aprire il vano portabombe per rilasciare la sonda e quindi permettere il rifornimento. Questo rese possibile trasformare i bombardieri 'medi' della RAF in macchine pienamente strategiche, come dimostrò il volo di un Vulcan da Marham a Singapore nel 1961. Era anche comune che gli stessi aerorifornitori fossero riforniti da altri velivoli simili per prolungarne l'autonomia d'intervento (come venne dimostrato nel 1982 con le 'Black Buck'). Nel '63 uno squadrone di grossi Javelin da caccia vennero riforniti in volo in un percorso tra la Gran Bretagna e l'India, ma ovviamente i maggiori utenti furono i Vulcan e gli altri V-Bomber.

Vi fu anche una modifica elettronica: i Valiant del No.18 ebbero delle RCM (radio contermeasures, ora note come ECM) offensive, per accompagnare gli altri aerei: sistemi APT-16A e ALT-7, 'Airborne Cigar' e 'Carpet', nonché sistemi RWR APR-4 e -9, e lanciatori di chaff. In tutto, i Valiant ECM furono almeno sette e questo ruolo evidentemente si sposava bene con la natura 'elettrica' di quest'aereo, che poteva così migliorare parecchio la possibilità di penetrazione attraverso le difese aeree nemiche dei bombardieri.

Il No.543 sqn, ebbe invece un compito di ricognizione fotografica, con opportune modifiche per i suoi aerei.

 
Il Valiant coi colori tipici delle missioni a 'bassa quota'

Nonostante tutto, il Valiant era un bombardiere di successo, pur nascendo come velivolo ad interim. A guastare la sua carriera fu la fine dell'U-2 abbattuto il 1 maggio 1960, che cominciò a far spostare i compiti di bombardamento dalle alte alle basse quote. Ora dipinti in colori grigio-verde, i Valiant persero il loro aspetto 'angelico' e si diedero da fare come 'diavoli' volando veloci e bassi per quanto possibile tra boschi e alture. Al nuovo tipo di ruolo vennero adattati i Valiant degli squadroni No.49, 148 e 207 Sqn, altri due erano aerocisterne (90 e 214, come già visto) e uno (543) era di ricognitori. Finché, il 6 agosto 1964, il longherone posteriore di un'ala del WP217 cedette di schianto e l'aereo (della OCU di Gaydon) atterrò in emergenza sulla base. La macchina venne trovata afflitta dalla 'peste' della bassa quota: rivetti saltati, strutture indebolite. Allarmati, i tecnici della RAF trovarono che i longheroni della flotta di Valiant stavano subendo una fatica strutturale manifesta tra il 35 il 75% del limite previsto. I Valiant continuarono a volare soltanto nel caso degli aerei classificati Cat A; i Cat. B vennero mandati in aria solo per raggiungere qualche officina specializzata, e i Cat. C vennero messi a terra e basta. Quasi tutti i rifornitori erano Cat A, essendo rare le occasioni in cui volavano a bassa quota; ma all'inizio del '65 fu deciso, da parte del governo Wilson, che i costi di riparazione dei Valiant non erano giustificati e così, dal 26 gennaio, tutti gli aerei vennero messi a terra, benché la loro missione di allarme nucleare fosse stata compiuta fino all'ultimo. L'ultimo Valiant a volare come bombardiere fu l'XD818 il 9 dicembre 1964, come anche l'ultima missione di cisterna.

 
L'ultimo Valiant, attualmente ancora conservato in maniera completa e con il bianco 'anti-nucleare' dei primi tempi (2006)

I Valiant non vennero tutti demoliti: il B1 XD818 è a Cosford, dove fa compagnia anche al Vulcan e al Victor. Esso è l'unico Valiant rimasto, ma altre parti sono state conservate di diversi esemplari.

Quanto alle perdite operative, i Valiant ebbero quella del primo prototipo WB210 (vicino a Hurn, 12-1-52); del B.1 WP 222 (No.138 Sqn) a Wittening (29-7-55); del B1 WP 202 (Sussex, 11-5-56); del WZ398 (un PRK1, 543 sqn, il 13-9-57); il BK1 KD864 del No.7 Sqn (12-8-60) a Wittening, perduto al decollo per la mancata retrazione del carrello; il B1 WP205 cadde l'11 luglio 1961 (a Boscombe Down, era del reparto sperimentale AAEE); il 3 novembre 1961 cadde il B1 WP205 (543 sqn), prendendo fuoco a sequito di un incidente al decollo; il 14-3-61 fu la volta del B.1 WP200, scassato al decollo; il 6 marzo 1964 il B1 WZ363 (148 Sqn) cadde durante una missione notturna; l'ultimo venne perso il 23 maggio 1964, un B(PR)K.1 (WZ396) del No.543, danneggiato irreparabilmente all'atterraggio a causa di problemi al carrello.

Vulcan[3][4] modifica

 
Un Vulcan B.Mk 2 con ala a delta composito, straordinario esempio di aerodinamica avanzata degli anni '50

Pochi aerei sono stati tanto rivoluzionari come il Vulcan, aereo che ha volato nei primi anni '50 e entrò in servizio nel febbraio '57 nella versione B. Mk I. Nacque dalla Avro, ma questa cambiò poi nome come Hawker-Siddeley.

I bombardieri inglesi erano del tutto simili nella concezione, perché disarmati, data la loro velocità e nel caso del Vulcan, la quota operativa. Per quest'ultimo aereo il direttore dell'ufficio tecnico della Avro, il grande Roy Chadwick, scelse l'ala a delta, una soluzione coraggiosa per l'epoca, visto che gli americani avevano così tanti problemi con le macchine Northrop. Era vista vantaggiosamente perché, a velocità transonica poteva ridurre la resistenza: il suo maggiore spessore compensava eventuali gondole esterne per i motori. Inizialmente la disposizione era diversa e c'erano due vani portabombe, uno per ala; non c'era nemmeno il timone verticale e i motori erano disposti diversamente, ma non piacque molto al ministero della difesa e così diverrà una macchina più convenzionale, così come è conosciuta attualmente.

Genesi modifica

Dopo la fine della II GM, il Ministero dell'Aria britannico redasse la specifica Operation Requirement (OR)230, per un bombardiere a reazione capace di volare a 925 km/h a 15.200 m e portare una bomba da 4.500 kg (ovvero, in termini anglosassoni, 500 knt/50.000 ft e 10.000 lb), per un raggio di 2.000 nm (3.700 km). Troppo per l'epoca, e così venne redatto un requisito più modesto (B.35/46), anche perché Mosca e dintorni non erano poi così lontani, così l'aereo avrebbe dovuto pesare circa 45.000 kg, il raggio (con 4,5 t) venne ridotto a 1.500 nm/2.700 km a 12.200 m e 925 km/h (e autonomia max 6.200 km), mentre la tangenza restava di circa 15.240 m (50 kft; quella di sgancio era di 13.700 m/45kft); era anche richiesto un carico di 20.000 lb/9.070 kg a corto raggio per bombe normali, in alternativa alla 'special gravity bomb' ovvero un'arma nucleare (che all'epoca tipicamente pesava circa 4.500 kg).

Il tutto era pressoché il doppio rispetto a quanto fosse capace di fare l'Avro Lincoln, e per mantenere i pesi a livelli accettabili i progettisti pensarono all'ala a delta, con una cubatura enorme (essendo spessa alla radice 2,13 metri), per contenere motori, carrello e carburante, oltre che di ridotta resistenza aerodinamica. I motori, inizialmente si era previsto di inserirli sovrapposti alla radice delle radici alari, con prese d'aria circolari, e solo in seguito vennero affiancati e con le prese d'aria annegate nel bordo d'attacco alare. Era prevista una stiva bombe, ma solo nell'ala sinistra, la destra era per il carburante, il cui peso compensava la prima. Poi, dati gli evidenti livelli di complicazione che questa configurazione causava, venne fatto ricorso ad una stiva ventrale normale.

Chadwick morì in un incidente di volo nell'agosto del '47 e non poté mai vedere la sua creatura prendere l'aria. Per sperimentare la formula vennero realizzati dei simulacri funzionali, ben cinque Type 707, che erano praticamente modelli in scala volanti, con dimensioni paragonabili a quelle di un caccia. Il primo volo avvenne il 4 settembre 1949 a Boscombe Down. In seguito, quest'aereo sperimentale si schiantò al suolo, giusto il successivo 30 settembre. Ma il lavoro continuò con gli altri quattro esemplari, che avevano una massa di 4,5 t, un motore da circa 1.700 kgs (era un Derwent 8) e una velocità di circa 750 km/h. Tanto che vennero ritirati solo nel '67.

 
I prototipi Vulcan e i Type 707, dalle dimensioni di un tipico caccia dell'epoca

Non erano però disponibili ancora i Bristol BE-10 Olympus, e così si usarono i R.R. Avon RA.3 da appena 2.948 kgs (in seguito verranno anche usati i Sapphire prima di arrivare ai motori previsti).Il VX770, il primo prototipo, volò il 30 agosto 1952 a Woodford, località dove era stato anche assemblato. Il collaudatore Roly Falk non ebbe tuttavia problemi a volare con il nuovo e grande aereo e la sua generosa ala a delta. Esso appariva un perfetto triangolo bianco latte, a parte il muso e il timone. Con una sola ora di volo su di esso, il collaudatore lo esibì a Farnborough, e dimostrò come un bombardiere potesse competere in agilità con un aereo da caccia, grazie alla sua grande ala poco caricata. In seguito ebbe gli A.S. Sapphire da 3.629 kgs, e poi i R.R. COnway R.CO.7 da 6.804 kgs, fino a che non andò distrutto in un incidente il 14 settembre 1958.

Solo il 3 settembre 1953 volerà anche il secondo prototipo della macchina, oramai battezzata Vulcan; questo era il VX777 e aveva gli Olympus 100 da 4.425 kgs e varie modifiche alla pianta alare (altre fonti parlano dei 101 da 4.990 kgs), mentre la fusoliera era più lunga di 41 cm, con una cabina più simile a quella di serie con i due piloti affiancati e con sedili eiettabili; il navigatore, operatore radar e quello ai sistemi erano nel piano inferiore del muso, tutti con cabina pressurizzata, ma in questo caso non c'era anche il sedile eiettabile. Il carrello anteriore era più lungo e c'era anche un trasparente ventrale per il bombardamento, in aggiunta al radar dell'enorme muso. Presto ebbero luogo degli spettacolari voli con i due prototipi Vulcan nella loro candida sagoma bianca, attorniati dai minuscoli 'simulacri volanti'.

