Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/India-3
XXI secolo
modificaIAF(2003)
modificaLa IAF ha continuato il lavoro d'aggiornamento, nonostante una notevole crisi degli inizi anni '90. L'attività di volo per piloti ha subito una gravissima crisi agli inizi degli anni '90 con un numero di ore che da standard occidentali decadde grandemente. Nel biennio 1988/89 vi era una media di 180-200 ore di volo l'anno per ciascun pilota, che però scese nel 1992-93 a 120 ore, col monte di ore di volo sceso da 256.200 del '91/92 a 239.000 nel 1993/94, ma già nel 1997/98 il totale di ore di volo superò le 300.000. la crisi era superata, ma l'esigenza di avere in India centri di revisione e manutenzione per gli aerei stranieri divenne evidente, come anche quella di risparmiare gli aerei e insistere soprattutto sullo sviluppo dei simulatori per mantenere l'addestramento. Inoltre l'efficienza degli aerei più moderni e importanti, come gli An-32 e MiG-29, cascò giù da oltre il 7'% al 55-60. Erano aerei relativamente nuovi, e soprattutto senza produzione su licenza in India. Il problema degli incidenti di volo ha continuato a flagellare la IAF, ma tuttavia gli anni '90 sono stati considerati il decennio più sicuro di sempre, con un rateo di incidenti di 1,07 ogni 10.000 ore di volo, contro l'1,37 della PAF, tradizionale avversaria. Ma nonostante la ripresa della seconda metà degli anni '90, che hanno permesso di uscire rapidamente da questi problemi, anche per la ripresa russa contemporanea, bisogna dire che il flagello degli incidenti aerei non è stato risolto appieno.
Tra i tanti motivi, il fatto che la IAF opera su di un ambiente tropicale, piuttosto infido, dove poi l'avifauna è un formidabile abbattitore di jet a bassa quota, e così via. Fatto stà che nel 1990-2000 la IAF ha perso 187 aerei per incidenti e ben 22 nel periodo periodo gennaio-novembre 2002. Queste perdite sono pesantissime, uno sqn. all'anno, anche se rapportate ad un'aviazione enorme. Dei 22 aerei persi in 11 mesi del 2002, 5 erano addestratori e di questi 4 erano MiG-21. Per tutto questo e altro, le critiche non sono mancate, anche perché l'India non è la Russia: la densità è di circa 300 abitanti per km2 e quindi questi incidenti causano certamente vittime e danni notevoli. Il MiG-21 è uno degli aerei più diffusi, il più vecchio e tutto sommato, quello che ha portato maggiormente le fortune della IAF sulle proprie ali, e con oltre 800 macchine prodotte, non ha certo problemi ad essere stato colpito da numerosi incidenti: doputto, oltre 900 F-104 tedeschi hanno subito oltre 250 incidenti fatali, e l'Italia con i suoi 350 aerei circa, ha subito non meno di 140 incidenti.
Il fatto è che i MiG-21 sono macchine sì manovriere ed efficienti, ma anche da trattare con cura. La loro manovrabilità è migliore ad alta quota e anche ad alta velocità con la loro ala a delta a forte freccia d'ingresso. Ma questo non da certo l'autorizzazione a credere che queste macchine siano sicure e controllabili in ogni condizione: sono meglio di apparecchi come gli F-104, sicuramente, ma sono velivoli che a bassa quota e velocità devono essere trattati con cura. Passare a questi apparecchi dai Kiran e Iskra è pericolosissimo, e non aiuta certo il fattore sicurezza, ma per troppo tempo la IAF ha mancato di un jet da addestramento intermedio credibile: non ha mai avuto una flotta congrua di macchine come i MiG-15UTI, per esempio, nonostante la presenza di alcuni Hunter biposto che potevano servire egregiamente allo scopo. Certamente non ce l'ha attualmente, anche se è finalmente in programma di comprare l'HAWK, dopo anni di 'volontà' in merito, ora che l'aereo, nelle sue ultime versioni è diventato costoso e anche abbastanza obsolescente.
Elenco organico e organizzazione
modificaQG aereo a Nuova Delhi, con 5 comandi operativi e due funzionali: Comando aereo Occidentale, QG a Palam, N.Delhi. Comando Aereo Sudoccidentale, QG Gandhinangar. Comando Aereo Centrale, Allahabad. Comando Aereo Meridionale, Trivandrum. Comando Addestrativo e Manutenzione. Comando Estremo Oriente, Port Blair, che ha la caratteristica di essere interarma.
Forze disponibili:
- Personale: 110.000
- 15 Sqn. da difesa aerea ( 3 su 5 MiG-29, 2 con 35 M.2000, 10 con 200 MiG-21PFMA/Bis/U):
- 28 Sqn. 'First supersonics' su MiG-29, Poona
- 223 - 'Tridents' su MiG-29, Adampur
- 47 - 'Black Archers', MiG-29, Poona
- 1 - 'Tigers', 18 Mirage 2000, Gwallor
- 7 - 'Battle axes', 17 Mirage 2000, Gwallor
- 3 - 'Rattlers', MiG-21, Pathankot
- 15 - 'Flying Lances' MiG-21, Pathankot
- 4 - 'Oorials', MiG-21, Jaisselmer
- 21 - 'Ankush',MiG-21, Chandigarh
- 23 - 'Cheetahs', MiG-21, Ambala
- 26 - 'Warrior', MiG-21
- 32 - 'Thunderbirds', MiG-21
- 36 - 'Killers', MiG-21
- 37 - 'Black Panthers', MiG-21
- 45 - 'Colts', MiG-21
- 20 Sqn. da caccia e attacco al suolo (1+1 con 18 Su-30, 4 con 100 Jaguar, 2 con MiG-23BN, 8 con 160 MiG-27M/UM, 5 con 100 MiG-21M/MF/FL):
- 1 - 'Hunting Hawks', 18 Su-30, Poona
- 20 - 'Lightings', id. in fase di riequipaggiamento
- 5 - 'Tuskers', Jaguar, Ambala
- 14 - 'Bulls', Jaguar, Ambala
- 16 - 'Cobras', Jaguar, Gorakhpur
- 27 - 'Flying Arrows', Jaguar, Gorakhpur
- 221 - 'Valiants', MiG-23BN, Jodhpur
- 220 - 'Desert Lions', MiG-23BN, Halwara
- 2 - 'Winged Arrows', MiG-27, Hindan
- 9 - 'Wolfpack', MiG-27, Hindan
- 18 - 'Flying Bullets', MiG-27, Hindan
- 10 - 'Winged daggers', MiG-27, Jodhpur
- 22 - 'Swift', MiG-27, Hashimara
- 222 - 'Tigersharks', MiG-27, Hashimara
- 31 -, MiG-27, Halwara
- 32 -, MiG-27
- 8 - 'Eight Pursoot', Mig-21, Adampur
- 17 - 'Golden Arrow', MiG-21
- 30 - 'Charging Rhinos', MiG-21
- 101 - 'Falcons', MiG-21
- 108 - 'Hawkeyes', MiG-21
- 3 reparti elicotteristici d'attacco: 104 e 126 sqn, Pathankot, 116 sqn, con un complesso di 40 Mi-25 e 20 Mi-35.
