Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Iraq-Iran

Indice del libro

Come di tanti conflitti, anche della guerra Irak-Iran o della Prima guerra del Golfo (in termini storici, anche se poi il termine è stato scippato nel 1991 dai mass-media per descrivere Desert Storm) si sa di quando sono cominciate in grande stile le operazioni militari, ma molto meno di quando cominciò la tensione che sfociò nell'invasione irakena. Sebbene gli Iraniani considerino giustamente la data d'inizio come il 22 settembre, in realtà gli Irakeni sono ancora più nel giusto parlando del 4 settembre. Quella mattina, i villaggi di frontiera irakeni ebbero una tremenda grandinata di colpi da parte dei semoventi M107 da 175 mm. Erano Khanquin, Mendeli, Naft Khana e Zurbatiyan, sulla direttrice che, in meno di 160 km, portava direttamente a Baghdad. Da allora gli scontri ebbero un crescendo tutt'altro che trascurabile come mezzi e come effetti, con battaglie a terra e aeree. Ma prima ancora vi erano stati problemi. Tornando indietro nel tempo, nel 1937 la maggiore estensione dei campi petroliferi dello Shatt-al Arab, ovvero la zona dove i fiumi Tigri ed Eufrate confluiscono, venne assegnata in massima parte all'Irak. Ma nel '69 il sempre più potente regime della Persia imperiale dello Sha denonciò il trattato. Visto che gli Irakeni erano più deboli, e alle prese sia con la ribellione kurda e in contrasto con i Siriani per una vertenza sulle acque del fiume Eufrate, impose un nuovo trattato firmato nel 1975 ad Algeri. Così, aumentando a circa la metà la demarcazione della zona, si annessero le isolette di Majinoom lasciando agli Irakeni il porto di Umm Qar e la penisola di Al-Faw: era tutto qui il suo sbocco al mare, alla portata delle artiglierie iraniane anche senza disturbare l'aviazione. Ma al regime iraniano ancora non bastava, non almeno a quello rivoluzionario. Tanto che dal solo giugno 1979 la pur falcidiata aviazione iraniana aveva violato, secondo gli irakeni, 249 volte il suo spazio aereo, mentre sulla frontiera era un continuo scontro con 244 incidenti di confine. Nel frattempo S.Hussein, dal '68 capo del partito Baath, il 15 luglio 1979 divenne presidente a scapito dell'anziano e debole Hassan al Bakr. Saddam era già l'artefice del (necessario, data la situazione) riarmo irakeno, ma al dunque, a parte la Giordania, Baghdad non aveva praticamente amici, nemmeno la Siria con cui aveva combattuto assieme contro Israele appena fino a qualche anno prima.

Ora che lo Sha se n'era andato in esilio il 15 gennaio e che le Forze armate iraniane risultavano indebolite dalle politiche del clero, che prese presto le redini della situazione visto che i rivoluzionari, per quanto numerosi e di grande volontà, non avevano altre organizzazioni forti alle loro spalle (infatti lo Shah aveva oppresso ogni forza politica non riuscendo ad imporsi solo contro il clero).

L'Irak si stava riarmando con l'URSS dal '72 e dal '76 stava trattando con l'Europa, e come capo delle forze armate ebbe l'allora 43 enne Gen al-Khazraji, che era una persona di fiducia di Hussein, cosa che da un lato non dava certo una sicurezza nella professionalità dello svolgimento della sua funzione (durata fino al 1991) ma dall'altro aiutava molto ad assicurare che le F.A. irakene non ordissero qualche altro colpo di stato o rivolta contro il potere politico, come è purtroppo nella tradizione della regione. Così si arrivò alla crescente tensione sui confini, che lasciava temere agli Irakeni, e non senza ragioni, di rischiare un'offensiva nemica che se attuata per primi, avrebbe potuto annientarne le meno forti forze armate. Per quanto ci si sarebbe limitati 'solo' agli scontri di fontine? L'Iran aveva già quello che voleva, mentre l'Irak, con un accesso al mare pressoché inesistente, stretto tra l'Iran e l'alquanto artificioso stato del Kuwait (altra conseguenza delle spartizioni post-colonialiste, del resto per capire con quale sensibilità vennero fatte basta vedere che confini rettilinei sono stati tracciati per le nazioni della regione, fonte sicura di problemi sul campo. Alla fine si decise di agire: se l'influenza degli Sciiti iraniani avesse aumentato la sua presa, la parte meridionale dell'Irak avrebbe potuto insorgere. Del resto i Sunniti sono solo il 20% della popolazione e nondimeno controllavano lo Stato e le sue forze armate, mentre per il resto c'erano un 20% di Kurdi, trattati più o meno come guerriglieri ostili, e il 60% di Sciiti a Sud, certamente influenzati dal regime di Khomeini, ch'era appunto basato sull'islam sciita. Solo il fatto che gli Iraniani non sono arabi rendeva le cose più difficili, ma per quanto ancora? Così si passò all'azione, giusto come del resto fece Israele nel '67 contro i suoi vicini Arabi, che avrebbero certamente vinto in una guerra d'attrito ma che furono neutralizzati in pochi giorni di combattimenti ad altissima intensità.


Premessa: Sostiene Tom Cooper

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Quello che sta per essere raccontato è in larga misura frutto delle pubblicazioni di un giovane autore (classe 1970), tale Tom Cooper, già citato in altre parti del libro. Qui è meglio aprire una parentesi per spiegare meglio la questione, perché ne vale decisamente la pena.

Autore di numerosi articoli e libri, nonché detentore del sito ACIG, ben noto a molti appassionati del settore e che si occupa di guerre dopo il 1945, dove sono anche gli articoli originali in lingua inglese da cui queste informazioni sono tratte (nel settore 'Medio Oriente'). È necessario parlare di questo, perché non c'è dubbio che chi si occupi di aviazione militare, ma non sappia delle ricerche di questo giornalista freelance di Vienna, non potrà non essere sorpreso dai molti dettagli -alle volte fondamentali- che vengono fuori dai suoi scritti. Lui stesso è una figura atipica, essendo il suo Paese, dopo il 1918, rimasto praticamente senza un'aviazione (Tom Cooper è il suo nome 'inglesizzato'). Nondimeno, spinto dall'interesse per i possenti Phantom iraniani (che vide per la prima volta in una cartolina riportatagli da suo nonno, in ciò accomunato allo scrivente, che invece se ne comprò un modellino in scala 1:48, dipingendolo poi a strisce rosse e nere perché non avendo altri colori disponibili), da oltre 15 anni svolge ricerche che l'hanno portato a viaggiare in Medio Oriente, dove ha trovato molti protagonisti della guerra del 1980-88. Con Farzad Bishop e altri iraniani ha anche scritto libri sui Tomcat e Phantom, nonché sulla guerra aerea tout-court. In seguito ha allargato la sua indagine anche all'Africa, altra terra ben poco documentata nei suoi pur non trascurabili conflitti (solo tenendo conto quelli 'convenzionali' e non i massacri intertecnici). Tra l'altro, nei suoi studi ha generalmente teso a 'smontare' i dati assunti come verità assolute, tendendo a bilanciare i successi di una parte a scapito di un'altra. Per esempio, secondo le sue ricerche, non due o tre, ma fino a una quarantina di aerei israeliani, ai tempi del Kippur, sono stati in realtà abbattuti dai MiG arabi, cosa che non ribalta ma certo sminuisce il rateo di 100:1 dichiarato ufficialmente (e che, in effetti, ha poche ragioni di esistere visto che nel '56 gli arabi, pur se molto meno preparati, vennero sconfitti 7:1 e nel '67, per quanto sorpresi al suolo, se la cavarono con un 5:1, mentre nel '73 erano giunti al massimo della 'forma' tecnica e tattica). Anche per questo, le sue indagini, assolutamente indifferenti a concetti ideologici (tanto che è finito per essere un 'filo-arabo' dal punto di vista di molti detrattori filo-americani e israeliani), hanno subito molte critiche e altrettanto scetticismo.

Ora, le conclusi di Cooper possono e forse devono sorprendere, in particolare quelle sulla I Guerra del Golfo (che lui ricorda, giustamente, essere quella del 1980-88). Fino a letteralmente qualche anno fa, si riportava ancora l'elenco delle vittorie note dei Tomcat iraniani: circa 6-8. Alcune fonti sostenevano che esse erano dovute per lo più ai missili AIM-54, altre che questi vennero sabotati dopo la Rivoluzione. Joe Baugher si è azzardato a dire, nel suo sito, che le vittorie sarebbero oltre 30-40. Cooper, soprattutto nel primo lustro di questo decennio, a furia di ricercare, è arrivato a non meno di 140 vittorie registrate a favore dei Tomcat. I cui missili Phoenix non erano affatto 'sabotati'(uno dei pochissimi aerei disertori iraniani nel 1986 atterrò in Irak con un missile di questo tipo a bordo), ma anzi micidialmente funzionanti. Così, da una carriera grigia, illuminata da appena 5 vittorie con i colori americani, il Tomcat, sulla carta il più potente dei 'Teen-fighters', anche in pratica è risultato il migliore, superando le vittorie degli altri suoi caccia coevi, forse addirittura tutte le loro vittorie messe insieme (ovvero circa 90 per gli F-15, 60 per gli F-16, 2 per gli F-18). Questo era un fatto negato tenacemente negli anni '80 e ignorato nel decennio successivo. Persino i Tomcat americani delle portaerei operanti nel Golfo durante gli anni '80 erano armati, come del resto quelli vicino alla Libia, solo Sparrow e Sidewinder, nella convinzione che i 'boogies' iraniani non avessero di meglio, ma trovandosi inconsapevolmente in una posizione di grave svantaggio. In sostanza, la guerra è stata un successo finale, tutto sommato, irakeno; ma prima di diventare un carnaio in stile 'Carso', con i Bashji mandati a morire a migliaia contro gli oramai sempre più esperti irakeni, gli iraniani fermarono l'avanzata delle truppe corazzate nemiche in campo aperto e usarono largamente l'aviazione e le truppe corazzate per colpire duro. Tuttavia, di questa guerra non si è saputo quasi niente e solo con gli studi di Cooper molte cose sono state disvelate, cose che per come erano raccontate fin'allora non è che fossero poco credibili, ma persino illogiche (come il discorso sui Phoenix, ancora oggi in servizio).

Ora, lo scrivente non crede necessariamente nell'assoluta correttezza e verità esposta da Cooper e su molti aspetti è in realtà piuttosto in disaccordo. Ma non è a conoscenza di altri studi anche solo vagamente approfonditi quanto i suoi, né si può ignorare che Cooper, tramite il suo forum Acig, non ha esitato a rispondere e a controbattere a tutti coloro che abbiano messo in dubbio le sue affermazioni, esponendo in genere fatti e dati concreti prima di tirare le sue conclusioni. La sua idea è che attorno alla guerra in questione, sia esistita una coerente 'congiura del silenzio'. Mentre gli USA erano impegnati a magnificare le doti del loro F-14 (in realtà non più in vendita) con 'Top Gun' (film di propaganda che attirò moltissimi nuovi aspiranti piloti nella Marina), erano tutt'altro che fieri di come nella realtà, i loro possenti caccia fossero in mano agli iraniani e facessero per l'appunto quanto e più (i lanci a lungo raggio dei missili) di quello pilotato da T.Cruise/Maverick. Francesi e Sovietici non erano parimenti troppo contenti di far sapere dei danni che ne subivano da tale azione i loro aerei (nel caso dei secondi, talvolta anche i loro piloti). L'USAF a sua volta non era interessata a far sapere le capacità dell'aviazione iraniana, visto che si sarebbero inevitabilmente un po' messi in ombra gli F-15 e 16, già 'star' della guerra del 1982. Il tutto fu quietamente lasciato nel silenzio, pur accadendo in un punto focale del mondo come il Golfo Persico, tra due potenze petrolifere.

La sua ricerca, a lungo tenuta 'fuori', sta ora affacciandosi alla 'grande conoscenza'. Per esempio in wikipedia.en si sono cominciati a tenere in conto le sue affermazioni. Ora, con la pubblicazione dell'articolo sulla prestigiosa RiD (che si autodefinisce senza contestazioni la migliore rivista italiana del settore), di un lungo e dettagliato articolo, in cui si riportano per larga misura (quasi in 'carta-carbone') proprio i dati e i fatti esposti anni prima da Cooper, le sue verità scomode sembrano finalmente accettate. Anche se non in maniera ufficiale, visto che, purtroppo, come spesso accade, negli articoli specializzati si ha la scorretta attitudine di non fornire al lettore una bibliografia delle fonti usate.


