Pensare Maimonide/Sacrifici

Indice del libro

Il problema dei sacrifici e la scala di Maimonide
Maimonide nella sua Guida dei perplessi, ritrae i sacrifici come uno stratagemma per cui Dio reindirizza i sacrifici per ripudiare le pratiche idolatriche prevalenti all'epoca. Nella Mishneh Torah, tuttavia, Maimonide afferma che il messia ricostruirà il Tempio e ripristinerà i sacrifici come una volta. In che modo le due opere di Maimonide sono riconciliabili?

Frontispizio miniato della "Mishneh Torah" di Maimonide, Libro XII, 1296
Frontispizio miniato della "Mishneh Torah" di Maimonide, Libro XII, 1296

Le contraddizioni tra Guida e Mishneh Torah

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Maimonide sembra esprimere due opinioni contraddittorie sull'importanza dei sacrifici. Il problema è ben noto, quindi qui offrirò solo uno schema di base. Nella sua Guida dei perplessi,[1] Maimonide descrive i sacrifici come uno stratagemma con cui Dio reindirizza i tipi di rituali ai quali il popolo di Israele era abituato al proprio servizio e li adatta per farli diventare un ripudio dimostrativo delle pratiche e idee idolatre prevalenti a quel tempo. Ciò implica che i sacrifici non abbiano alcun valore intrinseco e che una volta che il mondo passa oltre questa forma di adorazione, gli ebrei non hanno più bisogno della propria versione.[2]

Nel suo codice di halakhah, la Mishneh Torah, tuttavia, Maimonide afferma in modo inequivocabile che il messia ricostruirà il Tempio e ripristinerà i sacrifici come una volta (Shofetim, "Leggi dei Re e della Guerre", 11:1).

(IT)
« In futuro, il re messianico sorgerà e ripristinerà il Regno della Casa di Davide al suo posto come sovrano, e costruirà il Tempio e radunerà gli esiliati ebrei, e durante il suo tempo, tutte le leggi saranno ristabilite così come erano prima: saranno offerti sacrifici e [il popolo] manterrà gli anni sabbatici e giubilari nella forma in cui sono descritti nella Torah. »

(He)
« המלך המשיח עתיד לעמוד ולהחזי’ מלכו’ בית דוד לישנה הממשלה הראשונה ובונה המקדש ומקבץ נדחי ישראל וחוזרין כל המשפטים בימיו כשהיו מקודם מקריבין קרבנו’ ועושין שמטין ויובלות ככל מצותה האמורה בתורה. »
(Shofetim, "Leggi dei Re e della Guerre", 11:1)

L'ebreo deve vivere in attesa di ciò altrimenti essere considerato un eretico (ibid.). Di conseguenza, Maimonide dedicò due dei quattordici libri della Mishneh Torah al Tempio e ai sacrifici in tutti i loro dettagli, oltre a un altro libro alle leggi accessorie della purezza.[3] Ma sulla base del resoconto della Guida, il revival dei sacrifici rappresenterà sicuramente una regressione molto spiacevole.

Maimonide contro se stesso

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La contraddizione tende a far schierare le persone da una parte o dall'altra. A seconda delle loro posizioni ideologiche, i commentatori adottano o Maimonide il rabbino della Mishneh Torah, che si aspetta il ripristino dei sacrifici in futuro, o Maimonide il filosofo della Guida dei perplessi, che sembra considerarli una cosa del passato.

Ad esempio, Rabbi Moshe Nahmanide (1194-1270) censurò Maimonide per le opinioni espresse nella Guida[4] e, ai giorni nostri, il rabbino J. B. Soloveitchik (1903-1993) ha supportato Nahmanide:

« Qualunque sia il merito dell'interpretazione di Nahmanide, una cosa è chiara. Filosoficamente è di gran lunga superiore alla spiegazione di Maimonide. Mentre l'aspetto causalistico di Maimonide nella Guida è puro strumentalismo, l'interpretazione di Nahmanide penetra nel complesso concetto del sacrificio stesso.[5] »

