Pensare Maimonide/Guida
Maimonide e Kavod nella Guida dei perplessi
modificaNel considerare la posizione di Maimonide, ci proponiamo di esaminare i modi in cui egli analizza i termini kavod, shekhinah e luce creata nella Guida dei perplessi, prima di evidenziare alcuni dei punti in cui questi termini appaiono nei suoi scritti precedenti.[1] Svolgiamo lo studio dei suoi testi in questo ordine non cronologico poiché, sebbene Maimonide usi tali termini nei suoi scritti precedenti, egli li analizza solo nella Guida. Contiamo anche sul presupposto che non ci siano grandi discontinuità tra il Maimonide della Guida ed il Maimonide dei suoi scritti precedenti, perlomeno rispetto alla questione in esame. Verrà quindi rivelato che Maimonide non segue affatto Onkelos, Saadyah e Ha-Levi nel considerare shekhinah una sorta di creazione divina che, come tutte le entità create, gode di una qualche esistenza sua propria.[2]
Non c'è da sorprendersi che la maggioranza dei punti in cui Maimonide tratta di questi termini si trovino nei primi cinquanta capitoli della Guida, quei capitoli in cui egli insegna al lettore come leggere i passi della Torah che potrebbero essere interpretati a descrivere Dio in termini corporei, antropomorfici e antropopatici. Propongo di esaminare per primi quei passi che trattano del kavod, poi quelli che trattano della shekhinah ed infine quelli che trattano della luce creata. Ciò necessiterà di un certo numero di ripetizioni poiché, come risulta, Maimonide non ritiene che questi termini siano distinti tra loro in nessun modo importante e quindi spesso li considera insieme, ma affrontare la materia in questa guisa renderà la mia analisi più facile da seguire.
In Guida i.4 (pp. 27-8) Maimonide discute dei tre termini "vedere" (ra’oh), "guardare" (habit) e "concepire" (ḥazoh), e scrive che essi sono
Il kavod che Mosè cerca di "vedere" nel testo di Esodo non è quindi nulla che si possa vedere a occhio nudo. Il profeta ricerca una comprensione più profonda di Dio, non una visione migliore di Dio o del kavod di Dio. L'enfasi in questo passo sta sul significato di "vedere"; in una discussione successiva (Guida i.59) Maimonide esamina cosa fu che Mosè cercava di vedere.
Il termine "luogo" (makom), ci informa Maimonide in Guida i.8 (pp. 33-4), originalmente significava una collocazione spaziale: "Successivamente, il linguaggio estese il proprio significato e lo rese un termine che denotava un rango individuale e una situazione... È in maniera figurativa che vien detto:"Benedetta sia il kavod del Signore dal suo luogo!" (Ezechiele 3:12), a significare: secondo il Suo rango e la grandezza della sua porzione di esistenza." Poiché Dio non ha luogo/dimora, non dobbiamo neanche aspettarci che il kavod di Dio occupi un qualche luogo. Non è una sorta di cosa che possa essere localizzata nello spazio e nel tempo, e come tale non è soggetta a nessuna apprensione sensoria.[3]
Il punto che viene qui esposto viene nuovamente evidenziato nel capitolo successivo (i.9; pp. 34-5), dedicato al termine "trono", dove Maimonide scrive:
Il termine "trono" indica la grandiosità di Dio — di certa non indica un mobile! È in tal senso che il "cielo" viene chiamato trono di Dio; il cielo non è il sito del trono di Dio, ma un'indicazione della grandiosità di Dio. Pertanto, kavod nel modo usato in questo versetto non denota nulla che possa essere appreso dai sensi ma, piuttosto, indica la grandiosità di Dio.
In Guida i.18 (pp. 43-5) Maimonide insegna che i termini "avvicinarsi", "toccare" e "appropinquarsi" possono significare
Per i nostri propositi, due punti importanti sono qui impliciti: avvicinarsi verso il kavod di Dio significa avvicinarsi a Dio in conoscenza, non in un qualche senso spaziale, e kavod e "luce" sono termini sinonimi perlomeno in certi contesti. Queste sono implicazioni, la seconda più chiara della prima. Ciò che Maimonide insegna esplicitamente è che il kavod (= luce) di Dio si manifestò in cima al Monte Sinai. Per Maimonide questo significa che fu sul Monte Sinai che Mosè ottenne la sua più grande comprensione di Dio.