- 1 Sqn. d'attacco marittimo: 6 'Dragons' su 8 Jaguar GR.1
- 2 Sqn. da ricognizione: 102 'Trisonics', Bareilly' su 6 MiG-25+2 MiG-25U, e 106 'Lynxes', Agra, con 20 Camberra B.58/T.54.
- 9 Sqn. da trasporto (118 An-32 'Suttlej', 43 Do-228, 30HS.748, 30 Il-76, 2 Boeing 737-248, 7 HS.748M, 6 SA-365 Dauphin):
- 12 Sqn. 'Bisons', An-32, Angra
- 43 - 'Ibexes',An-32, Chandingarh
- 49 - 'Para Spears', An-32, Jorhat
- 48 - 'Camel', An-32, Chandigarh
- 58 - 'Hornbills',Do-228, Gauhati
- 41 - 'Otters', Do-228, Palam
- 25 - 'Himalayan Eagles', Il-76, Chandigarh
- 44 - 'Mighty Jets' Il-76, Agra
- Sezione VIP con 2 Boeing 737-248, 7 HS.748M, 6 SA-365 Dauphin
Addestratori: 100 HPT-32 e HJT-16, 42 PZL TS-11 ISKRA
ELINT-EW: 2 Learjet 29A, 3 Gulfstream III SRA, alcuni MiG-23BN
Elicotteri: 15 squadroni per collegamento e osservazione con 160 SA.315B Lama/'Cheeta', 180 SA316B Aloutte/'Chetak'. 4 reparti (Stormi?) da trasporto con 40 Cheetah, 80+40 Mi-17, 10 Mi-26, 50 Mi-8.
SAM: 30 batterie SA-3, 8 SA-8, 100 S-13
Basi principali: Allahabad, Bamrauli, Bangalore, Dundigal (Accademia aeronautica), Hakimpet (Addestramento caccia), Hyderabad, Jamnagar, Jodhpur, Nagpur,Nuova Delhi, Shillong, e altri per un totaled di oltre 60.
Dotazione aerei:
- Circa 44 Mirage 2000 (Vajra), 18 Su-30, 55 MiG-29 (Baaz), 60 MiG-23BN, 160 MiG-27, 8 MiG-25, 300 MiG-21, 110 Jaguar, 118 An-32 (Sutlej), 30 Il-76, 43 Do-228, 37 HS-748, 100 HPT-32/HJT-16, 42 TS-11, 220 SA-315B (Cheetah), 180 SA-316 (Chetak), 50 Mi-8, 80 Mi-17, 40 Mi-25, 20 Mi-35, 10 Mi-26. Totale, circa 1.700 apparecchi, di cui 615 da combattimento, di cui 555 aerei (incl. i biposto). Note: nonostante il miglioramento qualitativo, ilnumero non ha subito un declino durante gli anni recenti.
Questo aereo è diventato negli ultimi anni la vera punta di lancia dell’intera IAF. Come si sia arrivati a questo risultato è abbastanza facile a dirsi: India e URSS hanno avuto da decenni ottimi rapporti, essendo Nuova Delhi libera da impegni nazionali: l’India non è il principale dei Paesi non Allineati. La fine dell’URSS causò forse una breve crisi, soprattutto legata alle forniture, ma già dal 1994 uno studio congiunto della IAF e del DRDO indicò nel Flanker la migliore scelta per il futuro, possibilmente nella versione evoluta e multiruolo SU-30. La macchina venne richiesta con capacità multiruolo ed in generale, molto elevate, cosa che richiese anche l’uso come aereo per i test di volo del Su-37, in volo dal 1996 (il 2 aprile). Il Su-37 ‘Terminator’ aveva sia le alette canard che gli ugelli vettorabili, ovvero i TVC. Presto arrivò un ordine per 40 SU-30, 8 nella versione MK, e gli altri 32 nella versione evoluta MKI. In parte lo stesso governo indiano è stato coinvolto nell’affare, con finanziamenti che lo hanno coinvolto per circa il 20%, relativo allo sviluppo di nuovi sottosistemi per gli aerei dell’IAF, e che hanno comportato in effetti il potere di veto dell’India su eventuali vendite a Paesi terzi (soprattutto se si trattasse dei confinanti, visti come diretti oppositori). Dopo 4 prototipi definitivi, l’attività si poté dire conclusa. Certamente, per l’ennesima versione di un aereo già ben sviluppato ed operativo questo numero non manca di stupire, ma le modifiche furono molte e importanti. Uno dei prototipi divenne famoso al Le Bourget (giugno 1999) non tanto per la stupefacente agilità, ma perché durante l’evoluzione a bassa quota si schiantò al suolo, cosa certamente non priva di precedenti (né di seguiti) per un aereo da caccia sovietico moderno. La cosa ebbe un riscontro positivo, se non altro, perché entrambi i piloti si salvarono dalla palla di fuoco conseguente, eiettati in perfetta sequenza nonostante una condizione di volo critica, altra dimostrazione dell’efficienza dei seggiolini eiettabili russi Zvedza. La cosa venne verificata anche in un'altra situazione, in cui due MiG-29 entrarono in collisione. Non funzionò nel 1990, in un poco ricordato incidente che accadde proprio in Italia, quando un Su-27 dimostrativo (non aveva armamenti a bordo) si schiantò dopo un looping troppo basso, uccidendo il pilota Valery Metinsky e uno spettatore. Pare che il pilota avesse un alto tasso alcolico al momento dell’incidente. Un altro Flanker cadde nell’ex-URSS, letteralmente spiattellando e ruzzolando sul campo d’aviazione prima di disintegrarsi in una palla di fuoco (considerare che l’aereo permette anche 10 t di kerosene, anche se fortunatamente non viene usato tale carico per le esibizioni acrobatiche). A terra vi furono decine di vittime, ma i due piloti riuscirono a eiettarsi prima del secondo schianto al suolo. Dai filmati si ipotizzò che l’aereo fosse stato colpito da un missile per via di due oggetti velocissimi saliti da terra che sembrarono averlo sfiorato, ma non se n’è saputo più nulla. La serie di prototipi fu iniziata dal T10PMK-01 il 1 luglio 1997, poi continuata con lo 06 che volò nel