La religione greca/Le teologie dei filosofi/L'Essere di Parmenide
Parmenide di Elea (oggi Velia), filosofo del VI/V secolo a.C., fu avviato alla filosofia dal pitagorico Aminia. Di Parmenide conserviamo un poema in esametri che convenzionalmente indichiamo con il nome di Sulla natura (Περί Φύσεως, Sulle origini)[1], dove il filosofo ha sollevato un tema che è centrale nella ricerca filosofica: l'Essere (τὸ Ὄν), tema a fondamento della cosiddetta "ontologia" (scienza dell'essere). Tale poema conservava già per gli antichi elementi di problematicità per via del suo carattere enigmatico [2].
Nel proemio del poema, Parmenide narra di un viaggio in cui fu trasportato per mezzo di un carro trainato da cavalle e guidato da fanciulle (le figlie del Sole) per una via che "dice molte cose" (ὁδὸν πολύφημον), una via della divinità che porta in molti luoghi "colui che sa", che porta ai sentieri della Notte e del Giorno, fino giungere alla presenza di una dea, Δίκη (Giustizia) che, convinta dalle figlie del Sole, gli dischiude la porta per la "strada maestra", in una narrazione che si presenta «come un discorso vero, cioè come la rivelazione divina di una verità»[3].
E l'esortazione religiosa della dea Giustizia riguarda la Verità (ἀλήθεια)[4]:
Tale Verità si pone, quindi, in alternativa al non-vero, come precedentemente nel poema il sentiero del Giorno si oppone a quello della Notte. Il pensiero della Verità, la via della Verità, è quindi pensare ciò che "è" (ὅπως ἔστιν) in opposizione a coloro che invece perseguono l'altra via, quella che pensa ciò che "non è" (ὡς οὐκ ἔστιν).
La Verità comunicata a Parmenide inerisce inoltre a un "pensare" che non segue le fallaci informazioni raccolte con i dati sensibili[5].
È il logos e non i sensi, quindi, ciò che consente di attingere alla Verità, un logos che procede per "prove discusse", per confutazioni. Allora la Dea passa a descrivere cosa sia la Verità, la cui consapevolezza viene indicata da molte segnavia, segni indicatori (σῆμα), che additano cosa sia ciò che è, l'Essere (τὸ Ὄν), che non può sorgere, generarsi, dal non essere, dal nulla.
Le segnavia dell'Essere sono le sue caratteristiche costitutive, esso è[6]:
- ἀγένητον, non generato, non nato, non originato;
- ἀνόλεθρον, imperituro, eterno;
- οὐλομελές, tutto intero;
- ἀτρεμὲς, immobile, privo di movimento;
- ἀτέλεστον, senza fine;
- ἓν: uno;
- συνεχές: continuo, indivisibile.
Ne consegue che se l'Essere eterno, immobile, indivisibile, ovunque uguale e legato dal limite, nel senso del compiuto in ogni parte,e per questo esso è rappresentato da una sfera[7], le differenze, le nascita-morte vissute dai mortali non sono che apparenze a cui questi hanno dato nomi (ὄνομα). La scelta dei mortali nasce dalla loro decisione, vista la necessità di dare conto delle apparenze sensibili, di differenziare e opporre nell'Essere due forme: il fuoco/luce e la notte; il positivo e il negativo. Ma l'Essere è ugualmente pieno di luce e di notte.
A questo punto, ma il testo è frammentato, la Dea spiega la genesi e la costituzione del cosmo, formato da cerchi concentrici di fuoco puro e di notte (terra) nel mezzo dei quali si pone la mescolanza dei due elementi. Al centro, solido e circondato dal fuoco,si pone una divinità che genera, primo tra tutti gli dèi, Eros dando luogo al congiungimento tra maschio e femmina e quindi al concepimento.
Note
modifica- ↑ Oggi, di questo poema, conserviamo diffusi frammenti della sua prima parte, quella inerente alla "verità", mentre della seconda parte, quella inerente alle "opinioni dei mortali", conserviamo solo pochi singoli frammenti; Simplicio, nel commentario alla Physica (144, 25), ne attesta una edizione completa ancorché poco diffusa.
- ↑ Cfr. Proclo, Commentario al Timeo, I, 345, A 17 e 19.
- ↑ Enrico Berti. Parmenide in Il sapere greco - dizionario critico vol.2, Torino, Einaudi, 2007, p.187
- ↑ La nozione di ἀλήθεια nel mondo greco antico inerisce all'atto di "portare alla luce", "non nascondere", "svelare".
- ↑ Lo stesso Sesto Empirico (cfr. Ipotiposi pirroniane, VII, 112) ne ravvede un fermo invito ad indagare la verità con il ragionamento filosofico
- ↑ Cfr. Parmenide fr.8
- ↑ Nota Enrico Berti, (cfr. Op.cit. p. 193) che Aristotele, in Metafisica (986 b 18-21), riconosce a Parmenide di aver inteso tale "sfera" come nozione e non come materia, a differenza di Melisso che fu per questo criticato dallo Stagirita.