Presumendo che il Maimonide autentico si trovi nella Mishneh Torah, Russell Hendel afferma che ciò che dice sui sacrifici come accomodamento nella Guida è una sorta di nobile bugia, consentita per mantenere all'interno della comunità ebraica i vacillanti attirati dalla filosofia.[6] In opposizione a questa interpretazione è l'opinione dei primi pensatori della Riforma, come anche di molti studiosi critici contemporanei, che Maimonide avesse poco tempo da perdere sui sacrifici ma, indossando la veste di rabbino nella Mishneh Torah, e avendo promesso una codificazione dell'intera Legge Orale, aveva altra scelta se non quella di includerli. Forse si ritrasse persino dalle conseguenze antinomiche della sua reale posizione.[7]

Addirittura, ad un certo punto, il rabbino Jacob Emden (1697-1776) concluse che l'autore della Mishneh Torah non avrebbe potuto scrivere ciò che la Guida dice sui sacrifici e che quest'ultima opera doveva quindi essere un falso.[8]

Per conciliare i due approcci ai sacrifici da parte di Maimonide, David Henshke ha sostenuto (in modo convincente) che la Mishneh Torah e la Guida sono in realtà d'accordo sul fatto che i sacrifici non hanno alcun effetto teurgico e che la loro santità è puramente nominale. Secondo Henshke, il punto di ripristinarli è puramente quello di dimostrare la conformità con la volontà eterna di Dio.[9]

La difficoltà con quest'ultima idea è che Maimonide sostenesse non solo l'eterna validità della Torah, ma anche l'eterna significatività della Torah. Secondo lui, tutti i comandamenti procedono sia dalla volontà di Dio che dalla Sua saggezza, cioè sono tutti allo stesso tempo sia decreti divini sia intesi a promuovere un qualche bene intellettuale e/o morale umano.[10] Se non riusciamo a percepire il bene, la colpa sta nella nostra ignoranza.[11]

Questa non è una ragione per trascurare un comandamento, dal momento che è anche un decreto divino,[12] ma Dio non comanda le cose semplicemente per mettere alla prova l'obbedienza,[13] e se ci applichiamo sufficientemente, o se viene alla luce una nuova interpretazione, il bene diventa evidente. Questo dovrebbe essere vero sia per i sacrifici che per qualsiasi altro comandamento, e dovrebbe rimanere vero anche dopo il messia.

Nella Guida, Maimonide usa le conoscenze storiche e antropologiche per spiegare l'origine dei sacrifici e la loro funzione pedagogica nei tempi antichi. Deve aver creduto che una logica altrettanto convincente supportasse l'aspettativa del loro ripristino. La domanda è: scoprì tale logica? E, in tal caso, come l'ha trasmessa nella Mishneh Torah? Credo che la risposta alla prima domanda sia sì, e alla seconda, che la trasmise in modo obliquo.

Halakhah e filosofia: due facce della stessa medaglia

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La chiave per una sintesi tra Mishneh Torah e Guida è la comprensione che rappresentano due facce della stessa medaglia filosofica. La differenza tra le due grandi opere di Maimonide non è una questione di filosofia rispetto alla religione, ma di modalità di espressione.

Il messaggio filosofico della Mishneh Torah risiede principalmente nella sua forma. Il metodo di Maimonide per organizzare l'halakhah non è progettato solo per facilitarne la consultazione. È un modo artistico di trasmettere lo scopo dei comandamenti, la loro funzione nello schema delle cose, come egli lo intese. Una volta compreso questo quadro, le cose vanno a posto, incluso il significato dei sacrifici e la relazione tra la Mishneh Torah e la Guida riguardo a questo argomento.

Maimonide credeva che i profeti e i saggi di Israele fossero, in effetti, filosofi, che trasmettevano idee filosofiche attraverso visioni e parabole e che il più grande profeta/filosofo, Mosè, dava a queste idee un'espressione pratica nella Torah. Maimonide fece uso degli scritti di Aristotele (anche se ovviamente non era d'accordo con lui in alcuni punti fondamentali) e degli aristotelici[14] per ricostruire la lettura corretta della Bibbia e dei Saggi, che purtroppo era andata perduta. Poiché la verità è una e la logica ti conduce lì, indipendentemente dall'etnia o dalla tradizione.[15]

Pertanto, quando si tratta di spiegare i comandamenti, Maimonide non cerca di dimostrare che puoi essere un buon ebreo e un buon aristotelico; piuttosto, gli aristotelici forniscono una piattaforma per comprendere cos'è l'ebraismo. La filosofia non è per i vacillanti; è parte integrante della Torah.