E il Vulcan ebbe presto modo di dimostrare la sua potenza e la sua agilità in voli sperimentali, anche nell'airshow di Farnborough del '55. La combinazione di un alto rapporto potenza peso (anche se non all'inizio) e di un basso carico alare lo rendevano un eccellente aereo, specie in alta quota. Il controllo era dovuto agli spoiler sul dorso e il ventre delle ali per guidare i movimenti in rollio del velivolo: in tutto 4 elevatori e 4 aileroni per l'Mk.1, elevoni per l'Mk.2. Malgrado il tozzo muso e l'alta coda, la RCS del Vulcan risultò decisamente bassa, a riprova della formula che già con gli XB-35 e 49 e con l'Ho-IX (che nei modelli in serie doveva essere costruito con un rivestimento speciale incorporante RAM) dava risultati molto buoni, anche se era stata adottata solo come soluzione aerodinamica ottimale. Una volta dotato dei motori più potenti, il Vulcan sarebbe stato anche capace di decolli in spazi estremamente ridotti. E così fu con gli Olympus Mk.102 da 5.443 kgs e 104 da 6.123 kgs. Nel frattempo le prove a Boscombe Down dimostrarono che in quota l'aereo aveva la tendenza, in manovra, a raggiungere alte accelerazioni che determinavano forti scuotimenti, tanto da causare danni alle ali. Così vennero apportate modifiche e tra queste una variazione dela freccia a metà dell'apertura alare. Così, in questa nuova veste il Vulcan Mk.1 venne giudicato soddisfacente e anche gli aerei non ancora aggiornati con questo schema lo saranno successivamente.

Il primo modello B Mk.1 di serie era lo XA889, che staccò le ruote da terra il 4 febbraio 1957. Esso metteva a frutto le esperienze pregresse ed era sensibilmente diverso dagli altri aerei apparsi finora, soprattutto lo era grazie al secondo prototipo e relative modifiche; queste vennero implementate appieno, tuttavia, solo dal terzo esemplare di serie. Il Vulcan B Mk.1 entrò in servizio al No.230 OCU e già il 20 maggio già era in servizio con il No.83 Sqn, a Waddington. In tutto avrebbe raggiunto sei squadroni bombardieri.

Tecnica modifica

Fin dall'inizio, le caratteristiche del Vulcan erano state fissate. Si trattava di un grande aereo con una superficie alare interamente a delta, che copriva una superficie degna di un bombardiere strategico, ovvero di classe superiore. La coda aveva il solo timone verticale, il carrello era triciclo anteriore, il vano portabombe stava nel centro della fusoliera. Infine, la propulsione vedeva quattro turbogetti alla radice delle ali, con le prese d'aria rettangolari nel bordo d'entrata e gli scarichi in quello d'uscita, vicino alla fusoliera un po' come tutti gli altri V-Bombers e i tipi sovietici.

L'equipaggio era di cinque uomini: due piloti, due navigatori e un Air Electronics Operator, che era responsabile dei sistemi elettrici di bordo; ma solo i piloti avevano sedili eiettabili, e ancorché vi furono casi di salvataggio completo, le critiche per non avere pensato al resto dell'equipaggio non furono poche. In pratica gli altri tre dovevano buttarsi dalla botola nel pavimento, ma il carrello doveva essere retratto per consentire una manovra efficace. Il Vulcan aveva le superfici di volo totalmente motorizzate e una barra di controllo simile alla cloche di un caccia piuttosto che il classico volantino. L'energia elettrica era a 110 V alternata, c'erano anche le batterie ma con poche speranze di tenere l'aereo, così che l'Mk.2 ebbe una RAT (turbina azionata dal vento) ausiliaria, per le alte quote, e una APU azionabile sotto il 9.100 m. In seguito, sempre con il B.Mk.2, l'energia divenne a 115 V trifase. Per i resto si trattava di un aereo con struttura interamente metallic e carrello triciclo anteriore, con un tozzo muso pressurizzato in cui c'era tutto l'equipaggio e quasi tutta l'elettronica. La visuale posteriore era pressoché inesistente e l'AEO era dotato pertanto di periscopi per la visione inferiore e posteriore.

In breve: il B.Mk.1 venne prodotto in 45 unità, in due lotti di 25+20 unità (originariamente dovevano essere 25+37); primo volo dei due prototipi, 30 agosto 1952; nell'Agosto 1956, cominciarono a prendere forma i primi 25 Vulcan B.Mk 1 con i Bristol Olympus Mk.101 da 4,5 ts, e il primo volò il 4 febbraio 1957. Il primo, lo XA897, venne consegnato alla RAF nel settembre del '56 e subito volò attorno al mondo per una missione dimostrativa. Fu una grande impresa, ma il 1 ottobre, all'atterraggio a Heathrow, andò distrutto in un atterraggio disastroso. Il secondo aereo venne consegnato solo nel '57.

Dal 15imo esemplare comparvero le ECM in coda, facendone il B.Mk.1A; i motori erano prima gli Olympus Mk.101 da 4.990 kgs, ma dal 14imo apparvero gli Mk.102 da 5.450 kgs, e poi gli Mk.104 da 6.125 kgs per il secondo lotto di 37 aerei, dei quali solo venti realizzati nella forma originaria. I 45 B.Mk.1 diverranno poi Mk.1B quando apparvero anche altre attrezzature elettroniche.

 
Il BLUE STEEL

Così alla fine degli anni '50 i V-Bombers britannici erano numerosi e temibili, anche se la decina di basi da cui operavano, per quanto difesa da missili Bloohound, erano bersagli prioritari per i missili e bombardieri sovietici. Si rimediò con basi secondarie e provvisorie, anche civili (normalmente), e in Mediterraneo e Estremo Oriente.

Fu grazie alla prodigiosa crescita che i motori ebbero durante gli anni '50, quadruplicando la potenza (si pensi solo all'F-86 del '49 e all'F-106 del 1959), che si pensò di usare un vero e proprio missile da crociera, l'Avro BLUE STEEL, ma per portare questo poderoso missile i 45 B Mk.1 non parevano sufficienti.

Così venne redatta la specifica per il B Mk.2. Si dovette far 'maturare' opportunamente il disegno originale, che era per una macchina elegante, ma con ala a freccia semplice. Il B Mk.2 ebbe invece un cono di coda allungato per le ECM e una pianta alare diventata a delta composito, con maggiore apertura ed estremità più sottili. Era il terzo tipo d'ala che veniva adottata tra prototipi, Mk.1 e Mk.2. La sperimentazione di tutto questo ebbe luogo con il già visto VX777, che così adattato volò il 31 agosto 1957. 17 aerei vennero adattati già in costruzione, seguirono un primo lotto di 25 aerei nuovi (ma a quanto pare, se gli Mk.2 furono 89, di questo lotto in realtà facevano parte anche 17 Mk.1 adattati; oppure, in alternativa, questi rimasero Mk.1 con motori simili agli Mk.2, ma allora non tornerebbe il totale di 45 Mk.1 prodotti) e infine altri 24, i primi con la predisposizione per il grande missile termonucleare. Infine comparvero le ultime 40 macchine, solo nove di queste capaci di portare il Blue Steel.

Il primo Mk.2 di serie volò il 19 agosto 1958 (o il 26 marzo 1959, fonti discordanti) con gli Olympus Mk.201 da 7.700 kgs; dalle ultime 44 macchine si giunse agli Mk.301 da 9.075 kgs, circa 20.000 lbs, per un totale di 89 B Mk.2, l'ultimo dei quali prodotto e consegnato il 14 gennaio 1965 (l'ultimo fu l'XM 657). In tutto vennero prodotti dunque 135 aerei, un prototipo Mk.1, 45 di serie, un prototipo Mk.2 e 88 di serie, in servizio dal '60.

B.Mk.1 vs Mk.2

  • Dimensioni
29,6 x 30,3 x 8,1 m x 330 m2
30,45 x 33,83 (oppure 32,2 m, per i B.2A e MRR solo 30,5) x 8,28 m x 368,3 m2
  • Motori
4 R.R.-Bristol Olympus Mk.101 o Mk.104 da 4,5+ t, 9.250 imp gal di carburante
4 R.R.-Bristol Olympus BO.121 M.301 da 9.075 kgs, 9.250 imp gal (42.090 l c.a.)
  • Pesi
86 t max
39.920-72.500-112.500 kg (vuoto-normale-max, altri dati dicono 93 t), carico 197 kg/m2, rapporto 0,5:1
  • Prestazioni
0,93 mach, 15.200 m di quota
1.040 km/h a 12.200 m o mach 0,98, max continua 998 km/h a 16.760 m o 0,94 mach; quota operativa max 17.670 m, massima 19.800 m, raggio hi-lo-hi 2.780 km, 3.700 ad alta quota, con un rifornimento in volo 4.630 km, autonomia con carburante interno 7.400 km
  • Armamento
9.500 kg di armi tra cui 21 da 454 kg (nominali), due bombe H Yellow Sun Mk.1 da 3,175 t e 0,5 MT, Mk.2 da 3,3 t e 1 MT; Mk.28 'Blue Snow' da 1.052 kg e 1,45 MT; WE-177A da 272 kg e 200 KT; oppure quattro WE-177B da 431 kg e 400 KT; un missile Avro OR-1132 Blue Steel Mk.1 da 185 km (con lancio ad alta quota) e testata Red Snow da 1 MT.

Carriera modifica

Era un'epoca d'oro per i V-Bomber inglesi, anche se i Valiant sarebbero presto stati radiati. Il famoso film 007-Operazione Thunderball verteva per l'appunto su di un Vulcan fatto opportunamente ammarare per sottrargli la bomba nucleare. Il film, che ebbe un grande successo di pubblico, venne giudicato dai critici dell'epoca come avente 'troppi effetti speciali', affermazione che adesso fa un po' sorridere. Ne verrà fatto anche un remake, sempre con S.Connery, quasi 20 anni dopo (007 Mai dire mai), anche se stavolta le armi di cui impossessarsi erano due missili ALCM.

 

Il Vulcan ebbe una carriera intensa come bombardiere, ma soprattutto come banco prova volante dei motori, che riuscirono anche grazie a quest'aereo -particolarmente utile con la sua grande ala per le alte quote- a svilupparsi in maniera formidabile. Già il VX770 ebbbe 4 R.R. Conway, i primi turbofan, anche se cadde dopo poco tempo. I motori del Concorde vennero sperimentati con un'apposita gondola, e si arrivò persino a costruire un mock-up della fusoliera posteriore del TSR.2 con gli Olympus e poi del Tornado per gli RB.199 (1973) da parte dello XA903. Che il Vulcan sia stato anche usato come ricognitore è ancora da verificare, ma vi sono state voci di un suo impiego come aereo da ricognizione e mappatura bersagli fin sugli Urali, cosa non facile da credere a meno che non si sia trattato dei primissimi anni di carriera.

Nel giugno 1961, il Vulcan B.Mk.2 diede dimostrazione eloquente delle sue capacità strategiche: uno di questi aerei volò dalla base RAF di Scampton a Sidney, percorso totale 18.507 km in appena 20 ore di volo, malgrado il rallentamento dovuto a tre rifornimenti in volo. Vennero equipaggiati un totale di ben nove squadroni di quello che nella seconda metà degli anni '60 era oramai l'unico bombardiere inglese a lungo raggio, dato il passaggio progressivo dei pochi Victor a compiti di aerocisterna. Dopo l'abbandono delle missioni ad alta quota, i Vulcan ebbero mimetizzazione standard e un piccolo radar TFR 'Timble', che permetteva il pilotaggio TF manuale ed era sotto la sonda di rifornimento aereo nel muso e che si aggiungeva al grosso H2S radar, quello centimetrico messo a punto nella II GM e poi perfezionato con l'H2S Mk.9.