marzo 1998. Visto che il contratto finale per i 40 SU-30 era stato firmato il 30 novembre 1996, è abbastanza chiaro che i lavori di ricerca e sviluppo fossero stati iniziati prima di allora, eventualmente proprio con il Su-37. Il valore di questa commessa era decisamente elevato per un caccia russo, ovvero 1,8 miliardi di dollari, 45 milioni per ciascun aereo, la cosa era certo dovuta alla necessità di sviluppare le tecnologie necessarie. Dopotutto, l’altro finalista per la scelta era il Mirage 2000-5, con una cellula piccola e leggera, ma un’eccellente avionica. La cosa interessante è che non sia stato preso in considerazione il MiG-29 che pure era disponibile nella versione M, già in sviluppo, o anche nella meno sofisticata versione S. Forse gli indiani non ne furono molto soddisfatti con le macchine dei primi lotti. In ogni caso, lo sviluppo della cellula proseguì con lo 06 e poi con gli ultimi due aerei, lo 04 e 05. Il problema non fu tanto quello di sviluppare una già eccellente cellula, ma piuttosto l’avionica prevista, che pure era già sofisticata nelle prime versioni e disponeva di enormi volumi interni per essere alloggiata: se si considera che nel 1993 apparve il MiG-21-93 con sistemi sofisticati pressati dentro una cellula minuscola.. eppure, il mix di tecnologie da impiegare, di provenienza russa, indiana e israeliana fu integrato con molta lentezza e difficoltà e alla fine il ritardo accumulato ha raggiunto i 3 anni, costringendo a suddividere in blocks i vari Su-30 ordinati, aggiornati via via e possibilmente, tutti aggiornati allo standard ‘definitivo’ dell’avionica come previsto dal committente. Ovviamente un contratto tanto costoso per un cliente con molte esigenze in termini quantitativi sarebbe stato sprecato se limitato a soli 40 aerei: così altri 10 aerei vennero ordinati nel dicembre del 1998 per altri 350 milioni, con costo unitario abbassato di ben 10 milioni, non casualmente per i motivi di cui sopra.
La fornitura dei primi aerei avvenne l’11 giugno del 1997 sulla base di Lohegan, Pune. Erano gli 8 MK e vennero assegnati al 24 Sqn. ‘Fighting Hawk’, ma erano lontani dalle capacità previste in termini avionici, e così sono stati usati soprattutto per addestramento. Altri 10 sono arrivati verso la fine del 1999,completando la forza dello squadrone. Questi, curiosamente, erano non i Su-30MKK, ma i 10 Su-30K, quelli ordinati col secondo lotto. Assieme a questi, altri aerei ex-Indonesia, che non vennero consegnati al committente originario per la parziale cancellazione dei contratti militari stipulati con la Russia, già fornitrice di vecchia data di questo Paese asiatico. Se le limitazioni di operatività si son fatte sentire, con una disponibilità media del69%, calata ad appena il 62% nei primi anni, è stato possibile in compenso di risolvere i tanti problemi di dentizione dell’aereo, e soprattutto nel risolvere i tanti problemi di gestione di un programma multinazionale decisamente complesso, che hanno causato i ritardi anche più dei problemi tecnologici. Nel 2002 sono arrivati i 10 MKI Block 1, sulla base di Lohegaon, al 20 Sqn, seguiti d 12 Block 2 nel 2003 e 10 Block 3 entro il 2005. Nel frattempo è stato organizzato l’aggiornamento di tutti gli aerei dei lotti precedenti allo standard dell’ultimo, e così il programma decennale per il nuovo Sukhoi è terminato, almeno nella sua fase iniziale. Ma nel 2000 venne stipulato un altro contratto per produrre fino a 140 aerei da parte della HAL (Hindustan Aeronautical Limited) nei suoi stabilimenti di Nasik, sia pure ad un ritmo non entusiasmante di 14 apparecchi l’anno. In ogni caso, questo ha comportato la continuazione della lunga tradizione di produzione, in India, di un aereo russo, ma in questo caso, e per la prima volta, si tratta di un Sukhoi. La spesa è stata, per quest’ultima tranche, di 4,6 miliardi di dollari. La somma totale, in tutto, è quindi stata stabilita ufficialmente in oltre 6 miliardi di dollari, con la fornitura di 190 aerei. Si tratta di un programma costoso, ma ancora, tutto sommato, a buon mercato. In Italia, il programma per 121 EF-2000 è arrivato ad un costo, al 1997, di circa 16.000 miliardi di lire, ovvero circa 8 miliardi di euro. Nel caso dell’India, però, non si tratta di 121 caccia medi, ma di 190 pesanti, per cui si può solo lontanamente immaginare quanto costerebbe in Europa un tale programma. Per quanto moderno, l’EFA è solo un caccia medio, mentre il Su-30 è della stessa classe dell’F-22 (anche se certamente senza pretese stealth) che sta mettendo a durissima prova i bilanci americani della difesa e difficilmente sarà mai un best-seller nel mercato internazionale.
La IAF potrà schierare l’aereo in un massimo di 8 Squadroni da 20 aerei l’uno, quasi il numero degli F-22 Raptor. Inoltre il programma ha preso, tutto sommato, tempi relativamente stretti anche se nondimeno con 3 anni di ritardo sulla tabella stabilita.