L'Universo: Una gerarchia vivente a dieci livelli

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Il Cosmo maimonideo

Secondo Maimonide, lo scopo dei comandamenti della Torah è di perfezionare gli esseri umani: intellettualmente, tramite la conoscenza di Dio,[16] e moralmente, con l'imitazione di Dio.[17] Ma dal momento che Dio non può essere conosciuto direttamente, tanto meno imitato, possiamo solo sapere, e quindi solo imitare, "ciò che il Signore del mondo ha creato",[18] cioè le leggi della natura.[19]

Dobbiamo quindi comprendere la visione maimonidea della natura e delle scienze naturali, e in che modo metta in relazione i comandamenti, in particolare quelli riguardanti i sacrifici, con quella visione.

La scienza di Maimonide era ovviamente molto diversa da quella dei nostri giorni. Forse la differenza più grande è che, come i suoi contemporanei, egli vide l'universo come un essere vivente. Pensava che le stelle, i pianeti e le sfere in cui erano incastonati avessero anime e intelletti, di gran lunga superiori a quelli degli esseri umani:

« Per quanto riguarda l'affermazione che le sfere sono viventi e razionali, intendo dire dotate di apprensione, è vera e certa anche dal punto di vista della Legge; non sono corpi morti simili al fuoco e alla terra – come pensano gli ignoranti – ma sono, come dicono i filosofi, esseri viventi che obbediscono al loro Signore, Lo lodano e Lo gloriifcano grandemente. Così la Scrittura dice: "I cieli narrano la gloria di Dio, e così via..." (Salmi 19:2). »
(Guida ii.5 (p. 259)[20])

L'attrazione che fece coesistere e muovere il sistema, non era la forza cieca che Newton chiamava gravità, ma l'amore — in primis, l'amore di Dio.

Un altro aspetto importante della visione del mondo maimonidea, per i nostri scopi, è che considerava i cieli in una gerarchia. In un processo noto come emanazione,[21] un flusso di bontà e conoscenza che scaturisce da Dio produce dieci ordini di angeli in una sorta di reazione a catena che si indebolisce mentre procede: ogni angelo ha meno conoscenza e potere del precedente.[22]

I nove angeli più alti producono le nove sfere concentriche che, nel modello aristotelico dell'universo, contengono le stelle, i pianeti, il sole e la luna. È l'amore e la brama del suo angelo governante che fa girare ogni sfera.[23] Essenzialmente, le sfere sono tutte mosse dall'amore di Dio, ma poiché ciò dovrebbe significare un moto uniforme, mentre in realtà i movimenti dei corpi celesti non sono uniformi, Maimonide pone gli intelletti separati, o angeli, come oggetti aggiuntivi dell'amore delle sfere.[24] Quando raggiungiamo il decimo angelo più basso, l’ishim (lett. "uomini"),[25] il flusso è troppo debole per consentire a quell'angelo di produrre la propria sfera.

I quattro elementi

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Sotto i cieli ci sono i quattro elementi della materia terrestre: terra, acqua, aria e fuoco. A differenza delle sfere e delle stelle, questi elementi sono insensati. I movimenti delle sfere li inducono a combinarsi, disintegrarsi e ricombinarsi.[26] Qui è dove l’ishim trova il suo ruolo. Invece di emanare una sfera, proietta le forme sulla materia. Ogni combinazione accidentale di elementi riceve la forma appropriata (pietra, albero, coniglio, essere umano e così via).[27]

L’ishim proietta anche la conoscenza – la conoscenza che ha origine in Dio ma si attenua man mano che scorre giù lungo la gerarchia – per essere ricevuta da menti adeguatamente addestrate e sintonizzate, il cui acme è la mente del profeta.[28]

Gli esseri umani come potenziali microcosmi

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Maimonide vedeva gli esseri umani come microcosmi dell'universo. Lo rende alquanto esplicito nella Guida.[29] Per essere più precisi, gli esseri umani sono potenziali microcosmi. L'ordine dell'universo divinamente istituito è perfetto e più gli esseri umani lo assomigliano, più si avvicinano alla perfezione. Una persona dovrebbe quindi studiare le scienze naturali e dovrebbe modellarsi sui modelli scoperti in natura.

Maimonide spiega (Guida I.71) che proprio come l'universo ha parti dominanti e parti governate, anche l'essere umano dovrebbe averle. In un essere umano perfezionato, l'intelletto (che secondo Maimonide è "l'immagine di Dio" nell'uomo),[30] dirige e disciplina le emozioni e gli appetiti, che corrispondono alle sfere, che a loro volta dirigono le azioni del corpo, che è costituito dai quattro elementi della materia. In un essere umano imperfetto, la gerarchia è ribaltata: appetiti e desideri fisici usurpano e schiavizzano l'intelletto.