Le unità furono 9 squadroni tra Scampton e Waddington, a cui si è aggiunto poi il No.50[5].

 
L'XH558 non manca di attirare l'attenzione del pubblico
  • No. 9 Squadron RAF (B2, 1962-1982)
  • No. 12 Squadron RAF (B2, 1962-1967)
  • No. 27 Squadron RAF (B2, 1961-1972, B2(MRR) 1973-1982)
  • No. 35 Squadron RAF (B2, 1962-1982)
  • No. 44 Squadron RAF (B1, 1960-1967, B2 1966-1982)
  • No. 50 Squadron RAF (B1, 1961-1966, B2 1966-1984, B2(K) 1982-1984)
  • No. 83 Squadron RAF (B1, 1957 - 1960, B2 1960 - 1969)
  • No. 101 Squadron RAF (B1, 1957-1967, B2 1967 - 1982)
  • No. 617 Squadron RAF (B1, 1958-1961, B2 1961 - 1981)
  • No. 230 Operational Conversion Unit

Il Vulcan era una macchina estremamente robusta e maneggevole. Ad alta quota, esso poteva surclassare facilmente anche diversi tipi di caccia, e una dimostrazione di questo è data dal fatto che gli aerei avevano, nella cabina di pilotaggio, non i classici volantini, ma delle cloche tipo 'caccia'. L'ala a delta era ottimale per un carico alare molto basso in quota, ma non certo ideale per i voli a bassa quota. Tuttavia, essa era, come tipico per le ali a delta, molto robusta, per cui i Vulcan, per quanto poco adatti per questo compito, risultarono molto più durevoli e longevi sia dei Valiant, ma anche dei Victor, nonostante che questi aerei avessero più piccole ali a freccia (moderata), teoricamente più adatta per le basse quote. Solo che, essi erano stati pensati per le alte quote e non avevano la robustezza sufficiente per le turbolenze delle basse quote, che producevano fenomeni di fatica nelle strutture metalliche. Il Valiant era oltretutto limitato a circa 660 km/h. Il Valiant B.Mk.2, noto anche (per via della mimetica) come 'Black Valiant' era capace di superare i 1.000 km/h, ma non venne posto in produzione malgrado fosse stato pensato proprio per le incursioni a bassa quota.

Che i Vulcan avessero davvero bisogno di questo tipo di missioni è a tutt'oggi discusso. Questi formidabili bombardieri d'alta quota avevano caratteristiche tali, da renderli difficilmente intercettabili, malgrado la velocità subsonica, la grande sagoma e la mancanza di armamento facesse pensare il contrario. In un'epoca di caccia supersonici, effettivamente la loro velocità massima sembrava penosamente inadeguata ed essi apparivano come dei grossi bersagli da tiro a segno. Invece, le cose non erano affatto così semplici, posto che i Vulcan operassero nel loro regno, quello delle alte quote.

Operando nella stratosfera, gli Avro potevano eseguire manovre che mandavano facilmente in stallo molti caccia, generalmente con un carico alare maggiore, anche se la differenza di velocità era a netto vantaggio degli intercettori supersonici. Del resto, a 13.700 metri di quota, persino aerei come l'F-4 Phantom possono sostenere manovre dell'ordine dei 2G, quindi i Vulcan potevano giostrare in condizioni molto difficili per i loro avversari, e al contempo disturbare i radar e i sistemi d'arma, cosa che dimostrarono in più occasioni. Nel 1961, per esempio, nella missione Sky Shield I, otto Vulcan B.2 attaccarno gli Stati Uniti, in due formazioni di 4, provenienti dalla Scozia e dalle Bermuda. Uno soltanto venne intercettato da un potente F-101 Vodoo (diretto antenato del Phantom), che per ottenere questo successo dovette arrampicarsi a 56.000 ft (quasi 17 km) sopra Goose Bay (Canada). Ma anche così, gli altri sette Vulcan portarono a termine le loro missioni nucleari e atterrarono a Stephenville (Newfoundland), Canada. Queste capacità dei Vulcan sorpresero decisamente la pur potentissima forza di difesa aerea dell'ADC americano, che all'epoca era una delle principali componenti dell'USAF. La 'Sky Shield II' vide ancora in azione 8 aerei, provenienti dal No.27 e No. 83 Sqn, sempre da Lossiemouth e dalla Kindley AF base (Bermuda). Di questi ultimi, uno riuscì ad evitare gli attacchi degli F-102, coperto dagli altri tre; l'altro gruppo vide un successo pieno e senza contrasti.

Va detto che i Vulcan avevano una sagoma molto particolare, che non era semplicemente un'ala a 'delta'. Essa infatti era ben raccordata (perché conteneva i motori internamente) alla fusoliera, producendo così un ritorno radar molto ridotto, un pò come le 'Ali volanti' della Northop (che erano ancora più estreme), specialmente da certe angolazioni.

Ma c'era anche di più: una ricchissima dotazione ECM, delle quali i Britannici erano stati precursori (allorché un grosso Short Sunderland volò con un'apparecchiatura normalmente usata per accertamenti medici per disturbare i radar della difesa britannica, appena messi in servizio[6]).

Secondo wikipedia[7] l'elenco totale delle attrezzature, apparse sui B.2, B.1A e Victor di nuova produzione o ammodernati (B.2 e B.1A) è stato il sequente:

  • un disturbatore ECM 'Green Palm' per le comunicazioni radio (può sembrare strano, ma all'epoca la guida-caccia era molto importante e disturbare le comunicazioni dei caccia significava causargli notevoli problemi)
  • due 'Blue Diver' contro i radar a lunghezza d'onda metrica (a lungo raggio);
  • ben 3 emettitori 'Red Shrimp' che si occupavano di quelle medie (banda S, prima nota come E: essa è, per fare un esempio, quella usata dal radar PLUTO del sistema SPADA/Aspide)
  • e un totale di 4 antenne RWR (all'epoca noti come PWR, Passive Warning Receivers) 'Blue Saga'.

Infine c'era anche un altro attrezzo, che aiutava a vedere all'indietro, dato che il Vulcan aveva una pessima visuale, pressoché nulla alle spalle: esso era il radar di coda 'Red Steer' per la scoperta di intercettori nemici. Stava all'apice della coda aggiuntiva, ed era circondato dalle antenne degli altri sistemi ECM. Successivamente, un disturbatore in banda L rimpiazzò un 'Red Shrimp', comparve un jammer ARI 18146 per la banda X, il radar Red Steer Mk.2, più lanciatori di falsi bersagli radar e IR. Infine il sistema ARI 18228 RWR rese squadrata la sommità della coda, fornendo una copertura elevata contro le emissioni radar. Molti velivoli ebbero anche un piccolo radar di inseguimento terreno della Texas Instruments, montato in un piccolo radome nel muso. Questo sistema divenne fondamentale quando, negli anni '60, le missioni divennero sempre più frequentemente svolte a bassa quota. Da ricordare anche la presenza di non meno di 4 radio HF/VHF/UHF e ovviamente, il grande radar del muso, che era l'ultimo dei tipi H2S impiegati già ai tempi della guerra, ma molto migliorato. Esso operava in lunghezze d'onda centimetriche (tanto che i tipi più recenti diventarono niente di meno che i primi radar meteorologici, in quanto capaci di rilevare masse nuvolose con pioggia o grandine) e aveva una portata e capacità di risoluzione sufficienti per le missioni di bombardamento e anche di pattugliamento marittimo, ruolo a cui i Vulcan diedero un certo contributo con il passare degli anni.

Nel mentre, i Vulcan da ricognizione eseguivano missioni segrete, si dice anche sul territorio sovietico, ma -a differenza degli americani- nessun aereo inglese della specialità venne abbattuto in azione (eccetto un Canberra nel '56 da parte di un Meteor siriano), così non si è mai parlato molto delle loro missioni, e molto probabilmente anche in futuro si continuerà a saperne poco o nulla.

L'impressionante parco elettronico era fondamentale per aiutare i Vulcan nelle loro missioni belliche, ancora fatte ad alta quota. Nondimeno, essi avrebbero continuato ad operare in azioni simulate, volando più alti anche dei B-52 (limitati a 12-14.000 m) oppure a bassa quota. Si sa che ancora nel 1974 beffarono i radar americani (esercitazioni 'Giant Voice', ma ve ne furono anche altre nel '75 e oltre) restando quindi dei pericolosi avversari per le difese più moderne del mondo. Si narra che un generale sovietico, in visita ad un air show, chiese di poter vedere il Vulcan, in quanto esso era l'unico aereo che poteva arrivare a Mosca. Ed ignorò piuttosto il nuovissimo Tornado, all'epoca appena esposto (erano i tardi anni '70).

Nondimeno, quando i Vulcan attaccarono P.Stanley, stranamente, ebbero all'esterno i pod di disturbo ECM provenienti dalle unità di Buccaneer, cosa che tra l'altro aumentava la resistenza all'aria e calava il raggio d'azione. Probabilmente i sistemi ECM originali non erano più funzionanti, ma certo che è una cosa molto strana. All'epoca, comunque sia, i Vulcan erano già in radiazione, con parecchi esemplari in rottamazione, malgrado i Tornado fossero appena entrati in servizio.

Il Vulcan era stato inizialmente pensato per l'attacco nucleare con bombe, ma per renderlo ancora più pericoloso, presto si cominciò a pensare in termini di missili e gli Mk.2 erano per lo più adattati al lancio degli SKYBOLT, missili balistici aviolanciati (una combinazione mai prima d'allora tentata, e probabilmente mai tentata nemmeno successivamente), da ben 1.600 km di raggio. Tuttavia, essi vennero abortiti (proprio quando cominciavano a funzionare) e così l'arma base rimase il Blue Steel, missile che i Vulcan potevano portare a 14.500 metri malgrado la sua mole fosse di 7.700 kg e fosse trasportato semi-esternamente. Al momento del lancio poteva essere portato fino a 15.000 metri, poi volava a circa mach 2 verso l'obiettivo, saliva fino a 21.000+ metri e accelerava ulteriormente, per poi scendere sul bersaglio come una bomba guidata, senza più il motore (a razzo) attivo, a circa mach 1,8, esplodendo con 1,1 MT di potenza. Esso era quindi molto difficile da intercettare, e per giunta era molto preciso, con un raggio utile massimo di circa 200 km. L'unico vero problema era la mole e il fatto che esso, come l'AS-4 sovietico, era a propellente liquido molto pericoloso e che doveva essere caricato nell'arma prima del lancio.

I missili Polaris, poi, di fatto tagliarono le gambe ai bombardieri missilistici, che divennero sempre più aerei da bombardamento convenzionale, adottando la mimetizzazione standard e un piccolo radar TFR. Nondimeno, il potenziale di deterrenza dei V Bombers era senz'altro elevato, anche perché essi potevano essere 'mostrati' e mandati in zone di tensione, oltre che usati per azioni convenzionali, mentre i sottomarini non potevano fare operazioni di 'mostrar bandiera' essendo la loro principale arma l'invisibilità.