Il nostro secondo passo (Guida i.19; pp. 45-6) continua i temi appena accennati. Insegna che il termine "riempire"[5]
Cosa vuol dire che tutta la terra è piena del kavod di Dio? Signofica che tutto il mondo è testimone della perfezione di Dio. Questo è un tema che Maimonide enfatizza nei primi quattro capitoli della Mishneh Torah (che vedremo qui appresso). Kavod pertanto non è qualcosa che riempie spazi, che siano il cosmo o il tabernacolo. È un'espressione che denota la grandiosità di Dio, visibile (come Maimonide chiarisce nella Mishneh Torah) mediante la saggezza evidente nelle funzioni della natura.[7]
Fin qui tutto bene; ma poi Maimonide ci dice che se scegliamo di interpretare kavod come luce creata che (veramente) riempie il tabernacolo, siamo liberi di farlo. Che significa? A quanto pare si sta riferendo ad un punto che aveva evidenziato precedentemente, in Guida i.5, dovre scriveva:
In questo passo estremamente importante, Maimonide informa il suo lettore che Dio non può essere oggetto di visione, apparenza o sguardo. Se, però, uno vuole credere che queste espressioni significhino che una luce creata (della sorta associata al tabernacolo e alla cima del Monte Sinai) fosse realmente visibile, beh allora tale persona è "di capacità insufficiente" e "non desidera raggiungere il rango al quale" Maimonide "desidera che ascenda", ma non è proprio del tutto negativo e non c'è danno che costui pensi questi pensieri (insensati, terra terra, di basso rango ma infine innocui). Man mano che continuiamo il nostro studio dei rispettivi testi, diverrà sempre più chiaro che Maimonide identifica kavod e luce creata (e anche, come vedremo, shekhinah). Questi tre termini non denotano nulla che possa essere oggetto di visione, vista, o osservazione: si riferiscono invece all'apprensione intellettuale e non all'apprensione sensoriale.[8]
Maimonide insegna (Guida i.21; pp. 49-51) che Onkelos diede origine all'interpretazione secondo cui kavod, shekhinah e luce creata si riferiscono ad entità create che possono essere apprese mediante i sensi. Dubito che volesse insinuare che Onkelos fosse una persona di insufficiente capacità; piuttosto, sembra più probabile che pensasse che i lettori di Onkelos fossero persone di insufficienti capacità.[9]
In questo capitolo Maimonide fa un'altra affermazione importante sullo status dell'interpretazione di Onkelos, affermazione che bisogna citare per intero:
Ma non dobbiamo confonderci: di certo Maimonide cita l'approccio di Onkelos come accettabile, ma non come l'opzione preferita.
Ritornando alla nostra esposizione dell'interpretazione maimonidea del termine biblico kavod, lo troviamo poi che lo cita in i.28 (pp. 59-60), dove dice, come di passaggio: "Di conseguenza, [Onkelos] riferiva il termine «trono» al Suo kavod, intendo alla shekhinah, che è una luce creata." Questo è il primo punto nella Guida in cui si trova Maimonide che chiaramente propone l'equazione: kavod = shekhinah = luce creata.[12]
Maimonide cita Esodo 33:18 ("Ti prego, fammi vedere il Tuo kavod!") in Guida i.54 (pp. 123-4). In i.4 la sua discussione del versetto si concentra sul verbo "vedere"; qui l'enfasi sta sul kavod stesso:
Qui il kavod sta a significare l'essenza di Dio. Mosè aveva erroneamente pensato fosse possibile comprendere la vera natura di Dio e pregò Dio di pedrmettergli di comprendere tale essenza. Dio spiega a Mosè che la sua richiesta non può essere esaudita: va oltre la capacità della comprensione umana conoscere Dio come Dio è veramente. Il massimo che Mosè può augurarsi di ottenere è una comprensione di come Dio agisce nel mondo.[13] Kavod come viene qui inteso è in linea di principio al di là della comprensione umana, men che meno dell'esperienza sensoriale. Questo uso del termine appare nuovamente proprio nel capitolo seguente (i.64) della Guida in cui Maimonide discute del termine.
La più lunga e dettagliata discussione di kavod da parte di Maimonide si trova in Guida i.64 (pp. 156-7). In questo capitolo egli ribadisce punti già esposti e ne espone di nuovi, tutti nel contesto di descrivere i vari significati del termine kavod:
Un significato del termine kavod quindi è luce creata. In questo passo, Maimonide sembra adottare l'approccio di Onkelos, presentando la luce creata come qualcosa che realmente risplendette sulla cima del Monte Sinai e che veramente riempì il tabernacolo.[14] Poi continua:
Chiedendo di vedere il kavod di Dio, Mosè non chiede veramente di vedere qualcosa; sta chiedendo di poter capire meglio la natura dell'esistenza di Dio.
Maimonide continua, in effetti giocando sull'ambiguità della parola ebraica kavod, che generalmente significa "onore":
Questo brano rende chiaro l'intento di Mosè: egli cercava di comprendere il kavod di Dio (inteso come essenza), cosicché potesse avere più kavod (inteso come onore) per Dio, e quindi esprimere meglio il kavod (inteso come lode) per Dio. Qui si allude anche a quello che penso sia il più importante senso maimonideo del termine kavod: la saggezza di Dio manifestata nella creazione.