Il modo in cui i comandamenti determinano la perfezione umana è, quindi, imprimendo la struttura gerarchica della natura sul pensiero e sul comportamento umani, disciplinando i desideri corporei in modo che tutte le facoltà siano dedicate ad aiutare la ricerca dell'intelletto per la conoscenza di Dio: come i cieli, la persona è sempre spinta dall'amore di Dio.[31] Questo è esattamente ciò che troviamo rappresentato nella struttura della Mishneh Torah.

La Mishneh Torah come microcosmo

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In linea con una classica distinzione rabbinica, i quattordici libri della Mishneh Torah si dividono in dieci su comandamenti bein adam lamakom, "tra esseri umani e Dio", e quattro su comandamenti bein adam lahavero, "tra gli esseri umani stessi".[32] Questi numeri ricordano immediatamente i dieci angeli e i quattro elementi.

La corrispondenza è sostanziale oltre che numerica: i comandamenti bein adam lamakom mediano tra Dio e il popolo ebraico (individualmente e collettivamente), proprio come i dieci ordini di angeli mediano tra Dio e la terra; mentre i comandamenti bein adam lahavero governano gli affari commerciali e politici mondani derivanti dalla nostra esistenza materiale, costituiti dai quattro elementi della materia.

In breve, la Mishneh Torah è essa stessa un microcosmo, e quindi un modello di perfezione umana. La descrizione del cosmo nei suoi quattro capitoli iniziali (da cui è tratto principalmente il sommario qui presentato) è una descrizione della sua stessa forma.

Una Gerarchia di Comandamenti

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L'implicazione è che proprio come gli angeli sono disposti in una gerarchia, lo sono anche i primi dieci libri della Mishneh Torah. In che senso? Cosa determina l'ordine dei libri?

La classificazione degli angeli nella loro gerarchia dipende dal loro grado di conoscenza di Dio.[33] Allo stesso modo, la classifica di un libro all'interno della divisione bein adam lamakom della Mishneh Torah dipende da quanto i suoi argomenti riguardano l'obiettivo della conoscenza di Dio, o da ciò che possiamo chiamare il suo grado di intellettualità.

Lo spazio non ci consente la piena discussione di ciascun libro in questo contesto,[34] ma ai fini correnti è sufficiente esaminare gli estremi. Il primo volume, il Libro della Conoscenza, parla chiaramente e direttamente della conoscenza di Dio. Conoscere Dio è il suo primo comandamento, e il resto dei comandamenti che tratta (sebbene non necessariamente tutti i loro particolari) si riferisce direttamente a quel tema. I libri sul Tempio, i sacrifici e la purezza sono all'estremo opposto, nei volumi otto, nove e dieci. Sono le classi più fisiche e meno intellettuali dei comandamenti bein adam lamakom.[35]

Ciò corrisponde alla distinzione che Maimonide traccia tra la prima e la seconda intenzione dei comandamenti. La prima intenzione è "l'apprensione di Lui, che Egli sia glorificato, e il rifiuto dell'idolatria".[36] Questa è la preoccupazione diretta del Libro della Conoscenza, che stabilisce le dottrine corrette, e ovviamente bandisce specificamente l'idolatria nella sezione "Leggi sull'Idolatria". La seconda intenzione è quella di utilizzare le forme di idolatria, come i sacrifici, per sconfiggere l'ideologia dell'idolatria. Ma ci sono gradazioni tra:

« i sacrifici che riguardano una seconda intenzione, mentre l'invocazione, la preghiera e le pratiche e modalità di culto simili si avvicinano alla prima intenzione. »
(Guida iii.32 (p. 529))

Nella Mishneh Torah troviamo quindi la preghiera apposita alla prima intenzione, nel Libro II, il Libro dell'Amore, mentre altre "pratiche e modalità di culto simili" vengono dopo di esso, nei libri successivi, fino a quando non giungiamo ai comandamenti della seconda intenzione, i sacrifici e la purezza.