Gli opposti schieramenti[1]

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Dopo che la situazione era degenerata e priva di sbocchi politici, gli irakeni attaccarono in grande stile, sperando in una rapida vittoria. Erano le 14 del 22 settembre 1980, e i primi ad entrare oltreconfine furono i T-62 della 6a Divisione corazzata.

L'ordine di battaglia dell'epoca era, per gli Irakeni, il seguente:

I Corpo d'Armata(zona di Rawanduz-Marivan) - 1a Divisione fanteria - 4a Divisione fanteria (o meccanizzata?) - 11a Divisione fanteria

II Corpo d'Armata (Qassre-Shirin, Ilam-Mehran) - 7a Divisione meccanizzata - 2a Divisione fanteria - 8a Divisione fanteria

IV Corpo d'Armata (HQ al-Kut, tra Mehran e Dezful) - 9a Divisione corazzata (brigate corazzate 35a e 43a) - 10a Divisione corazzata (17a e 42a)

III Corpo d'Armata (HQ al-Qurnah, tra Dezful e Abadan) - 3a Divisione corazzata (6a e 12a corazzate, 8a meccanizzata) - 6a Divisione corazzata - 12a Divisione corazzata (in riserva) - 1a Divisione meccanizzata (43a carri e 1 e 17a meccanizzate) - 5a Divisione meccanizzata (26a carri e 15a e 20a meccanizzate) - 32a Divisione fanteria - 33a Divisione fanteria -12a brigata corazzata -31a e 44a brigate forze speciali (su 3 btg)

Un totale di forze impressionante, circa 15 divisioni di cui 5 corazzate, 3 meccanizzate, e 7 fanteria (motorizzata).

Questa armata era equipaggiata con materiali sovietici, ma organizzata in maniera non dissimile da quella britannica. Le divisioni corazzate avevano due brigate corazzate su T-62, più una meccanizzata su BMP-1 e una d'artiglieria con sistemi semoventi. Almeno questo sulla carta, dato che i T-62 probabilmente non bastavano per tutte le unità, che in tutto ne avrebbero ricevuto, ma non subito, un totale di circa 1.600 unità, mentre un primo carico di T-72 era ancora in viaggio, ma venne sottoposto ad immediato embargo per lo scoppio della guerra. Quelle meccanizzate erano divisioni con una brigata su T-54 e 55, una meccanizzata su BTR-50, BTR-60 e OT-64 (i migliori APC del Patto di Varsavia, per molti aspetti superiori ai BTR sovietici), una d'artiglieria e vari elementi di supporto, tra cui, come anche nelle unità corazzate, un reggimento contraerei su S-6, SA-9 e ZSU, in seguito integrati dagli efficienti SA-13. Pare che tutte le brigate avessero circa 150 carri di forza per le unità corazzate e 200 per quelle meccanizzate.

L'aviazione dell'esercito o IrAAC era su due stormi compositi di combattimento e trasporto, il 1 e il 2°. In tutto c'erano 8 squadroni su diverse squadriglie l'uno, con vari tipi di mezzi nella stessa unità, come i Gazelle, Alouette III e Mi-8, poi anche Mi-25. Il 4° squadrone d'addestramento e operazioni speciali aveva i 17 Mi-25 Hind disponibili all'inizio delle operazioni. Un'altra unità, il 3°, aveva pochi Wessex HU.Mk.52. Base principale: al-Taji.

Presto gli elicotteri Mi-25 avrebbero avuto armi chimiche e una coppia pronta per lanciare queste bombe 'speciali' in zone come Samara, Baiji e Falluja. Altri due Mi-25 erano a guardia del Palazzo presidenziale a Baghdad contro i soliti tentativi di golpe. Anche i piccoli Bo-105 sarebbero stati poi dotati di sistemi di spargimento di sostanze chimiche. Per la sua importanza, l'aviazione dell'esercito irakeno era di fatto sotto il controllo diretto di S.Houssein. Solo gli elicotteri VIP (SA-342 e Mi-8) e i 16 Super Frelon antinave erano sotto il controllo dell'aviazione.


IrAF/Support Command: Kirkuk, stormo d'attacco:

  • 1, 5 e 44th Sqn su Su-20 e 22
  • 17° Sqn su MiG-21MF

Firnas:

  • 11° Sqn su MiG-21MF

Qayyarah:

  • 63° Sqn su MiG-23MLA (in formazione)
  • 79 e 92° su Mirage F.1 (in formazione)

4° Stormo aereo composito:

  • 1st Bomber and Reconnaissance Sqn, MiG-25RB, Shoibiyah
  • 7th Sqn, Tu-22B/U, H-3/al-Walid AB
  • 8th Sqn, Tu-16/Tu-16K-11-16, Habbaniyah/Tahmouz e al-Taqaddum
  • pochi Il-28s in riserva

Stormo caccia e ricognizione:

  • 2nd Sqn, Hunter F.Mk.59B, Mawsil/Qayyarah AB
  • 4th Sqn, Hunter FR.Mk.10 e F.Mk.59/59A, Kirkuk/al-Huriya AB
  • 702nd Sqn (OCU), Hunter F.Mk.59A/59B, Mawsil/Qayyarah AB
  • 84°(recce) e 96° Sqn su MiG-25R e P

Baghdad/Rashid:

  • 39° Sqn con MiG-23MS
  • 9° Sqn su MiG-21PF
  • 11° Sqn su MiG-21bis
  • 70° Sqn su MiG-21RF

Al-Walid/H-3: Vari aerei degli sqn 84 e 96

Al-Kut:

  • un gruppo di Su-7MK
  • 23° Sqn su MiG-23BN

Tallil, Nassyriah:

  • 73° e 77° Sqn su MiG-23BN

Al-Widha:

  • un gruppo di MiG-21MF
  • 109° Sqn su Su-22M e la VVS con circa 44 aerei tra MiG-21, 23 e 25.

IrAF/Training Command Air Force Academy, Tikrit Addestramento basico - 1st Flying School, A.202A Bravo - 2nd Flying School, A.202A Bravo - 3rd Flying School, Mi-2, Mi-4, SA.342 Gazelle

Addestramento primario (partially conducted from al-Rashid AB) - 4th Flying School, L-29 - 5th Flying School, L-29

Addestramento armi - 6th Flying School, PC-7 - 7th Flying School, Jet Provost T.52, al-Rashid AB

IrAF/Transport Command Brigata trasporti - 31st Sqn/A Flight, Il-76MD, Baghdad/Saddam International - 31st Sqn/B Flight, An-12B, al-Rashid AB - 32nd Sqn/A Flight, An-2

I trasporti aerei, eccetto gli An-12, erano ufficialmente civili, con le insegne della Irak Airways.

120 siti di lancio per SA-2 e 3, più 4 batterie di Roland-2 in consegna; e i cannoni di oltre 57 mm.

A questo c'era da aggiuntere il contingente sovietico con 24 MiG-25 essenzialmente da ricognizione, 12 MiG-21 e 8 MiG-23MLA, questi ultimi ebbero, pare, 4 perdite il 29 settembre contro un F-14 e altri due persi nel 1981, tanto che la squadriglia venne ritirata. Vari MiG-25 vennero invece colpiti nell'attacco alla base H-3 del 4 aprile del 1981.


In tutto, ad agosto 1980 c'erano in servizio 212.000 militari con 2.000 carri, 1.000 artiglierie campali, 370 aerei e 230 elicotteri vari, più la piccola marina dal ruolo e capacità sostanzialmente irrilevanti, ma pur sempre equipaggiata con una fregata yugoslavia del 1978 per addestramento, due squadriglie unità missilistiche 'Osa' con 12 navi, 3 unità ASW, 20 vedette, 3 unità anfibie 'Polnocny' e 5 dragamine litoranei. Con l'aggiunta di una squadriglia di Super Frelon GV e reparti di incursori anfibi, era tutto quello che c'era, mentre le basi erano Bassora e Umm Qasr. Poco, ma con 58 km di costa, pari a 4 minuti di volo per un caccia tattico, era davvero difficile fare di meglio. Eppure ci si provò ugualmente, con l'ordine per le fregate tipo 'Lupo' e le corvette da combattimento, più la nave rifornitrice per un totale di 11 unità ordinate in Italia, più un bacino galleggiante, per il costo di 1.500 miliardi dell'epoca. L'Italia ebbe così un contratto di grande valore, e venne scelta con ogni probabilità perché già in grado di garantire una rapida consegna e una gamma di motori, sensori, armi di fornitura nazionale (non necessariamente di progettazione) che la rendevano un partner più facile con cui trattare. Nello stesso periodo, una delegazione argentina visitò la Fincantieri, per trattare la fornitura non delle 'Lupo', ma delle più moderne 'Maestrale' (destinate a non avere nessun successo commerciale) con lo stato a cui l'Argentina tendeva maggiormente nei suoi legami esteri (vista l'origine di molta della sua popolazione). Tuttavia gli scioperi e le manifestazioni contro il regime argentino spinsero a scegliere piuttosto la Germania, che fornirà -analogamente all'Italia per l'Irak- 4 fregate e 6 corvette della serie MEKO, armate con gli stessi sistemi delle navi italiane (eccetto che per i missili, a quanto pare gli OTOMAT non convinsero gli Argentini o forse volevano differenziare i fornitori) e con sensori quasi tutti olandesi. Se i cantieri tedeschi non fecero resistenza alle richieste di quello ch'era all'epoca un brutale regime di destra, tuttavia gli Italiani non pare ebbero obiezioni ad accettare la commessa di un altro regime, quello di Saddam, che già all'epoca non era esattamente un modello di democrazia. Per poi trattenere, con un'apposita legge che si proponeva di cessare le forniture di armi a Paesi in guerra, quella stessa flotta, rapidamente costruita, bloccata in patria (la cui sorte finale, con la rivendita di una parte a carissimo prezzo -2.500 mld- per la MM e a buone condizioni per la Malaysia dell'altra, sarà una vera 'telenovela', durata fino alla metà degli anni '90).


Quanto agli Iraniani, la loro forza militare era fortemente sminuita ma ancora di notevole livello. Nonostante che la metà dell'arsenale iraniano fosse inutilizzabile a causa della Rivoluzione e delle sue conseguenze (con il blocco delle forniture americane e l'esecuzione di molti ufficiali troppo 'filo-occidentali' e visti quindi come traditori leali al vecchio regime). Molti erano gli ufficiali rimasti al comando giovani e relativamente inesperti. Né l'Iran aveva molte esperienze belliche prima del 1979, a parte la partecipazione alla repressione della guerriglia in Oman e gli scontri con i Kurdi e gli Irakeni alla frontiera. Tra i giovani c'era persino un tale Shamkhani, di appena 24 anni, con il grado di tenente della riserva, che si ritrovò comandante della Regione militare del Khuzistan nel '79 e lo rimase fino al 1982. In seguito diverrò comandante delle forze terrestri, ammiraglio della marina nel dopoguerra e ministro della Difesa nel 1997-2005.