Diversi gli incidenti che, in quell'epoca ancora piuttosto primordiale, inevitabilmente funestarono la carriera dei Vulcan, anche se nell'insieme essi si dimostrarono senz'altro aerei molto affidabili. Il primo accadde l'1 ottobre 1956, come già ricordato: l'impatto fu talmente violento, che l'aereo rimbalzò in aria e questo diede modo ai due piloti di salvarsi, ma non così per gli altri quattro a bordo, che rimasero uccisi. Il disastro avvenne per via del maltempo e la mancanza della compatibilità con il sistema d'atterraggio strumentale dell'aeroporto londinese. Nel '57 toccò ad un altro, l'XA892, che in missione sperimentale a Boscombe Down, ad un certo punto ebbe indicazione strumentale che stava superando mach 1, pur se a bordo aveva 21 bombe inerti da 454 kg. Ebbe danni dovuti alla manovra ad alta velocità, ma sopravvisse. il VC770, il 20 settembre 1958, andò invece perso durante una manovra a bassa quota per una manifestazione aerea. Volava ad appena 60-90 metri e manovrò, ma la velocità non era di circa 550 km/h come pensava l'equipaggio (forse per avere letto strumentazioni erronee), ma di circa 760, il che portò il rollio durante la manovra a circa 20°/sec e l'accelerazione a circa 2-3 g anziché 1,25. Dato che il prototipo, benché più leggero, era anche meno robusto, l'ala subì un cedimento. Il 24 ottobre del '58, un altro B.1 del No.83 in emergenza (non aveva l'apparato elettrico efficiente e le batterie consentivano solo 20 minuti di autonomia) cadde al suolo quasi in verticale, lasciando un cratere di ben 21 metri di profondità e uccidendo i sei a bordo, anche se il copilota si eiettò (ma cadde in un lago, e pare fosse l'unico dei sei che non sapesse nuotare). Il 24 luglio del '59 l'XA891 cadde a causa di un guasto elettrico, ma la quota era alta e tutti i gli occupanti si salvarono, per la prima volta. Il 12 dicembre 1963 un B1A del No.50 Sqn cadde durante una missione a bassa quota. Il primo B2 XH535 cadde l'11 maggio 1964 durante una dimostrazione a bassa velocità, i piloti si salvarono ma non il resto dell'equipaggio, che come vari altri aerei dell'epoca, non aveva sedili eiettabili. Il 16 luglio 1964 toccò ad un altro B1A, causa esplosione dei motori 3 e 4, ma l'equipaggio si salvò. Il 7 ottobre 1964 il B2 XM601 cadde in addestramento, con i motori di un lato intenzionalmente messi al minimo, con il risultato di superare le capacità di controllo del timone. Non vi furono superstiti. L'11 febbraio 1966 il B2 XH536 cadde durante un altro esercizio a bassa quota. Altri incidenti avvennero ai B2 il 7 gennaio 1971 (danno ad un motore che causò l'incendio dei serbatoi), l'aereo cadde senza vittime a Wingate; il 14 ottobre del '76 l'XM645 del No.9 Sqn si scassò a Malta, in un drammatico atterraggio d'emergenza, uccidendo 5 dei sette dell'equipaggio e una donna a terra, più 20 feriti; l'ultimo fu il 12 agosto 1978, l'XL390 del No.617 Sqn cadde in Illinois durante una missione a bassa quota, uccidendo i 5 a bordo.

Da notare che i Vulcan vennero anche effettivamente adattati al ruolo di ricognitore strategico, i Vulcan SR Mk.2 ricognitori strategici per il No.27 Sqn, entrati in servizio nel '74; altri otto divennero invece ricognitori marittimi, i B Mk.2 MRR ovvero Maritime Radar Reconnaissance, con consegne iniziate il 1 novembre 1973, privi di TFR e in cinque casi con la capacità di raccogliere campioni d'aria; esistevano anche serbatoi subalari del tipo Sea Vixen. Non è nemmeno chiaro se si trattasse degli stessi aerei, solo con denominazioni o versioni diverse. Uno dei compiti per i quali i Vulcan risultano usati è stata la protezione delle piattaforme petrolifere inglesi. I motori erano gli Mk.201 ECU. L'ultimo di questi ricognitori venen radiato il 31 marzo 1982, proprio prima della guerra dell'82, ma alcuni vennero poi convertiti in aerocisterne.

Il declino del poderoso Vulcan non iniziò tuttavia che con l'avvento del più piccolo Tornado: ancora nel '77 c'erano sette squadroni con questi quadrigetti, e solo nel 1981 si decise di ritirarli, così rapidamente da cessare le operazioni nel giugno del 1982.

Nel 1981 la FAA argentina voleva i Vulcan come sostituti dei Canberra, approfittando della prossima dismissione dalla RAF. Invece l'anno successivo scoppiò la guerra e i britannici gli 'diedero i Vulcan' sotto forma delle missioni Black Buck, all'epoca quelle di maggiore autonomia delle forze aeree europee; si trattava di volare da Ascension a P.Stanley e ritorno, 12.880 km in 15,5 ore, per portare 21 armi da 454 kg su P. Stanley.

Non fu cosa facile: la BAe ebbe incarico con priorità assoluta per le modifhce. I lavori su cinque Vulcan Mk.2, all'epoca gli unici ancora in servizio, iniziarono il 9 aprile 1982 per abilitarli ai pod ECM e missili Shrike. La prima missione partì il 30 aprile e finì il 1 maggio, dei due aerei lanciati solo uno arrivò sull'obiettivo.

Altri sei, per ovviare alla fatica dei Victor per il supporto della missione, vennero convertiti in K Mk.2 con sonda-imbuto di fusoliera, ma entro il 1984, tutti i Vulcan vennero definitivamente radiati. Il loro lavoro ad interim era però importante, perché se i vecchi Victor erano messi a dura prova, i VC-10 ordinati non erano ancora stati consegnati. Essi ebbero le ECM rimosse dalla coda, sostituite da una sonda ad imbuto come quella del Victor (che era nel vano portabombe). Appena 50 giorni dall'ordine, il primo venne già consegnato, ma era il 23 giugno, troppo tardi per la guerra. Questi aerei servirono con il No.50 Sqn come Vulcan K.2 Air Tanker. Inizialmente si pensava di impiantare la sonda HDU nel vano portabombe, ma l'aereo da rifornire sarebbe stato troppo vicino agli scarichi del motore, così non se ne fece nulla. Piuttosto, si installò la sonda, come detto, al posto del 'pungiglione' ECM. Con tre serbatoi nel vano bombe, in tutto potevano portare 45 t di carburante. Il No.50 Sqn ebbe anche 4 B.2 normali, così da diventare in pratica uno squadrone multiruolo, incaricato anche del supporto ai caccia della RAF e della raccolta di informazioni nell'aria e della ricognizione radar sul mare.

Quanto alle armi speciali, da ricordare come i Vulcan per le Falklands vennero scelti tra quelli già con i piloni per gli Skybolt, il che rese possibile usare sia carichi di bombe e lanciatori a otto celle per chaff e flare, che, esternamente, fino a due coppie di Shrike oppure tre Martel o altrettante LGB da 454 kg, sebbene solo i primi vennero usati in qualche caso. Ad ogni buon conto, malgrado l'esordio in servizio del Tornado, solo il Vulcan poteva raggiungere le Falklands, per giunta con un carico bellico più che doppio rispetto al più piccolo reattore Panavia. Nondimeno, usare attrezzature oramai obsolete era un rischio; molti sistemi IFR non venivano usati da 15 anni, e nessuno si aspettava di evitare perdite in missione al ritorno, l'importante era raggiungere l'obiettivo. Data la missione 'reale' con pieno di armi e tattiche di volo belliche, vennero richiesti una mezza dozzina di rifornimenti in volo per permettere agli aerei di arrivare sulle isole e poi tornare indietro alla base (ma uno dovette atterrare, con tanto di un missile Shrike, in Brasile), prestazione ben lontana dall'exploit del 1961. Le 'Black buck' furono sette: tre contro l'aeroporto di P.Stanley, due con missili antiradar Shrike e altre due cancellate. In tutto i Victor le supportarono con 5 mln di litri di carburante per ciascuna missione, che comprendeva uno o due Vulcan.

Non bisogna dimenticare poi che il Vulcan è stato vicinissimo anche a diventare il vettore dei missili XGAM-87 Skybolt, armi aria-superficie balistiche, da 1.850 km; 15 Mk.2 (wiki.en sostiene gli ultimi 28 B.2) ebbero la predisposizione per portarne due sotto le ali, ma proprio quando questo ordigno problematico stava cominciando a funzionare, il Pentagono (e soprattutto, i politici) lo cancellarono dopo costi e difficoltà evidentemente maggiori del previsto. I Vulcan ebbero persino missioni con i simulacri di due di questi ordgni. Ma non è tutto, perché il Vulcan Phase 6 era un'ulteriore evoluzione con fusoliera allungata, che introduceva la capacità di portare ben sei Skybolt, oppure 38 bombe da 450 kg. Infine negli anni '60 venne anche pensato ad una sorta di combinazione aereo madre- caccia come il FICON americano, o meglio ancora, come i TB-3 sovietici modificati con gli I-16. Infatti si trattava di portare tre mini-caccia Folland Gnat, sotto la fusoliera e le ali, e usarli come vettori di armi nucleari tattiche. Da ricordare anche il Type 722 Atlantic, un progetto degli inizi anni '50 strettamente imparentato con il Vulcan e capace di portare a 0,9 mach un totale di 94-130 passeggeri. Di fatto l'unica macchina ad ala a delta che poi diverrà un aereo passeggeri sarà il Concorde anglo-francese, e non in bassa misura, grazie alle esperienze aerodinamiche e motoristiche del Vulcan.

L'ultimo aereo volante è l'XH 558, entrato in servizio il 1 luglio 1960, era ancora attivo sulla RAF Waddington grazie al Vulcan Display Flight, appositamente creato per conservarlo. Esso era stato usato dal No.50 Sqn come tanker, e venne riconvertito come bombardiere e preso in carico nel 1986, sostituendo l'XL 426, oramai alla fine della sua vita strutturale. Grazie alla finitura non standard (per una migliore protezione dall'umidità britannica..) l'aereo aveva accumulato nel 1991 qualcosa come 7.300 ore di volo, più di qualunque altro Vulcan. Si sarebbe voluto aiutarlo a volare ancora, ma questo significava spendere molti soldi e rifargli i longheroni alari.

 
L'XH558 evoluisce in aria

Attualmente il Vulcan, grazie alla sottoscrizione di molti appassionati, sopravvive come l'XH558 civile, restaurato e in grado di volare dal 2007, e come sempre, molto popolare nel Regno Unito, essendo il più grosso jet militare 'd'epoca' (escludendo.. i B-52 e KC-135 nda).

La sagoma maestosa dell'aereo compare anche in ben 17 esemplari (uno squadrone intero) nei musei e collezioni, malgrado le dimensioni importanti e l'inclemenza del tempo (sono per lo più in UK), si tratta sempre di B.2 o B.2A; altri sei, più due B.1, erano stati conservati, ma successivamente purtroppo vennero tutti demoliti; solo il muso di uno dei B.1 sopravvive a tutt'oggi.