Le caratteristiche tecniche del Su-30MKI, parente stretto dell’MKK cinese, sono legate sia all’eccellenza dell’aerodinamica, che ai nuovi motori, che infine e ovviamente, all’avionica e al sistema d’arma collegato. In termini della prima categoria, il compito non facile di coniugare ridotta resistenza con elevata portanza, onde generare un velivolo ideale per tutte le condizioni pratiche, è stato risolto con un disegno caratterizzato da ala ad alto allungamento e ridotta freccia alare, dotata di generose LERX e di motori separati, posti sotto la fusoliera con un effetto ‘lifting body’ che aiuta a dare elevata portanza senza aumentare la superficie alare, in pratica ricorrendo all’artificio di avere la parte ventrale della fusoliera piatta e lo stesso dicasi per le prese d’aria. Questo contributo non è certo marginale, se anche l’F-14 ne fa uso per aumentare la portanza del 45% e fino al 60 con ali a freccia massima. Naturalmente, la presenza di carichi sotto la fusoliera tende a ‘sciupare’ questo effetto, ma non ad annullarlo. In ogni caso, si tratta di un modo pratico per ottenere una grande superficie portante senza pagare pegno con una grande, resistente e pesante superficie alare. La cosa è ovviamente possibile solo con aerei bimotori che non ricorrano ad ali a delta. La mirabile fusione tra ala e fusoliera si concretizza con le lunghe LERX partenti da sotto l’abitacolo riduce la resistenza aerodinamica, aumenta il volume interno, migliora l’accelerazione. L’ ala ha una generosa superficie di 62 m2, freccia positiva in entrata di 42 gradi costante, allungamento di 3,5 che è simile a quello dell’F-18 ma molto maggiore degli F-15 e 16 (l’F-14, con ali a freccia variabile è anche superiore al Su-27, ma questo non deve stupire, essendo caratteristica di tutti i velivoli GV l’ala ‘snella’). L’ala del Su-27 garantisce una bassa resistenza aerodinamica e una ottima stabilità di flusso. Inoltre, la portanza delle superfici combinate rende possibile all’aereo di virare in spazi ridottissimi. Il Su-30 ha alette canard che migliorano ancora le capacità di virata e l’AoA mantenibile, che già nel Su-27 raggiunge i 36 gradi, mentre il rateo di rollio arriva a 270 gradi-sec. Le superfici canard, primo aggiornamento per il disegno base sono state sviluppate da tempo: provate nel 1977 senza successo per problemi di controllo longitudinale (se fosse tanto semplice installare canard sugli aerei da combattimento, non v’è dubbio che questo sarebbe stato fatto in maniera ben più estesa), poi si riprovò nel 1982 che nel 1985 furono provate col prototipo T-10-24. I canard hanno richiesto l’ingrandimento delle LERX, cosa che può sembrare strana considerando la competizione tra le superfici di questo tipo e le LERX, che sono abbastanza simili per funzioni. Il problema è stato risolto usandole come supporto per le canard. Queste energizzano il flusso laminare sull’ala, così da prevenirne il distacco quando gli angoli d’attacco aumentano con le manovre più spinte. Questo aiuta a tenere sotto controllo l’aereo nelle manovre più critiche, non solo per questo effetto, ma anche perché ad alti AoA la portanza vorticosa (questo è il nome specifico del fenomeno) si trasferisce al le derive energizzandone il flusso d’aria e rendendo il timone più efficace. Inoltre, fatto di notevole rilievo, le alette canard del Su-30 non sono sotto o sopra l’ala, ma alla stessa altezza, solo distanziate brevemente. Con la sola parziale eccezione del Rafaele, questo non è quello che succede con gli altri aerei canard. In pratica, le canard del Su-30 possono considerarsi anche come slats ad elevata apertura e nell’insieme sono pensati realmente bene per servire l’ala e mantenere ridotta la resistenza. Il Su-30 arriva ad AoA eccezionali rimanendo controllabile, ma non solo, resta controllabile anche ad angoli tali da mandarlo in stallo. Questo è possibile anche per via del motore, il nuovo Al-31FP. Tutto l’aereo ha un controllo computerizzato con un sistema FBW che rende possibile il controllo di un aereo altrimenti instabile e aiuta il pilota a volare in sicurezza, per esempio limitando il fattore di carico delle manovre per non mandare in pezzi la struttura o farne perdere il controllo. La struttura, per l’appunto, è fatta in maniera prevalente in metalli. È difficile comprenderne la ragione, ma i sovietici prima e i russi poi hanno preferito alle materie sintetiche le leghe avanzate di metalli leggeri: leghe di alluminio, alluminio-litio e titanio sono la materia di costruzione del possente Flanker. Solo alcuni pannelli di rivestimenti esterno sono in compositi. Questo nondimeno non ha impedito al Flanker di ridurre il peso a vuoto a valori accettabili, mentre di certo l’attrito sul bordo d’attacco dell’ala non ha mai limitato, differentemente da quello che si è a lungo detto degli aerei occidentali, la velocità massima. I dati di volo sono elaborati dal FBW SDRU-10MK a quadruplice ridondanza, mentre la registrazione ed elaborazione dei dati di volo è compito del sistema integrato Karat B-30, sviluppato dai russi e da ditte occidentali. In tempi di informatica diffusa ovunque non stupirà che l’aereo ha un sistema MIL-STD 1553B che collega i vari sottosistemi, e che vede il Karat collegabile via terra con un portatile che riceve all’atterraggio tutti i dati di volo per migliorare quindi l’attività di manutenzione e prevenzione di sgradevoli ‘sorprese’.
I motori sono, come si diceva gli AL-31FP, con TBO aumentato di molto rispetto ai primi esemplari, da 300-500 ore a 1000. La versione con controllo spinta si avvale, diversamente dalle soluzioni occidentali, di un ugello ‘normale’, fisso (a parte i petali di apertura-chiusura per ottimizzare il flusso dei gas di scarico) montato su di un supporto mobile che provvede alle correzioni. Essendo i motori molto distanti, questo controllo sulle tre dimensioni ha la possibilità di funzionare molto bene. L’aumento di dimensioni e massa non è, nonostante il generale irrobustimento e il sistema TVC, non molto sensibile. Il peso è di circa 1580 kg, lungo 4,99 m, diametro 0,9 m con massimo di 1,18 m, rapporto bypass 0,6:1, rapporto spinta-peso di 8:1, di compressione 23-24:1, n. di stadi 4 (compressore bassa-pressione), 9 (a.pressione), 2 (turbina b.p.) e 1 (turbina al.p.). Il consumo, eccellente su tutta la gamma delle potenze è di 0,67 kg/kgs/h a potenza di crociera, 0,75 max military, 1,92 full AB. Un paragone si può fare con, per esempio, con l’F-110-229 che offre spinta simile e consumi di 0,74-2,05. La potenza è di circa 12.500 kgs, ma non è detto che per i motori non vi sia in realtà l’uso della tecnologia dell’AL-37FU, il che porta la spinta a circa 14,5 t, un valore realmente impressionante che consentirebbe un rapporto di potenza-peso di circa 1:1 anche in missioni aria-superficie.