Quanto alle unità sul campo, c'erano 3 divisioni e due brigate corazzate più 4 divisioni e 2 brigate meccanizzate, rinforzate da 5 brigate d'artiglieria e 2 di unità speciali e aviotrasportate. Nonostante l'Irak avesse più esperienza bellica di quanta non ne avessero gli Iraniani (sebbene non propriamente brillante), queste unità erano decisamente più potenti di quelle irakene. Il loro campione sul campo di battaglia era il Chieftain (o Shir, Leone). Questo mostro corazzato aveva una corazza convenzionale in acciaio molto pesante (anche se gli Israeliani non lo vollero perché nemmeno la sua robusta struttura poteva garantire la resistenza alle cariche HEAT); ma soprattutto era armato del potente cannone rigato L11 da 120 mm, capace di sparare granate APDS, HESH e WP. Sebbene le munizioni da 120 perforanti decalibrate di prima generazione non fossero migliori di quelle da 105 di seconda (l'M111 israeliana, all'epoca all'inizio della sua carriera), si trattava di un'arma poderosa e precisa, micidiale anche con le granate HESH, pur mancando delle HEAT. Il tutto era asservito ad una sofisticata direzione del tiro. Infatti, fu solo nel '71 che l'Iran ordinò lo Chieftain e così, fin da subito, ebbe l'Mk 3/3(P) e poi l'Mk 5/5(P). Il primo introduceva, assieme alla mitragliatrice di puntamento da 12,7 mm, un telemetro laser. Infatti lo Chieftain non ha mai avuto un telemetro, così come non ce l'hanno mai avuto i carri britannici di alcun tipo. Presto infatti passarono alla mitragliatrice calibro 0.50 pollici, perché con questa si calcolava, in maniera speditiva, la distanza semplicemente sparando raffiche di 3 colpi sul bersaglio, aggiustando il puntamento e osservando quando su questo i proiettili incendiari arrivavano. Era possibile simulare le traiettorie dei proiettili del cannone fino a 1.830 m, ma ovviamente si tratta di un sistema macchinoso, per quanto capace di assicurare persino il 90% delle probabilità di colpi a segno, anche meglio di un telemetro ottico dell'epoca. C'erano 300 colpi a bordo, sufficienti per 100 tentativi (alle grandi distanze: fino al migliaio di metri bastava il reticolo stadimetrico). Siccome il cannone superava ampiamente la gittata dell'arma coassiale, all'inizio degli anni '70 comparve un telemetro laser Barr&Stroud LF-2 con portata di 10 km. Dall'Mk 5 si è passati ad un sistema computerizzato IFCS che permette il calcolo automatico dell'alzo della canna a seconda del tipo di munizione, del movimento relativo del mezzo e della distanza. In tutto il Chieftain porta 64 colpi da 120 mm, più dei colpi da 105 mm dei carri più piccoli e lo stesso numero di quelli del Centurion Mk 13 con cannone L7 da 105; e soprattutto, il 60% più dei carri armati con il 115, 120 o 125 mm. Le ottiche quindi non hanno pesato sulla forma della torretta anteriore, che è potuta diventare, senza telemetri ottici, molto inclinata e quindi difficile da penetrare a parità di spessori. Il capocarro ha un sistema di osservazione con episcopi, faro IR, visore notturno opzionale, mitragliatrice telecomandabile da dentro il mezzo; il servente ha un sistema di puntamento, in verità non eccezionale, costituito da un periscopio diurno da 1 o 8x, e notturno da 3x. Le munizioni sono a cariche separate, contenute in appositi contenitori antincendio (per le cariche di lancio). L'unico problema è la mobilità, con un motore scarsamente affidabile (lo stesso diesel boxer degli autobus di Londra) che ha una scarsa potenza per le 54 tonnellate del mezzo (56 nel Mk 5). In ogni caso si trattava del carro più potente della NATO fino all'arrivo del Leopard 2 e superiore anche ai T-62, se non ai T-72. Lo Shah non poteva non ordinarlo, data la sua smania di dominio, e nel '71 ne richiese 705, consegnati prima allo standard Mk 3 e poi al livello di Mk 5 (con l'IFCS) fino al 1978. Nel '71 il Kuwait ordinò 150 Mk 5/5K, e quindi si può dire che quell'anno fu l'ultimo anno d'oro per l'industria britannica del settore. Agli Iraniani il Chieftain così com'era, però, non piacque del tutto e così vollero anche un veicolo dalla meccanica migliorata, più facile da guidare e con migliori sospensioni, nonché con maggiore corazza inferiore contro le mine. L'FV (Fighting Veichle) 4030/1 venne consegnato in altri 187 esemplari, che si aggiungevano agli altri mezzi e a alcuni veicoli speciali come recupero e gittaponte adatti alla mole di un mezzo difficile da trattare dato il suo peso.

Detto questo, si volle anche un terzo passo avanti, dopo l'Mk 3, 5 e 5 'migliorato' ecco lo SHIR-1, che finalmente otteneva un potente motore che non era più boxer ma turbodiesel. Era la stessa evoluzione avvenuta in URSS, che dal boxer del T-64 passò al turbodiesel del T-72. Ma nel caso dei mezzi britannici c'era la necessità di una maggiore potenza, e così si raggiunsero i 1.200 hp di potenza rispetto ai 650-720 (previsti 750) dello Chieftain, che era il peggior carro quanto rapporto potenza-peso della sua epoca con meno di 13 hp per tonnellata (sebbene in buona compagnia con i coetanei M60 e T-62 appena migliori, per non dire del Merkava successivo di diversi anni). In prospettiva c'era l'avvento dello SHIR-2 che introduceva una 'pelle' diversa, in materiali compositi-stratificati (del tipo Chobbam). Dei primi vennero ordinati 125 esemplari (FV 4030/2), il che fa capire che il mezzo fosse considerato solo come 'interinale'; dei secondi, invece, vennero richiesti 1.225 esemplari (designati FV 4030/3). Non è chiaro se i primi vennero prodotti e consegnati, probabilmente no visto che il totale dei Chieftain iraniani in genere è indicato in 900 circa. Però i Giordani ne ordinarono ben 278 (forse comprendenti anche quelli prodotti per l'Iran). I secondi, invece, furono anche più importanti, in quanto non vennero mai prodotti nella forma originale ma nel erivato FV 4030/4, ovvero il Challenger. Così gli Irakeni si sarebbero davvero trovati, nel '91, a combattere contro questo carro pensato per gli Iraniani, ma in servizio nel British Army. In ogni caso, se si considera che i Chieftain ebbero 40 Mk 1, 532 Mk 2 e circa 400 Mk 3 e 5 nel British Army, gli Iraniani erano in grado di eguagliarli numericamente e superarli qualitativamente.

Detto dei carri Chieftain iraniani e della loro importanza per le evoluzioni per la tecnica e per altri eserciti, ecco le unità disponibili:

  • 81a Divisione corazzata su tre brigate, equipaggiate anche con M113 e M109, a Kermanshah
  • 92a Divisione corazzata (a cui si era aggiunto il 283° btg su M113/TOW) nel Khuzestan, la zona che Saddam aveva in animo di conquistare per prima.
  • 21a Divisione meccanizzata nella zona di Teheran, di fatto quasi un Corpo d'Armata sulla 2a Brigata guardie, 1a Divisione fanteria e varie unità minori
  • 16a Divisione corazzata con gli M60 nella zona di Ghazvin
  • 28a Divisione Meccanizzata (una brigata su M60 e due su M113, un rgt su Scorpion e M113)
  • la incompleta 64a Divisione fanteria
  • 77a Divisione meccanizzata, a Khorasan, una brigata su M47 e 2 su M113, proteggeva il confine con l'Afghanistan (all'epoca occupato dai Sovietici)
  • 84a brigata di fanteria di Khoramabad
  • brigate d'artiglieria 22a e 55a di Khoramabad
  • 37a Brigata corazzata di Shiraz
  • 88a Brigata corazzata di Zahedan (Chieftain)
  • 23a brigata Forze speciali
  • 55a Brigata paracadutisti a Shiraz
  • 30a Brigata a Goirgan

Degli elicotteri dell'Aviazione dell'Esercito restavano in attività solo una parte dell'enorme flotta disponibile. Questa era data da Bell 214, una sorta di grosso Bell 212, di cui 'inspiegabilmente' l'Agusta non ha ottenuto la licenza di produzione. Gli Agusta-Bell per il resto erano ampiamente diffusi con i tipi AB 205, 206, 212; gli Agusta-Sikorsky Sea King e i Meridionali-Boeing CH-47. La maxicommessa per gli elicotteri italiani, con ogni probabilità la più grande mai ottenuta dall'Agusta, era a quanto pare dovuta alla mediazione del principe di Savoia, amico dei Reali persiani. Oltre ai Bell 214, un altro mezzo fornito direttamente dagli americani era l'AH-1 Seacobra. Di questo mezzo (notare bene che si tratta del tipo bimotore dei Marines) vennero forniti qualcosa come 202 esemplari, anche se non tutti pare ebbero davvero il sistema missilistico TOW (può sembrare strano, ma all'epoca questo sistema era ancora da introdurre su parecchie versioni dell'elicottero americano).In ogni caso era la forza d'attacco controcarri più potente del Medio Oriente, anzi molto probabilmente la più potente al di fuori dell'US Army. All'epoca era raro trovare anche degli elicotteri 'utility' armati con missili controcarri moderni, anche in Europa dove a parte qualche Cobra spagnolo, i primi ad entrare in servizio (eccetto che nelle forze americane dell'US Army) furono i Mangusta del 1990. Dei circa 500 elicotteri di tutti i tipi restavano 3 reggimenti con la metà delle macchine (le altre vennero messe a terra subito dopo la Rivoluzione), che comprendevano quello di Kermanshah con AB 205 e AB 206, più Bell 214 e AH-; Esfahan (simile ma con i CH-47) e Kerman (Bell 214 e AH-1).

Queste forze erano ridotte e con un'efficienza assai bassa, pallida ombra di forze armate che all'epoca d'oro erano superiori a quelle di qualunque altro Stato della regione e in termini convenzionali, anche di quelle europee. All'Esercito regolare si affiancavano già allora le milizie dei Pasdaran, certamente i più temibili; i Basji, descritti come 'carne da cannone', e i Mostafazin. Tutti sarebbero poi diventati parte del Comando della Guardia Rivoluzionaria dal 1 gennaio 1981, sotto il comando di un generale (di 26 anni), tale Moshen Rezai. Queste forze, armate alla leggera, talvolta usate per aprire dei varchi nei campi minati e affrontate con letali nuvole di gas velenosi, sarebbero diventate un elemento nondimeno fondamentale delle forze di terra iraniane, mentre l'esercito regolare era sempre di più ridotto ad una specie di riserva strategica, da usare con parsimonia anche perché i suoi ufficiali erano al solito poco ben visti dalla leadership iraniana.

L'Aviazione era l'arma a cui lo Sha dedicò più tempo e denaro, e come tale la IIAF (Imperian Iranian Air Force), poi IRIAF (Islamic Republic of Iran Air Force) era la forza da combattimento più moderna e temibile di tutte. Ma anche la più colpita dalla Rivoluzione e con moltissimi piloti uccisi, costretti a scappare o messi in galera, magari in attesa di una condanna che solo l'invasione avrebbe scongiurato.

Ecco quanto restava all'epoca ancora disponibile:

1a Aerobrigata, TFB-1, Merhabad (Teheran):

  • 11° Stormo con l'11° Sqn su F-4E, 12° su RF-4E
  • 1° Stormo misto con EC-130E, RF-4E e RF-5A
  • Stormo trasporti sugli squadroni 11 e 12, con C-130R e H; squadrone aerocisterne con i Boeing KB 707; squadrone VIP con Fokker F-27 e Boeing 747; squadrone con elicotteri Bell 214A e HH-43
  • Stormo addestrativo con un squadrone su F-33 e uno su T-33A

2a Aerobrigata (TFB-2) di Tabriz:

  • 21° Stormo caccia con squadroni 21, 22 e 23 su F-5E e F
  • squadrone COIN su O-2A
  • elicotteri trasporto Bell 214
  • distaccamento con RF-5A e C-130H

3a Aerobrigata (TBF-3) di Shahid Nojeh

  • 31° Stormo con gli squadroni 31 e 32 su F-4E e gruppo elicotteri Bell 214
  • 32° Stormo con gli squadroni 33, 34, 306, 308 di cui due con F-4D e 2 con F-4E

4a Aerobrigata (TBF-4, Vahdati/Dezful:

  • 41° Stormo, con gli sqn 41, 42 e 43 su F-5E e F

5a Aerobrigata, Kermanshah, in posizione quadro

6a Aerobrigata, Bushehr:

  • 61° Stormo con gli squadroni 61 e 62 su F-4E e il 6° su C-130H; un gruppo su elicotteri di supporto

7a TBF, Hor/Shiraz:

  • 71° Stormo, con i 'pezzi da novanta' dell'aviazione tattica: 71° Sqn con gli F-4E, e i Tomcat degli squadroni 72° 'Flying lions' e 73°
  • 71° Stormo da trasporto, C-130H degli squadroni 71 e 72, e gli F-27 del 73°; reparto elicotteri; reparto pattugliatori marittimi con 6 aerei di una versione 'ad hoc' dell'Orion, il P-3F.

8a TBF, Esfahan:

  • 81° Stormo con gli squadroni 81 e 82 su F-14 e il gruppo di Bell 214

9a TBF, Bandar Abbas:

  • 91° Stormo con gli squadroni 91 e 92 su F-4E

10a TBF a Chah Bahar:

  • 101° Stormo, con il 101 squadrone su F-4 e 101 sqn da trasporto su C-130

11a TBF, Agharjari:

  • 51° Stormo con due squadroni di F-5 in formazione

12a TBF, Masjed Soleyman, senza reparti propri di volo ma con funzioni soprattutto di supporto logistico e dell'aviazione dell'Esercito.


