Shoah e identità ebraica/Mein Kampf

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Mein Kampf, copertina dell'edizione 1926-28

Mein Kampf: un'ossessione antisemita

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Mein Kampf, il diario di Hitler, nasce dalla sconfitta e dall'umiliazione; sconfitta inizialmente della Germania nella prima guerra mondiale e in secondo luogo del suo tentativo personale di salire al potere a capo del putsch di Monaco nel 1923. Il putsch causò sedici morti tra i suoi compagni e Hitler incarcerato nella prigione di Landsberg per nove mesi (Hitler 1988, 2008:5). Dawidowicz descrive Mein Kampf come: "a vision of the apocalyptic conflict between the Aryans and the Jews" (1975:47). Certamente la preoccupazione all'interno del testo è per le differenze (razziali, sociali e culturali) tra i due gruppi. Ferocemente nazionalista, Hitler sostiene ripetutamente e con forza che come razza che si nasconde dietro la facciata di una religione, gli ebrei sono inevitabilmente "l'altro" e senza scopo o diritto all'interno della Germania: "Jewry has always been a nation of a definite racial character and never differentiated merely by the fact of belonging to a certain religion" (Hitler 1988, 2008:277).

 
Manifesto della mostra "Der ewige Jude (L'ebreo errante)", 1937

Come è stato dimostrato storicamente tipico dell'antisemitismo, il percorso verso la persecuzione nel regime nazista consisteva nel trasformare il popolo ebraico in un "altro" e nel tentativo di alienarlo dal resto della popolazione tedesca attraverso una campagna di distorta propaganda antiebraica. Un'ideologia derivata di cui si servirono i nazisti era la biologia e la scienza dell'eugenetica. Questa politica, come l'antisemitismo del diciannovesimo secolo prima di essa, era la distorsione della teoria darwinista e delle idee sull'inferiorità della razza come identità fissa e non malleabile. L'antisemitismo di Hitler, come lo rappresentava inizialmente, era un pregiudizio razziale. Costruito in opposizione all'idolizzato ariano, il popolo ebraico è discusso nel Mein Kampf come una razza, la cui resistenza attraverso le sue tribolazioni, aveva condizionato le sue capacità di sopravvivenza. "There is probably no other people in the world who have developed the instinct of self-preservation as the socalled ‘chosen’ people. The best proof of this statement is found in the simple fact that this race still exists" (Hitler 1988, 2008:271-72). Questo elemento razziale dell'ideologia nazista dell'antisemitismo è chiaro nel Mein Kampf di Hitler, dove il linguaggio e la rappresentazione visiva degli ebrei assunsero un pregiudizio razziale, con immagini e caratterizzazioni sempre più disumane e bestiali. Gli ebrei venivano spesso definiti parassiti, un'altra immagine adottata dal partito nazista in film di propaganda come Der ewige Jude (L'ebreo errante) uscito in Germania nel 1940 (Hippler 1940). I complessi e medievali pregiudizi antiebraici di Hitler derivano dalla sua iniziale categorizzazione razziale del popolo ebraico e dalla sua convinzione che l'ebraismo sia inconciliabile con la razza ariana. Hitler usò Mein Kampf per narrare le sue esperienze personali con gli ebrei, il suo crescente antisemitismo e per evidenziare l'"alterità" degli ebrei che egli aveva provato:

« Once, when passing through the Inner City, I suddenly encountered a phenomenon in a long caftan and wearing black sidelocks. My first thought was: is this a Jew? They certainly did not have this appearance in Linz. I watched the man stealthily and cautiously; but the longer I gazed at that strange countenance and examined it feature by feature, the more the question shaped itself in my brain: Is this a German? »
(1988, 2008:61-62)