Maimonide discute di nuovo kavod in Guida iii.7 (p. 430), iii.9 (pp. 436-7) e iii.13 (p. 453).[19] Nel primo di questi, con riferimento a Ezechiele 1:28, "Questa era un'apparizione dell'immagine del kavod del Signore", dice:
Qui Maimonide sembra nuovamente adottare la posizione Onkelos/Saadya. Il profeta Ezechiele vide qualcosa, ma quello che vide non fu Dio, ma piuttosto il kavod di Dio. Quando esamineremo più appresso ciò che i profeti vedono secondo Maimonide, diverrà chiaro che egli non sta qui adottando veramente la posizione di Onkelos/Saadya, e che il kavod che vide Ezechiele può essere meglio compreso secondo quella che fu l'apprensione del kavod del Signore da parte di Mosè, succitata: l'ottenere un'alta comprensione della verità su Dio.
Maimonide approva, per così dire, quest'ultimo suggerimento in Guida iii.9, quando scrive:
La nostra natura materiale ci rende impossibile comprendere le entità incorporee (gli intelletti separati e, ancor di più, Dio). Ciò è vero anche dell'apprensione profetica. I profeti non vedono veramente il reame celeste ma, piuttosto, rappresentazioni di tale reame nella forma di parabole. Pertanto Dio non appare realmente in una densa nube, né viene coperto dall'oscurità. Queste sono metafore per la nostra incapacità di apprenderLo. Per potere apprendere Dio in qualche modo, l'oscurità (delle nostre nature materiali) deve essere scacciata mediante la luce (dell'intelletto); in tal senso il profeta Ezechiele può dire che la terra splende col kavod del Signore.
In Guida iii.3 Maimonide ribadisce velocemente il punto proposto in i.59 e i.64, che kavod può significare l'essenza di Dio.
L'ultimo riferimento a kavod da parte di Maimonide nella Guida (iii.52; p. 629) serve da transizione conveniente verso una discussione della shekhinah, poiché tratta entrambi i termini nello stesso paragrafo:
Kavod e shekhinah sono qui identificati e interpretati quale testimonianza della saggezza di Dio manifesta nel cosmo che ci circonda. Rimane ora da dimostrare che Maimonide sostenesse quest'ultima affermazione. Lo faremo nei successivi capitoli.
Per approfondire, vedi Essenza trascendente della santità, Guida maimonidea e Torah per sempre. |
Note
modifica- Legenda: TB = Talmud babilonese; TG = Talmud gerosolimitano; MT = Mishneh Torah
- ↑ Su un quarto termine, "voce creata", che gioca un ruolo minore in Maimonide rispetto agli altri tre termini in questione, si veda Kreisel, "The Voice of God" e Eisenmann, "The Term «Created Light»", che cita altri studi rilevanti. Per il contesto, cfr. H.A. Wolfson, Repercussions, 85-92.
- ↑ Questa interpretazione contesta quella di Scholem, On the Mystical Shape of the Godhead, 154, e di conseguenza quella di E. Urbach, Sages, i.40.
- ↑ In un punto successivo di questo capitolo, Maimonide fa un'affermazione metodologica degna di nota: "Sappi che rispetto ad ogni termine la cui equivocità ti spiegheremo in questo trattato che il nostro proposito in tale spiegazione non è soltanto di attirare la tua attenzione a ciò che citiamo. Piuttosto, apriamo un portale e attiriamo la tua attenzione verso certi significati di quel particolar termine che siano utili ai nostri scopi, e non per i vari propositi di chi possa parlare il linguaggio di questa o quella gente." Lo stesso punto viene esposto nuovamente in Guida i.10 (p. 35).
- ↑ Entrambi i termini qui sono in arabo.
- ↑ Nel testo originale il significato del verbo varia ed include: colmare, saziare, realizzare, adempiere, impregnare, ecc.
- ↑ Vale la pena di notare che qui vediamo un'espressione indiretta di parte dell'opinione maimonidea che la realizzazione dei comandamenti sottosta ad un altro fine (la realizzazione intellettuale).
- ↑ Questo punto viene espresso indirettamente in Guida iii.7: il profeta Ezechiele vide il kavod di Dio (p. 430). Come abbiamo spiegato precedentemente, il contenuto della visione di Ezechiele del merkavah era la struttura dell'universo. Avere una visione del kavod, in altre parole, vuol dire comprendere le funzioni della natura. Da notare anche l'asserzione di Maimonide in Guida iii.25 (p. 506) che l'intera Torah si fonda sull'opinione che il mondo naturale esprime la saggezza di Dio.