Victor modifica

 
L'inconfondibile aspetto di un Victor. Differentemente dagli altri V-Bombers, era caratterizzato da un abitacolo ampiamente vetrato

L'Handley Page HP 80 Victor era il più potente e moderno della famiglia dei V-Bombers e con l'innovazione dell'ala a "mezzaluna", ovvero a freccia ma ad angolo variabile, crescente alle estremità. Questo eccellente aereo volò nel tardo '52, ultimo dei 'V-bombers'. Il Victor era un aereo capace di portare ben 35 bombe da 454 kg o 6 bombe H, in un grande vano portabombe ventrale, mentre i motori erano a coppie nell'ala interna. con prese d'aria annegate nel bordo d'attacco, e un caratteristico abitacolo 'a bottiglia' ampiamente vetrato. La sua motorizzazione con dei turbofan dava un basso consumo e l'aereo venne apprezzato come aerocisterna. Venne portato anche in operazioni militari, ma solo come aerocisterna, per esempio per supportare i Vulcan alle Falklands. La sua carriera venne così prolungata fino ai tardi anni '90, ultimo dei V-Bombers. Per ulteriori informazioni sulla sua carriera, vedi qui: [1]

Genesi modifica

La Handley-Page, già autrice dell'Halifax, propose per la specifica B.35/46 il suo progetto, l'HP.80, con la sua caratteristica ala a freccia crescente o a 'mezzaluna', formula pensata in Germania, ma poi ripresa in maniera più convenzionale (giusto come accadde anche per gli aerei con ali a delta). Per la Gran Bretagna lo sviluppo di questa formula vide il lavoro fatto sotto la guida del dr. Gustav Lachmann (evidentemente un tecnico tedesco). La ragione dell'ala crescente, con tre diversi angoli crescenti dalla base alle estremità, era dovuta all'ottimizzazione del numero di Mach sull'ala, senza dover incontrare eccessive resistenze in regime specialmente transonico, così da avere un aereo più veloce. Così l'HP.80 e l'Avro Type 698 (il Vulcan) ebbero luce libera, con il Valiant come progetto a basso rischio per una pronta disponibilità, dato che Americani e Sovietici stavano già attrezzandosi per nuovi aerei a reazione, mentre la RAF era costretta a comprare i B-29 'Washington' come gap-filler, e il Canberra non era abbastanza grosso come bombardiere strategico. Dopo avere provato l'ala su di un aliante di dimensioni pari ad un terzo, il HP.87, l'ala venne anche usata su di un Supermarine Attacker (che ironicamente, era al contrario un aereo molto conservativo, avendo l'ala dello Spitful ad elica), che divenne l'HP.88, per poi cadere il 26 agosto 1951 dopo appena 30 voli e due mesi d'attività. Ma oramai molto era stato fatto e così l'HP.80 divenne comunque una realtà.

Prima apparvero due prototipi (WB771 e 775) e già dimostravano, nonostante le modifiche rispetto alla concezione 'pura' originaria, una loro distinta apparenza, molto moderna con i suoi piani di coda a T, i motori annegati nelle ali e queste ultime, ovviamente, con una freccia crescente. L'equipaggio era dentro un grande abitacolo pressurizzato, con il pilota allo stesso livello degli altri dell'equipaggio (a differenza degli altri V-Bombers), e un'ampia vetratura in stile He-111. In tutti i V-Bomber, comunque, soltanto i piloti avevano sedili eiettabili, gli altri dell'equipaggio avevano scivoli gonfiabili per uscire dall'aereo, ma era difficile salvarsi se le cose si mettevano male. Originariamente c'era addirittura l'idea di rendere eiettabile l'intero abitacolo, un pò come verrà fatto poi con l'F-111, ma l'idea venne abbandonata già nel 1950.

Al di là dell'aspetto maestoso e avveniristico, il Victor impressionava anche per un'altra cosa: il vano portabombe. Esso era capace di portare ben cinque clip di bombe, per un totale di 35, anziché le solite 21 (in tre clip) degli altri aerei, anche se ovviamente utilizzabile solo sulle distanze più ridotte. Era possibile portare anche super-bombe tipo Grand Slam o due Tallboy. C'era anche stata la proposta di pod sotto le ali per altri 28 ordigni da 450 kg, ma esso non venne mai costruito.

Nonostante la perdita (14-7-54) del WB771 (perdita del piano di coda durante un passaggio a bassa quota, a causa dell'utilizzo di soli 3 bulloni per l'aggancio alla coda), nonostante l'iniziale pesantezza di coda (rimediata con un'apposita zavorra), gli HP.80 divennero alfine una realtà in servizio attivo. Il muso venne allungato, la coda accorciata, e i primi velivoli ebbero gli Armostrong Siddeley Sapphire ASSa.7 (poi Sapphire 201 da 4.990 kg/s), armati con le bombe Blue Danube (e poi le Yellow Sun o le americane Mk-5). L'evoluzione vide 24 aerei aggiornati allo standard B.1A con sistemi ECM e radar Red Steer, similimente a quanto fatto con i Vulcan B.1A, nel 1958-60. In tutto vennero modificati 24 dei 50 aerei di serie. Questi volarono a partire dal 1 giugno 1956. Il primo era l'XA917, che durante la prova mise il muso in leggera picchiata quando i motori erano a piena potenza. Da terra si sentì un boato: era l'aereo, che divenne il più grosso aereo che avesse mai superato la velocità del suono, arrivando a mach 1,1. Nel frattempo i Victor vennero aggiornati con la previsione di adottare i Sapphire 9 da 14.000 lb/f (Phase 2) e poi un Victor con apertura alare di 42 metri e motori Olympus (Phase 3) o i R.R. Conway (che erano turbofan). Data la cancellazione dei Sapphire 9, venne fuori piuttosto la Phase 2A, dove gli aerei di nuova produzione avrebbero avuto i Conway e poche altre modifiche, tra cui prese d'aria ingrandite, ala allargata a 36 metri, una turbina d'emergenza (RAT) e una ausiliaria (in un'ala) per l'avviamento.

E così fu la volta del Victor B.2, che volò il 20 febbraio 1959, per poi andare perduto dopo 100 ore di volo, esattamente sei mesi dopo. Chiarite le ragioni della perdita, l'aereo divenne una realtà operativa dal febbraio 1962. In tutto vennero costruiti solo 34 aerei, di cui 21 aggiornati come B.2R con i Conway RCo.17 da 9.100 kgs e predisposizione per i missili Blue Steel, oltre che i due 'speed pods' sul dorso dell'ala, che servivano sia per ridurre la resistenza aerodinamica (specie a velocità transoniche) che per ospitare grandi quantità di chaff. Come nel caso del Vulcan B.Mk 1, anche il Victor B.Mk 2 era un bombardiere di 'seconda generazione,' non una semplice versione migliorata rispetto al tipo precente.

 
Ecco il layout del Victor K.2

Victor B.Mk 2:

  • Ruolo: Bombardiere
  • Equipaggio: 5
  • Primo volo: 24 dicembre 1952 (prototipo)
  • Entrata in servizio: 1958
  • Costruttore: Handley Page
  • Esemplari costruiti: 84
  • Dimensioni: lunghezza 35,05 m, apertura alare 36,69 m, altezza 8,58 m, superficie alare 241.27 m², carreggiata carrello 10,07 m
  • Peso: 33.550 kg a vuoto, totale 77.180 kg, massimo 90.000 kg
  • Motore: 4 turbofan R.R. Conwat da 9.344 kgs
  • Prestazioni: con i 4 turbofan R.R. Conway RCo.17 Mk.201 da 9.350 kgs l'uno e 25.990 l interni, l'aereo era capace di 1.014 km/h a 12.200 m (mach 0,955), max crociera a 982 km/h a 16.760 m (0,924), economica 901 km/h a 12.200 m (0,848), tangenza 16.760 m, raggio 2.785-3.700 km, max autonomia 8.370 km.
  • Armamento: originariamente un Blue Steel Mk.1 da 1 Mt di potenza, o due Yellow Sun Mk.2 da 500 kT, o 18 t di armi da 4.500 kg o 16.700 kg in armi da 454 kg, o ancora una Grand Slam da 10 t, o due Tallboy da 5.400 kg

L'ultima evoluzione fu proposta come 'Phase 6', con la capacità di portare fino a 4 Skybolt, ma venne ritirata dato l'abbandono del programma praticamente con l'entrata in servizio del B.2. Piuttosto, con lo spostamento a bassa quota delle missioni, fu necessario adottare le sonde per il rifornimento in volo, serbatoi subalari fissi e una mimetica tattica al posto del bianco anti-nucleare. Peraltro, gli aerei non ebbero un vero radar TFR, a differenza dei Vulcan. 9 vennero piuttosto convertiti (tra i B.2) come ricognitori (SR.2) che dal luglio 1965 entrarono in servizio al posto dei Valiant, totalmente ritirati nel dicembre del '64. Avevano fotocamere e un radar cartografico nel vano portabombe, e persino sensori di analisi dell'aria per sentire test nucleari.

Più numerosi furono invece i Victor aerocisterne convertiti dai bombardieri, 11 B(K).1A (poi K2P) con un sistema filabile sotto ciascuna ala, ma ancora la capacità di portare armi ventrali. Entrarono in servizio dal 28 aprile 1965 con il No.55 Sqn, divenuto operativo nell'agosto di quell'anno. Ma essi erano efficaci in pratica solo per rifornire i caccia e non i bombardieri data la lentezza del trasferimento del carburante. Successivamente 14 B.1 e B.1A vennero convertiti con un sistema a tre punti (anche ventrale con la conversione del vano portabombe), di cui il centrale era l'Mk.17, tre volte più potente dell'Mk.20. Così divennero K.1 e K.1A. Dato che i Victor, per quanto efficienti, non erano validi nel volo a bassa quota come i Vulcan, e che la Marina aveva adesso il ruolo di deterrente nucleare con i Polaris, i pochi Victor B.2 (che in pratica, armarono solo due squadroni) vennero convertiti in aerocisterne: ben 24 aerei, che erano praticamente tutti eccetto i ricognitori. Essi potevano portare 41 tonnellate di carburante e vennero tenuti in servizio a lungo, dai tardi anni '60 all'ottobre 1993.

Nessun esito ebbero progetti successivi, come l'HP.96 (trasporto per 85 truppe), o l'HP.97 da trasporto civile (un'analoga proposta venne fatta anche per il Vulcan, anticipando il Concorde nel campo dei 'delta' per il trasporto passeggeri), l'HP.98 con cannoni telecomandati (perdendo contro il Valiant B.2), e altri tipi come l'HP.98, 101, 104, e persino l'111, che poteva portare 200 soldati oppure 145 passeggeri civili (con doppio ponte). C'erano anche altri tipi come l'HP.114 con 2-4 Skybolt e l'HP.123 con compiti di trasporto militare pesante, basato sul 111.

Carriera modifica

I Victor entrarono in servizio con i B.1 del No.232 Sqn OCU di RAF Gaydon, alla fine del '57. Il No.10 Sqn di RAF Cottesmore venne formato in aprile 1958, seguito subito dal No.15. C'era anche una segretissima unità, la Radar Reconnaissance Flight di Ray Wyton, con 4 aerei equipaggiati con sistemi di ricezione passivi e un radar da ricognizione 'Yellow Astor'. Infine vi fu il No.57 Sqn, formato nel marzo 1959 e il No.55 dell'ottobre 1960.

