Carmina (Catullo)/13
TestoModifica
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Cenabis bene, mi Fabulle, apud me |
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(Fonte: → Wikisource
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Note al testo
- ↑ L’unguentum di cui si parla al v. 10 è un profumo, che ai tempi di Catullo non erano su base alcolica, ma oleosa. Catullo promette una boccetta di unguento all’ospite perché era buona norma che il padrone di casa offrisse un dono a chi veniva ospitato
Analisi stilisticaModifica
Nei versi 2/3 è presente l’enjambement, là dove la frase viene spezzata con un a capo per dare un senso di suspense o, semplicemente, per mettere in rilievo una parola Nelle parole sale et omnibus cachinnis (v.4) è presente una metafora ovvero quando usi delle parole in senso figurato per intenderne altre. Esprime l'arguzia delle battute di spirito che allietavano i banchetti. Il secondo emistichio del v.12 "Veneres Cupidinesque" è identico a quello del carme 3, scritto in commemorazione del passer di Lesbia: Lugete Veneres cupidinesque.
Sintesi della poesiaModifica
Ironico invito a cena. Formalmente perfetto: Catullo garantisce un'accoglienza fraterna e un apophoreta (boccetta di unguento), perché era buona norma che il padrone di casa offrisse un dono a chi veniva ospitato. Ma è troppo povere per garantire anche la cena.
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