Taumaturgia messianica/Capitolo 15
Gesù calma la tempesta (Matteo 8:23-27)
modificaLa potenza del regno di Dio si estende al mondo della natura. Gesù ha autorità sulla tempesta e sulle onde, come indicato nel racconto di Matteo:
Alla fine del racconto, i discepoli chiesero: "Che uomo è mai questo...?" Alla luce del resto del Vangelo di Matteo, la risposta è che Gesù è davvero un uomo, ma è anche il Figlio di Dio che condivide il carattere di Dio insieme al Padre e allo Spirito Santo (Matteo 28:19). Solo Dio può controllare i venti e il mare (Salmi 107:23-32).[1] Questo miracolo testimonia la natura divina di Gesù.
Il significato della Potenza
modificaQuindi, come tutti i miracoli, questo miracolo è una dimostrazione di potenza. Ma visto come i miracoli servono come segni di redenzione, possiamo chiederci se anche questo lo sia. La calma del mare mostra semplicemente la potenza pura e nient'altro?
L'occasione è significativa. I discepoli erano sulla barca insieme a Gesù. La barca era "ricoperta dalle onde". I discepoli temevano che la barca e tutti coloro che erano in essa stessero per affondare. Esclamarono: "Salvaci, Signore, noi periamo!". Chiesero di essere salvati dal "perire", dalla morte fisica per annegamento in mare. La narrazione solleva la questione fondamentale della vita e della morte.
Il contesto più ampio della storia della redenzione è un contesto in cui la questione della vita e della morte è di grande importanza. Sin dalla caduta nel peccato, tutta l'umanità è stata soggetta alla pena di morte. Alla fine moriamo tutti. La tempesta presenta una forma intensa e drammatica della minaccia di morte. Ma in senso lato la minaccia di morte è sempre presente. La sua minaccia appartiene alla situazione esistenziale che tutti noi dobbiamo affrontare. Sappiamo anche, dalla discussione in Genesi 3 sulla caduta, che la morte fisica è emblematica della morte spirituale nella separazione da Dio.
Quindi il miracolo di Gesù non è semplicemente un'esibizione della sua potenza. È anche una dimostrazione del suo potere di salvare le persone. Opera il miracolo in favore di persone che stanno per sprofondare nella morte.
Il simbolismo dell'acqua
modificaLa situazione drammatica delle acque è un'immagine efficace della minaccia di morte. Gli esseri umani non possono vivere nell'acqua: anche un buon nuotatore alla fine annegherà se non riesce a raggiungere la terraferma, e l'acqua tempestosa è più minacciosa sia per i nuotatori che per i non nuotatori. Sprofondare nell'acqua è come sprofondare nella tomba, negli inferi. Di conseguenza, l'esperienza di Giona sceso in mare e sott'acqua nel ventre del pesce funziona come un'esperienza metaforica di morte e resurrezione per Giona. Di conseguenza Gesù si riferì a Giona nel profetizzare la sua morte e risurrezione letterali:
Più in generale, la Bibbia usa spesso il simbolismo delle acque per descrivere la minaccia di morte:
Così, quando Gesù salvò i discepoli dalla tempesta, questo salvataggio indicò al di là delle acque il problema più grande della morte. Il miracolo simboleggia Gesù che salva i discepoli dalla morte in modo permanente. E la morte da cui li salva comprende non solo la morte fisica ma anche la morte spirituale. Attraverso di lui veniamo ad essere uniti nella comunione con Dio, che è la sorgente della vera vita, la vita eterna.
Questo tema della liberazione dalla morte ha una connessione con l'incontro stesso di Gesù con la morte e la vita, nella sua morte e risurrezione. Per noi Gesù soffrì la morte. E ora che è risorto, la sua nuova vita appartiene non solo a lui personalmente, ma anche a noi che crediamo in lui. Egli è stato "dato per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione" (Romani 4:25). È stato consegnato alla sofferenza e alla morte perché i nostri peccati meritavano la morte. Egli fu risuscitato affinché una nuova vita potesse giungere a noi (Romani 6:3-4). In quella nuova vita lo serviamo con lode e diamo gloria a Dio.
Possiamo riassumere il significato di questo miracolo usando il Triangolo di Clowney per la tempesta calmata (fig. 29).
Applicazione
modificaUn'applicazione alla salvezza dal peccato è naturale ed è organicamente collegata alla storia, perché, nel contesto di Matteo, la storia è collegata al compimento della salvezza nella morte e risurrezione di Cristo. E per disegno di Dio, la sua morte e risurrezione avvennenon solo per lui, ma anche a beneficio di quanti credono in lui e a lui sono uniti.
Ho sentito alcune persone ironizzare sui predicatori che usano questa storia per parlare delle "tempeste della vita". I critici osservano giustamente che la storia parla di una tempesta sul mare di Galilea durante la vita terrena di Gesù, non di "tempeste" metaforiche, di problemi e angosce che affliggono le persone moderne. Ebbene sì, la storia parla di un evento reale che ebbe luogo a quel tempo e luogo. A rigor di termini, l'evento non si è mai ripetuto.
Ma è anche vero che una storia come questa ha un significato più grande, perché il regno di Dio e l'opera salvifica di Dio attraverso Cristo hanno un'unità organica. Il principio della salvezza dal peccato e dalla morte appartiene al regno di Dio nel suo insieme. I problemi e le angosce su piccola scala nella vita della gente comune non sono allo stesso livello di una minaccia immediata e pressante di morte fisica. Ma tali disagi rappresentano comunque minacce. In risposta alle minacce, chiediamo a Dio attraverso Cristo di liberarci.
Quando riceviamo una liberazione su piccola scala, è un piccolo passo che appartiene alla liberazione globale che la salvezza rappresenta. La salvezza è olistica. È giusto mantenere la nostra attenzione sull'opera centrale di Cristo e sulla liberazione centrale dal peccato e dalla morte. È anche giusto comprendere che l'opera centrale di Cristo ha implicazioni per la nostra vita quotidiana:
Man mano che cresciamo nell'apprezzare queste implicazioni, dovremmo crescere anche nell'onorare Dio e lodare il suo nome.
Note
modificaPer approfondire, vedi Ecco l'uomo, Gesù e il problema di una vita, Indagine Post Mortem e Serie cristologica. |
- ↑ Satana fu coinvolto nel vento che colpì la casa dove si trovavano i figli e le figlie di Giobbe. Ma questo avvenne solo con il permesso di Dio (Giobbe 1:12,21).