In tutto fanno oltre 40 squadroni di velivoli di ogni tipo, quindi tutt'altro che disprezzabile nonostante le riduzioni. Che poi vi fossero dei problemi sulla fornitura delle parti di ricambio e sull'efficienza di aerei e di tecnici, piloti e servizi logistici è indubbiamente vero. Ma era più una situazione di confusione che di carenze effettive, tant'è che nell'inventario figuravano armi e parti di ricambio che per lo più risultavano sufficienti anche per un'attività di combattimento lunga settimane. Gli Iraniani avevano studiato bene gli insegnamenti delle guerre arabo-israeliane e non volevano farsi trovare impreparati. Nell'inventario risultavano diverse migliaia di missili AAM, tra cui i primi 288 di 714 AIM-54A, ordinati nonostante il costo di circa un milione di dollari l'uno. Indubbiamente efficaci, erano altrettanto indubbiamente un antidoto costoso alle intrusioni dei MiG-25R.

Quanto alle basi, queste potevano ospitare anche 3.000 aerei messe tutte insieme ed erano riccamente dotate di hangar, anche sotterranei, e depositi di ogni sorta, con una tale quantità di armi che continuarono a servirsene persino durante la metà degli anni '80, dopo 5-6 anni di guerra.

La Marina era la 'Cenerentola' della situazione. Ma lo Shah stava facendo piani interessanti anche per questa forza. C'erano in ballo ben 6 cacciatorpediniere 'Spruance migliorati' ovvero i 'Kouroush'. Questi erano chiaramente i più potenti cacciatorpediniere multiruolo dell'epoca. Gli 'Spruance' americani erano navi-contenitore decisamente capieni, ma anche criticate perché inizialmente poco armate: 2 cannoni da 127, 2 lanciasiluri ASW, due elicotteri, 2 lanciamissili (uno ASW e un Sea Sparrow antiaerei). Non molto per navi da 7.000 tonnellate e oltre 170 m di lunghezza. Sembravano quasi dei 'giganti dai piedi d'argilla', ma i 31 vascelli di questo tipo, immessi nell'US Navy, avevano anche una grande capacità di accogliere miglioramenti. Due lanciamissili quadrupli Harpoon, due CIWS Phalanx, su alcuni esemplari anche due lanciamissili corazzati quadrupli per i Tomawhak, e infine un lanciamissili Mk 41 da 61 colpi al posto del lanciamissili ASW. Nel contempo, gli 'Spruance' ebbero l'autorizzazione per l'Iran, che ne ordinò la versione antiaerea-multiruolo, che praticamente aveva il sistema d'arma degli incrociatori nucleari 'Virginia', i più potenti e moderni dell'USN, inclusi i due modernissimi lanciamissili Mk 26, capaci di 12 c.min l'uno (contro i 4 degli Mk 10) e di portare diversi tipi di missili nei depositi.

Questo piano era quindi formidabile, e se le cose fossero andate avanti per un altro pò di tempo senza rivoluzione, avremmo forse visto qualche memorabile battaglia tra queste navi e le 4 'Lupo' Irakene e-o le 6 corvette missilistiche. Quel che gli Irakeni nemmeno tentarono di fare fu invece la creazione di una forza subacquea, che invece gli Iraniani volevano. Tra questi progetti c'erano 3 GUPPY americani in attesa di 6 Type 209-1.400 Tedeschi. I cacciatorpediniere effettivamente in servizio erano peraltro poca cosa, un 'Battle' e due 'Sumner' residuati della II guerra mondiale. Ma nonostante questo, essi erano mezzi interessanti in quanto modificati pesantemente negli anni '70. I caccia, almeno quelli americani, ebbero tra l'altro nuovi radar, apprestamenti per un elicottero e pure missili antinave, che non erano gli Harpoon, ma gli Standard SM-1MR modificati per compiti superficie-superficie, in appositi lanciatori. A parte questo, c'erano 4 fregate 'Saam', velocissime unità da 1.500 t e 39 nodi, con un cannone da 114 mm e 5 missili Sea Killer (acquistati in 120 esemplari), gli antenati dei successivi Marte. Non erano missili molto potenti (15 km di gittata per 30 kg di carica) e in seguito sarebbero stati sostituiti da missili cinesi C-802. A parte queste due soluzioni estemporanee per i missili antinave, un adattamento il primo, un'arma troppo piccola il secondo tipo, chi invece non aveva problemi erano le motocannoniere 'Combattante II' (progetto tedesco e costruzione francese), armate con i cannoni da 76 italiani Compatto e non meno importante, 4 missili Harpoon, il che significava che proprio le navi più piccole (270 t) erano le uniche con un sistema missilistico potente nel settore antinave). Le basi militari erano Bandar Abbas, Busher, Kharg, Bandar eòAzhali, Bandar Khomeini, Chah Bahar.

In tutto c'erano 3 cacciatorpediniere, 4 fregate, 10 motocannoniere (senz'altro le più avanzate tecnologicamente), 4 corvette ASW, 10 cannoniere, varie vedette, dragamine, posamine, 2 LST e 2 rifornitori. Era una forza consistente per la zona, ma d'altra parte controllare migliaia di km di coste era un compito notevolmente impegnativo.


Un altro elemento della Marina era l'aviazione navale, equipaggiata con un gruppo ASW su AB-212 e SH-3 (anche con missili antinave, forse del tipo AS-12), uno antimine con gli MH-53D (e quindi simili a quelli che poi catturarono agli americani nel 1980, con l'Operazione Eagle Claw) e poi il gruppo logistico con AB205 e 206, più alcuni aerei Falcon 20 e F-27.

Non mancava infine una brigata anfibia addestrata dai Marines (e come tale, vista con particolare sospetto) su circa 6 battaglioni, artiglieria, blindati e reparti speciali sul modello dei SEAL (che furono i più colpiti dalle epurazioni del nuovo regime).


Insomma, c'era stata l'intenzione di dare il meglio del meglio alle F.A. iraniane, senonché lo Shah dimenticò di 'comprendere' maggiormente il fronte interno del malcontento, di un Paese enorme che non era molto propenso alla modernizzazione occidentalizzata e allo stesso tempo, all'autocrazia di Palavhi. Che quando se ne andò, già gravemente malato, pilotando lui stesso il Boeing che portava alcune delle ricchezze di famiglia (altri aerei seguiranno), lasciava dietro di sé una nazione confusa e incerta sul futuro, al di là dell'esultanza per la cacciata del tiranno. Ci avrebbe poi pensato il clero, l'unica organizzazione non repressa e annichilita dal regime e dalla sua polizia segreta (la Savak), a prendere il controllo della situazione.

L'equipaggiamento militare lasciato dietro, però, era di importanza fondamentale per continuare a difendersi. Perché oramai l'Iran sapeva che, smesse le sue ambizioni di egemonia (cresciute all'ombra e con la 'spiegazione ufficiale' della minaccia sovietica ai confini), avrebbe dovuto piuttosto pensare in termini difensivi rispetto ai piani americani per rovesciare il suo regime, cosa vista come particolarmente oltraggiosa da Washington, che gli aveva fornito il meglio della sua tecnologia bellica. Tuttavia, gli scontri alla frontiera erano stati voluti soprattutto se non esclusivamente dalla volontà iraniana che tendeva a destabilizzare il vicino e più debole (con un terzo della popolazione e della superficie) irakeno, la cui maggior parte del popolo era altamente sensibile ai richiami dei leader sciiti d'oltreconfine.

Le armi degli iraniani erano di natura molteplice. I soldati avevano equipaggiamenti occidentali. Anche se spesso si collega l'Iran ad armi e sistemi russi, in realtà il fucile d'ordinanza dell'esercito era il G3 tedesco, così come la mitragliatrice era la ben nota MG3, insomma si trattava dello stesso equipaggiamento delle F.A. della Germania Ovest. Presto sarebbero tuttavia comparsi grandi quantitativi anche di Kalashnikov, mentre non è chiaro se gli RPG fossero già presenti prima della Rivoluzione (sicuramente lo saranno dopo, al pari dei missili Sagger/Raad). Lo Shah era interessato anche alle armi orientali e quando all'Ovest non trovava di meglio, le comprava. Tra queste, almeno un centinaio di ZSU-23-4 Shilka e parecchi lanciarazzi BM-21 facevano compagnia a missili HAWK, cannoni Oerlikon e semoventi M107, 109 e 110.

Dei progetti iraniani molto è sopravvissuto, con i fornitori occidentali che si erano affannati a costruire rapidamente le commesse passate da Teheran. Furono, come si è visto, tali ordinativi che consentirono di evolvere in fretta i carri britannici giovando ai Giordani e al British Army. 4 degli 'Spruance modificati' vennero realizzati ugualmente come 'Kidd', noti anche come classe 'Ayatollah' (grazie alla Rivoluzione si ritrovarono in servizio nell'USN) e poi negli anni '90 saranno tra le navi più dibattute sulla vendita ad altre Marine, attratte dalla loro potenza ma con qualche problema per i costi operativi e i vincoli politici compresi nella fornitura. Tra le altre conseguenze, la pronta fornitura di F-16 per Israele, visto che l'Iran considerava solo come 'interim' gli F-5 (infatti privi di missili Maverick ed ECM), ma voleva ben 128 F-16A e 28 B, di cui i primi saranno prontamente consegnati alla HHA. Di altre commesse, invece, come i 7 E-3 AWACS, è rimasto ben poco. Dai frammenti, ancora così importanti, degli ordini iraniani dell'ultimo periodo si può capire comunque che proporzione avessero i programmi militari iraniani, che di fatto aiutarono poi a potenziare proprio il 'Grande Satana' e i suoi amici, anche per superare le tecnologie (che si temevano compromesse ai Sovietici) vendute, cosa che tra l'altro porterà ai missili AIM-54C interamente digitalizzati.

L'inizio

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L'attacco principale scattò il 22 settembre con la fase di maggior sforzo durò soprattutto fino al 30 settembre 1980. Le direttive erano l'occupazione del Khuzestan al Sud, mentre a Nord e al centro si sarebbero usate forze meno mobili ma pur sempre utili per fermare gran parte dello schieramento nemico impedendogli di concentrarsi solo sulle punte avanzate dell'azione irakena. Si sperava erroneamente che gli Iraniani si sarebbero mossi contro il loro regime, in particolare al Sud, dove c'erano molti arabi; un'adeguata cooperazione tra aviazione ed Esercito; di evitare i combattimenti nelle zone urbane; di concludere in poco tempo. In Khuzestan gli Iraniani erano deboli, con la 92a divisione corazzata che era la principale unità e nondimeno, incompleta per circa la metà dei suoi organici, dovendo difendere circa 400 km di confine, e appena rinforzato dalla 37a brigata carri e unità minori; per il resto c'erano un battaglione di marine nella base di Khorramshahr. Questa città era vicino al confine e presidiata dal 151° btg da fortezza con 1.300 uomini pesantemente armati con missili TOW e Dragon, e persino 80 carri Sherman e M-24 in bunker protettivi (2 per struttura). Altri rinforzi giunsero in tempo entro l'inizio della guerra, il pomeriggio del 22 settembre. Alle 14 gli Irakeni attaccarono numerose basi, sulla scorta delle azioni israeliane del '67 e anche delle esperienze indiane del '71: persino a Teheran, oltre 500 km dal confine, si videro le sagome dei MiG-23BN e dei Tu-22; per il resto vennero colpiti 6 aeroporti, due centri radar e altri obiettivi importanti, ma senza causare danni definitivi.