 

Una volta in servizio, i Victor dimostrarono complessivamente eccellenti prestazioni e anche una buona maneggevolezza, oltre alla sicurezza data dall'ottima visibilità verso l'esterno (a differenza del Vulcan) e dalla capacità di atterrare in maniera pressoché automatica, data dall'effetto 'cuscino d'aria' che portava la coda a toccare la pista mentre l'ala restava abbastanza in alto, assumendo così una configurazione adatta per un atterraggio sicuro. Quando arrivò il B.2 nel 1961, il primo squadrone (No.139) fu formato nel febbraio 1962 e il No.100 nel maggio dello stesso anno. Ma i Victor Mk.2 non riuscirono mai a sostituire i B.1, perché gli ultimi 28 vennero cancellati, dato che i missili Skybolt permettevano di colpire con efficacia due bersagli per missione anziché uno soltanto.

I Victor B.1A andarono anche a Singapore, per fare da deterrente nella crisi malese (1964), con 4 aerei armati di bombe convenzionali, che tuttavia non ebbero necessità di entrare in azione, anche se fecero dell'utile addestramento a bassa quota.

Al contempo, i Victor cominciavano le missioni a bassa quota anche in Europa, ma alla fine del '68 i B.2R vennero già ritirati per via della fatica del volo a bassa quota. Avrebbero dovuto essere modificati come aerocisterne, ma la Handley Page finì in rovina dato che il governo voleva che essa si fondesse con altre compagnie aeree, cosa che trovò una ferma opposizione. Così che, alfine, la HP fallì e le conversioni vennero fatte dalla Hawker Siddely (senza i sedili eiettabili per tutti gli aviatori e altre modifiche pensate appositamente), con l'accorciamento delle ali (allo scopo di ridurre la forza torcente su di esse e quindi, il logorio strutturale). Nel frattempo i ricognitori continuavano ad operare, fino al 1974 e poi vennero convertiti in cisterne negli stabilimenti Avro di Woodword.

Il deterrente nucleare inglese, basato sui V-bombers, funzionò molto bene per circa 10 anni, garantendo l'autonomia degli europei dalla protezione nucleare USA nei confronti delle minacce sovietiche. Anche il Victor, giusto come gli altri V-bombers, venne costruito in un centinaio di esemplari, dimostrando una scarsa validità costo-efficacia, in quanto per le possibilità economiche inglesi due aerei di tale classe erano già abbastanza e non c'era nessuna possibilità di realizzare i grandi numeri di macchine alla B-47.

Il Victor segnò anche la fine della sua ditta produttrice, anche se veniva da molti successi del periodo bellico; i costi degli aerei dell'era dei jet erano troppo alti per pensare ancora con l'ottica delle molteplici linee produttive del periodo bellico, e successivamente l'intera industria inglese dovette profondamente riorganizzarsi per sopravvivere.

Un incidente importante vide protagonista un Victor, uno splendido Mk.2 nuovo di zecca, con un colore totalmente bianco antinucleare. Era una bella giornata quel 21 agosto 1960, sopra il Mare d'Irlanda, quando il primo Mk.2, decollato da Boscombe Down con R.J Morgan e G.B. Stockman come pilota e copilota, e altri 3 uomini d'equipaggio. La sua quota di volo era di 15.850 m a mach 0,82, quando scomparve dagli schermi radar. Fu osservato cadere in mare perdendo pezzi e alla colonna d'acqua fece seguito un paio di forti esplosioni. Dopo le richerche iniziarono e vennero recuperati pezzi fino a novembre con oltre 11.000 lanci di reti, che riportarono 592.610 pezzi, che nondimeno erano solo il 70% dell'aeroplano, nessuno dei quali era più lungo di 1,8 m!

Alla fine di quella drammatica e costosissima inchiesta, in cui (come nel caso del Comet) si ricostruì l'aereo in un hangar e si scoprì che sostanzialmente una vibrazione fece staccare un tubo di pitot, che sul B.Mk 2 era anche collegato all'estrazione automatica degli slat, nella presunzione che l'aereo cadesse in stallo una volta che il tubo di pitot venne perso il sistema automatico li fece estendere, mentre il trim automatico andò a fondo corsa. Quello che il sistema non poteva sapere era che l'aereo non era affatto in una situazione di stallo, tutt'altro, e l'aereo andò in una picchiata incontrollabile ad alta velocità. Il pilota riuscì a eiettarsi, ma troppo tardi, nonostante la quota ampiamente di sicurezza, mentre gli altri morirono nell'impatto. Si presume, visto che solo un pezzo di un casco di volo venne recuperato, assieme ad un orologio fermatosi al momento dell'impatto. Questa era una cosa drammatica, anche per un altro motivo: bastò una semplice perdita del tubo di Pitot per causare una istantanea perdita di un aereo, dunque se per esempio il Victor fosse stato danneggiato da una scheggia che avesse tranciato il tubo o i circuiti elettrici di connessione, sarebbe bastato questo a distruggere un modernissimo bombardiere a reazione? Certo la sicurezza sui danni subiti in combattimento degli aerei di vecchia generazione non era più assicurata; sperabilmente la cosa venne corretta con un qualche sistema di back up, o semplicemente la disconnessione del sistema automatico antistallo.

 
un K.2 rifornisce 2 KA-6D americani, 1971

Quanto agli operatori del Victor, essi sono stati il No.10 Sqn (Cottesmore, aprile 1958-marzo 1964); No.15 (settembre 1958-ottobre 1964, Cottesmore); No.55 (B.1 e B.1A, ottobre 1960, poi con i B.1(K)A dal maggio 1965, dai K.2 nel luglio 1975 e cessazione attività nell'ottobre 1963); No.57 (B.1, K.1, K.2, tra marzo 1959 e il 1992); No.100 (B.2, RAF Wittering, maggio 1962-settembre 1968); No.139 (B.2, febbraio 1962-dicembre 1968); No.214 (K.1, luglio 1966-gennaio 1977); No.543 (B(SR).2, dicembre 1965-maggio 1974); No.232 OCU; RRF (Wyton).

Quanto agli incidenti, i Victor hanno avuto diversi aerei persi: 20-8-59 (XH668, il primo B.2); 19-6-60 (XH617, un B1A del No.57, prese fuoco durante il volo); 14-6-62 (XH613, un B1A del No.15 abbandonato vicino a Cottesmore); 16-6-62 (XA929, un B1A del No.10, schiantatosi all'atterraggio ad Akrotiri dopo un decollo abortito); 2-10-62 (XA934, un B.1 del 232 al decollo da Gaydon, con tre dei 4 aviatori perduti nello schianto dovuto a due motori spentisi in volo); 20-3-63 (XM714, un nuovo B.2 del No.100, stallato vicino a Wittering); 23-3-63 (XL159, un B.2 perso per stallo e finito in mare vicino a Stubton); 29-6-66 (XM716, un SR2 del No.543, perduto durante un'esibizione alla RAF Wyton per cedimento dell'ala destra, e incendio, purtroppo con la perdita di tutti i 4 occupanti, il tutto davanti alle telecamere); 19-8-68 (XH646, un B.1 del No.214, scontratosi in volo con un Canberra); 10-5-73 (XL230, un SR2 del No.543, atterrò con un rimbalzo fortissimo all'atterraggio a Wyton ed esplose ricadendo al suolo); 24-3-75 (XH618, un K1A del No.57, perduto per una collisione in volo con un Buccaneer, durante l'addestramento al rifornimento in volo); 15-10-82 (XL232, un K2 del No.55, che ebbe un'avaria alle turbine e venne distrutto dal fuoco al decollo, ma l'equipaggio scappò in tempo). 19-6-86 (XL191, un altro K2 del NO.57, schiantatosi all'atterraggio in Canada, ad Hamilton, a causa del maltempo).

In tutto sarebbero quindi 13 aerei su un totale prodotto di 84 (più due prototipi), non moltissimo considerando una carriera trentennale, ma molto concentrati nei primi anni di servizio, come è abbastanza normale. I superstiti attualmente sono un B.1A (XH648, all'Imperial War Museum di Duxford), che è l'unico Mk.1 e l'unico con capacità ancora di bombardiere, e 4 K.2 (XH672, 673, 231 e 715) tutti in musei inglesi.

V-Bombers e deterrente nucleare[8] modifica

Il fondamentale deterrente nucleare britannico fu attuato con i bombardieri della serie V, sopra ricordati. Più organicamente, dopo le bombe 'A' gli USA si ritrovarono con il monopolio della tecnologia nucleare, lasciando anche ai Britannici certe tecnologie avanzate. Per consentire il rilascio delle bombe in sicurezza per° il Lincoln non poteva bastare, essendo troppo lento e vulnerabile, anche alla stessa esplosione nucleare, con 475 km/h, e così vennero forniti dagli americani 87 B-29 Washington, in servizio fino al 1954. Nel 1945, però, in ambito RAF erano state stilate due specifiche per i primi bombardieri postbellici, la OR 229 per una macchina da 45 t (max), quattro turbogetti, carico di 4,5 t sotto forma di arma nucleare (oppure, per missioni a più brever raggio, 9 t) e raggio di 3.000 km ad almeno 925 km/h e autonomia a questa velocità di circa 6.200 km nonché capacità di ricognitore (data alternativa, più precisa: 17 dicembre 1946); e la OR 230 per un aereo da 90 t con raggio di 4.000 km, stesso carico di caduta. Quest'ultima specifica non ebbe compimento, mentre la prima chiedeva anche una capsula pressurizzata per l'equipaggio, eiettabile in toto e quindi senza sedili e paracadute individuali; naturalmente tutti gli occupanti dovevano essere a prua, e anche per questo, non c'era armamento difensivo, totalmente sacrificato -cosa tipicamente britannica e derivante dall'esempio del Mosquito- a vantaggio di velocità e tangenza. Successivamente sarebbe stato deciso di realizzare una stiva di almeno 7,62 m x 1,52 di larghezza, onde ospitare la BLUE DANUBE (20 KT), che era un'arma da 4.650 kg, 7,37 x 1,5 m. Si è parlato anche di dati meno impegnativi, come trasportare 4,5 t a 2.778 km (1.500 nm) e su tangenze di 10.600-15.250 m. La OR 230, su cui lavorò per breve tempo la Bristol richiedeva ovviamente un raggio maggiore, anche se presto venne cestinata. Il futuro per la RAF sarebbe stato quello dei bombardieri 'medi', senza pretese intercontinentali. Anche se, come vedremo, in pratica i bombardieri medi finiranno per eguagliare in massa i bombardieri della OR 230.

Ma nel '46 il McMahon Act rendeva impossibile trasferire altre tecnologie americane anche alla Gran Bretagna. Gennaio 1947, il premier laburista Attlee decise così di realizzare un'arma nucleare di propria progettazione, ma il problema era anche economico, data la condizione in cui si era trovata la Gran Bretagna nel dopoguerra. Il bombardiere pesante della specifica B35/46 venne richiesto dal Ministry of Supply il 24 gennaio 1947, che sostituiva l'OR 229. Il 28 luglio 1947 venne richiesto lo sviluppo degli Avro 698 e H.P.80, ovvero i futuri Vulcan e Victor.

