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Testo modifica

(LA)
« 

Furi et Aureli, comites Catulli,
Siue in extremos penetrabit Indos,
Litus ut longe resonante Eoa
          Tunditur unda,

Siue in Hyrcanos Arabesue molles,
Seu Sacas sagittiferosue Parthos,
Siue quae septemgeminus colorat
          Aequora Nilus,

Siue trans altas gradietur Alpes
Caesaris uisens monimenta magni,
Gallicum Rhenum, horribile aequor, ulti-
          mosque Britannos,

Omnia haec, quaecumque feret uoluntas
Caelitum, temptare simul parati,
Pauca nuntiate meae puellae
          Non bona dicta.

Cum suis uiuat ualeatque moechis,
Quos simul complexa tenet trecentos,
Nullum amans uere, sed identidem omnium
          Ilia rumpens;

Nec meum respectet, ut ante, amorem,
Qui illius culpa cecidit uelut prati
Ultimi flos, praetereunte postquam
          Tactus aratro est.

 »
(IT)
« Furio e Aurelio, compagni di viaggio di Catullo,

sia che si spinga tra gli Indi lontanissimi, dove il lido è battuto dall'onda lungi risonante d'oriente,

Sia tra gli Ircani, sia tra gli Arabi molli, o tra i Pagi, o i Parti armati di frecce, o ai Mari che il Nilo dalle sette bocche colora,

Sia che valichi le alte Alpi, per vedere le grandi imprese di Cesare, il Reno Gallico, il terribile Oceano, gli estremi Britanni,

Pronti insieme ad affrontare tutte quelle cose che porterà la volontà degli Dei, annunciate alla mia donna, poche non buone parole.

Viva e se la goda con i suoi amanti, che in un abbraccio ne tiene trecento tutti in una volta non amando nessuno veramente, ma rompendo i fianchi continuamente;

E non guardi come prima al mio amore, che per colpa sua è caduto, come un fiore ai bordi del prato, dopo che è stato travolto da un aratro che passava.

 »
(Fonte: → Wikisource )

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