Un esempio di come i 'Flogger' fossero aerei ben diversi in termini di autonomia dai precedenti MiG venne dimostrato in quest'occasione[2]. I MiG-23BN dovevano andare all'attacco di Teheran, colpendo l'aeroporto della città. Si pensò di attaccare con due terzetti di aerei, ma poi, per qualche ragione, ne decollò solo uno. Aiutati dalle informazioni passate dagli americani sulla posizione dei radar iraniani, gli incursori arrivarono fino sulla capitale senza essere avvistati. Non si pensi che sia stata una cosa facile: dal confine irakeno alla capitale dell'immenso Stato confinante (oltre un milione di km2) vi sono non meno di 520 km. Per giunta, a questo bisogna aggiungere il percorso fatto dentro il proprio spazio aereo, presumibilmente tutto a bassa quota (forse i MiG decollarono distanti non più di 50-100 km dal confine). Tutto questo va raddoppiato perché poi i caccia dovevano anche tornare indietro. Infine, la missione sarebbe stata senza scorta di sorta, e questo comportava un volo presumibilmente tutto a bassa quota, con un consumo ben maggiore che ad alta quota. Tutto questo senza poter rifornirsi in volo, e mantenendo un'opportuna riserva di carburante (a bassa quota, a pieno AB, l'autonomia si riduce ad una manciata di minuti), presumibilmente di un buon 10%. I MiG-23 arrivarono davvero fin sulla capitale, attaccando l'aeroporto. Il carico di bordo era leggero, qualche aereo aveva bombe, altri razzi. Centrarono e distrussero una media di un apparecchio l'uno: un Phantom, gravemente danneggiato al muso; un C-130, distrutto, così come un B707 civile. Poi vennero inseguiti da un paio di Phantom e uno, o forse due vennero abbattuti, e solo il capoformazione ritornò alla base di partenza. In tutto, una missione irrilevante, ma non si poteva certo pretendere che tre apparecchi riuscissero a fare di più, oltretutto operando al limite del loro raggio d'azione. In ogni caso fu un evento tecnicamente notevole, perché 520 km di raggio significano almeno 1.040 di volo, presumibilmente tutto a bassa quota, la prima parte con carico bellico, la seconda senza, ma con i Phantom alle calcagna almeno per un certo tratto (caccia che, operando sul proprio territorio, non dovevano preoccuparsi troppo della scarsità di carburante). Non c'erano AAM o pod ECM per la propria difesa, eventualmente delegata al cannone da 23 mm, ma soprattutto alla fuga filando via a bassa quota. Se si considerano anche i km volati entro il territorio nazionale, si arriva ad una missione volata interamente a bassa quota con un percorso minimo di 1.040 km, aumentabile ancora dalla riserva necessaria per affrontare il combattimento (almeno del 10%), dalle rotte tenute per evitare i siti radar e dal fatto che, con lo stesso carico bellico, ad alta quota avrebbero potuto fare anche meglio di così, basti pensare che il raggio calcolato per il Su-22 dei primi modelli, con 2 t di carico, è di 360 km a bassa quota e 630 ad alta[3]. Il tutto darebbe circa 700 km di raggio d'azione (520+50+50+50), e circa un migliaio ad alta quota. Il che è un risultato di notevole importanza per un caccia tattico sovietico, notare bene che i Su-20/22 non attaccarono mai Teheran, ma solo i MiG-23BN, i MiG-25RB e i Tu-22. Nel frattempo in URSS si era deciso di passare al MiG-27, che era maggiormente specializzato nel volo a bassa quota grazie al motore R-29 adattato, e alle prese d'aria fisse e alleggerite. Ci si può solo chiedere di quanto quest'aereo avesse ulteriormente migliorato il raggio d'azione rispetto al MiG-23BN, forse fino a sfiorare il livello strategico dei vari Su-24 o Tornado. Questi ultimi, per esempio, dovevano rifornirsi tre volte per operare tra gli Emirati e il Kuwait (erano gli aerei dell'AM), nonostante che questo corrispondesse ad un raggio di circa 1.000 km. Non solo, ma in genere i dati dichiarati dalle ditte produttrici sono ottimistici, specie nel raggio d'azione (i Tornado italiani avrebbero dovuto essere pienamente in grado di arrivare sugli obiettivi senza alcun rifornimento, dato che teoricamente potevano contare su 1.250-1.390 km di raggio con 4 t, mentre qui ne portavano solo 2,3 più AAM e ECM), che è facile da ridurre per gli aerei dotati di postbruciatore (il Viggen, per esempio, è noto per consumare il suo combustibile in appena 7 minuti a piena potenza, ovvero circa 20 volte più velocemente che in crociera). Quindi eseguire una tale missione in profondità, fino al cuore della Repubblica iraniana, nonostante i siti HAWK e le basi dei Phantom e Tomcat, era un qualcosa che in pratica sarebbe stato tutt'altro che facile. Il ritorno di almeno uno dei MiG impiegati in azione dimostra che i Flogger potevano riuscire nell'impresa, sia pure con risultati tutt'altro che risolutivi data l'insufficienza della formazione d'attacco, che contro gli aeroporti maggiori dovrebbe comprendere decine di aerei, oppure velivoli con armi nucleari.

La sfida era stata dunque lanciata. Ma già poche ore dopo i Phantom cominciarono a rispondere a queste azioni e colpirono duro. Nel frattempo vennero colpiti anche aerei irakeni in aria, con 5 Su-20 e 22 e due MiG-23 che si aggiunsero alle 11 vittorie del periodo 7-22 settembre, quando 'ufficialmente' non si era già in guerra. Da parte irakena vi furono un paio di vittorie il 23 settembre da parte di un MiG-21 ma la contraerea abbatté per errore uno Il-76 (il primo di circa 15 casi del genere, non è chiaro se con o senza gli analoghi casi iraniani, che verterono anche il alcuni F-14 colpiti per errore). In tutto, nelle prime settimane un gran numero di aerei irakeni vennero abbattuti con quasi un centinaio di vittorie entro l'anno dalla sola IRIAF, per non dire di quelli ottenuti dalla contraerea e ai velivoli colpiti al suolo. Il 'top gun' della IRIAF sarebbe stato tale Zandi, dell'82° Sqn, con 9 vittorie e 3 probabili dichiarate. In tutto le vittorie aeree rivendicate dall'IRIAF sono 231 più 28 elicotteri e altri 6 velivoli e una quarantina di vittorie probabili; gli Irakeni dichiararono 58 vittorie su aerei e 8 su elicotteri più 3 aerei da trasporto; più il Gulfstream con il ministro degli esteri Algerino, 3 MiG-21 siriani e un F-100 Super Sabre turco (nel 1983).


Il primo Corpo d'armata mandò le divisioni 1a e 11a che operavano per la maggior parte contro i Kurdi, mentre la 4a, anche questa di fanteria, catturò Panjwin dopo due giorni di combattimento al confine contro le varie unità di Basij e Pasdaran e il suo compito finale era di catturare Orumiyeh e Sandandaj.

Il II Corpo d'Armata andò verso Qassre-Shirin con la 7a divisione, per poi avanzare verso Kermanshah con la settima divisione di fanteria meccanizzata mentre la 2a di fanteria motorizzata catturava Mehran e tagliò le comunicazioni con l'Iran settentrionale occupando le strade vitali, tra cui la strada per Dezful.

L'avanzata del IV Corpo con la sua 10a divisione era mirato a penetrare entro l'Iran con la 9a divisione corazzata, ma questa potente unità venne fermata dagli elicotteri Cobra e degli F-5, i primi consumando un gran numero di missili TOW, i secondi bombe, napalm, CBU e razzi da 68 mm. Il che significò, nelle zone aperte e senza molti rifugi naturali, che alla fine di 5 giorni di attacchi la metà dei mezzi era stata distrutta. La 9a divsione corazzata penetrò di oltre 40 km nella prima settimana di offensiva, cattuarndo anche una stazione radar a 15 km da Dezful e poi minacciando la grande base di confine di Vahdati, che venne presto posta sotto tiro dall'artiglieria. Anche qui però, dopo un contrasto dell'artiglieria che bloccò l'avanzata, gli attacchi aerei distrussero la 9a Divisione corazzata come forza combattente, eliminando circa 200 veicoli entro il 30 settembre. Era quasi arrivata a conquistare la base di Vahdati.

Il III Corpo ebbe meno difficoltà del disastro del IV Corpo, attaccando nella zona dello Shatt-el Arab (il cui trattato era stato denunciato da Hussein), penetrando con la sua 1a divisione meccanizzata fino ad isolare Ahwaz con la 1a D.M., avanzando alla fine di circa 75 km dentro i confini iraniani, ma la decimazione della 10a corazzata non consentì di chiudere bene la trappola. La 6a divisione corazzata ebbe un successo simile verso il passo di Susangerd e poi ad Ahwaz, ma lungo un percorso più a sud fino a minacciare Ahwaz dopo quella stessa settimana di guerra.

Anche la 3a Divisione corazzata avanzò in territorio nemico di circa 40 km e poi isolò, virando verso sud, la città di Khoramshahr; tuttavia, questa fu la terza divisione corazzata praticamente distrutta dagli attacchi aerei iraniani. La città fu quasi totalmente distrutta nei combattimenti tra ottobre e novembre, diventando nota come la Stalingrado Iraniana, dato che era anche attaccata dalla 5a divisione meccanizzata. Era l'11 ottobre quando la 5a e la 6a divisione passarono il fiume Karoun, costringendo gli iraniani a ritirarsi a Khorramshahr e Dezful. Poi passarono all'attacco con la 1a DM contro la 2a brigata corazzata e un gruppo della 37a Brigata corazzata iraniane e altre unità minori. Ma entro la giornata erano riusciti ad avanzare verso Shoush. Gli Iraniani passarono al contrattacco con unità della 77a e 21a divisione il 15 ottobre. Ma si scontrarono con i vecchi Hunter usati in prima linea dai migliori istrutturi degli irakeni, che colpirono massicciamente i reparti corazzati, specie il 291o battaglione e le sue linee logistiche, mentre gli iraniani erano per una volta una carenza delle azioni aeree iraniane, soprattutto per le difese contraeree irakene molto più consistenti e ben piazzate di prima. Gli Irakeni ritornarono all'attacco il 3 novembre contro Abadan, la cui guarnigione, fatta per lo più da milizie, combatté valorosamente e tenne lontani gli Irakeni dalla vittoria finale, mentre mezzi da sbarco e hovercraft iraniani rifornivano di notte la città passando per il fiume durante la notte. Nel frattempo, Khorramhshar venne conquistata il 10 novembre dopo una battaglia violentissima che causò la perdita di circa 6.000 soldati irakeni, frustrando l'offensiva data la perdita di tanti dei migliori soldati irakeni. Gli Iraniani attaccarono anche le retrovie durante il giorno 7, con gli hovercraft, i terminali petroliferi di Al Faw e Mina al Bakr causandogli gravi danni, oltre a varie altre azioni nelle retrovie.

Assieme agli attacchi aerei, i mezzi di terra furono non meno importanti nella difesa, cominciando dai carri Chieftain, che tuttavia nel 1980 equipaggiavan solo una divisione, ma combatterono duramente nonostante i problemi causati ad armi e persone dall'anno e mezzo della rivoluzione. In effetti, nonostante molti problemi di orientamento oltreconfine, l'Esercito irakeno avanzò piuttosto celermente. Ma la mancanza di un adeguato supporto aereo e l'offensiva aerea iraniana vanificarono le sue avanzate. L'IrAF ottenne soprattutto il successo di danneggiare il sistema di rifornimento del carburante, con qualche danno anche alla logistica dell'IRIAF; ma questo causò come ritorsione attacchi aerei agli impianti di estrazione irakeni, tanto pesanti che costrinsero a bloccare le esportazioni di petrolio con effetti che perdurarono per anni, e con carenze di rifornimento ai mezzi militari irakeni. Vennero colpiti i porti di al-Faw e Basrah, i terminali di al-Faw e le stazioni di pompaggio, colpendo così anche gli oleodotti che andavano verso Turchia, Siria e Giordania.

Quanto ai SA.342 Gazelle, presto avrebbero raggiunto il totale di 40 esemplari ed operavano in maniera micidiale in associazione con i Mi-24: i primi tiravano missili HOT, magari contro le postazioni contraerei e i secondi attaccavano con i razzi e cannoni a distanza ravvicinata corazzati e bersagli vari, con effetti micidiali. Non mancarono i combattimenti aerei con altri mezzi, come gli AH-1 Cobra che avrebbero già distrutto entro il 1980 un paio di Hind sui 4 persi in tutto, ma che in generale furono i primi scontri tra elicotteri cannoniera, con perdite da entrambe le parti.