 
Una rara foto dello Short Sperrin

La Vickers ebbe come riserva la più conservativa specifica B.9/48, e un bombardiere ancora più speditivo, dalla irlandese Short Sperrin, ebbe successo con la B.14/46, anche se ne vennero prodotti solo 3 esemplari. Alla fine, quasi tutte le proposte delle industrie inglesi, oramai surdimensionate per gli scenari postbellici, vennero accolte, forse anche per ragioni industriali ed occupazionali. Il Valiant, che era inferiore rispetto alla B.35/46 ma esuberante per la B.14/46, ebbe per l'appunto successo grazie alla specifica 'intermedia' B.9/48. Esso volò il 18 maggio 1951 e ne vennero prodotti 25 esemplari B.Mk1 di cui 5 di preserie, volando dal 21 dicembre 1953 con 4 Avon RA 12 da 4,3 t.s. Poi altri 20 ebbero gli Avon RA 28 da 4,54 t, e 6 come ricognitori B(PR)Mk.1, infine comparve l'aerocisterna B.Mk 1.

Il Vulcan aveva ala a delta e volò il 30 agosto 1952 con 4 Avon RA3, seguito dal rivale Victor che volò il 24 dicembre 1952 con 4 turbogetti Sapphire da 3,63 t. Gli ordini erano per 25 macchine l'uno, ma il Vulcan era stato preferito dalla RAF e nel febbraio del '55, intanto, venne mandato il Valiant come unità operativa OCU, il 138° Sqn venne attivato il luglio 1955 a Wittering, con la produzione fino al settembre 1957 per un totale di 104 esemplari per nove squadroni.

Il Valiant B.Mk 2 volò il 4 settembre 1953, nato per voli a bassa quota come un interdittore ognitempo, ma da usarsi solo come marcatore di bersagli per altri aerei. Nel frattempo nacque anche la bomba Mk.1 a fissione con sistema ad implosione, dentro l'involocro delle 'Tallboy' convenzionali da 5,443 t. Aveva potenza di 10-25 kT e il primo test avvenne il 3 aprile 1952, a bordo della nave MONTEBELLO, nell'Oceano Indiano. Quest'arma era la BLUE DANUBE da 7,35 m di lunghezza e 1,51 di diametro, pesando 4,5 t. Il primo ordigno era stato destinato all'addestramento a terra dalla RAF, e venne consegnato nel novembre 1953. La prima esplosione, avvenuta in acque basse, fu un test sufficientemente convincente: con una potenza valutata in circa 25+KT, essa venne posta a circa 8 metri di profondità sotto lo scafo di una vecchia corvetta da 1.200 tonnellate e 83 metri circa. L'esplosione fu talmente violenta, che di questa nave vennero solo rilevati dei rottami incendiati, che causarono fuochi nella vegetazione di una vicina isola. Al posto della nave, nel sottostante basso fondale venne ritrovato un cratere di 6 metri di profondità per 300 di larghezza.

Ma dovettero aspettare fino al '55 con l'entrata in operazione dei Valiant. La potenza sarebbe stata poi aumentata a 40 kT. Venne usato l'11 ottobre 1956 a Marilinga, in Australia (dove i test inglesi causarono un enorme danno ecologico, anche perché l'area, a differenza di quanto si riteneva, non era affatto disabitata); rimase in servizio fino al 1962, con un massimo di 22 esemplari nel '57. Avvenne poi che i Valiant fossero usati per i bombardamenti convenzionali per la Musketeer. 24 aerei vennero usati contro i bersagli strategici, specie gli aeroporti, sia pure con risultati relativamente modesti. Essi erano appena entrati in servizio e il loro sistema di mira era adatto essenzialmente per attacchi nucleari, così essi ebbero dei sistemi di puntamento di seconda mano, applicati all'ultimo momento, così come i 'clip' di 7 bombe da 1.000 libbre. In tutto, durante le missioni notturne in quella brevissima guerra, i Valiant riuscirono nondimeno a rilasciare oltre 800 tonnellate di bombe su 7 aeroporti, sebbene 'solo' 3 vennero seriamente danneggiati. Le missioni vennero volate da quote molto elevate, per evitare il pericolo di essere intercettati dai Meteor: secondo il sito Acig -che riporta altre fonti- le missioni non vennero volate da meno di 13.000 metri di quota, alle volte addirittura da 15.000, così c'é poca meraviglia se i danni furono pochi, data la dispersione delle armi da quote così alte.

Dal '54 i piani per armi nucleari più compatte, utilizzabili anche dai Canberra e Scimitar, e la prima venne chiamata RED BEARD, da 5 kT che esplose per la prima volta il 27 settembre 1956, entrò poi in servizio nel '58 con la RAF e nel '59 con la RN. Rimase in servizio fino al '72, con un massimo di 150 esemplari nel '62 in servizio, una forza finalmente credibile per un confronto nucleare prolungato.

Maggio 1957, isola di Christmas, viene sperimentato un ordigno ancora ad U235, ma potenziato a ben 720 kT, cioè molto di più di diversi tipi di armi termonucleari. La prima vera 'H' venne tirata invece l'8 novembre 1957, era la YELLOW SUN da 1,8 Mt. La prima versione però era la Mk.1 da soli 500 kT, ma pur sempre da 3.176 kg con lunghezza di 6,09 m e diametro di 1,21. Quest'arma venne posta in servizio nel '58, ma presto radiata (1963) perché arrivò la Mk.II da 1 MT e 3.286 kg: 151 esemplari nel 1961-62, servizio fino al 1972, quando si verificò un massiccio processo di demolizione dell'arsenale britannico.

I Valiant ebbero dei problemi strutturali seri, allorché si passò al volo a bassa quota e alle sue difficoltà, dovuti ai missili SAM che dopo il 1960 divennero un problema serio con l'abbattimento degli U-2. In ogni caso, si era deciso di farne una conversione da aerocisterna. Il Valiant venne ritirato nel 1964 e l'Mk.2, appositamente studiato, non venne mai adottato, sebbene la sua ala piuttosto piccola era senz'altro positiva per tale impiego.

Nel frattempo prendevano forma anche i Vulcan, ma per la loro carriera, vedi il capitolo apposito, data la complessità dell'argomento.

Infine i primi 25 aerei del Victor, operativi dal novembre 1957 con i Sapphire 202 o 207 con potenza di spinta di 5.000 kg, usati anche come ricognitori nel caso di 4 apparecchi Mk.1(PR). Il Victor ebbe altri 33 esemplari prodotti nel tipo Mk.1, poi aggiornati nell'elettronica, definiti Mk.1A.

Dato il successo britannico nel programma per la bomba 'H', gli USA dovettero ammettere che la loro politica di limitazione delle armi nucleari era fallita, e nel '58 cominciarono a collaborare con l'alleato e cedettero tecnologia sulle bombe Mk.28, più piccole e leggere delle Red Sun. Da qui le RED SNOW, usate come testata per le bombe B28FI e per il missile BLUE STEEL, grazie al peso ora limitato a 1.060 kg; la RAF, in base agli accordi, avrebbe fatto da 'battitore' all'arrivo della massa di bombardieri del SAC, e per farlo (il che significava marcare i bersagli, ma anche distruggere le basi aeree e radar del Patto di Varsavia tra quelle più pericolose) ebbero anche nuove armi, i missili Blue Steel supersonici, da oltre mach 1,5. Gli ultimi Victor erano 34 B.Mk 2,primo volo 20 febbraio 1959, con turbofan RR: Conway da 7,8 t.spinta, e apertura alare aumentata dai 3 metri. Ne vennero prodotti fino al 2 maggio 1963, chiudendo una genia di appena 86 velivoli.

 
Il Victor

La forza dei V-Bombers, macchine specializzate per le alte quote, raggiunse nel '62 la consistenza di 144 unità, anche se si trattava solo di una frazione del SAC o dell'aviazione strategica sovietica, era pur sempre un notevole potenziale, specie dopo che, con i servizi QRA ogni squadrone doveva disporre di 4 aerei pronti al decollo. Prima invece i tempi di allerta erano al più di un aereo pronto entro 15 minuti e il 75% del totale pronto entro 24 ore dall'allarme: decisamente troppo poco per fronteggiare un attacco improvviso. Dal '63 si passò alle missioni a bassa quota, essendo troppo pericoloso volare in quota con tutti i MiG e gli SA-2 nemici. Vennero usate le bombe Yellow Sun Mk.2 e poi, per le versioni B.Mk2 dei due tipi rimasti in servizio (Victor e Vulcan), le B43 americane e le WE 177. Quest'ultima era una famiglia di ordigni A e anche H, in servizio dal 1960 in 3 versioni identificate: la A da 277 kg e 200 kT, la C per la RN, anche per uso ASW; la WE-177B da 400 kT e 413 kg, quasi sicuramente un'arma termonucleare, simile alla B61 americana e sganciata con paracadute. Rimpiazzando le vecchie armi di prima generazione, nel '78 le WE 177 raggiunsero il loro massimo: 250 circa. Nel frattempo, erano invece i vettori ch'erano in crisi: spariti i Valiant B.Mk 1, mai prodotti i B.Mk2 (che erano capaci di volare a bassa quota in sicurezza, differentemente dai primi), i Vulcan Mk.1, parte degli Mk.1A; i Victor Mk.1 divennero aerocisterne al servizio dei Vulcan B.Mk2 e di altri Victor Mk.2, mentre la colorazione chiara anti-nucleare divenne di tipo 'tattico' grigia e verde; un piccolo radar della G.D. americana permetteva di volare a bassa quota in modalità TFR, almeno di tipo manuale. Il Blue Steel venne costruito e immesso in servizio nel '62, con un totale di 50 esemplari, semiannegato nella stiva dei bombardieri, che lo tiravano, se da alta quota (improbabile) fino a 185 km di distanza dall'obiettivo, ma dal '64 si adottò decisamente il profilo d'attacco a bassa quota e il missile, già poco efficace, venne ulteriormente ridotto in efficacia. C'era in sviluppo ovviamente l'Mk.2 anche di questo missile, ma i britannici si interessarono piuttosto allo Skybolt sviluppato congiuntamente con gli americani. Mentre il Blue Steel, con il suo aspetto tozzo, descriveva una traiettoria semi-parabolica raggiungendo in picchiata 2,5 mach, il passo ancora più logico, ma difficile, fu quello di lanciare un programma per un missile balistico aviolanciato, che poteva permettersi un raggio d'azione di 1.850 km e testate miniaturizzate; un'arma che si poteva portare sotto i piloni delle ali; ma dopo i primi lanci, come prevedibile, vi furono numerosi fallimenti, e proprio quando arrivò il primo lancio di successo Kennedy cancellò nel '62 l'arma dai programmi. I Britannici si basarono allora sui missili Polaris, anche perché i missili Blue Streak da oltre 4.000 km, vennero usati alla fine solo come vettori satellitari. Il Blue Steel rimase in servizio fino al 30 giugno 1969, quando finì anche l'allarme QRA, l'anno dopo i primi SSBN della Marina.

