La religione greca/La religione greca come mito, culto e rappresentazione

Seppure nozione dibattuta[2], la religione si esprime per mezzo di racconti, rappresentazioni artistiche, culti[3].

Ermes Loghios ((Ἑρμῆς ὁ Λόγιος), copia romana di originale greco del V secolo a.C., collezione Boncompagni Ludovisi, Museo nazionale romano, Roma. Ermes è il dio dell'eloquenza e il gesto oratorio della mano destra sembra identificarlo con questa qualità. Sul braccio sinistro regge la clamide (χλαμύς), il mantello corto da sella, adatto per i viaggi a cavallo; il copricapo è il petaso (πέτασος) che protegge dal sole e dalla pioggia. Ermes è il dio del λόγος (parola, ragione) e messaggero di Zeus. In ambito stoico è identificato con lo stesso λόγος che pervade l'universo.
A destra un'altra scultura del dio Ermes, sempre copia romana di un originale greco del IV secolo a.C., conservata presso i Musei Capitolini di Roma. Gli attributi di Ermes sono, oltre la clamide e il petaso, il caduceo (κηρύκειον), il bastone donatogli da Apollo, proprio degli araldi. Qui il caduceo è avvolto da due serpenti, simboli dell'oltretomba, che identificano il dio come ψυχοπομπός (psychopompós), guida delle anime durante il loro viaggio verso l'Ade[1]. Le ali poste alle caviglie, sul petaso e sul caduceo lo indicano come ἄγγελος (ánghelos), messaggero degli dèi. La borsa che regge con la mano sinistra lo indica come protettore dei commerci e quindi adottato anche dai ladri e dai truffatori.

La religione greca è comunemente conosciuta soprattutto per mezzo dei miti[4] che ne compongono la mitologia. Fin dall'avvio del suo studio nel corso del Rinascimento, infatti, e per tutto il XIX secolo, la religione greca è stata considerata essenzialmente come mitologia:

« Per gli eruditi del Rinascimento, come ancora per la maggioranza degli studiosi del XIX secolo, la risposta va da sé. La religione greca è in primo luogo, ai loro occhi, quel tesoro multiplo e fiorente, di racconti leggendari che gli autori greci, seguiti poi dai latini, ci hanno trasmesso... »
(Jean-Pierre Vernant. Mito e religione in Grecia antica. Roma, Donzelli, 2009, p. 6)

Nel corso della prima metà del XX secolo questo paradigma è entrato in crisi: autori come André-Jean Festugière[5] hanno considerato lo studio della mitologia greca come fuorviante ai fini di una conoscenza della effettiva religione che andava conosciuta per mezzo dei riti:

« Per ben intendere la vera religione greca, dimenticando dunque la mitologia dei poeti e dell'arte, rivolgiamoci al culto ed ai culti più antichi. »
(André-Jean Festugière, Op.cit.)

Le ragioni di questa crisi sono molteplici e vanno dalla personale impostazione degli studiosi al fatto che

« il progresso degli studi classici, lo sviluppo in particolare, dell'archeologia e dell'epigrafia, hanno aperto agli antichisti, a fianco del campo mitologico, nuovi campi di ricerca che hanno indotto a mettere in causa, talvolta per modificarlo piuttosto in profondità, il quadro della religione greca offerto dalla sola tradizione letteraria »
(Jean-Pierre Vernant, Op.cit. p. 10)

Oggi vi è una riconsiderazione complessiva dello studio della religione greca:

« Il mito gioca la sua parte in questo insieme allo stesso titolo delle pratiche rituali e dei fatti di figurazione del divino: mito, rito, rappresentazione figurata, tali sono i tre momenti di espressione - verbale, gestuale, figurata - attraverso cui si manifesta l'esperienza religiosa dei Greci, ciascuno costituendo un linguaggio specifico che, fino nella sua associazione agli altri due, risponde a bisogni particolari e assume una funzione autonoma. »
(Jean-Pierre Vernant, Op.cit. p. 10)

Note modifica

  1. Cfr. Stefania Ratto Grecia p. 113. In Atenagora (cfr. Apologia per i cristiani, XX = OF 58), polemista cristiano del II secolo, i due serpenti "annodati" rappresentano Zeus unito alla propria madre Rea, la quale, rifiutandosi a lui, si trasformò in serpente; il re degli dèi fece altrettanto per raggiungere il suo scopo.
  2. « Definire la religione è compito tanto ineludibile quanto improbo. È infatti evidente che, se una definizione non può prendere il posto di una indagine, quest'ultima non può avere luogo in assenza di una definizione. »
    (Giovanni Filoramo, Religione in Dizionario delle religioni 1993, p. 621)
  3. « Le concezioni religiose si esprimono in simboli, in miti, in forme rituali e rappresentazioni artistiche che formano sistemi generali di orientamento del pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento »
    (Enrico Comba, Antropologia delle religioni. Un'introduzione. Bari, Laterza, 2008, pag.3)
  4. Da considerare che il termine "mito" (μύθος, mýthos) possiede in Omero ed Esiodo il significato di "racconto", "discorso", "storia" (cfr. «per gli antichi greci μύθος era semplicemente "la parola", la "storia", sinonimo di λόγος o ἔπος; un μυθολόγος, è un narratore di storie» Fritz Graf, Il mito in Grecia Bari, Laterza, 2007, 1; cfr. «"suite de paroles qui ont un sens, propos, discours", associé à ἔπος qui désigne le mot, la parole, la forme, en s'en distinguant...» Pierre Chantraine, Dictionnaire Etymologique de la Langue Grecque, p. 718). Un racconto "vero" (μυθολογεύω, Odissea XII, 451; così Chantraine (Dictionnaire Etymologique de la Langue Grecque, 718: «"raconter une histoire (vraie)", dérivation en εύω pour des raisons métriques».), pronunciato in modo autorevole (cfr. «in Omero mýthos designa nella maggior parte delle sue attestazioni, un discorso pronunciato in pubblico, in posizione di autorità, da condottieri nell'assemblea o eroi sul campo di battaglia: è un discorso di potere, e impone obbedienza per il prestigio dell'oratore.» Maria Michela Sassi, Gli inizi della filosofia: in Grecia, Torino, Boringhieri, 2009, p.50), perché «non c'è nulla di più vero e di più reale di un racconto declamato da un vecchio re saggio»(Giacomo Camuri, Mito in Enciclopedia Filosofica, vol.8, Milano 2006, pag.7492-3). Nella Teogonia è μύθος ciò con cui si rivolgono le dee Muse al pastore Esiodo prima di trasformarlo in "cantore ispirato" (cfr. 23-5: Τόνδε δέ με πρώτιστα θεαὶ πρὸς μῦθον ἔειπον)
  5. cfr. André-Jean Festugière, La Grèce. La religion. In Historie générale des religions (sotto la direzione di Maxime Gorce e Raoul Mortier), tomo II, pp. 27-197. Parigi, 1944.