Ebraicità del Cristo incarnato

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EBRAICITÀ DEL CRISTO INCARNATO

Incarnazione divina nell'antichità ebraica: punti di contatto col cristianesimo
(Nr. 6 della Serie cristologica)

Autore: Monozigote 2020

Leonardo da Vinci: "Salvator Mundi", ca. 1500
Leonardo da Vinci: "Salvator Mundi", ca. 1500
 
Ebraicità del Cristo

CopertinaEbraicità del Cristo incarnato/Copertina

 
Mezuzah

BibliografiaEbraicità del Cristo incarnato/Bibliografia

Prefazione

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Questo studio esplora come la nozione dell'incarnazione divina presenti un inaspettato punto di convergenza tra ebraismo e l'emergente cristianesimo. In particolare, indaga i modi in cui gli ebrei che vivevano intorno al I secolo e.v., concepivano Dio in forma corporea e gli umani come divini. La prima parte, che comprende i Capitoli I e II, concettualizza nuovamente i concetti di incarnazione e monoteismo. Il primo dimostra come la nozione di corporeità divina all'interno del pensiero ebraico racchiuda l'incarnazione, mentre il secondo rivela come gli ebrei antichi avevano una visione gerarchica della divinità, permettendo a molte cose, anche a entità create, di essere considerate divine. Costruendo su questo contesto, la seconda parte esamina una serie di casi studio in cui gli antichi ebrei consideravano gli esseri umani come divini. Il Capitolo III dimostra come Filone di Alessandria pensasse che una scintilla di divinità poteva essere impiantata nelle anime degli umani, mentre il Capitolo IV rivela come vari autori ebrei consideravano il Sommo sacerdote come un uomo deificato o la rappresentazione visibile di Dio sulla terra. La terza parte illustra come altri ebrei pensassero che parte del Dio supremo di Israele potesse entrare nella corporeità: verranno esdaminate le figure di Sofia (gr. Σοφία) (Capitolo V) e sul Logos (gr. Λόγος) divino (Capitolo VI). Nel fare queste affermazioni, situo il Vangelo di Giovanni – e la sua descrizione di Gesù come la parola divina fattasi carne (ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο) – in un particolare momento della storia ebraica. Sebbene gli studiosi abbiano a lungo indicato Giovanni 1:14 come il momento in cui la storia cristiana si differenziò staccandosi dalla sua ebraicità, in questo studio sostengo che il versetto era uno dei molti modi in cui gli ebrei, al volgersi dell'era volgare, capirono che Dio poteva assumere forma corporea. La mia ricerca dimostra che l'incarnazione di Dio non era antitetica al pensiero ebraico nell'antichità, ma parte integrante della tradizione. Concentrandomi su un momento particolare della storia ebraica, invece di utilizzare una prospettiva che risalga all'indietro da un successivo risultato noto, il mio studio resiste a una lettura anacronistica delle testimonianze. In tal modo trova un luogo di comunanza tra tradizione ebraica e tradizione cristiana e apre un potenziale punto di contatto per il dialogo ebraico-cristiano ai giorni nostri.

  Per approfondire, vedi Serie cristologica e Biografie cristologiche.