La religione greca/La religione greca nel periodo arcaico e classico
Alla base della religione greca vi sono, quindi, molteplici fondamenta: la cultura preistorica europea e quella degli invasori indoeuropei, le civiltà minoica e micenea nonché i contributi, come vedremo meglio più avanti, delle civiltà vicino-orientali.

Dal crollo della civiltà micenea (degli Achei), e il seguente periodo dei "secoli oscuri" e della penetrazione dei Dori, emergono le prime póleis (città) come atto spontaneo di aggregazione delle comunità greche.
Ciò che fondamentalmente differenzia la società micenea da quella delle póleis (πόλεις) è la forma di governo: al dominio centralizzato dal palazzo sede del re (wanáka ), subentra la comunità, aristocratica, degli opliti-contadini.
Il rito religioso del sacrificio subisce in questo quadro una profonda revisione.
Al contempo il crollo della civiltà palaziale micenea libera antichissimi culti:
Appaiono le prime statue in bronzo degli dèi nudi, e seppur Dioniso compare nella cultura religiosa micenea ora le «maschere corrono in divina disinibizione.»[1].
Molteplici tradizioni occorrono ora a spiegare i riti a diverse comunità che condividono, comunque, la medesima lingua[2] e
Accanto al racconto "omerico", rimane fondante il culto che trova nel sacrificio il suo momento supremo. Non solo, la presenza dei filosofi occorre lungo tutta la storia della religione greca a reinterpretare lo stesso racconto in senso "teologico", anche attraverso una critica radicale dei contenuti "omerici"[3] e con significativi cambiamenti di prospettiva:
Se per la religione greca "omerica" la realtà è divisa tra gli esseri immortali (dèi) e quelli mortali (uomini), dove all'uomo è assegnato un preciso destino[4] che non deve superare, pena di sconfinare nella imperdonabile hýbris (ὕβρις)[5], da qui il motto delfico di «Conosci te stesso» (Γνῶθι σεαυτόν, gnôthi seautón) col significato di "non superare la tua condizione mortale" mettendoti sullo stesso piano degli dèi[6], con Platone il paradigma cambia: il filosofo ateniese del IV secolo a.C. assegna all'uomo un diverso posto nel mondo e, facendo leva sulle credenze proprie delle "religioni misteriche", consegna allo stesso la possibilità di divenire immortale, quindi di rendere sé stesso simile a un dio[7].
La presenza del "mito" raccontato dai poeti, l'obbligatoria pratica cultuale cittadina e l'insegnamento teologico dei "filosofi", rappresenta la composita condizione in cui si trovava l'uomo greco di fronte al sacro:
NoteModifica
- ↑ Walter Burkert. Op.cit. p. 143
- ↑ Qui non si fa riferimento, ovviamente, alla koinè, ovvero alla diffusione della varietà letteraria e quindi della lingua parlata dell'attico fenomeno occorso non prima del V secolo a.C. quanto al fatto che, come evidenzia Luciano Agostiniani:
- ↑ Cfr. ad esempio l'opera di Senofane.
- ↑
- ↑ Per un breve approfondimento della nozione di hýbris cfr. la medesima voce curata da Carlo Del Grande vol.6 Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano, 2006 p. 5406-7. Per un ulteriore approfondimento cfr. dello stesso autore Hybris: colpa e castigo nell'espressione poetica e letteraria degli scrittori della Grecia antica /Da Omero a Cleante, Napoli, 1957.
- ↑ Cfr., ad esempio, Jean-Pierre Vernant. Mito e religione in Grecia antica. Roma, Donzelli, 2009, p. 28.
- ↑
CapitoliModifica
- Il mondo di Omero
- La Teogonia di Esiodo
- Gli Dei e gli Eroi
- Uomini e Dei
- Il culto
- La divinazione e gli oracoli
- Il sacrificio
- Il tempo sacro: calendario religioso e feste
- Il culto dei defunti e la psyché