Come spesso accade in questi casi, l'offensiva esterna non demolì, ma compattò il sostegno al regime, persino i curdi iraniani presero parte alla difesa del Paese sotto attacco. Di fatto, salvò da una decadenza probabile e rapida il regime di Teheran. Il patriotismo iraniano aiutò molto a difendere le città, ma le divisioni irakene vennero fermate soprattutto in campo aperto grazie all'aviazione iraniana, che devastò assieme alle unità dell'esercito (specie con i missili TOW e i carri Chieftain), ben 3 divisioni corazzate. Un singolo squadrone di F-14 permise di stabilire una superiorità aerea tale da consentire poi ai cacciabombardieri di distruggere le batterie antiaeree (come gli SA-6) e poi colpire le truppe e le linee di comunicazione. Alla fine gli irakeni non distrussero il regime guidando l'attacco dentro una nazione immensa e difficile da controllare. Alla fine di un'offensiva diretta fino al crollo di Teheran, venne catturata solo la città confinaria di Khoramshahr, catturata dopo una battaglia estremamente violenta nelle sue strade. Ma anche qui le perdite erano state elevate e così non ci fu modo di replicare tale successo. Alla fine arrivarono le piogge di novembre che contribuirono a spegnere definitivamente lo slancio l'avanzata irakena.

Continuazione

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Gli Iraniani ripresero l'iniziativa all'inizio del 1981 con una controffensiva in cui però persero molti dei loro carri armati Chieftain contro i T-62 irakeni nel gennaio. Il 26 settembre vinsero nell'Operazione Thamin al-A'ima che liberò Abadan, vincendo poi a Susngerd e Qasr-e-Shirin.

Ricapitonando la cronologia della guerra:

22 settembre 1980, inizio dell'offensiva irakena.

25 settembre, assedio a Khorramshahr e Abadan nel Khuzestan.

28 settembre, risoluzione ONU 479, per risolvere il conflitto. Ignorata.

10 novembre, conquista di Khorramshahr da parte irakena

gennaio 1981, controffensiva iraniana a Susengerd con la maggiore battaglia di carri della guerra.

26-29 settembre, offensiva Thamin al Aimma, liberazione da parte iraniana di Abadan e sconfitta irakena

novembre 1981, fallita offensiva iraniana a Bostan

Dicembre 1981-gen 1982, vittoria iraniana a Susangerd e Qasr-e-Shirin

22 marzo 1982, offensiva iraniana a Bostan e Dezful

24 maggio 1982, riconquista iraniana di Khorramshahr

9 giugno 1982, offerta irakena di una tregua

luglio 1982, prima offensiva iraniana a Bassora, fallita con 40.000 morti

6 febbraio 1983, gli irakeni annientano un attacco iraniano uccidendo 6.000 iraniani in breve tempo. Oramai è diventata una guerra priva di fantasia da parte iraniana e con avvedutezza tattica da parte irakena

luglio-agosto 1983, offensiva iraniana (Val Fajr) che vede gli Irakeni usare per la prima volta gas nervini; conquista iraniana della piazzaforte di Haji Umran

agosto 1983, rivolta curda nella stessa zona, repressa con i gas nervini oltre che le armi convenzionali su ordine di Saddam

novembre 1983, riconquista iraniana di Panjiwin e inizio della 'guerra delle città' con lanci di missili balistici e attacchi aerei

29 gennaio 1984, minaccia irakena di blocco del traffico navale per l'Iran con la zona di 'esclusione marittima'

1 marzo 1984, inizia la 'guerra delle petroliere' con 572 navi colpite e 400 marinai uccisi

feb-mar 1984, offensiva iraniana contro Bassora e conquista delle Isole Majnoon e le loro installazioni petrolifere, il tutto pagato con 25.000 morti

marzo 1985, la 'battaglia delle paludi', difensiva per la difesa di Hoveyzeh, 10.000 morti irakeni ma vittoria sugli iraniani, che hanno il doppio delle perdite

9-10 febbraio 1986, ennesima offensiva 'Val Fajr 8', conquista della penisola di Al-Faw da parte iraniana, ma fallimento nel conquistare il vicino porto di Umm Qasr, quando l'intervento della Guardia Repubblicana causa 21.000 morti agli iraniani

maggio 1986, gli Irakeni ricominciano le offensive, occumando Meheran

dicembre 1986, gli iraniani prendono la cintura esterna delle difese di Bassora

9gen-2 feb 1987, gli iraniani lanciano la 'Kerbala 5', altra battaglia in stile I Guerra mondiale, attaccando Bassora a testa bassa. Ma è un massacro, fallendo la conquista della città e provocando complessivamente 100.000 morti

17 maggio 1987, un Mirage F.1 colpisce la USS Stark con 37 morti a bordo, ma come 20 anni prima con Israele (la USS Liberty) la cosa non intacca l'alleanza di fatto tra Baghdad e gli USA, che accettano la versione dell' incidente.

22 luglio 1987, inizio delle scorte da parte americana alle proprie navi

3 settembre 1987, attacco al mercantile Jolly Rubino e missione nel Golfo da parte del 18° gruppo dell'amm. Mariani, partito il 15 settembre

29 settembre, gli americani abbordano il posamine Iran Ajir

8 ottobre 1987, battaglia tra americani e iraniani

febbraio 1988, gli iraniani iniziano un'offensiva in Curdistan e ricevono in cambio sia una sconfitta diretta che i lanci di missili Scud sulla capitale

16 marzo 1988, Saddam ordina la 'gassazione' del villaggio di Halabja, uccidendo 5.000 Curdi che all'epoca erano in rivolta proprio in corrispondenza con l'offensiva iraniana nella regione

14 aprile 1988, danni alla USS Roberts da una mina iraniana e battaglia dell'Operazione 'Praying Mantis' in cui 2 navi e 3 battelli iraniani sono affondati e due piattaforme distrutte

18 aprile 1988, subito dopo la battaglia navale, gli Irakeni sferrano un'offensiva che gli permette di riconquistare la penisola di Al-Faw


giu-lu 1988, altri contrattacchi iraniani respinti dagli Irakeni e riconquistano ancora Meheran e le isole Majnoon

3 luglio, l'USS Vincennes causa un'ennesima tragedia all'Iran, abbattendo un Airbus con 290 persone a bordo

20 agosto 1988: accordo per il cessate il fuoco

1999: il generale Shirazi, il 'macellaio' autore di tanti massacri per le proprie truppe e rimosso nel 1986 per contrasti nel comando, viene ucciso da un commando dei Mujahedin Khalk, la resistenza agli Ayatollah.

La campagna aerea

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Insomma, come si è detto precedentemente l'Irak stava investendo molti denari per costruire la sua potenza militare, che fosse almeno in parte in grado di contrastare i Persiani o Iraniani che di si voglia. L'Iran era amico degli USA e la sua IIAF aveva la precedenza nelle priorità delle forniture militari e dei fondi corrispondenti. Non solo, ma era chiaro anche che gli aeroporti iraniani non erano destinati solo alle proprie attività di volo, ma anche ad un'armata aerea americana di rinforzo, qualora fosse stato aperto per qualche motivo un fronte di guerra contro l'URSS, con la costruzione di una formidabile schiera di basi aeree e una rete radar di prim'ordine. Un gran numero di parti di ricambio e armi per aerei vennero pure acquisite, anche per la lezione dei conflitti arabo-israeliani, in cui ogni previsione di consumo era ampiamente superata dai risultati sul campo. Così nel 1979 c'era già un sistema di gestione computerizzato delle scorte, una novità per l'epoca, che poteva consentire di combattere per mesi una guerra ad alta intensità, oppure ospitare un'armata aerea proveniente dalla NATO e dagli USA in particolare. Queste forniture sarebbero bastate per consentire di combattere nel lungo conflitto con l'Irak. L'addestramento del personale, oltre 100.000 elementi, era ottimale e in accordo con gli standard occidentali. Dagli anni '60 lo Shah ebbe 104 F-5A e B, 32 F-4D, poi 177 'E', 165 F-5E ed F, 16 o forse 20 RF-4E, più Boeing 707 ,747, C-130. Non solo, ma nel '79 si parlava di ordinare 300 F-16, ben 7 E-3A AWACS (del resto in ordine anche per l'Arabia Saudita), pare anche altri 75 F-14 o forse 53 F-15, il concorrente battuto agli inizi degli anni '70 dopo che il Tomcat fece un'esibizione acrobatica che elettrizzò il dittatore persiano, con uno stratagemma molto semplice: tenne i motori accesi mentre l'altro si esibiva in volo consumando così gran parte del carburante a bordo, prima di esibirsi così alleggerito. Nel frattempo le esercitazioni aeree erano tali, che si pensava anche di organizzare addestramenti simili alle 'Red Flag' americane. Gli F-16 che si pensava di ordinare sarebbero diventati poi importanti, perché consentirono di avviare presto le consegne agli altri clienti, specie europei. In ogni caso, le infrastrutture iraniane erano tali da consentire di ospitare persino 3.000 aerei, più dei 2.800 del massimo schierato nel 1991 dagli Alleati durante Desert Storm. Questo dà l'idea, a fronte di circa 450 aerei da combattimento disponibili, di come l'IIAF fosse esuberantemente provvista di strutture capaci di ospitarli. Si pensi che al confronto, quanto disponibile in Arabia Saudita consentiva solo di ospitare gli aerei spesso senza alcuna protezione e assistenza preesistenti.


Se l'IIAF era un'aquila, l'IrAF al confronto era giusto un falco. Pur essendo la più anziana tra le forze arabe (dal 1924), non era altrettanto efficiente, soprattutto per via delle scelte politiche dei vari governanti. Prima organizzata sul modello britannico, poi sempre di più, dopo il 1958, da parte sovietica, ma senza mai abbandonare del tutto la loro tradizione. Gli Irakeni in effetti volevano forniture di Jaguar, Mirage e Hawk, ma solo nel '77 ordinarono i loro primi caccia europei moderni, e anche gli unici, i Mirage F.1.

In effetti l'isolamento dell'aviazione irakena non le aveva giovato, dati i problemi politici che aveva all'interno e all'esterno, con l'unica vera eccezione della IAF indiana con cui si ebbero molti rapporti di collaborazione negli anni '70-80. Solo nel '79, quando vennero ordinati un gran numero di aerei relativamente moderni i Sovietici si curarono maggiormente delle esigenze irakene di disporre di uno strumento più efficiente, ma a patto di entrare massicciamente nella regione come 'consiglieri' militari. I primi Mirage nel frattempo vennero collaudati a far tempo dal 1980, finendo poi per equipaggiare 6 squadroni. Alla fine del conflitto, nel 1988, di questi nessuno avrebbe avuto ancora più di 8 caccia efficienti, dato il logorio della lunga guerra. Le poche esperienze belliche della IRaF erano di poco valore, e non molto venne imparato dalle battaglie del 1967, più da quelle del '73. Fu qui che in effetti arrivarono alla conclusione, con i materiali che avevano, che non potevano fare molto di più che una difesa aerea integrata tra sistemi di terra e intercettori, sullo stile sovietico. Del resto la superficie dell'Irak era grande e difficile da difendere se non per quel 10% circa di obiettivi importanti, tra città e basi, dove si concentravano le difese aeree. Così erano arrivati ad avere circa 100 MiG-21, 200 SA-2, 3 e 6, pochi MiG-23, i Su-7, 20 e 22, nonché una squadriglia con gli Il-28 e Tu-16 e 22. Questi ultimi, con le loro prestazioni elevate, ma anche costi di gestione rilevanti, erano spesso usati per gli attacchi in profondità in territorio nemico, come quello del 18 marzo 1988 contro le petroliere iraniane del terminale petrolifero di Khark, che furono colpite pesantemente ma con la perdita di almeno un Tu-22.

Con la rivoluzione iraniana del febbraio 1979, esito finale di rivolte iniziate nel '78, lo Shah, già malato gravemente, dovette fare le valigie e trasferirsi all'estero, pilotando di persona uno degli aerei usati per l'esodo della sua famiglia e dei propri beni. Dopo questa rivoluzione popolare che cacciò il dittatore, però, iniziò una serie di eventi in cui l'unica struttura che si dimostrò adatta fu il clero islamico così che Khomeini tornò dall'esilio parigino. Le persone troppo colluse con l'occidente furono esiliate, imprigionate o fucilate. Molti erano ufficiali, specie dell'aeronautica ora ribattezzata IRIAF, ovvero forza aerea rivoluzionaria (e non imperiale). La cosa dava un certo livello di speranza agli irakeni di poter sconfiggere i potentissimi vicini, ma il passo fu troppo svelto. Ancora qualche anno e gli islamisti avrebbero praticamente annientato lo strumento militare. Ma nel 1980 non era ancora troppo tardi.

