La filosofia greca/La fisica – causa, potenza e atto

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Si muove, o muta, tutto ciò che ha in sé la capacità di farlo. Naturalmente c’è differenza tra movimento e mutamento, ma per ora ci concentreremo sul secondo.

In alcuni enti qualcosa accade. Questo qualcosa è la possibilità di mutare da uno stato all’altro. Ma perché? La risposta più immediata che ciascuno può dare è: perché è una legge di natura, è cioè naturale che accada. Intanto, precisiamo subito che esistono anche mutamenti artificiali, ovvero cambiamenti di stato che avvengono in certe cose ad opera di qualcos’altro. Questo presuppone che i mutamenti naturali non siano opera di qualcosa in senso specifico? Sì e no. Sì, se intendiamo questo “qualcosa” in senso sostanziale (ovvero, che il mutamento avvenga a causa della presenza di un diverso soggetto, come il pallone calciato da un giocatore); no, se intendiamo il “qualcosa” come causa intrinseca, come una specie di forza inerente alle cose. Per Aristotele, ogni mutamento ha sempre una causa, ovvero una spiegazione. In tal senso, l’essere vivente muta da giovane a vecchio per una qualche causa, per una ragione intrinseca al suo stesso essere “vivo”. Il sostrato “uomo” può essere maschio o femmina, giovane o vecchio, bianco o nero (e, come vedremo più avanti, pittrice, dottoressa, operaio), perché è nella sua natura la possibilità di assumere certe caratteristiche e non altre. Se invecchiamo, c’è una causa, una spiegazione del perché e del come ciò avvenga; in modo più complesso, anche la scelta di esercitare un’attività piuttosto che un’altra ha una sua causa. Ma “perché” e “come” richiedono spiegazioni differenti.

Partiamo da qui. Come sono diventato un essere umano?

  • 1) A causa della materia di cui sono fatto, carne e ossa – e anima.
  • 2) A causa delle proprietà funzionali di carne e ossa – e anima, e del modo in cui interagiscono.

Perché sono nato come essere umano?

  • 1) A causa del fattore che mi ha generato (un altro essere umano).
  • 2) A causa dello scopo per cui sono stato generato.

Le cause dunque sono quattro: la CAUSA MATERIALE – ciò di cui una cosa è fatta; la CAUSA FORMALE – il risultato finale del mutamento della materia in una forma compiuta e sostanziale (“che cos’è” un essere umano); la CAUSA EFFICIENTE – il motore che ha messo in atto il mutamento (i genitori nei confronti dei figli); la CAUSA FINALE – lo scopo del mutamento.

Come altre componenti del pensiero aristotelico, il concetto di causa presenta criticità dovute alla fissità del suo metodo classificatorio. Ciascuna delle quattro cause costituisce un principio generale che dev’essere valido per ogni ente preso in esame; questo comporta la necessità di far rientrare tutti i fenomeni naturali all’interno di questo schema, per quanto limitato esso sia. La causa materiale, ovvero la materia di cui un ente è composto, è un fattore d’individuazione piuttosto evidente nella sua elementarità; più convincente ancora è il principio di causa formale: un seme deve diventare, o è tale perché diventa albero, lo spermatozoo un essere umano (per la scienza del IV secolo a.C., la funzione riproduttiva della donna era puramente passiva, di ricettacolo e nutrimento del seme maschile); sulla causa efficiente possono esistere pochi dubbi: in fondo, essa corrisponde a quel principio universale di “causa-effetto” che ancora oggi permea ogni interpretazione scientifica della realtà (con l’esclusione delle più recenti teorie di meccanica quantistica). Sulla causa finale possono sorgere alcuni dubbi: il fine, o lo scopo, di un mutamento è qualcosa di aleatorio ma anche, con termine filosofico, “deterministico”; che un essere umano abbia lo scopo di divenire un… essere umano dice troppo e dice niente: da un lato lega questo ente a un destino predeterminato, a un’interpretazione troppo riduttiva di che cosa è un “autentico” essere umano (interpretazione che muta da una cultura all’altra, da un’epoca all’altra); dall’altro, non garantisce alcuna definizione esaustiva sulla natura di tale ente. Insomma: il tutto è dato un po’ troppo per scontato. Ma questa è la scienza aristotelica: una tavola di osservazione logicamente ordinata, che fa capo a un criterio di evidenza troppo vicino a quello che noi chiameremmo un logico buon senso. Aristotele ha creato un metodo che è ancora alla base della nostra interpretazione della realtà, ma guai prenderlo alla lettera, cosa che invece accadde, con esiti anche risibili, nel medioevo.

Occorre ancora aggiungere che ogni ente può partecipare di diversi principi di causa. Classico esempio è quello dell’”uomo adulto”: esso è nello stesso tempo causa efficiente (in quanto padre), causa formale (in quanto essere umano compiuto) e causa finale (in quanto scopo della procreazione). A questo punto però il concetto di causa potrebbe apparire un mero gioco formale, nello stesso tempo rigido e inafferrabile, se non intervenisse un ulteriore elemento esplicativo: quello dell’ente come sinolo (dal greco: synolon), ovvero composto di materia e forma. Ogni ente, inteso come sostanza prima, è un sostrato a cui fanno capo una materia e una forma proprie. In tal senso, un bambino non è lo stesso essere dell’uomo adulto, perché ai due appartengono forme diverse. Che un bambino possa (debba) divenire un adulto, è implicito nella sostanza “uomo”; ma un bambino E un adulto presi nello stesso attimo non sono la stessa sostanza. Quello di sinolo è un principio d’ordine un po’ più definitivo. Ma il processo esplicativo non è concluso. Se la materia, in sé, può appartenere a più enti (o sostanze, come nel caso della carne per gli esseri viventi), unita a un certo sostrato si riduce a essere qualcosa di non definitivo, diciamo una possibilità. La carne, o il legno e così via, può divenire diverse cose; Aristotele dice che è IN POTENZA. Il mutamento ne definisce la forma, cioè la causa finale o ATTO. Concludendo: ogni ente è un sinolo composto da materia e forma; ogni materia ha in sé la potenzialità di divenire qualcosa, di farsi atto compiuto.

Il processo del mutamento è ora compiutamente formalizzato. Un ente (una sostanza) non è mai assoluto, ma dev’essere definito in base al momento in cui è osservato. L’uomo è un ente che muta, che ha la possibilità di divenire svariate cose, è, nello stesso tempo, potenza e atto, materia e forma. Se l’ingegnere è un essere umano in atto, un uomo (o una donna) che ha assunto una certa forma, ogni essere umano è potenzialmente molte cose diverse, una materia da cui possono sorgere svariate forme.