Pensare Maimonide/Angeli rabbinici

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Angeli nel pensiero rabbinico
Angeli nel pensiero rabbinico

Angeli nel pensiero rabbinico

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Gli ebrei aschenaziti in tutto il mondo accolgono lo shabbat a casa cantando l'inno Shalom aleikhem prima di recitare kiddush (ebr. קידוש, letteralmente: "santificazione"). La terza delle quattro strofe invoca: "Beneditemi con la pace, O angeli di pace, angeli dell'altissimo, dal Re dei Re, il Santo, che Egli sia benedetto." L'intero inno sembra essere basato sul seguente passo del Talmud:

« Rabbi Hisda disse a nome di Mar Ukba: Colui che prega alla vigilia dello Shabbat e recita "così furono compiuti [i cieli e la terra]" (Gen. 2:1), i due angeli tutelari che accompagnano l'uomo pongono le loro mani sulla sua testa e gli dicono "perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato" (Isaia 6:7). Fu insegnato e Rabbi Jose figlio di Rabbi Judah disse: I due angeli tutelari accompagnano l'uomo alla vigilia dello Shabbat dalla sinagogo alla sua casa, l'uno [angelo] buono e l'altro cattivo. E quando egli arriva a casa e trova la lampada che arde, il tavolo apparecchiato e il divano [letto] coperto con lenzuolo, l'angelo buono esclama: "Che sia così [anche] in un altro Shabbat", e l'angelo cattivo risponde malvolentieri: "Amen". Ma altrimenti, l'angelo cattivo esclama: "Che sia così [anche] in un altro Shabbat", e l'angelo buono risponde malvolentieri "Amen".[1] »

Questo testo non insegna nulla riguardo al rivolgersi agli angeli in preghiera, ma poiché parla di angeli che possono benedire o maledire ritornando a casa dalla sinagoga insieme al capofamiglia, non è difficile vedere come sorga naturalmente l'idea di rivolgersi a tali angeli in preghiera.[2] Se poi ci ricordiamo che la letteratura rabbinica extra-mishnaica[3] è colma di resoconti di angeli pesantemente antropomorfizzati,[4] la tendenza diventa ancor più comprensibile.

L'inno Shalom aleikhem è medievale[5] e lo citiamo qui solo perché è così conosciuto. Angeli appaiono anche in preghiere molto precedenti, segno sicuro del loro status normativo nell'ebraismo classico. Una versione comune della prima delle due benedizioni che precedono la recitazione della Shema nel servizio mattutino riporta quanto segue:

« Benedetto sei Tu, O Signore nostro Dio, Re dell'universo, che formi luce e crei il buio, che dai la pace e crei tutte le cose... Il Dio benedetto, grande di sapienza, progettò e fece il sole splendente. L'Uno Benevolo creò gloria per il Suo nome. Egli pose corpi luminosi intorno alla Sua maestà. Le sue schiere principali sono esseri santi che esaltano l'Onnipotente. Costantemente essi lodano la gloria e la santità di Dio. Sii benedetto Tu, nostra Roccaforte, nostre Re e Redentore, Creatore di esseri santi; che il tuo Nome sia sempre lodato, nostro Re, Creatore di angeli tutelari,[6] i quali tutti stanno nell'alto dell'universo e proclamano con reverenza all'unisono, a voce alta, le parole del Dio vivente e Re eterno. Tutti loro sono amati, tutti loro sono puri, tutti loro sono potenti; tutti loro eseguono con timore e riverenza la volontà del loro Creatore; tutti loro aprono bocca con santità e purezza, con inni e melodie, mentre benedicono e lodano, glorificano e riveriscono, santificano e acclamano il nome del grande, potente e riverito Dio e Re; santo Egli è. Tutti loro accettano la regola del regno dei cieli, l'uno dall'altro, concedendo il permesso l'un l'altro di santificare il loro Creatore. Con spirito sereno, con parole pure e melodia sacra, tutti loro esclamano all'unisono e con adorazione: "Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria" (Isaia 6:3). Allora gli ofanim celesti e gli esseri santi,[7] alzandosi con forte suono verso i serafim, rispondono con lodi e dicono: "Benedetta la gloria del Signore dal luogo della sua dimora" (Ezechiele 3:12). Al Dio benedetto essi offrono melodie; al Re, al Dio vivente ed eterno, cantano inni e lodi.[8] »