Così si arrivò all'inizio dei combattimenti diretti. L'inizio ufficiale fu il pomeriggio del 22 settembre, ma in realtà si stava già combattendo fin dal 4, che è considerato in Irak la data di inizio della guerra. Le aviazioni opposte iniziarono a supportare le proprie truppe, che per l'Iran significava anche supportare i propri soldati al Nord, dove combattevano contro i Kurdi, come sempre usati dalle due nazioni per combattere l'altra visto che c'erano sia in Iran che in Irak e in entrambe le nazioni avevano una loro volontà di indipendenza (per non parlare poi della Turchia). Vi furono presto anche i primi scontri aerei. Un F-14 si imbatté in una flotta di Mi-24 Hind irakeni, e tentò di ingaggiarli. Erano in volo a quote abbastanza basse da non riuscire ad acquisirli con il radar per tirare i missili Sparrow, non c'erano a bordo i Phoenix e due missili Sidewinder lanciati si schiantarono sulle dune infuocate dal calore. Così rimase solo il cannone Vulcan, con cui venne sferrato un attacco che schiantò al suolo uno degli apparentemente ignari Mi-24. Questa fu la prima vittoria registrata, attorno al 13 settembre, dagli F-14. La situazione era tale che agli irakeni venne assicurato da parte dei Sauditi e Kuwaitiani la vittoria contro l'apparentemente indebolito Iran, mentre gli americani cedevano i piani delle difese aeree per organizzare meglio un attacco aereo. A quel punto iniziò la manovra d'invasione nella zona del Khuzestan, in un punto dei circa 700 km di confine tra le due nazioni. Nel frattempo l'aviazione attaccava con parecchie sortite obiettivi fin nell'interno del Paese. Ma senza molto successo, e senza speranze di distruggere obiettivi così ben protetti e grandi come le bari aeree, malgrado che queste avessero la maggior parte degli aerei (come anche circa la metà degli elicotteri dell'Esercito) fermi a terra data l'impossibilità di usarli dopo la rivoluzione.

Ma gli iraniani reagirono molto rapidamente, già dopo 4 ore dall'attacco aereo irakeno che in tutto totalizzò circa 90 missioni aeree, per giunta esplicitamente contro le piste piuttosto che contro gli aerei parcheggiati, perdendo un'occasione utile per eliminarli. Il giorno dopo 140 aerei iraniani armati con bombe Mk.82 e BL755, pod ECM e altri equipaggiamenti moderni attaccarono pesantemente obiettivi in Irak: F-4D, E, F-5E ed F. I danni furono pesanti con poche perdite volando bassi sull'Irak. Per giunta, vi furono dei combattimenti aerei in cui gli Irakeni ebbero la peggio, perdendo il 25 settembre 5 MiG 21 e 23 vicino a Baghdad contro due Phantom danneggiati. Quel giorno vennero colpiti vari obiettivi, per esempio l'aeroportro di al-Hurriyah, vicino a Kirkuk.

I MiG-23 e i Tu-22 vennero usati per azioni molto in profondità, comunque sia, attaccando sia gli uni che gli altri Teheran. Ma le perdite dopo quasi una settimana di attacchi erano tali che l'IrAF dovette subire una forte battuta d'arresto. Nel frattempo gli irakeni erano penetrati di circa 60 km in territorio nemico trovando anch diverse città iraniane di confine nel loro percorso. A quel punto, con gli obiettivi strategici irakeni quasi annullati, venne usato il potere aereo contro le truppe di terra irakene, che vennero fermate e bloccate durante la loro avanzata. L'attacco irakeno salvò indubbiamente la vita di molti ufficiali iraniani spesso già imprigionati, che passarono direttamente dalle galere alle unità operative di carristi e caccia. Entro l'ottobre del 1980 l'avanzata irakena era stata fermata.

Dal 5 gennaio 1981 scattò un'offensiva iraniana che tuttavia venne frustata da un contrattacco irakeno. La forza iraniana comprendeva carri Chieftain e M60, ma subì una sconfitta netta dalla manovra dei reparti irakeni di T-62, che si mossero ai fianchi dei carri e ne causarono pesanti perdite, nonostante l'appoggio dei Cobra e dell'aviazione. Molti Chieftain vennero catturati e in seguito tali preziosi carri non vennero più usati per azioni d'attacco del genere. In ogni caso, dopo una certa riduzione delle operazioni, le Guardie Rivoluzionarie dell'Iran vennero supportate pesantemente dall'aviazione ed esercito nel settembre del 1982 riconquistando Khoramshahr, cosa che cacciò gli irakeni dal territorio iraniano. Nel 1983 le forniture di armi ripresero abbondantemente da Francia e URSS, mentre gli USA facevano il doppio gioco con forniture militari all'Iran (il famoso scandalo Iran-gate, con i soldi ricavati dalle forniture usati poi per finanziare i Contras del Nicaragua).

Al 1984 le forze iraniane erano abbastanza ben riorganizzate e con l'offensiva Kheibar le guardie rivoluzionarie ebbero un supporto costante di circa 100 missioni aeree della sola IRIAF, più quelle degli elicotteri. Dati i problemi di manutenzione dei tipi più moderni, gli F-5E erano i caccia oramai standard dell'IRIAF quanto a missioni aeree. Sempre nel 1984 aumentò la potenza degli attacchi contro le petroliere, la cosiddetta 'Tanker war', iniziata per colpire i traffici nemici dall'autunno del 1981. Questi attacchi furono pagati caro dagli Irakeni, date le difficoltà che incontravano, ma erano anche capaci di rendere il conflitto di proporzioni internazionali e quindi, alla lunga, a vantaggio irakeno data la minaccia che veniva vista nel governo rivoluzionario iraniano. Alla fine accadde persino che gli USA intervenissero direttamente contro gli iraniani, nonostante che l'attacco alla USS Stark era stato fatto dagli irakeni. Pare che in tutto gli Irakeni avrebbero avuto circa 600-800 missili Exocet, di cui circa 600 usati in 400 missioni d'attacco con 250 centri su circa 115 navi, anche se non certo tutte erano state distrutte. La percentuale del traffico era circa l'1%, ma i premi assicurativi e le tensioni in proporzione furono ben più pesantemente afflitti di quanto queste cifre possano far pensare, con tanto di ingresso nel Golfo di numerose marine occidentali. Nata nell'ottobre 1981, per il 1985 era diventata l'aspetto più importante della guerra e al contempo l'IRIAF era stata sia dispersa lungo la costa, sia rinforzata nel 1985-87 da aiuti americani e israeliani (proprio gli stessi che ora sarebbero interessati a sferrare un attacco contro l'Iran). L'offensiva principale fu la Valfajr-8, contro la penisola di Faw dell'Irak meridionale, dove dal 9 febbraio 1986 gli iraniani sferrarono un potente attacco di notevole successo. Durante gli attacchi irakeni di rimando, vennero persi 45 aerei ed elicotteri dovuti peraltro maggiormente alle difese dei missili HAWK e ai cannoni contraerei di vario tipo. I danni furono pesanti per l'IrAF e l'aviazione dell'esercito. Nel periodo 1974-86 di 160 Su-20 e 22 consegnati vennero persi circa il 50% del totale. L'uso di cannoni ZSU sovietici, comprati a suo tempo, assieme a missili HAWK fu certo la maggiore forza degli iraniani dell'epoca, che crearono a tutti gli effetti 'trappole aeree' sugli obiettivi che gli irakeni stavano attaccando. La reazione irakena fu quella di aumentare le ECM, introdurre i missili ARM e addestramento specifico per compiti di soppressione delle difese aeree, nonché missili e bombe plananti per tirare quanto più possibile fuori tiro nemico. Nel frattempo, nel Golfo, continuavano le operazioni aeronavali, con i P-3F iraniani che erano fondamentali per localizzare sia le navi da attaccare, che le forze internazionali da evitare.

Ma oramai anche Saddam Houssein era convinto che la guerra si poteva vincere anche diminuendo le pressioni politiche sull'aviazione, consentendole di essere quello strumento indipendente che poteva diventare, mentre i sovietici pensarono bene di vendere aerei più moderni di quelli che fin'allora avevano inviato in Irak, così da far cassa dati i loro problemi finanziari. Francesi ed Egiziani aiutarono l'addestramento dei reparti e così dal 1987 gli Irakeni cominciarono ad attaccare pesantemente sia obiettivi strategici che la sfida diretta ai caccia nemici, abbattendo qualche F-14 con i Mirage F.1 e con l'aiuto delle informazioni passate dagli americani, colpendo obiettivi come Khark, dove l'ultimo degli attacchi, il 18 marzo 1988, distrusse due superpetroliere, anche se gli irakeni persero 5 aerei tra cui 2-3 tra Tu-22B e MiG-25RB. I caccia F-14 continuavano a fare impressione per le loro capacità, anche se di attivi ce n'erano pochi. La loro azione permise di causare danni notevoli ai caccia irakeni, ma anche, in circa il 60% dei casi (spesso con l'aggiunta o l'alternativa degli F-4) di mettere in fuga gli aerei nemici. Oramai c'erano persino azioni d'attacco americane a causare problemi agli iraniani, come si sarebbe verificato in aprile, tanto che si verificò la singolare coincidenza dell'Operazione Praying Mantis con l'offensiva terrestre irakena che sconfisse gli iraniani a Faw, liberandola dall'occupazione iraniana. Il 3 luglio un Airbus fu 'per errore' colpito da un incrociatore americano AEGIS e il 19 luglio due F-14 vennero abbattuti dai Mirage F.1EQ-6. Alla fine la guerra, sia pure di misura, si può dire che la vinse l'Irak. Le sue lezioni furono tuttavia ignorate, più che altro perché c'era l'interesse a farlo. L'IRIAF era malvista dal regime islamico e i suoi uomini, per quanto avessero combattuto coraggiosamente, non erano certo le 'star' della situazione, tanto che se c'era modo, il merito dei successi contro gli aerei irakeni era preso dall'Esercito con le sue batterie contraerei.

Gli F-14 vennero ordinati in due lotti per 80 aerei, prima 30 e poi altri 50, già nel primo 1974, con consegne avvenute nel gennaio 1976, con due squadroni operativi già nel 1977. Nel 1978 venne costruito l'ultimo degli F-14 Tomcat iraniani, ma venne tenuto negli USA per testare un sistema di rifornimento in volo del tipo USAF. Dal '77 vennero usati anche per una campagna di tiri contro bersagli aerei a lungo raggio con i missili AIM-54, mentre 120 piloti e 80 operatori (RIO) venivano addestrati già come prima 'mandata'. Nell'ottobre del '78 i veloci MiG-25 da ricognizione, che erano la causa primaria della scelta degli F-14, ebbero un primo incontro, quando uno di essi venne sorpreso sull'Iran a mach 2 e 20.000 m localizzandolo con il radar per circa 2 minuti da parte di due F-14. I primi abbattimenti avvennero il 9 settembre 1980 e poi continuarono, iniziando a tirare missili Phoenix contro i MiG-25 con un primo attacco il 15 maggio 1981, senza abbattere l'aereo che scappò via a 2.800 kmh. Seguirono altri attacchi di successo, come il lancio record di 150 km contro un Mirage F.1 il 20 febbraio 1987. Spesso i Tomcat erano armati con armi più leggere, come uno-due AIM-54 e 4 AIM-9, oppure due AIM-54, due Sparrow e due Sidewinder per intercettare più efficacemente bersagli ad alte prestazioni, specie MiG-25. Alle altre volte invece decollarono con 6 missili Phoenix.

Nei primi 6 mesi pare chi i Tomcat colpirono oltre 50 vittorie aeree senza perdite. Nel 1982-86 erano spesso usati per azioni aeree di pattugliamento attorno a Khark o a Teheran, riforniti in volo dai Boeing 707 e in aria anche per dieci ore consecutive (4 rifornimenti in volo), il loro scopo era quello di scoprire gli aerei irakeni e di intimidirli. Subirono in contraccambio poche perdite, alle volte per incidenti o per errore da parte della propria contraerea. L'ultima azione importante che riuscirono ad ottenere fu il 9 febbraio 1988, quando uno di loro, il 3-6079 nell'arco di due ore ingaggiò e abbatté 3 Mirage F.1.