Possiamo anche vedere la gerarchia in termini di amore e timore reverenziale di Dio. Entrambi sono richiesti,[37], ma il servizio per amore è superiore al servizio per timore reverenziale.[38] Il Tempio ispira timore reverenziale,[39] e le leggi della purezza rafforzano tale timore reverenziale, mentre la conoscenza (come nel Libro della Conoscenza) suscita amore.[40] I primi dieci libri della Mishneh Torah possono quindi essere visti come una scala che si estende dal timore reverenziale all'amore.[41]

Va sottolineato che affermare che un comandamento è basso nella gerarchia non significa implicare che non sia importante; stabilisce solo la sua funzione in relazione agli altri comandamenti, proprio come l’ishim ha un rango basso ma non irrilevante — ha semplicemente una certa funzione nel sistema cosmico.

L'Asse del Tempo e l'Asse dell'Essere

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Il risultato è che, non meno della Guida, la Mishneh Torah relativizza i sacrifici e lo fa sulla base di criteri filosofici. I sacrifici fanno parte della Torah eterna, ma la Torah ha un obiettivo filosofico, la conoscenza di Dio, in relazione alla quale Maimonide razionalizza i comandamenti e determina le priorità tra loro. La Guida relativizza i comandamenti storicamente, sull'asse del tempo, mentre la Mishneh Torah li relativizza ontologicamente, sull'asse della gerarchia dell'essere, ma la struttura filosofica è la stessa in ciascuno.

Questa teoria della struttura della Mishneh Torah serve a conciliare quell'opera con la Guida sulla questione del valore relativo dei sacrifici nella totalità dei comandamenti. Resta ancora da dimostrare che, nel sistema di Maimonide, i sacrifici abbiano un valore intrinseco, un'utilità intellettuale o morale duratura, che giustifica il loro futuro ripristino.

Una possibile soluzione è che, sebbene la loro aspirazione sia la realizzazione intellettuale, la pura meditazione su Dio, gli esseri umani sono creature materiali e hanno sempre bisogno di forme concrete di espressione religiosa, e quindi sono sempre preda delle tentazioni dell'idolatria.[42] A causa delle attuali condizioni politiche, mancano i primi gradini della scala verso il compimento, il Tempio e i sacrifici, che secondo Maimonide sono concessioni alla necessità del concreto e allo stesso tempo profilattici contro l'idolatria.

La natura umana non sarà diversa sotto questo aspetto (o in qualsiasi altro) dopo il messia da come era prima.[43] Il desiderio di forme concrete non scomparirà. Quindi il messia ricostruirà il Tempio e vi saranno offerti sacrifici e la scala sarà completa.

