Indice del libro


Testo modifica

(LA)
« 

Si quicquam[1] mutis gratum acceptumue sepulcris
     Accidere a nostro, Calue, dolore potest,
Quo desiderio ueteres renouamus amores
     Atque olim missas flemus amicitias,
Certe non tanto mors immatura dolori est[2]
     Quintiliae, quantum[3] gaudet[4] amore tuo.

 »
(IT)
« 

Se dal nostro dolore, Calvo, può giungere
qualcosa di gradito e accetto alle mute tombe,
col desiderio con cui rinnoviamo gli antichi affetti
e piangiamo le amicizie un tempo perdute,
di certo non tanto la morte prematura è motivo di dolore
per Quintilia, quanto ella gode del tuo amore.

 »
(Fonte: → Wikisource )

Note al testo

  1. Pronome indefinito usato solo in frasi negative.
  2. Doppio dativo, retto dal verbo sum. Quintiliae è dativo d'interesse e dolori dativo di fine.
  3. non tanto... quantum sono correlativi
  4. Verbo semideponente. Regge l'abl. amore tuo.

Analisi stilistica modifica

  • Il genere della poesia: lirico.
  • La metrica della poesia: distico elegiaco.
  • Le figure retoriche della poesia: iperbato al v. 1, mutis... sepulcris, e al v. 2, nostro... dolore; omoteleuto al v. 3, veteres renovamus amores, e al v. 4, missas flemus amicitias. Enjambement ai vv. 5-6.
  • Il linguaggio della poesia: alto e colto.

Sintesi della poesia modifica

Catullo cerca di consolare l'amico Calvo per la perdita dell'amata moglie Quintilia.

Il tema modifica

I temi del componimenti sono: l'enorme dolore causato dalla morte dei nostri cari; l'indissolubilità del legame che unisce anche dopo la morte coloro che si sono amati in vita, quindi anche la sopravvivenza dell'amore e dell'amicizia oltre la morte.

Il messaggio modifica

L'amore sincero che c'è stato in vita non si perde con la morte. Il poeta stesso, seppure in un carme incentrato sulla morte, sottolinea il tema della sopravvivenza dell'amore e dell'amicizia, parole che ricorrono in fin di verso per ben tre volte (vv. 3, 4, 6).

Il poeta Foscolo, all'inizio dell'800, riprenderà nel suo celebre carme Dei Sepolcri il tema dell'indissolubilità del legame tra i vivi e i cari ormai defunti, cfr., ad esempio, vv. 26-33: Non vive ei forse anche sotterra, quando/ gli sarà muta l'armonia del giorno,/ se può destarla con soavi cure/ nella mente de' suoi? Celeste è questa/ corrispondenza d'amorosi sensi,/ celeste dote è negli umani; e spesso/ per lei si vive con l'amico estinto/ e l'estinto con noi, [...]; vv. 41-42: Sol chi non lascia eredità d'affetti/ poca gioja ha dell'urna.