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In Italia pressoché tutti gli idiomi parlati insieme all'italiano, con esclusione delle dodici minoranze linguistiche riconosciute dall'art. 2 della legge 482/99 in attuazione dell'art. 6 della Costituzione, sono chiamati dialetti italiani. Tale definizione è tuttavia vaga e controversa.

I gruppi linguistici presenti in Italia:

██ Lingua francoprovenzale

██ Lingua occitana

██ Lingue gallo-italiche

██ Lingua veneta

██ Dialetto sudtirolese

██ Lingua friulana e lingua ladina

██ Lingua slovena

██ Dialetto toscano

██ Dialetti italiani mediani

██ Dialetti italiani meridionali

██ Lingua siciliana

██ Lingua sarda

██ Lingua corsa

Esistono dialetti che condividono con l'italiano una forte somiglianza tipologica, la condivisione di tratti fonetici e la mutua intelligibilità; tale è soprattutto il caso dei dialetti toscani, dai quali peraltro l'italiano deriva. Per quanto parlato in Francia, il corso è, da un punto di vista strettamente tipologico, linguisticamente assimilabile a un dialetto toscano e quindi a una varietà d'italiano. Tuttavia, a causa dell'influenza culturale e politica francese, il corso si emancipò progressivamente da tale ipoteca e si tende ora a considerarlo come lingua a sé,[1] nonostante tipologicamente rimanga affine all'italiano al pari dei dialetti toscani.

Assieme alle lingue autoctone che si associano all'italiano per prossimità tipologica, vi sono dialetti che discendono dall'impianto dell'italiano standard nelle regioni in cui non era parlato. Tali dialetti si sono sviluppati in seguito alla diffusione massiccia della lingua ufficiale, a partire dall'Ottocento e ancor più dal Novecento. Si tratta di accenti che l'italiano ha assunto presso le comunità in cui è tuttora praticata diglossia con la lingua locale, oppure di più complesse flessioni, che raccolgono elementi residuali lasciati dalla lingua originale di quei luoghi, la cui estinzione va al passo con il processo di deriva linguistica. Solo quest'ultima categoria di accenti e flessioni si può associare allo stereotipo del dialetto come un parlare italiano corrotto; si tratta di una profonda inesattezza quando lo si associa invece a parlate native che semmai sono, al pari di ogni altro idioma romanzo, evoluzioni locali della lingua latina, e non costituiscono quindi la "corruzione" di una variante standard corrente. La summenzionata variazione dell'italiano viene distinta socialmente (italiano popolare) e geograficamente (italiani regionali).[2]

Si tratta quindi di chiamare dialetti italiani nel senso di "varianti dell'italiano" solo le variazioni del tipo linguistico italiano, in base alle collocazioni geografiche e sociali, e le parlate native prossime all'italiano standard.

Sul territorio italiano quindi sono stati individuati altri tipi linguistici oltre al tipo italiano, i quali sono composti a loro volta da dialetti, che tuttavia non sono dialetti dell'italiano in senso stretto (cioè varianti), poiché derivano direttamente dal latino e hanno sviluppato l'autonomia del loro tipo linguistico, a prescindere dalla più o meno marcata coesione interna. Ciascun tipo autonomo rispetto all'italiano e rispetto agli altri tipi è considerato dai linguisti una lingua romanza a tutti gli effetti, ed è separata dal dominio dell'italiano.[3]

Per quanto riguarda il riconoscimento, le lingue non-romanze sono facilmente distinguibili, mentre le altre lo sono meno poiché generalmente si trovano in continuum linguistico con il sistema delle lingue romanze. Le lingue romanze riconosciute dallo stato italiano nella loro autonomia sono sardo, catalano, francese, occitano, franco-provenzale, friulano e ladino. Queste vengono chiamate lingue minoritarie ai sensi della legge 482/99,[4] perché si considera che facciano riferimento a modelli romanzi esterni allo Stato italiano (come francese, catalano, occitano e franco-provenzale), o per altre ragioni spesso dibattute (storiche, autonomistiche, di assenza del continuum, ecc: sardo, friulano e ladino).[5]

Le altre lingue romanze non sono riconosciute dallo Stato, e ne manca quindi una classificazione ufficiale sul piano politico. I linguisti tendono ad identificarne cinque gruppi oltre al sistema dei dialetti toscani (quest'ultimi pienamente riferibili all'italiano):

  1. gallo-italico (comprende il piemontese, lombardo, emiliano-romagnolo e ligure nonché parte dei dialetti trentini),
  2. veneto (oltre a buona parte del territorio veneto comprende i dialetti della Venezia Giulia e numerose parlate della costa istriana, nonché parte dei dialetti trentini),
  3. italiano mediano (comprende parte dei dialetti delle Marche e dell'Abruzzo, i dialetti umbri e buona parte di quelli laziali),
  4. italiano meridionale comprende buona parte dei dialetti di Abruzzo, Molise, Lazio Borbonico, Campania, Puglia (ad eccezione del Salento), Basilicata e Calabria settentrionale,
  5. italiano estremo-insulare (comprende, oltre al siciliano, anche il dialetto Salentino e quelli della Calabria meridionale).

Il motivo per cui queste lingue non sono riconosciute, sebbene non siano assimilabili all'italiano, è dibattuto.

  1. Quali sono i dialetti dell'italiano? Comitato per la salvaguardia dei patrimoni linguistici
  2. Carla Marcato, Dialetto, Dialetti, Italiano. Bologna: Il Mulino, 2002.
  3. Roberto Bolognesi, Matteo Incerti, Le Lingue parlate nel territorio dello Stato italiano, su homolaicus.com.
  4. Legge 15 dicembre 1999, n. 482 "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", su parlamento.it, www.parlamento.it. URL consultato il 12 maggio 2012.
  5. Bonamore, Daniele (2006). Lingue minoritarie Lingue nazionali Lingue ufficiali nella legge 482/1999, Editore Franco Angeli, p.16