La religione greca/Le teologie dei filosofi/I presupposti: ''arche'' e ''theion''
Nell'ambito storico filosofico e della storia delle idee, l'origine del pensare filosofico è stato ed è oggetto di approfondimento e di dibattito.
Werner Jaeger[1] osserva come la tentazione di assegnare a quei filosofi presocratici, indicati anche come "naturalisti", in qualità di presunti esploratori «della realtà sensibilmente sperimentabile»[2], un rifiuto della spiegazione "metafisica" o "teologica" della medesima realtà, sia profondamente sbagliata qualora si verificassero, dal punto di vista filologico, i termini e le nozioni da loro utilizzate:
Dal che Talete quando indica che l’acqua è origine di tutto [3] seppur rinuncia a qualsivoglia espressione mitica o allegorica è vicino ai «teologemi mitici», anzi in concorrenza con questi.
Così Aristotele introduce il pensiero dei filosofi da lui definiti "fisici" (φυσιολόγος):
Se consideriamo Anassimandro il primo autore di un testo filosofico in prosa [4], si nota che i filosofi più antichi quando trattano del "principio supremo" cambiano stile adottando quello dell'inno[5].
Tale "principio", ἀρχή (archḗ)[6][7], è quindi "divino" θεῖον (theîon), dove però «Il divino non è soltanto un attributo del principio, aggiunto ai suoi altri attributi, ma l'aggettivo sostantivato "il divino" che è tolto come concetto autonomo dal pensiero religioso e identificato col principio razionale dell'illimitato. [...] Partendo dalla natura si svolge l'idea di un principio supremo come, per esempio, in Aristotele l'ens perfectissimus o negli stoici il fuoco formatore del mondo, e di questo principio si dice poi: "E questo deve essere il divino".»[8][9].
Così se nel pensiero teologico di Esiodo si consta la presenza di molti dèi immortali manca l'indagine sulla loro essenza, sulla loro natura immortale e sulla loro capacità di governare tutto; manca, inoltre, la loro origine che resta di tipo "genealogico", con Anassimandro invece si avvia l'indagine sul principio divino e immortale, τὸ ἄπειρον, che non ha inizio[10]: da questo divino immortale ed eterno hanno genesi numerosi 'mondi' divini, gli dèi, che tuttavia nascono e periscono. Nell'opera di Anassimandro (VI secolo a.C.) appare dunque anche quella cosmologia che resterà tale in Occidente fino alla rivoluzione copernicana: la Terra è al centro dell'universo ed è circondata dalle sfere delle costellazioni racchiuse, infine, dall'ultima sfera, quella divina[11].
Ma per quale ragione i "mondi" e le loro "cose" vengono ad essere?
In questo passo, l'unico generalmente riconosciuto come autentico[12] di probabile influenza orfica[13], l'individuazione delle "cose", la loro nascita e differenziazione dall'unità divina viene vista come una colpa, quindi la "volontà di potenza" che consegue all'esistenza individuale viene "punita" all'interno della dimensione temporale dalle altre "cose" determinate dalla stessoa "volontà": «tutta la nostra vita non è determinata dalla divinità, ma è un distaccarsi primordiale.» [14].
Ma vi è una profonda differenza tra le "religioni dei misteri" e la "teologia dei filosofi":
Resta la domanda su quali siano le origini di queste indagini ovvero del pensiero filosofico e teologico, se esso nasca o meno improvvisamente in quel preciso periodo storico. A tal proposito Francis Macdonald Cornford sottolinea come sia fondamentale rinunciare all'idea della nascita improvvisa del pensiero filosofico, in quanto questo pensiero è frutto di un lungo processo di razionalizzazione che ha origini ben prima di Talete [15]. Su questo tema lo studioso britannico evidenzia come le cosmogonie greche abbiano dei paralleli evidenti con quelle vicino orientali (in tal senso, e ad esempio, risulta evidente e indiscusso il collegamento tra la Teogonia esiodea e il precedente Enûma Eliš babilonese) e loro fondamento nei rituali religiosi, ritenendo di collocare l'origine della filosofia ionica lungo il percorso di "unità originaria/separazione" propria di quei più antichi mitologemi.