- ↑ Maimonide aggiunge gratis una lezione aggiuntiva: gli angeli non sono entità che possono essere viste. Si veda il nostro capitolo sugli angeli a fine libro.
- ↑ Maimonide sapeva bene, son sicuro, che Saadya affermava la stessa cosa. Kreisel, Prophecy, 214, pensa che Maimonide citasse Onkelos e non Saadya, poiché il primo era stimato essere una maggiore autorità (tannaitica) tra i lettori di Maimonide. Potrebbe esser vero, ma è più semplice supporre che Maimonide vedesse Onkelos (che Maimonide credeva fosse vissuto nel III secolo e.v.) come fonte di Saadya. È inoltre vero che Maimonide, per ragioni sue, non cita mai filosofi ebrei precedenti. Ma a parte questi punti essenzialmente tecnici, ci potrebbe essere qui una questione di maggiore importanza: Maimonide potrebbe non aver voluto attrarre un'attenzione specifica al fatto che, secondo lui, Saadya e Ha-Levi fossero individui di "insufficiente capacità". Su Onkelos e la shekhinah, si veda Rappel, Targum Onkelos, 37-8.
- ↑ Che dovrebbe essere: ottenere comprensione dell'esistenza di Dio, della Sua unità e incorporeità.
- ↑ Si veda la discussione in Kreisel, Prophecy, 214-5. Stranamente, H.A. Wolfson, Crescas’ Critique, 459-62, interpreta Maimonide come se ritenesse normativa l'interpretazione di Onkelos e non una concessione fatta ai debolucci di mente. Per una lettura attenta di questo capitolo della Guida, si veda Schäfer, Mirror of His Beauty, 113-15.
- ↑ In Guida i.25 (p. 55) Maimonide spiega il versetto "E il kavod del Signore venne a dimorare" (Esodo 24:16 come si riferisse alla shekhinah e nello stesso passo evidenzia l'identità della shekhinah e della luce creata, ma si implica la triplice identità, senza renderla esplicita. In Guida i.76 (p. 229), la shekhinah viene presentata anche come equivalente della luce creata.
- ↑ Si confronti la spiegazione di Maimonide in merito al termine aḥor ("dietro") in Guida i.38 (p. 87): "Il termine viene usato anche col significato di seguire ed imitare la condotta di un qualche individuo riguardo alla condotta di vita. Pertanto: «Seguirete (= andrete dietro a) il Signore vostro Dio» (Deut. 13:5); «Essi seguiranno (= andranno dietro a) il Signore», che significa seguire in obbedienza a Lui ed imitare i Suoi atti e condurre una vita secondo la Sua condotta. Pertanto: "Ha seguito le prescrizioni" (Osea 5:11). In questo senso è detto: "E tu vedrai le mie spalle", che significa che tu apprenderai ciò che Mi segue, che viene ad essere come Me, e che necessariamente consegue dalla Mia volontà — cioè, tutte le cose da Me create, come spiegherò in un capitolo di questo trattato."
- ↑ Descrivendo il fenomeno come miracolo, Maimonide penso voglia indicare la sua natura allegorica, ma non procediamo oltre in queste sabbie mobili...
- ↑ "Tutto quello che è all'infuori di Dio" significa il cosmo intero, cioè tutto ciò che Dio ha creato. Maimonide insegna in MT "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:1-2, che è lo studio del cosmo che porta ad amare e riverire Dio. Il cosmo onora Dio esprimendo la saggezza di Dio mediante le sue funzioni; onoriamo Dio studiando tali funzioni.
- ↑ Sulla natura di questa considerazione, con le relative implicazioni riguardo alla questione posta nella nota precedente, si veda W.Z. Harvey, "Averroes and Maimonides".
- ↑ Maimonide cita Geremia 13:16 e Salmi 29:6 come prova del suo punto linguistico.
- ↑ Schäfer, Mirror of His Beauty, 116, riassume questo passo come segue: "Secondo la definizione altamente sofisticata di Maimonide, il Kavod ("Gloria di Dio") biblico può quindi avere tre significati differenti: seguendo il Targum Onkelos (ma anche Saadya, Judah ben Barzillai e Judah Ha-Levi) può riferirsi alla luce creata; nell'esempio di Mosè, può riferirsi all'essenza di Dio; e terzo e nuovo aspetto, può riferirsi alla lode di Dio."
- ↑ Per un commento interessante sull'uso che Maimonide fa di Isaia 58:8 (che contiene la parola kavod) in Guida iii.51, si veda W.Z. Harvey, "The Biblical Term «Kavod»".
- ↑ Per l'interpretazione di Maimonide riguardo al termine "cocchiere" quando attribuito a Dio, si veda Guida i.70.
- ↑ Da notare che questo brano indica che, al tempo di Maimonide, l'usanza di coprirsi la testa era segno di speciale devozione.