Shoah e identità ebraica/Levi e Wiesel

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Primo Levi (c.1983)

L'ebreo d'Oriente e d'Occidente — Elie Wiesel e Primo Levi

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(IT)
« Sono ebreo perché quando nacqui fui iscritto come ebreo alla comunità ebraica di Torino. Ma non sono né osservante né credente. Tuttavia, sono consapevole di appartenere a una specifica tradizione e cultura. Mi sento italiano per tre quarti, o quattro quinti del tempo, a seconda delle circostanze. Ma quella piccola parte è molto importante per me. »

(EN)
« I am a Jew because when I was born I was registered as a Jew at the Jewish community of Turin. But I am neither observant nor a believer. Nonetheless, I am aware of belonging to a specific tradition and culture. I feel Italian for three fourths, or four fifths of the time, depending on the circumstance. But that little part is very important for me. »
(Primo Levi [Giuliani 2003:67])

L'affermazione di Primo Levi mostra l'ambivalenza con cui egli guarda alla sua identità ebraica e c onferma le complessità di uno studio che affronta la questione dell'identità religiosa. Levi scrive dal punto di vista di un ebreo occidentale non religioso proveniente da una famiglia assimilata, identificando il suo senso di ebraicità dopo l'Olocausto, il periodo della tarda Modernità. Quest'epoca segnò una distinzione più profonda tra le comunità ebraiche d'Europa, tra Oriente e Occidente. "Dal di fuori" della comunità ebraica queste differenze crollarono, a metà del XX secolo con l'emergere del fascismo e dell'antisemitismo che avrebbe dilagato in Europa, colpendo Primo Levi e la sua comunità in Occidente ed Elie Wiesel e la sua comunità in Oriente. Per approfondire il contesto e le opere degli autori, vengo a discutere qui di seguito i contesti personali di Primo Levi e Elie Wiesel. Ho stabilito un lignaggio letterario nel confronto tra Oriente e Occidente dell'Europa in cui situare gli scritti di Levi e Wiesel. Ho presentato il retaggio di Levi quale ebreo assimilato che si identifica con una cultura occidentale mettendolo a confronto con l'identità di Kafka. Aleichem e Singer sono stati da me discussi mettendoli alla base di un patrimonio letterario per Wiesel in relazione al loro contesto sociale, identità religiosa e alle questioni tematiche della loro letteratura. Sorgono interrogativi su come le storie familiari e culturali di ogni figura abbiano plasmato le loro identità ebraiche e creato un tale abisso sociale, religioso e culturale tra le loro identità fino al 1944, quando le loro vite dovettero convergere in modo così drammatico.

Levi e Wiesel: un confronto culturale

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Elie Wiesel (2009)

Le differenze comparabili nell'identità ebraica tra lo scrittore ebreo assimilato Kafka e i tradizionali, religiosi Aleichem e Singer, si riflettono nuovamente nella susseguente generazione di scrittori ebrei d'Europa, quelli che saranno direttamente colpiti dall'Olocausto — nel nostro caso, Primo Levi ed Elie Wiesel. Levi, come Kafka, rappresenta l'ebreo laico e assimilato dell'Europa moderna. Sebbene non fosse di madrelingua tedesca come Kafka, essendo Levi italiano, condivideva il contesto familiare kafkiano di genitori assimilati e una vita acculturata nel mondo gentile in cui viveva, lontano dalla cultura shtetlekh del suo pari dell'Europa orientale Elie Wiesel. A differenza di Kafka, Levi non abbracciò personalmente la sua cultura religiosa, rimanendo un ebreo non credente. Nella sua letteratura però tradisce a volte un senso di ambivalenza religiosa. Levi, come Wiesel, iniziò la sua carriera di scrittore solo dopo la sua liberazione da Auschwitz e il suo rimpatrio in Italia. Nei suoi ricordi retrospettivi della sua vita fino, durante e dopo l'Olocausto, presenta una preoccupazione ricorrente per le idee di fede religiosa e la sua mancanza di tale fede, nonostante sostenga a volte che la sua identità ebraica non fosse di importanza quotidiana. Va osservato, tuttavia, che le discussioni contemplative di Levi sulla fede sono probabilmente il risultato di un interesse esterno alla fede e alla credenza in Dio attraverso l'Olocausto e le domande che sono state spesso poste a Levi, come voce dell'ateismo ebraico. Mentre Levi non riesce a credere in Dio o a praticare l'osservanza religiosa, sembra incapace di prendere completamente le distanze dalle questioni di fede e di identità religiosa, così come Kafka si ritrovò incapace di accettare pienamente la decisa assimilazione del padre alla cultura laica ceca.