Walter Burkert, si inserisce nel percorso argomentativo avviato da Cornford, giungendo tuttavia a differenti conclusioni quando ritiene non nel rito ma nel logos, ovvero nella necessità di offrire significati all'esperienza, il fondamento sia del pensiero cosmogonico "mitico" sia di quello "filosofico" differenziandosi l'uno dall'altro in base al gradiente di immaginazione/razionalità[16].
Diversamente, Karl Jaspers nell'opera Vom Ursprung und Ziel der Geschichte (it. Origine e senso della Storia) pubblicata nel 1949, ritiene di individuare un vero e proprio punto di rottura epocale tra il IX e il II a.C. quando in India, Cina, Palestina, Iran e Grecia si dissolvono le civiltà precedenti frutto di uno sviluppo storico monofiletico a favore di uno sviluppo policentrico caratterizzato da cerchie culturali separate. Tale rottura epocale viene indicato da Jaspers con l'espressione "Periodo assiale" (Achsenzeit).
Con questo asse si offre qualcosa di comune all'intera umanità con cui è possibile rappresentare l'unità della Storia umana.
Note
modifica- ↑ Werner Jaeger. La teologia dei primi pensatori greci. Firenze, La Nuova Italia, 1982, pp.31 e sgg.
- ↑ Così anche Giovanni Reale nel suo saggio introduttivo ai Presocratici (Milano, Bompiani, 2006, p. XLIII): «In primo luogo, va detto che non è corretto parlare della filosofia della natura dei Presocratici come di una forma di "materialismo" in senso moderno. Il pensiero presocratico, infatti, si colloca al di qua della distinzione dell'essere fra "fisico" e "sopra-fisico", fra "materiale" e "immateriale". Solo dopo la seconda navigazione (δεύτερος πλους) di Platone, ossia dopo la scoperta dell'esistenza di una realtà soprafisica, si può parlare in modo adeguato di materialismo e spiritualismo. »
- ↑ Così Artistotele nella Metafisica A 3, 983 b «Talete, il fondatore di tale forma di filosofica, dice che è l’acqua» (traduzione di Renato Laurenti in Presocratici vol. I a cura di Gabriele Giannantoni, Milano, Mondadori, 2009, p.90).
- ↑ «Talete non scrisse nulla, e quindi comunicò i suoi messaggi mediante l'oralità» Giovanni Reale, Storia della filosofia greca e romana, vol.1 p. 87; su Anassimandro in tal senso cfr. Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, p.45;
- ↑ Cfr. Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, p.44
- ↑ Il primo a utilizzare il termine ἀρχή (principio, origine) fu probabilmente Anassimandro: cfr. Giovanni Reale Storia della filosofia greca e romana vol.1 p.88 e Giorgio Colli, La sapienza greca vol.2 p. 32, per approfondimenti ivi nota 11 [B 1].
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- ↑ Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, p.45.
- ↑ Per quanto attiene l'influenza del termine e della nozione del θεῖον propria dei filosofi naturalisti sul pensiero e sul linguaggio della Grecia classica, ad esempio in Erodoto, nei tragici, nella letteratura ippocratica, cfr. nota 46 p.63 e anche «In seguito, ai tempi di Erodoto e dei poeti tragici, sostituisce spesso "gli dei" e d'altro canto si trova anche la forma singolare "il dio".» in Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci.
- ↑ "A-peiron" ovvero privo di peras ovvero di limiti e di determinazioni, quindi "illimitato" e "indeterminato", cfr. Giovanni Reale, Storia della filosofia greca e romana, vol.1 p. 94.
- ↑ Walter Burkert, La religione greca, p. 544.
- ↑ Giorgio Colli, La sapienza greca vol.1 p.297
- ↑ Giorgio Colli, La sapienza greca vol.1 p.297 e Giovanni Reale, Storia della filosofia greca... vol.1 p.98
- ↑ Giorgio Colli, La sapienza greca vol.1 p.297.
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- ↑ Cfr. Walter Burkert The Logic of Cosmogony, in Richard Buxton (a cura di) Myth to Reason?, Oxford, Oxford University Press, 1999.