I sistemi avionici sono stati quelli che hanno dato origine ai maggiori grattacapi e quelli da cui ci si aspettava di più, ma come spesso accade questa operatività è stentata a decollare. La suite messa a punto da indiani, russi, francesi, israeliani nell’ambito del programma ‘Vetrivale’ che iniziò dal 1997. Non c’è dubbio che i risultati sono notevoli, in ogni caso. Il radar, innanzitutto è il NO11M, che ha una antenna da 110 kg di tipo phased array, sviluppata come del resto tutto il radar, per il progetto MiG I.42 con il modello originale N014. è un sistema di grandi prestazioni per vari motivi: l’antenna ha un metro di diametro, il che significa un maggiore guadagno rispetto ad antenne più piccole, posta la tecnologia dello stesso livello. La capacità di operare con due frequenze diverse è inusitata, con la banda X (8-12 GHz) e L (1-2) il che rende possibile, per esempio, superare molte forme di ECM e scoprire, con le onde più lunghe aerei stealth, perché le soluzioni che questi presentano per far rimbalzare le onde corte o addirittura assorbirle, non funzionano altrettanto bene con le onde a più bassa frequenza e quindi più lunghe e meno ‘sensibili’ alla forma dell’oggetto colpito. La direzionalità del fascio elettronico doveva essere di 60 gradi in azimuth e elevazione, ma poi ci si è accorti che almeno inizialmente non era possibile superare, in pratica, i 40 così si è introdotto anche un sistema meccanico per aggiungere altri 30 gradi in azimuth per ottenere un adeguato campo visivo. La versatilità del fascio elettronico permette in ogni caso di rivettorare in meno di un millisecondo i vari mini-fasci su tutti i bersagli necessari da tenere sotto controllo, mentre le possibilità sono innumerevoli, come la TWS, MTI, scoperta di superficie, cartografico. La potenza di picco è di pochi kW, nondimeno è possibile scoprire un bersaglio aereo a 400 km, o se è un F-16 (magari pakistano..) 120-140 km. La potata su bersagli al suolo è di 200 km, contro un carri armato di 40-50 km un cacciatorpediniere sul mare di 150 km, una grande nave di 400 km. In pratica, volando a 9000 m il Su-30 può arrivare a vedere una petroliera o una portaerei fino all’orizzonte. L’aereo ha anche una funzione SAR, ma con prestazioni ridotte a 10 m di risoluzione, causa le scarse prestazioni del processore segnali radar Ts200, da sostituire con un sistema indiano PSP della LRDE che però al momento non è stato ancora consegnato. Cosa invero sorprendente anche per questo aereo, vi è un secondo radar, ma non altimetrico o di navigazione, ma un vero radar di scoperta,l’N012 nel grande cono di coda, ambiente certo non facile da gestire stando in mezzo ai due motori. Ha una portata di 60 km su bersagli di 3 m2 di RCS, e ovviamente serve come sistema d’allarme, si potrebbe dire come una sorta di..RWR attivo. I sensori sono presenti anche con l’IRST OLS-30M, un sistema TV BPK-TS-01MK e un laser. Il tutto totalmente integrato col sistema di tiro, con portata massima di 40 km contro un caccia posto frontalmente, o 90 km se di spalle. È possibile usarlo anche per attacchi al suolo e designazione laser. Inoltre vi sono sistemi ECM che naturalmente sono il meglio ottenibile: il Su-30 non ha una forma minimamente stealth, e non vola presumibilmente in supercruise. Si tratta di un sistema che vede gli israeliani impegnati in un ruolo centrale, ma l’RWR TRANQUILL è progettato dagli indiani. Vi sono anche sistemi di navigazione come il TOTEM 3000 della Sagem, un sistema INS/GPS, ma vi son anche altri numerosi sottosistemi, come l’Elara ASU-10-M-03 per la programmazione del volo con i waypoints, come sul Tornado, e capace di consentire anche il volo TFR automatico. Il computer di missione ha linguaggio ADA e permette al pilota e WSO la gestione dei sistemi. Il primo ha sia strumenti tradizionali sia 3 LCD Thales MFD 55 e HUD VEH-3000, mentre sono presenti pannelli per i dati da immettere manualmente e infine vi sono comandi HOTAS, ma come al solito, con la barra di comando al centro e manette a sinistra. Il WSO ha 3 monitor da 5 pollici e uno da 6. Vi sono anche caschi-designatori per entrambi i piloti. Il WSO è necessario per gestire la mole di compiti, specie in termini di attacco a lungo raggio, che altrimenti causerebbero gravi problemi ad un aereo monoposto. La missione di intercettazione a lungo raggio si avvale inoltre del data-link APD-518, quello dei MiG-31 e con una portata di 200 km. In questo modo 4 aerei possono controllare un fronte fino a 600 km e stavolta, differentemente dal MiG, se non vi sono missili a lungo raggio, in compenso vi sono schermi multifunzione per una migliore presentazione dei dati. La gestione armamenti è data da un sistema SUO-30P, che funziona sia con lo St-1553B (tipico dei velivoli NATO) e dallo Std-1760. L’AISV è un altro sottosistema particolare, che ha la funzione di raccogliere tutte le informazioni necessarie all’aereo, alla sua sicurezza, al controllo di volo etc. etc. Può persino trasformare l’aereo in un simulatore di volo, sia in aria che parcheggiato in una ‘economica’ missione svolta parcheggiato dentro un hangar. È costituito dal segmento per l’aereo BIAVS e quello a terra NIAVS.