  Per approfondire, vedi Serie maimonidea.
  1. iii.32 (pp. 525-31). Riferimenti alla Guida dei perplessi (d'ora in poi Guida) sono, come al solito, alla traduzione (EN) di Shlomo Pines (1974).
  2. L'idea che i sacrifici rappresentino una fase immatura d'adorazione, la fase completamente sviluppata essendo la meditazione pura, è rafforzata dal confronto che Maimonide traccia in Guida iii.32 con lo svezzamento di un bambino e alla sua introduzione graduale al cibo per adulti.
  3. Le leggi di purezza sono accessorie ai sacrifici in quanto Maimonide le spiega come progettate per rendere poco frequenti le visite al Tempio e preservare così il timore reverenziale che il luogo e i suoi rituali devono ispirare — si veda Guida iii.47 (pp. 592-7).
  4. Si v eda il suo commentario a Lev. 1:9, dove propone invece una spiegazione a due livelli: sacrifici come sofferenza vicaria per il penitente, e mistero teurgico; cfr. Dov Schwartz, "From Theurgy to Magic: The Evolution of the Magical-Talismanic Justification of Sacrifice in the Circle of Nahmanides and his Interpreters", in Aleph: Historical Studies in Science and Judaism, 1, 2001: 165-213.
  5. Joseph B. Soloveitchik, The Halakhic Mind, 1986, 131 n. 108. Mi propongo qui di dimostrare che la spiegazione di Maimonide è perlomeno penetrante quanto quella di Nahmanide.
  6. Si veda Jay Hendel Russell Jay Hendel, "Maimonides’ Attitude Towards Sacrifices", in Tradition: A Journal of Orthodox Jewish Thought, 13/14, 1973:163-79.
  7. Si veda George Y. Kohler, Reading Maimonides’ Philosophy in 19th Century Germany (Amsterdam Studies in Jewish Philosophy 15; Dordrecht: Springer, 2012), 193-209. Un Saggio medievale che sembra reputare molto negativamente i sacrifici fu Rabbi Joseph ibn Kaspi, che scrive nel suo Gevia’ ha-Kesef: "Gran parte delle persone si sforza di imitare i propri antenati. Per questa ragione, Mosè nella Torah ci disse di offrire sacrifici, sebbene in verità essi siano un'abominazione." Cfr. Basil Herring, Joseph Ibn Kaspi’s Gevia’ Ha-Kesef, Ktav, 1982, 159.
  8. Si veda la sua Mitpahat sefarim (Lvov, 1870), 61. Su Emden ed altri che trovarono la Mishneh Torah e la Guida incompatibili tra loro, si veda Herbert A. Davidson, Moses Maimonides, the Man and His Works, Oxford University Press, 2005, 418-25.
  9. Si veda David Henshke, "On the Question of Unity in Maimonides’ Thought", Da’at, 37 (1996): 37-52 (He). L'idea che i sacrifici adempiono la volontà di Dio viene espressa da Rashi su Lev. 1:9.
  10. Si veda Guida iii.26-27 (pp. 502-510) e iii.31 (pp. 523-4). Maimonide riconosce che i particolari di alcuni comandamenti possano essere arbitrari.
  11. "Questa legislazione non è una questione vana senza un fine utile, e... se ti sembra che tale sia il caso di alcuni comandamenti, la colpa è della tua apprensione" - Guida iii. 26 (p. 507).
  12. Si veda "Leggi sulla Trasgressione" (Hilkhot me’ilah), 8: 8. Maimonide afferma che tutti i sacrifici sono statuti ("hukim") e definisce uno statuto come un comandamento la cui ragione non è ovvia. Si discute nel Capitolo 8 di Menachem Kellner e David Gillis, Maimonides the Universalist: The Ethical Horizons of Mishneh Torah, Littman Library of Jewish Civilization, 2019, che Maimonide non considerava lo "statuto" come un attributo fisso di un dato comandamento, ma una funzione della conoscenza, che può variare da persona a persona e di volta in volta. Si veda anche Josef Stern, "The Idea of a Hoq in Maimonides’ Explanation of the Law", in Maimonides and Philosophy – Papers Presented at the Sixth Jerusalem Philosophical Encounter (Dordrecht, 1986), 92-130; ristamp. in idem, Problems and Parables of Law: Maimonides and Nahmanides on Reasons for the Commandments, State University of New York Press, 1998, 15-48.
  13. Si vedaGuida iii.24 (pp. 497-502).
  14. Per "aristotelici" si intendono le idee e le dottrine degli interpreti e dei continuatori di Aristotele, in particolare i filosofi islamici Alfarabi e Avicenna (entrambi ammirati da Maimonide — vedere la sua "Lettera a Ibn Tibbon in merito alla traduzione della Guida") con il loro amalgama di aristotelismo e neoplatonismo.
