Indice del libro


(LA)
« 

Dicebas quondam solum te nosse[1] Catullum,
    Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.[2]
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
    Sed pater ut gnatos diligit et generos.[3]
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
    Multo mi tamen es vilior et levior.
"Qui[4] potis est?" inquis. Quod amantem iniuria talis
    Cogit amare magis, sed bene velle minus.[5]

 »
(IT)
« 

Un tempo dicevi di conoscere solo Catullo,
  o Lesbia, e di non voler possedere neanche Giove.
Quindi ti amai, non solo come il popolo ama un'amante,
  ma come un padre ama i figli e i generi.
Ora ti ho conosciuto: anche se brucio più ardentemente,
  tuttavia per me sei molto più spregevole e molto più subdola.
"Com'è possibile?" tu chiedi. Perché un tale tradimento costringe l'amante
  ad amare di più ma a voler bene meno.

 »
(Fonte: → Wikisource )

Note al testo

  1. Forma contratta per novisse.
  2. Cfr. LXX, 2.
  3. Ordina: sed ut pater diligit gnatos et generos. Gnatos sono i figli naturali, generos quelli acquisiti.
  4. Avverbio interrogativo equivalente a Quomodo?
  5. Cfr. LXXV, 3-4.

Analisi stilistica

modifica

Sintesi della poesia

modifica

Il tema

modifica

Nonostante le ripetute promesse di fedeltà, Lesbia ha tradito il patto d'amore fatto con il poeta. Dopo il tradimento nel poeta si è acceso un contrasto sentimentale davvero paradossale. Infatti tanto più cresce il disprezzo verso Lesbia ed in maggior misura si accende in lui un forte desiderio fisico, nonostante la fiducia nei confronti della donna è compromessa. Catullo se pur con dolore deve accettare che il suo amore sia diventata singola passione, lontana dalla sua idea dell'amore, ma probabilmente più vicina al pensiero di Lesbia.

Il messaggio

modifica