Nell’insieme il Su-30 è una macchina ambiziosa e potente. Come aereo da dogfight ha molti pregi, e anche alcuni limiti: il fatto che gli abitacoli sono molto disassati fa sì che non vi sia buona visibilità posteriore, nemmeno per il WSO (un poco come nel caso del Phantom, se non peggio). Insomma, differentemente dai caccia monoposto Su-27 non vi sono tettucci realmente a goccia, cosa mitigata da generosi specchietti laterali, semplici e ragionevolmente efficaci sistemi di 'allerta'. A parte questo l’aereo ha una mole enorme, che lo rende molto visibile sia sul radar che visivamente, essendo oltretutto facilmente riconoscibile. Per eliminare parzialmente il problema ha una efficace e bella livrea da superiorità aerea a macchie grigie e azzurre, mentre le ECM dovrebbero aiutarlo a 'mascherarsi' all'osservazione dei radar. La traccia IR, con due motori molto potenti, è parimenti rilevante, aggravata dal fatto che l’aereo non ha, pare, capacità supercruise e quindi deve usare l'AB per il volo supersonico, va detto anche che i motori orientabili, con alto rapporto bypass, con le superfici di coda che li circondano, li rendono meno facili da agganciare di quanto si potrebbe pensare, anche se con i moderni sensori IR non vi è una grande differenza.
A parte questi problemi, il Su-30 ha anche dei vantaggi, come la formidabile avionica e l’eccezionale agilità: l’aereo è capace di volare ad un minimo di 75 kmh e di sparire alla vista di un radar doppler se necessario, una forma di stealthness 'indotta' dalla bassa segnatura Doppler. Sono in grado di virare quasi istantaneamente sul luogo, e hanno una formidabile capacità di carico bellico e di carburante. Il peso a vuoto è di 17 t (in origine era di circa 14), massimo di 34,5. La corsa al decollo è di circa 550 m, la velocità massima tra 1,2 e 2,3 mach, autonomia di 3000 km con il carburante interno ed eccesso di spinta specifica di oltre 200 ms. IL raggio d’azione è di circa 1500 km ma l’aereo può operare anche per 10 ore con rifornimento in volo, in ogni caso il carico di carburante arriva a 9640 kg, ma per missioni a medio raggio, magari in decollo su allarme si riduce normalmente a ‘soli’ 5270 kg, con un peso di 24,6 t tipico aria-aria, mentre l’armamento arriva a 10-12 missili AA-10, 11 e i nuovi 12 del tipo AMRAAM, ovvero a guida radar attiva con sensore AGAT e datalink per aggiornamento della traiettoria di volo. Un cannone da 30 mm GSH-301 ha una efficienza nel combattimento aereo notevole, mentre fino a 8 t di carico sono trasportabili sotto ali e fusoliera e ai punti d’aggangio alle estremità alari. Nell’insieme si tratta dell’aereo da combattimento più potente e versatile che gli indiani potevano realisticamente permettersi, capace di competere con l’F-15E e persino di superarlo in agilità e flessibilità operativa: per esempio, vi sono le predisposizioni per armi antinave di grande potenza come i missili antiradar –antinave Kh-31 (AS-17) da mach 1,7-3,5, e i nuovi Brhamos da 3 t aviolanciabili (notare bene, non vi sono invece i missili Moskit originariamente provati sui Su-27, forse perché solo un esemplare poteva essere alloggiato sotto la fusoliera).
La supermanovrabilità (non è un’esagerazione, ma la definizione delle manovre possibili anche dopo che l’aereo è caduto in stallo) è dibattuta: meglio lanciare un attacco ad alta velocità con i missili moderni e poi disimpegnarsi ad alta velocità o ‘fermarsi’ a duellare con strette virate, rischiando di essere colpiti da qualche missile ad alta manovrabilità (come quelli di ultima generazione: AIM-9X, R-73, IRIS-T, ASRAAM, Python 4 etc.)? Le ipotesi sono tante, ma nelle prove di duello aereo l’F-16 MATV ha dimostrato di poter affrontare e battere anche 2 aerei in rapida sequenza, per cui non si può certo criticare i russi se si sono impegnati sulla stessa via. In realtà quello che realmente conta nei duelli aerei, nella gran parte almeno, è quello che già Olswald Boelke conosceva nel 1917 con i suoi ‘7 comandamenti’: in particolare, sebbene di molti celebri duelli aerei prolungati si hanno racconti dettagliati, quello che non si conosce molto sono i ben meno appariscenti duelli aerei risolti nell’arco di secondi con un attacco rapido alle spalle dell’avversario: soprattutto con l’avvento dei missili che sono armi letali e a lunga gittata, la cosa fondamentale è conoscere la posizione dell’avversario prima che questo conosca la propria e approfittarne: la situation awarness. E in questo ambito i Su-30MKI, nonostante la mancanza di cure per la stealthness, sono certamente molto ben equipaggiati.
Ecco la storia definitiva, per così dire, dei Jaguar indiani. La loro storia è iniziata molti anni fa, ed è ancora ben lungi dal terminare. L'interesse indiano per questo aereo d'attacco a lungo raggio supersonico iniziò già nel 1966, e ora l'India e l'Oman sono rimasti gli unici utenti di questo apparecchio, velivolo congiuntamente sviluppato da Francia e GB, ma commercializzato solo da quest'ultima all'estero, con la designazione di Jaguar International. L'interesse tuttavia iniziò solo nel '75 a dare frutti concreti, con una trattativa per 50 aerei, solo che l'India non aveva modo di comprarli ad un ritmo adeguato, e la questione finì in un vicolo cieco, fino al 1978 quando le finanze indiane permisero di affrontare un programma per ben 200 Jaguar, chiamati Shamsher, di cui 160 da costruirsi su licenza. Stavolta la cosa andò in porto e addirittura la RAF 'affittò' 16 Jaguar GR Mk1 (I) che stava per 'Interim', e 2 T Mk. 1 per coprire il tempo tra l'ordine e le consegne. Arrivarono nel 1979-80 ed equipaggiarono il No.14 'Bulls' di Ambala, dichiarato operativo nel settembre 1980. L'anno dopo arrivarono i nuovi Jaguar, di tipo simile a quello RAF, consegne completate in fretta tanto da finire nel novembre del 1982.