Wiesel, in quanto ebreo dell'Europa orientale, mostra diversi parallelismi con i suoi predecessori letterari Aleichem e Singer. Nacque in Romania da una famiglia religiosa di origine chassidica. Nel 1928, anno della nascita di Wiesel, la "Zona di residenza" era stata sciolta, ma la comunità in cui Wiesel visse con la sua famiglia fino alla loro deportazione ad Auschwitz-Birkenau nel 1944, era una devota comunità ebraica con al centro la Sinagoga. I paralleli tra Wiesel, Aleichem e Singer sono evidenti nella letteratura prodotta dai tre autori. Wiesel, come Singer, rappresenta nella sua letteratura le piccole comunità ebraiche della sua giovinezza. Molte delle storie di Wiesel sono ambientate nell'Europa orientale, spesso decenni o addirittura secoli fa e si concentrano su comunità di ebrei che vivono sotto la minaccia o si stanno riprendendo da pogrom antiebraici. L'opera di Singer, scritta all'epoca e all'indomani delle atrocità naziste, guarda anche alle tradizionali comunità ebraiche dell'Europa orientale, l'Europa lasciata da Singer, decimata dall'Olocausto solo un decennio dopo. La letteratura di Aleichem è generalmente più ottimista e spensierata di quella di Singer e Wiesel. Ciò che Aleichem condivide con Wiesel, tuttavia, è un dialogo con Dio attraverso il mezzo della storia e attraverso la voce del personaggio. La figlia di Aleichem spiega di Tevye, uno dei personaggi più noti di suo padre:

« Though Tevye's faith in God is an active force in his life, he is continually needling Him for the injustice with which He administers the world. [...] "With God's aid, I starved to death ... A Jew must hope, keep hoping, and if in the meantime his life is full of grief and disaster, well that is what we are Jews for, chosen, from all the peoples of the world, all of them envying us." »
(Aleichem 2009:6-7 citato in Waife-Goldberg 1968:145)

Tevye può essere presentato come la figura di Aleichem trasformata in un personaggio immaginario. Tevye è un ottimista che è afflitto dalla sfortuna ed è vittima della sua stessa ingenuità, e Dio diventa il bersaglio delle sue lamentele e delle sue paure: "And where was God, the Old Jewish God? Why was He silent? How could He allow such a thing? How could it be, and again, how could it be?" (Aleichem 2009 Tevye the Dairyman:120). A differenza della moderna figura di Giobbe del ventesimo secolo, il discendente letterario di Aleichem Wiesel, Tevye, nonostante tutte le sue lamentele e disgrazie, rappresenta l'ottimismo e la fede del suo creatore Aleichem. Il confronto si colloca nel quadro letterario di un dialogo teologico tra il Dio onnipotente ebraico delle Scritture e l'ebreo sofferente attraverso i secoli. Questa messa in discussione della volontà di Dio e del trattamento che subiscono gli ebrei trova un'eco forte nella letteratura di Wiesel, "the twentieth-century Job". "Why should I sanctify His name? The Almighty, the eternal, the terrible Master of the Universe, chose to be silent" (Wiesel Night:33). Mentre Tevye è in definitiva un ottimista che parla a Dio in modo provocatorio, l'interrogatorio di Wiesel è un "cri de coeur". Esasperato dall'esperienza dell'Olocausto, Wiesel usa la sua letteratura come un modo per esprimere la sua agonia e la sua rabbia contro Dio, allo stesso modo in cui Giobbe sfidò Dio quando spinto al limite emotivo dalle sue tribolazioni. I sentimenti di fondo di questi due uomini sembrano molto diversi, ma sono paragonabili in quanto entrambi usano il mezzo probabilmente "sicuro" della letteratura e la voce di un personaggio (anche se spesso il personaggio è se stesso, nel caso di Wiesel) per parlare, interrogare e condannare Dio, pur mantenendo la loro fede personale in tale Dio. Nel caso di Wiesel sembra che, fornendo più della semplice opportunità di testimoniare la sua esperienza dell'Olocausto come ha fatto la sua opera iniziale, la sua letteratura sia un veicolo attraverso il quale esplorare la sua complessa identità ebraica.