Hitler, in questo brano come in molti in Mein Kampf, usa le tradizionali caratterizzazioni ebraiche come l'abbigliamento del caftano e i riccioli laterali (payot) per implicare una figura strana e arcaica, molto lontana dall'ideale ariano tedesco. Tuttavia, come ammette lo stesso Hitler qui, l'ebreo che descrive non assomiglia per niente agli ebrei della sua città di gioventù, Linz. Costruisce un personaggio, una figura, direttamente da un pezzo di propaganda o letteratura antigiudaica ora considerata antisemita come Il mercante di Venezia. "There were very few Jews in Linz. In the course of centuries the Jews who lived there had become Europeanized in appearance and were so much like other human beings that I even looked upon them as Germans" (Hitler 1988, 2008:58). Bauman ha discusso il problema con questo tipo di demonizzazione mitica dell'ebreo quale problema di correlare queste immagini agli ebrei che vivevano in tutta la Germania, che erano amici, vicini e colleghi dei tedeschi esposti a tale tipo di propaganda. I nazisti si servirono della graduale segregazione ed eliminazione degli ebrei all'interno di questa società per spersonalizzare l'ebreo, per rimuovere prove reali del carattere ebraico e accrescere l'indifferenza del popolo tedesco nei confronti della condizione di questa razza "altra" (Bauman 1999:187).

Come è stato esplorato e discusso da Said a proposito dell'Orientalismo e dell'"alterità", oltre a dimostrare ciò che loro, gli "altri", non sono, la teoria orientalista usa questa teoria (sebbene non specificamente in relazione alle identità ebraiche rispetto a quelle tedesche) come opposizione binaria per mostrare cosa sono i nativi, i buoni, i tedeschi. Mentre sviluppava una campagna sempre più maligna contro gli ebrei, Hitler stava contemporaneamente costruendo e celebrando la visione dell'ideale ariano. Con i capelli biondi, gli occhi azzurri e una figura atletica, il mitico ariano era l'esatto opposto dell'ebreo scuro e gobbo ed esacerbava le differenze tra il buon tedesco e il cattivo ebreo: "The Jew offers the most striking contrast to the Aryan" (Hitler 1988, 2008:271). Come l'immaginario pseudo religioso antisemita che paragona l'ebreo tedesco a Giuda nel suo aspetto mercenario, l'immaginario dell'ariano assume una visione quasi religiosa. Come Cristo alla tavola dell'Ultima Cena, aureolato di luce ed esageratamente occidentalizzato, l'ariano è lanciato in diretta contraddizione con l'ebreo oscuro e strisciante nella sua ombra, e istruisce la Germania che l'ebreo in mezzo a loro è un irrevocabile "altro": tutto ciò che il buon tedesco ariano non è, né dovrebbe esserlo. Mentre l'ebreo, secondo Hitler, è un pericoloso fardello per il popolo tedesco, l'ariano al contrario diventa eroico nella sua superiorità, romanticizzato e idolatrato nella retorica del Mein Kampf:

« He is the Prometheus of mankind, from whose shining brow the divine spark of genius has at all times flashed forth, always kindling anew that fire which, in the form of knowledge, illuminated the dark night by drawing aside the veil of mystery and thus showing man how to rise and become master over all beings on the earth. »
(1988, 2008:262)

Rendendo questa distinzione eccessivamente chiara, i nazisti potevano affermar meglio che eliminare l'ebreo "altro" quale macchia di una società ideale era per il bene del Reich. La segregazione degli ebrei dell'Europa occupata dai nazisti servì ad accrescere la credenza e l'apparenza della loro "alterità" e ad ampliare il divario fisico ed emotivo tra ebrei e gentili.


"Satana conduce il ballo" (1942) di Arthur Szyk. L'immagine prende in giro i principali leader delle Potenze dell'Asse della Seconda Guerra Mondiale (incluso Adolf Hitler), tra i quali si mischiano altri personaggi storici chiave e figure simboliche e allegoriche, tra cui la Morte e Satana.
  Per approfondire, vedi Interpretazione e scrittura dell'Olocausto.