Il primo Shamsher totalmente 'indiano' era quello Phase 3, montato dalla HAL con kit inglesi. Volò per la prima volta il 31 marzo 1982, a Bengalore. In che si differenziava da quelli RAF? Essenzialmente nel fatto che aveva il sistema d'arma NAVWASS, Navigation and Weapon Aiming Sub-System originario rimpiazzato dal più moderno DARIN, Display Attack and Inertial Navigation: questo comprendeva un HUD grandangolare (caso davvero raro per l'epoca, era già tanto avere un HUD all'epoca) della GEC Avionics, il Type 1301; mappa mobile di tipo digitale GEC-Ferranti Comed 2045; sistema INS Sagem Ulis 82; telemetro laser e ricevitore LRMTS. Come se tutto questo non fosse già un notevolissimo passo in avanti vi era un databus Mil Std 1553B, come nel caso degli F-16, per mettere in comunicazione tutti i sottosistemi. I motori erano gli RT.172-58 Adour Mk.811 da ben 3.810 kgs con postbruciatore, notevolmente più potente di quelli originali, anche per via delle esigenze di operare in condizioni di atmosfera rarefatta e calda. Questi aerei divennero operativi solo nel 1985, e il programma prevedeva poi altre 56 macchine Phase 4, interamente prodotti in India dal 1988. Finalmente i tempi lunghissimi degli indiani nel campo dei programmi militari erano riusciti a concretizzare un risultato. Ma non nei modi previsti: ne vennero prodotti solo 24 del tipo IS e 8 IM, questi ultimi estremamente interessanti. La loro dotazione avionica era diversa, comprendendo un radar Agave francese, apparato leggero che consentiva una capacità operativa ognitempo, sia in modalità aria-aria che aria-superficie. Ma la loro funzione precisa era la scoperta e l'attacco di navi. Solo che a differenza del S.Etendard il Jaguar aveva, come missili antinave, i Sea Eagle inglesi, con portata di 105 km anziché gli AM.39 con motore a razzo di 50-70 km di portata. Erano un contrappeso rispetto ai Mirage 5 pakistani, con lo stesso radar leggero (48 kg appena) ma con missili Exocet.
Il primo volo degli IM avvenne nel 1985 e di questa potente ma poco conosciuta versione ne sarebbero stati prodotti solo una manciata, con tempi di consegna lunghissimi, fino al 1993. Tutti gli aerei vennero mandati in forza al No.6 'Dragons' di Poona.
Non bastando questi apparecchi per le esigenze della IAF, questa ordinò altri 15 aerei Phase 5, consegnati nel 1999. Nel frattempo venne autorizzata la compera di altri 17 aerei, Jaguar IT biposto con compiti operativi (da 'mini-Tornado'), con sistema DARIN II, nuovo HUD, schermi multifunzione. Le consegne sono arrivate nel XXI secolo, terminando addirittura il 15 luglio 2005.
È incredibile, ma il 31 marzo 2006, dopo ben 40 anni dall'origine dell'interesse per il Jaguar, a 31 dall'inizio di trattative concrete, a 27 dall'inizio delle consegne, sono stati ordinati altri 20 monoposto con altri aggiornamenti tipo un'avionica di terza generazione con un nuovo sistema LRMTS, sistema ECM israeliano dell'Elta, radar passivo indiano.
La cosa non era finita qui, perché a questo punto sono stati fatti studi per aggiornare questi utili apparecchi, specie per il loro lungo raggio d'azione e per la sicurezza di funzionamento, che ha coinvolto la Elta e la Sextant Avionique. I miglioramenti prevedono un HUD (per quanto possa sembrare strano, di tipo maggiormente 'grandangolare'), schermi multifunzione di terza generazione, e altri aggiornamenti, mentre l'installazione del radar EL/M-2032 è stato lasciato perdere per motivi di costi, per rendere possibile l'aggiornamento di un maggior numero di aerei.
Nel frattempo, i Jaguar hanno prestato un onesto servizio con la IAF. Mentre la Francia, Gran Bretagna, Ecuador hanno posto fuori servizio i loro cacciabombardieri, in India la produzione si stava ancora trascinando, con piccoli lotti, dopo oltre 20 anni di produzione. In servizio i Jaguar hanno accusato poche perdite: sorprendentemente solo 28 in 29 anni di servizio, meno che nel caso della RAF e dell'A de l'A, eppure la IAF non ha certo la fama di un'aeronautica a basso rateo di incidenti.
Come i caccia inglesi, i Jaguar indiani fronteggiano la scarsa capacità di carico delle loro piccole ali con i missili sistemati sopra il dorso alare, molto tipico di questi apparecchi. In questo caso, tuttavia, sono gli R.550 Magic, dato che i Sidewinder non sono in uso in India. La mimetica, inizialmente di tipo verdognolo-grigio medio a strisce, è diventata di recente 'a bassa visibilità' in grigio uniforme medio, a parte i visibilissimi contrassegni nazionali tricolori, tra cui una bandiera rettangolare nella coda. I Jaguar del tipo IM con radar sono con striature in grigio chiaro e blu medio per meglio mimetizzarsi con il mare.
Comunque, è difficile credere che la cifra complessiva di perdite sia reale. Se non altro perché se il totale è di 28 aerei persi in 29 anni di servizio, è anche vero che nel solo periodo 1993-95, in 3 anni, ben 24 Jaguar/Shamsher sono andati persi su un totale di 77 apparecchi distrutti in incidenti. Era un periodo particolarmente nero per la IAF, che nel periodo 1990-2000 ha subito 187 perdite operative. Ma è difficile davvero che, se in 3 anni e mezzo circa, 24 Jaguar siano andati persi, nei rimanenti 26 anni solo altri 4 apparecchi siano andati persi: ovvero da 8 aerei all'anno, ad una media di circa 1 all'anno in generale, alla perdita di appena 0,16 aerei (uno ogni oltre 6 anni) per gli altri anni. Difficile a credersi, per cui vi dev'essere qualche dato sballato. Per esempio, potrebbe essere che il totale perso sia maggiore, oppure che la cifra di 24 aerei sia relativa a tutte le perdite fino al 1996 incluso. Differentemente lo scarto dalla media delle perdite appare davvero troppo alto. Eppure le perdite operative non sono state ridotte in maniera significativa: se in 3 anni sono andati distrutti 77 aerei, nei primi 8 mesi del '96 ne sono andati perduti altri 18, 89 nel resto del decennio 1990-2000, nei primi 11 mesi del 2002 altri 22, e così via. Chiaramente le perdite hanno continuato ad essere molto pesanti, per cui o quelle dei Jaguar erano relative fino al 1996, o non ci sarebbe alcuna ragione per la perdita di 24 Jaguar in 3 anni e 8 mesi (su di un totale di 98 perdite ovvero circa il 24%), e per il resto del decennio, su 89 perdite, più quelli persi negli anni '80 e quelli distrutti in 7 anni del XXI secolo, solo altri 4 sarebbero stati Jaguar, pari a forse l'1-2% del totale, differenza troppo grande per non suscitare il dubbio che questi dati non siano precisi o non siano completi.