  15. L'interpretazione stessa, se letta, come suggerisce Maimonide che dovrebbe essere letta, nel contesto della Guida nel suo insieme, si traduce nella costruzione della visione come rappresentazione (e in effetti una rappresentazione imperfetta) del modello dell'universo aristotelico. In altre parole, Maimonide interpreta il mistero centrale dell'ebraismo, che egli stesso descrive come "un palo da cui tutto pende e un pilastro su cui tutto è sostenuto" (ibid.), in termini della cosmologia dei filosofi. Si veda il capitolo su Maaseh Merkava. Questa non può essere liquidata come una procedura standard per recuperare quegli ebrei la cui fede è stata adulterata dalla filosofia, poiché Maimonide identifica ma'’seh bereshit (l'atto della creazione) e ma’aseh merkavah ("l'atto del carro di [Ezechiele]") con la fisica e la metafisica dei filosofi nella sua prima opera rabbinica, il Commentario alla Mishnah (vedi Mishnah Hag., 2:1), e la mantiene nella Mishneh Torah (vedi "Leggi sulle Fondamenta della Torah" (Hilkhot yesodei hatorah), 4:13.
  16. Si veda Guida iii.27 (pp. 510-512), e Kellner, Maimonides on Human Perfection, Atlanta, 1989.
  17. Si veda "Laws Concerning Moral Qualities" (Hilkhot de’ot), 1:5. Ove possibile, i riferimenti per i concetti filosofici maimonidei vengono dati alla Mishneh Torah, onde dimostrare quanto la sua filosofia sia grandemente integrata in tale opera.
  18. "Leggi sulle Fondamenta della Torah”, 2:2, trad. Hyamson.
  19. Cfr. Guida i.54 (p. 125).
  20. Si veda anche "Leggi sulle Fondamenta della Torah", 3:9.
  21. Maimonide paragona il processo di emanazione allo scorrere dell'acqua da una sorgente – si veda Guida 2:12 (pp. 279-80).
  22. Deve essere chiaro che, per quanto riguarda Maimonide, gli angeli fanno parte della natura e non della corte divina. In Guida ii.6 (pp. 261-5) praticamente li identifica con le forze naturali.
  23. "Allo stesso modo le cause di ogni movimento appartenente alla sfera sono quattro: cioè la forma della sfera – intendo la sua sfericità; la sua anima; il suo intelletto attraverso il quale ha concezioni, come abbiamo spiegato; e l'intelletto separato, che è il suo amato". – Guidaii.10 (p. 271).
  24. L'amore dell'angelo che la governa fa sì che la sfera desideri unirsi a lui, ma poiché (a) come entità non fisiche, gli angeli non hanno posizione e (b) le sfere sono rotonde, ogni sfera si muove con un costante movimento circolare, ma a una velocità ad essa peculiare – da qui i diversi moti dei pianeti. Tutto ciò è spiegato in Guida ii. 3-10. Il sistema è ulteriormente complicato dagli epicicli, come ruote dentate sulle sfere, per spiegare l'apparente regressione dei pianeti, ma non è questo il nostro problema.
  25. Sebbene i nomi degli ordini degli angeli siano plurali in ebraico, Maimonide li tratta come singole entità, ognuna equivalente a uno degli "intelletti separati" dei filosofi.
  26. Si veda "Leggi della Fondamenta della Torah", 4:5-6. Le sfere e le stelle stesse sono fatte di una sostanza differente, più raffinata, che non cambia e non deperisce. Si veda "Leggi della Fondamenta della Torah", 3:3 e 3:10.
  27. Si veda "Leggi della Fondamenta della Torah", 4:6.
  28. Si veda "Leggi della Fondamenta della Torah", 7:3.
  29. Si veda Guida i.72. L'idea è anche implicita in alcuni schemi strutturali del Libro della Conoscenza, il primo libro della Mishneh Torah, ma lo spazio qui non ci consente un trattamento dettagliato. Si veda Gillis, Reading Maimonides’ Mishneh Torah, Littman Library of Jewish Civilization, 2015, 82-97 [d'ora in poi Reading].
  30. Si veda "Leggi delle Fondamenta della Torah", 4:8.
  31. Questo ideale viene espresso in "Leggi sul Pentimento" (Hilkhot teshuvah), 10:3.
  32. Si vedano le brevi descrizioni dei quattordici libri nell'Introduzione alla Mishneh Torah e in Guida iii.35 (p. 538). Per una discussione dettagliata di questa divisione all'interno della Mishneh Torah e delle sue apparenti anomalie, vedi Reading, 158-162.
  33. Si veda "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:5-6.
  34. Tale discussione di trova in Reading, 208-39.
  35. L'ultima mossa di Maimonide nella divisione bein adam lamakom della Mishneh Torah è quella di capovolgerla e di trasformare il mikveh in una metafora dell'intelletto — "Leggi sulle Vasche dImmersione" (Hilkhot mikva’ot), 13:12.
  36. Guida iii.32 (p. 527).
  37. Si veda "Leggi della Fondamenta della Torah", 2:1.
  38. Si veda Leggi del Pentimento", 10:1.
  39. Si veda "Leggi del Tempio" (Hilkhot beit habehirah), 7:1.
  40. "Secondo la conoscenza sarà l'amore" – "Leggi del Pentimento", 10: 6.
  41. Per un resoconto più completo dell'ordine dei libri della Mishneh Torah, si veda Reading, 208-68; anche Guida maimonidea, Wikibooks 2014.
  42. Verissimo anche per altre religioni: è nella natura umana.
  43. Si veda "Leggi del Pentimento", 9:2. Su questa proposta circa il valore futuro dei sacrifici secondo Maimonide, si veda Kenneth Seeskin, No Other Gods: The Modern Struggle Against Idolatry, Behrman House, 1995.