Negli anni prima della sua morte Levi compilò un'antologia di opere letterarie che lo avevano influenzato e ispirato. Tra quelli discussi da Levi c'era Tevye the Dairyman (Tewje il lattivendolo) di Aleichem. Nel discutere la sua scelta di Aleichem come influenza, Levi riconosce la differenza di cultura e contesto dei due scrittori: "His range is limited; eastern Judaism at the turn of the century, in full transitional crisis, from its isolation in the country to its urban, bourgeois integration" (Levi Search:147). Ciò che Levi percepisce nella letteratura di Aleichem, la "crisi di transizione", è un aspetto dell'identità ebraica che potrebbe essere tipicamente attribuito ai conflitti di un'identità occidentale assimilata, più simile a come Levi e Kafka prima di lui potevano sperimentare le rispettive identità. "In his own way, Tevye senses the fracture that divides the world, he is himself sadly divided: in so far as he is a Jew of the Diaspora his destiny is to be wrenched in two" (Levi Search:147). Levi legge l'identità di Tevye come divisa tra l'essere ebreo e l'essere russo, ma non vede esplicitamente la propria identità come divisa tra l'essere ebreo e l'essere italiano. Levi riassume la sua discussione su Aleichem scrivendo "Tevye exists no longer: the gas of Auschwitz and Stalin's camps have destroyed him" (Levi Search:148). Sebbene Wiesel e molti ebrei dell'Est siano sopravvissuti ai campi, il vasto impoverimento delle popolazioni ebraiche dei paesi orientali attraverso la Shoah e il gran numero di emigrazioni in America e in altri paesi dopo la guerra, fecero sì che la comunità ebraica del contesto e dell'immaginazione letteraria di Aleichem, dovesse cambiare negli anni successivi alla sua morte nel 1916. Nonostante il commento di Levi su Aleichem e il suo riconoscimento dell'ebraicità che lega i due uomini, una "remota parentela ebraica" nelle parole di Levi, questi non fa alcun riferimento alla vittimizzazione di Tevye o alla persecuzione della comunità di Aleichem (Levi Search:6). Levi si impegnò nuovamente con il suo retaggio ebraico dell'Europa orientale in Se non ora, quando? (If Not Now) e ancora una volta scelse di concentrarsi sullo spirito combattivo dei partigiani ebrei come risposta alla loro persecuzione. Il lignaggio della vittimizzazione che ebbe inizio con Giobbe e collega Aleichem con Wiesel in Oriente, è chiaramente un prodotto della politica e della storia del trattamento dell'Oriente nei confronti dei suoi cittadini ebrei. Mentre Levi come ebreo condivide questa eredità in una certa misura, la sua identità occidentale assimilata è molto più prevalente nella sua letteratura e lo separa da Wiesel.

(IT)
« Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando? »

(He)
«  אם אין אני לי, מי לי? וכשאני לעצמי, מה אני? ואם לא עכשיו, אימתיי? »
(Rabbi Hillel, Pirkei Avot 1:14)


  Per approfondire, vedi Interpretazione e scrittura dell'Olocausto e Serie letteratura moderna.