 
La WE.177
 
La WE.177

Finita l'era dei V-Bombers come punta di diamante dell'aviazione, rimasero in servizio fino al 1984 per i Vulcan, e il 1993 per i Victor, ma ebbero anche l'impiego bellico alle Falklands, inclusi sei Vulcan modificati in aerocisterna. I piloni per i missili Skybolt vennero usati per gli Shrike. Solo i Vulcan ebbero impiego come bombardieri, tutti e due i tipi come aerocisterne. Il Vulcan, con la sua grande ala, era eccellente per salire rapidamente in quota e raggiungere la stratosfera, grazie anche ai motori potentissimi; il Victor era migliore solo come capacità di carico bellico, ben 35 armi da 454 kg anziché 21. Quanto alle bombe totali vi furono tra le 350 e le 580 armi nel periodo 1975-81, non moltissime, ma nemmeno trascurabili, compatibili alla scarsa capacità di produrre materiale fissile da parte britannica. Così anche armi americane vennero usate, si parla di 300-400 esemplari negli anni '60-70. Nonostante la prontezza operativa dei bombardieri inglesi fosse solo di 8 esemplari pronti al decollo per reazione immediata nel '62, quando pure c'erano molti esemplari disponibili, il deterrente britannico fu molto importante politicamente. Se l'URSS avesse attaccato l'Europa avrebbe forse scelto di minacciare gli USA di usare contro di loro le armi nucleari, mettendoli in una posizione di stallo e ad accettare il fatto compiuto; ma il deterrente britannico, e poi quello francese, faceva sì che l'Europa fosse capace anche di difendersi da sola dalle mire sovietiche. E anche di quelle americane, dato che erano altrimenti troppo grandi le differenze tra le due sponde dell'Atlantico. I Britannici erano stati ingegnosi tecnicamente, ma nel '57 venne deciso di razionalizzare l'industria aeronautica (che occupava oltre 200.000 persone) e di ridurre l'interesse per gli aerei rispetto ai missili, sia SAM che SSM. La scelta del '65 di cancellare il TSR.2 da parte del premier laburista Wilson causò l'implosione dei disegni strategici inglesi, che furono costretti a cercare prima la collaborazione francese e poi dei maggiori Paesi europei. Alla fine, i successori dei V-Bomber, anche se non ne avevano l'autonomia (e nemmeno quella dei TSR-2, superiore di circa il 50%) furono i compatti Tornado IDS, in servizio dai primi anni '80.

Pattugliatori marittimi modifica

L'Hawker Siddeley Nimrod è da circa 30 anni, a partire dai primi anni settanta, il principale aereo da pattugliamento marittimo in forza alla Royal Air Force. Ha costituito un elemento di grande importanza nel teatro operativo, importantissimo, dell'Atlantico del Nord, ma è comparso praticamente ovunque vi fosse la necessità per la politica estera inglese, come nella Guerra delle Falklands. Oggi il progetto viene seguito dalla BAE Systems

Sviluppato nei tardi anni sessanta dalla Hawker Siddeley (oggi British Aerospace) per sostituire lo Avro Shackleton (estrema derivazione del Lancaster), il Nimrod deriva dal primo aereo di linea a reazione, il fallimentare de Havilland DH.106 Comet: è evidente dalla disposizione delle prese d'aria dei motori, alla radice del bordo d'attacco alare. In verità la pianta alare, nella sua geometria, è largamente immutata rispetto a quella di tale aeroplano.

I motori erano totalmente nuovi, i turbofan Rolls-Royce Spey, per anni il progetto maggiormente significativo dell'industria motoristica inglese, con una rilevante compattezza, un buon rapporto potenza-peso ed un consumo molto contenuto, specie nelle versioni prive di postbruciatore. Lo stesso motore, in versioni meno potenti, è presente sia nel Vought A-7 Corsair II che nell'AMX. Per incrementare l'autonomia è presente anche la sonda per il rifornimento in volo, montata nella parte alta del muso.

Il Nimrod ha una sgraziata ma capace fusoliera con sezione a 8 dotata nella parte inferiore di un vano di carico armi di grande capacità volumetrica, e in quella superiore un ricco sistema avionico di bordo comprendente MAD in sonda caudale, radar prodiero, boe sonore, sistema di combattimento ed elaborazione dati digitale.

Tra i carichi utili si segnalano siluri ASW, missili Sea Eagle, bombe di profondità nucleari e convenzionali. Parte di tali carichi sono alloggiati in piloni subalari. Ecco le versioni:

  • MR.Mk1: prima versione pattugliatore
  • R.Mk1: versione per lo spionaggio elettronico.
  • MR.Mk2: seconda versione del pattugliatore in servizio dal 1975.
  • AEW3: aereo con compiti di sorveglianza aerea (AWACS).
  • MRA4: ultima evoluzione come pattugliatore marittimo

MR.Mk 1:

  • Ruolo: Pattugliatore marittimo, antisom
  • Equipaggio: 12
  • Primo volo: 1967
  • Entrata in servizio: 1969
  • Costruttore: Hawker Siddeley
  • Dimensioni: lunghezza 38.63 m, apertura alare 35 m, altezza 9.08 m, superficie alare 197.04 m²
  • Peso: 39.010-80.514 kg
  • Propulsione: 4 turboventole Rolls-Royce Spey 250 RB168-20 da 54 kN
  • Prestazioni: vel. massima 926 km/h, tangenza 12.800 m, autonomia 15 h
  • Armamento: 6.124 kg di carico (siluri, bombe o cariche di profondità, missili antinave Sea Eagle)

Agli inizi degli anni settanta il requisito dell'avvistamento aereo lontano era svolto da macchine inglesi totalmente obsolete, e venne studiato un loro successore in tale delicato compito: il Nimrod AEW.Mk.3. Si presentava come macchina dalle straordinarie speranze: aveva un radar che garantiva la copertura dei 360 gradi in maniera continuativa, anche se forse entro distanze più ridotte del Boeing E-3 Sentry. Alle estremità alari vi erano antenne di un sistema ESM/Elint, mentre le consolle digitali per gli operatori elettronici erano almeno 7, sistemate nella fusoliera centrale.

Se il Nimrod basico era un velivolo dalle linee efficienti per quanto brutte, il Nimrod AEW era ancor più imbruttito dalla presenza del sistema radar della Marconi, installato non dentro il tradizionale rotodome, ma in due antenne separate, una a prua e una a poppa. L'elettronica di bordo, non casualmente, venne provata su di un Comet Mk.4 nel 1977, mentre il "vero" Nimrod AEW decollò per la prima volta nel 1980.

L'entrata in servizio era prevista per il 1983, ma questo non avvenne in quanto vi erano stati problemi di sviluppo nell'avionica, e ulteriori aggravamenti delle specifiche della RAF. Alla fine, tali richieste vennero soddisfatte ma il grande calore dissipato dall'avionica, che richiedeva l'uso del carburante dei serbatoi di bordo per essere raffreddato, rese l'autonomia pratica (a causa del carburante aggiuntivo necessario) insufficiente per soddisfare le richieste.

Venne deciso quindi di lasciar perdere questo ambizioso e molto pubblicizzato programma nazionale, che avrebbe dovuto assicurare la difesa aerea dell'arcipelago britannico dai bombardieri sovietici assieme all'altro prodotto di punta dell'industria inglese, il Tornado ADV. Quest'ultimo ebbe a sua volta numerosi problemi e ritardi nello sviluppo, ma riuscì a superarli, sia pure solo alla fine della Guerra Fredda. Ma se l'ADV resistette alla concorrenza delle macchine statunitensi, specialmente del Tomcat, il Nimrod non lasciava alternative se non quella di acquistare un AWACS statunitense, e la scelta cadde sull'E-3 Sentry, di cui 7 macchine (in versione specifica, la "D") vennero acquistate all'inizio degli anni novanta.

Queste andarono a sostituire gli Shackleton AEW, in quanto i vecchi quadrimotori anche in questo ruolo erano ancora utilizzati, con un radar statunitense, quali piattaforme radar. Le cellule dei Nimrod AEW, 11 in totale previste, già approntate, non poterono nemmeno essere convertite alla lotta ASW in quanto i vani portabombe erano stati eliminati dalla struttura della fusoliera.

Si sarebbero potute invece utilizzare tali cellule per ospitare un'avionica di missione di tipo più convenzionale, come quella dell'E-2. Infatti, l'elettronica usata sull'Hawkeye è stata adattata con successo su C-130 e P-3 e il Nimrod avrebbe potuto essere salvato, come programma e come cellule, calando i valori delle specifiche e ripetendo la stessa operazione di successo dell'accoppiata APS-20/Shacktleton, ma questo non avvenne.

I Nimrod che non hanno invece deluso le aspettative sono stati gli R.Mk.2, da sorveglianza elettronica e spionaggio, ma non si conosce nulla di preciso sulla loro attività, data la missione altamente classificata che nella RAF rende quasi indisponibile ogni informazione su tali macchine.

Il Nimrod è entrato in servizio imponendo un salto in avanti nella capacità operativa sul mare da parte della RAF. Uno dei pochi, se non l'unico, tra i pattugliatori marittimi a non avere turboeliche, il velivolo inglese ha un ottimo curriculum di servizio, con un solo esemplare perso nei primi 10 anni di servizio in un teatro operativo difficilissimo, in termini meteorologici, come quello dell'Atlantico settentrionale.

Alcuni vennero usati con un ruolo marginale, data la necessità di operare dall'isola di Ascension, nel conflitto del 1982, e alcuni erano stati dotati di missili aria-aria AIM-9 Sidewinder, che gli conferirono una certa capacità di autodifesa, ma soprattutto di eseguire eventuali missioni di intercettazione a lunghissima autonomia contro macchine di seconda linea, grazie anche alla velocità di punta, assai elevata grazie alla motorizzazione adottata.

Poco conosciuto all'estero data la sua mancanza di successi nell'export, il Nimrod ha svolto e svolge una intensa carriera di successo nel pattugliamento marittimo, con una dotazione elettronica di eccellente livello, che compensa la minore attitudine della macchina nel volo a basse velocità rispetto ai pattugliatori turboelica.

Tuttavia, la ricostruzione di pochi esemplari agli standard più moderni (Mk.4) in attesa di avere un nuovo apparecchio, ha comportato investimenti enormi per la dozzina di macchine prescelte tra le meno usurate, che ha dato adito a polemiche accese sulla reale utilità di tale scelta.

Fonti e referenze modifica

  1. Dati: enciclopedia Armi da guerra 18
  2. Grattoni F. e Toselli C, L'immortale Canberra, A&D Apr 1988 p.51-60
  3. prevalentemente: Sgarlato, N, Aerei Nov 1996
  4. D'Amadio, Aerei Giu 1993 p.54-57
  5. Dati dalla voce di wiki.en, idem per le prestazioni dell'Mk.1 e per gli incidenti
  6. Armi da guerra, pag. 1122
  7. [www.en.wikipedia.org/wiki/Avro Vulcan Vulcan su Wikipedia.en]
  8. Ciampaglia, Giuseppe: La V Force e il deterrente nucleare britannico, RID apr 1995