Quanto agli Il-76 indiani, essi sono un 'asset' fondamentale per questa potente forza aerea, che fatica non poco a diventare una struttura più piccola ma maggiormente basata sulla qualità. A maggior ragione, perché di recente sono arrivati, dopo innumerevoli peripezie, anche in versione 'picchetto-radar', i cosiddetti AWACS. In attesa dei risultati come quello relativo ai 126 nuovi caccia, il principale aereo tattico sta diventando il Su-30, mentre seguono a ruota il Mirage 2000, MiG-29, Jaguar e MiG-27, con il MiG-21 a chiudere la serie. Per migliorare la sua capacità operativa, l'IAF ha comprato nel 2003 sei Il-78MKI 'Midas', capaci aerocisterne. Poi è stata la volta dei suddetti AWACS, ordinati in tre esemplari. Questi sono esternamente analoghi agli A-50 dei russi, ma in realtà sono molto diversi internamente. Anzitutto, hanno motori PS-90, più moderni ed efficienti; e poi, cosa ancora più importante, è presente un sistema radar israeliano, il Phalcon, che già i Cileni usano sui Boeing 707. Questo radar però non è qui in posizione 'conforme' con antenne letteralmente attaccate alla fusoliera del velivolo, come si vedrà. La scelta degli israeliani della Israel Aerospace Industries, già fornitori del radar anti-missili 'Green Pine', si spiega con i rapporti ad alto livello con le loro industrie; con il fatto che, nel 2000, il programma AWACS non avrebbe potuto ottenere l'autorizzazione da parte americana; e dai problemi di fornitura con i russi. Quello che si temeva era che l'amministrazione americana volesse piuttosto bloccare la vendita del sistema israeliano. Nel gennaio 2004 l'India e Russia firmarono per tre A-50EI con un costo totale di 1,5 mld di dollari, dei quali ben 1,1 per gli israeliani (vedete dunque quale è la percentuale del valore di un aereo altamente 'elettronizzato' dedicata al solo sistema avionico: circa 3:1!); il radar è stato integrato dalla IAI, nella forma dell'ELta EL/M-2075, un AESA, ovvero con dipoli a schiera in fase 'attiviti', in banda L. Già operativo su aerei cileni e sui più piccoli G550 Gulfstream ora usati da Israele, che oramai ha abbandonato gli E-2C, storici combattenti con la stella di Davide. Ma il radome è rimasto, cosa piuttosto strana a vedersi. In realtà, questo radome non è mobile, ma fisso. Dentro vi sono tre antenne a schiera che nell'insieme coprono tutto il settore dei 360 gradi, senza alcuna panalizzazione dell'aereo, la cui fusoliera resta del tutto uguale. Certo che il rotodome influenza non proprio positivamente le prestazioni di un aereo, specie considerando che è non solo molto grande (oltre 9 m), ma anche molto spesso, con influenze negative anche nel rifornimento in volo. Ma se non altro è possibile schermare più facilmente la cabina dalle potenti radiazioni elettromagnetiche e di tenerle lontane dal resto degli altri sistemi di bordo. Sarebbe possibile tracciare, con questo sistema, tra 60 e 100 bersagli in simultanea, su raggio di 350-400 km. Niente di eccezionale, tutto sommato; è possibile espletare anche ruoli SIGINT e di pattugliamento in superficie (ci riusciva decenni fa anche il più piccolo E-2, del resto); vi è un ssitema ESM/ELINT e un apparato di comunicazione CSM/COMINT, e il tutto è altamente integrato con un computer di missione per correlare tutti i dati tra di loro; a bordo vi sono 10 stazioni di lavoro con altrettante consolle, dotate di schermi da 20 pollici. Nel 2009 sono finalmente giunti gli A-50, grazie anche al fatto che la Cina aveva già scelto questo sistema, poi abbandonato in fase di sviluppo per le difficoltà poste dagli americani sul governo israeliano, dato che poi quest'ultimo avrebbe a quel punto contribuito a rinforzare la repubblica cinese contro gli 'ammutinati' di Taiwan, all'epoca sottoposta a forti tensioni. I Cinesi poi dovettero rimettere in conto il radar Schnel-M per i propri AWACS. Quanto alle consegne, la TAPO uzbeka, responsabile della trasformazione degli Il-76, non è riuscita a rispettare le date del novembre 2007 e così il primo A-50EI è entrato in servizio solo il 18 maggio 2009. Tutti gli A-50 saranno impiegati nello squadron 50, neocostituito e destinato ad operare ad Agra, assieme ai Midas e ad alcuni Il-76. L'autonomia, grazie anche ai motori PS-90, è ora di 7.000 km e questo consente di coprire i confini terrestri dell'India. Tuttavia, difficilmente più di due aerei saranno mediamente disponibili, tanto che nel 2008 si pensava giustamente di comprarne altri tre, da consegnarsi tra il 2011 e il 2012; ma i russi non si sono dimostrati particolarmente affidabili nei tempi di consegna e nell'assistenza post-vendita, per cui l'India, malgrado la storica collaborazione (la cosa stupisce anche considerando che l'industria russa 'tira' in pratica solo sulle risorse naturali e sui prodotti militari, ma evidentemente i tempi dell'URSS e della sua capacità di realizzare strumenti bellici credibili sono passati, l'attuale Russia, per quanto più evoluta tecnologicamente, continua a non assicurare un'afficabilità a tutta prova, nemmeno nei programmi missilistici strategici, come dimostrano recenti fallimenti). Tanto che l'India, di recente, ha deciso che i sostituti dei vari Il-38 e Tu-142 saranno otto Boeing P-8I, ordinati nel gennaio 2009.
Con 3 A-50 (che portano finalmente l’IAF nell’era della ‘guerra networkcentrica’, grazie alla loro capacità di scambiare dati con i centri di terra), sei Il-78 e 24 Il-76MD da trasporto, la IAF è una delle più affezionate utenti del possente ‘Candid’, e a ragione, data l’affidabilità e la capacità complessiva di cui questo quadrireattore si è dimostrato capace.