Qui le immagini bibliche degli angeli che ministrano a Dio, che sono in grado di provare timore e riverenza, che fanno (liberamente?) la volontà di Dio, che lodano Dio e Lo inneggiano, vengono presentate in maniera apparentemente letterale e diretta.[9]

La benedizione appena menzionata contiene una versione della preghiera nota come Qedushah (קְדֻשָּׁה - letteralmente "santificazione"; spesso tradotta "dossologia"). La Qedushah (già citata nel precedente capitolo) si concentra sul ruolo degli angeli nella corte celeste e fa da potente contesto alle visioni ebraiche delle schiere angeliche. C'è ragione di credere che la maggioranza degli ebrei che recitavano questa preghiera di generazione in generazione la interpretassero in termini letterali. Tale è certamente il caso degli autori e dei lettori dei testi Heikhalot, in cui la Qedushah è così centrale.[10]

  Per approfondire, vedi Guida maimonidea e La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah.
  1. Shab. 119b, dalla traduzione Soncino.
  2. Sulla questione del rivolgersi agli angeli in preghiera nel periodo della Mishnah, si veda Bar-Ilan, "Prayers of Jews to Angels"; per la letteratura geonica, si veda Brody, Geonim of Babylonia, 142. Per una discussione del problema nel primo ebraismo moderno, si veda Malkiel, "Between Worldliness and Traditionalism".
  3. Data la prominenza degli angeli nell'aggadah rabbinica, è alquanto rimarchevole notare che non vengano menzionati angeli nella Mishnah. Si veda Goldin, "Magic of Magic", 375. In tale connessione, è apporpiato il seguente commento di David Halperin: "Nulla in M Ḥag. II:1 ha a che fare col sacrificio Ḥagigah. Il passo si trova dove è a causa di una tenue catena di associazioni di parole... gli editori della Mishnah... erano desiderosi di trovare un punto di forte ammonimento contro il tipo di studi in cui includevano il merkabah... Sospetto quindi che potremmo trovare un'ideologia consistente dietro l'inclusione sia di Meg. IV:10 [non usando merkavah come haftorah] sia Ḥag. II:1 nella Mishnah di Judah il Patriarca. È forse la stessa ideologia che ha portato la Mishnah ad evitare gli angeli, l'altromondo e le speculazioni apocalittiche e teosofiche." (Halperin, Faces of the Chariot, 24).
  4. Per un contesto dell'antropomorfizzazione rabbinica degli angeli, si vedano Jung, Fallen Angels; Schultz, "Angelic Opposition"; infine Altmann, "Gnostic Background". Per un buon resoconto generale degli angeli nei testi rabbinici, si veda E. Urbach, Sages, i.134-83. Per uno studio di 325 angeli buoni e 131 angeli distruttivi nella letteratura rabbinica, si veda Margoliot, Malakhei elyon. Ulteriormente sulla personificazione degli angeli nei testi rabbinici, cfr. Bamberger, Fallen Angels, 89-111, 117-45, e Marmorstein, "Discussion of the Angels".
  5. Si veda I. Davidson, Thesaurus, iii.465, no. 1268.
  6. Ebraico: mesharetim, letteralmente: "servitori".
  7. Ebraico: ḥayot hakodesh. Gli ofanim, letteralmente "ruote", appaiono insieme agli "esseri santi" nella visione del carro di Ezechiele (Ezech. 1).
  8. Birnbaum (cur. e trad.), Daily Prayer Book, 71-4. Per un altro esempio dell'apparente infiltrazione di angeli nelle preghiere, da notare quanto segue dal Ringraziamento dopo i Pasti (ibid. 768): "Possano essi in cielo perorare per tutti noi".
  9. Maimonide include la benedizione prima dello Shema qui citata nel libro di preghiere che allega al secondo dei quattordici libri della Mishneh Torah, il Libro dell'Amore. La cosa non ci dovrebbe sorprendere: non c'è ragione di pensare che egli credesse di avere il diritto di cambiare la forma accettata delle preghiere (anche se lo avesse molto voluto) e, in aggiunta, ci sono buone ragioni di pensare che la liturgia alla fine del Libro dell'Amore rappresenti semplicemente la tradizione accettata dagli ebrei egiziani al tempo di Maimonide. Per una discussione, si veda Kadish, Kavvana, 317-20.
  10. Su questo si veda Gruenwald, "Song of the Angels".