Gli americani erano tutt'altro che contenti di far ricordare al mondo che i loro migliori caccia erano stati venduti proprio all'Iran, i Francesi e i Sovietici erano invece non troppo entusiasti di ricordare come le difese iraniane, specie gli F-14 (ufficialmente e per lungo tempo considerati come 'non operativi' con i Phoeinx in quanto 'sabotati' con la rivoluzione, quando in realtà a tutt'oggi ne fanno uso), i Phantom e gli HAWK. Molto utili anche i Cobra e i piccoli F-5 dalla ridotta manutenzione richiesta per continuare a volare. In questo conflitto vennero largamente usati missili AAM a lungo raggio sia da una parte che dall'altra, altra cosa mai successa prima e in nessun caso in tale misura e con tali successi. L'Irak diede poi inizio all'uso 'moderno' di volare a media quota con l'uso di armi stand-off piuttosto che viaggiare a bassa quota con armi non guidate. Altre azioni degne di nota furono anche i missili balistici usati contro le città da entrambe le parti e lo stesso vale per gli attacchi ai reattori nucleari, che nel caso degli irakeni vennero colpiti anche dagli F-16 israeliani (Osirak, 1981). Questo conflitto vide persino l'uso di UAV armati (iraniani) che del resto erano stati pensati e sviluppati già negli anni '70 da parte iraniana. Nonostante questo e molto di più, la guerra tra Irak e Iran è rimasta essenzialmente un conflitto di cui molti hanno sentito parlare, ma mai in maniera corretta.

Praying Mantis[4][5]

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Tra le tante cose che ebbero luogo durante la lunga guerra tra Irak e Iran, l'aspetto navale, per quanto militarmente secondario, è stato invece di grande importanza in termini di politica ed economia. Gli irakeni e gli iraniani diedero origine, per la prima e unica volta nella storia, a quella che potrebbe essere definita 'Tanker war', la guerra delle petroliere. La singolarità di avere due nazioni entrambi forti produttrici di petrolio era in effetti tale, che per indebolirsi reciprocamente cercavano di colpire a vicende le proprie installazioni, a maggior ragione se si considera che esse erano entrambe collegate al resto del mondo soprattutto passando per il Golfo Persico. Ma mentre l'Iran era dominante lungo tutto il golfo, anche oltre lo stretto di Hormuz, l'Irak era limitato all'angolino superiore, in alto, un punto ben poco importante strategicamente e che era lontano dalle principali installazioni petrolifere iraniane, come quelle della penisola di Kharg, pesantemente difesa. Senza nemmeno una flotta degna di questo nome, l'Irak era effettivamente in grossi guai rispetto agli attacchi che l'Iran poteva portare alle navi cariche del suo prezioso petrolio.

I danni della FFG-58 S.Roberts

Buon per gli Irakeni che Teheran non avesse molti mezzi per attuare la possibilità, invero molto concreta, di chiudere lo stretto di Hormuz e rendere impossibile all'Irak l'impiego di navi petroliere, costringendolo ad esportare petrolio solo tramite la Giordania. In ogni caso, l'attività degli iraniani, pure dotati di una marina di tutto rispetto e di una potente aviazione, era spesso collegata piuttosto alle basi dei pasdaran, spesso basati con i loro barchini veloci in piattaforme petrolifere al largo. Per reagire a questa situazione, che tra l'altro aveva fatto impennare i premi assicurativi per le navi coinvolte nel traffico, vennero mobilitate molte marine occidentali, tra cui quella italiana, onde proteggere i mercantili. A maggior ragione quando si cominciò a trovare le mine navali.

Gli americani avevano l'Operazione Earnest Will con la portaerei USS Enterprise. Era il 14 luglio del 1988 quando la USS Samuel B. Roberts, una delle tante 'Perry', trovò al largo del Qatar tre mine ancorate. Un pilota iraniano di un Phantom li aveva persino avvisati del pericolo.

La F-73 IS Sahand, nel '77

Era un campo minato posato di recente, ma la nave era a quel punto nei guai e si accorse ben presto di essere circondata dalle mine. Una delle armi, una vecchia M08 sovietica, esplose a contatto del suo scafo causandole uno squarcio di oltre 6 metri e il ferimento di 10 marinai. La fregata lottò oltre 7 ore per restare a galla e si salvò, ma per un ordigno da 1.500 dollari ricevette un danno di 96 milioni di dollari, tanto per far capire che tipo di costo-efficacia hanno le mine navali. La colpa di questo campo minato venne data agli iraniani e Reagan ordinò una rappresaglia. La paternità delle mine era certa dato che erano simili a quelle ritrovate sul posamine IRAN AJAR, dove vennero sequestrate e distrutte. Due mine vennero anche bonificate dai cacciamine Loto e Castagno italiani, e disinnescate da artificieri belgi. La possibilità di reazione era varia, e venne scelta tra le varie opportunità dal presidente Reagan.

Ecco quindi la PRAYING MANTIS, l'operazione che venne lanciata contro 2 piattaforme petrolifere sospettate di essere la base dei Pasdaran e depositi delle loro armi (e magari, anche delle mine). Queste erano quella di Sassan, essenzialmente militare, e quella vicino all'isola di Sirri, usata sia per compiti estrattivi che per controllare il traffico navale. La data era il 18 aprile 1988.

3 gruppi di navi di tre navi l'una erano in azione e combatterono per 2 giorni. Le navi USS Merrill, McCormick e Trenton arrivaron alle 9 davanti a Sassan, intimando agli Iraniani di abbandonare la piattaforma. Questi spararono con una mitragliera da 23 mm, e continuarono la sparatoria mentre colpi da 127 mm gli venivano sparati contro. Poi, dopo che gli iraniani abbandonarono la piattaforma, una squadra di SEAL arrivò nella piattaforma e trovò 4 ZU-23, missili SA-7 e armi leggere. Poi con le cariche da demolizione venne fatta saltare la piattaforma dalle sue fondamenta.

L'azione contro Sirri vide coinvolta la formazione dell'incrociatore Wainwright e le fregate Bagley e Simpson, del tipo 'Perry' come la Roberts. La piattaforma aveva un cannone, che però non venne usato perché le navi erano fuori portata. Dopo le prime cannonate venne interrotta l'azione per permettere ad un rimorchiatore di recuperare i naufraghi, gettatisi in mare dopo le prime cannonate, mentre un SH-2 venne soggetto a mitragliamento da parte di alcune imbarcazioni delle vicinanze. Ad un certo punto la JOSHAN, nave tipo 'Combattante II' armata di 4 missili Harpoon, si avvicinò e nonostante l'ammonizione a non proseguire l'azione lanciò due dei missili contro l'incrociatore. Quest'attacco, proprio con armi americane, contro l'ammiraglia della flotta venne parato manovrando la prua verso il missile e usando le ECM, lo deviò dal suo obiettivo. Subito dopo quest'azione la USS Simpson lanciò 3 missili Standard SM-1 in modalità anti-superficie (o forse erano Harpoon, la descrizione è piuttosto confusa) e uno da parte del Wainwright, con tre centri pieni (wikipedia inglese riporta 4 e due missili rispettivamente), fino a quando venne colata a picco da un'altra nave, la Bagley, che la colpì con un missile. La piccola motocannoniera da 270 t era stata devastata dai missili SAM sulle sovrastrutture ed era fuori uso, per questo ebbe poi anche un missile Harpoon a bordo, quando oramai, volendo, era risparmiabile dato che non era più in grado di combattere. Infine venne anche cannoneggiata dalle navi americane e affondata. Poco dopo, l'incrociatore tirò subito dopo anche 6 missili SM-2 contro due Phantom in avvicinamento, che vennero costretti ad allontanarsi. Dalla base sul'isola di Abbar Mussa partirono almeno mezza dozzina di vedette veloci dei Pasdaran verso le piattaforme colpite, ma trovarono presto gli A-6 Intruder del VA-95 'Green Lizards' e gli A-7E del VA-22 e VA-94, tutti aerei del CVW-11 della ENTERPRISE. Vennero usate armi apparentemente poco sensate per il compito antinave (ma impiegate con successo anche contro i libici), ovvero CBU Rockeye, affondando almeno due o 3 battelli e costringendo gli altri ad allontanarsi. Dopo la reazione iraniana, lanciata contro obiettivi non protetti come il rimorchiatore Willie Tide e il campo petrolifero Mubarak, entrambi americani e al largo degli Emirati arabi uniti, e la petroliera britannica York Marine abbandonata in fiamme.

La F-73 IS Sahand affonda totalmente devastata dalle fiamme

Un altro gruppo navale era costituito dagli USS O'Brien, Strauss, Williams, che dovevano provocare a singolar tenzone le navi iraniane fuori dalla loro base principale di Bandar Abbas. Queste unità erano rappresentate principalmente dalle 4 fregate veloci 'Saam' costruite dalla Vosper britannica. Queste unità erano mezzi da 1.540 t di dislocamento a pieno carico, con un cannone da 114 mm Mk 8, 5 lanciamissili Sea Killer, lanciamissili Seacat e altre armi minori. Erano anche tra le poche navi che potevano superare in velocità le 'Lupo', raggiungendo i 39 nodi. Delle navi presero il mare due unità, la SAHAND e la SALABAN, cominciando da 8 ore dopo l'attacco americano. Anche se erano navi velocissime, non avevano molto da offrire in termini offensivi, con il cannone e i piccoli missili antinave che costituivano l'unica capacità offensiva delle navi. La prima delle due venne ammonita da un E-2C a non proseguire oltre, ma sparò delle cannonate a degli A-6 Intruder. Questi reagirono lanciando 4 GBU-10 a guida laser (con bombe Mk 84 da ben 907 kg) o forse delle AGM-123 Skipper su base Mk 83 (da 'soli' 454 kg nominali) anche due Harpoon; poi venne finita da uno o due missili Harpoon della USS Strauss: fu una vera demolizione per una piccola nave come questa, priva di difese antimissile, che andò in fiamme da prua a poppa affondando in una decina di minuti, avvolta in un fumo tanto denso che non si riuscì nemmeno a valutarne i danni. La SALABAN venne ingaggiata due ore dopo, alle 17, quando tirò 3 dei suoi inutili Seacat a corto raggio, il che provocò la reazione degli A-6 e A-7 delle CAP americane. I primi lanciarono una GBU-10 immobilizzando la nave, i secondi con le bombe Mk 82, Mk 83 e pare, una Walleye. Dalla USS Enterprise decollò una pattuglia di A-7 per distruggere la nave iraniana, ma dal Washington si pensava che c'era già stata una punizione più che sufficiente, il che provocò lo stop dal ministro della difesa Frank Carlucci, mentre la fregata iraniana era trainata a Bandar Abbas, ma non è stata mai riparata. il tutto venne definito dagli americani come una 'risposta misurata'. Nel frattempo, e forse non casualmente, sempre il 18 aprile gli Irakeni sferrarono un'offensiva nella penisola di Al-Faw con pesanti perdite per gli iraniani che vennero duramente colpiti.

Questa vera e propria battaglia navale è stata tra le poche combattute in maniera aperta, tra opposte marine, dell'era moderna, e forse l'unica in assoluto che ha visto navi e aerei americani combattere in maniera aperta contro altre unità navali a colpi di missili, per giunta entrambi della stessa origine. Questa battaglia dimostrò, come anche le battaglie contro la Libia del 1986, come le piccole navi missilistiche, per quanto pericolose, sono vulnerabili ad un attacco aereo ben condotto e non riescono a sopravvivere senza copertura aerea e senza effetto sorpresa, negato dagli aerei d'avvistamento radar che sorvegliano il tratto di mare interessato, che sia il Golfo o la Sirte. Queste battaglie provarono anche come le navi leggere siano vulnerabili alle armi di precisione americane, micidiali come al solito, ma non solo i missili antinave e quelli aria-superficie, ma anche missili SAM usati per compiti superficie-superficie, e anche bombe a grappolo o HE portate da moderni aerei (anche se non modernissimi) come gli A-7E; dall'altro lato dimostrarono come non necessariamente un solo colpo fosse sufficiente per distruggere il bersaglio, anche se forse più semplicemente si è trattato da parte degli americani di una tendenza all'overkill', tirando più missili del necessario, magari per partecipare all'affondamento di una stessa 'preda'. Tant'è che la Marina protestò contro l'ingerenza politica nel negare il colpo di grazia alla seconda fregata.

  1. Da Fré, Giuliano: La Madre di tutte le guerre, RID mar 2009 p.83-95
  2. Vedi Tom Cooper, Early Flogger in action, articolo del sito ACIG
  3. Armi da guerra n.30
  4. Jannetti, Fabrizio: Una risposta misurata, A&D giu 1988
  5. Fassari, Giuseppe: Operazione Prying Mantis, Aerei lu-ago 2004