Ispirazione mistica/Glossario
GLOSSARIO
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I Cinque mondi nella Cabala |
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- (s) = singolare, (p) = plurale
- Abramo — Abramo è considerato il padre spirituale degli ebrei perché, secondo la storia biblica, rifiutò il culto degli idoli e scelse di adorare YHWH, il Dio unico. La Bibbia racconta i primi anni di vita di Abramo e i suoi viaggi, su comando di Dio, da Ur in Mesopotamia, il “paese dei suoi padri”, alla terra di Canaan. Racconta della sua devozione a YHWH e dell'alleanza di YHWH con lui. Abramo accetta che adorerà e si dedicherà all'unico Signore. In cambio, Dio promette il Suo amore e la Sua cura incessanti per Abramo e la sua discendenza: che da lui discenderà un popolo grande e potente, al quale lascerà in eredità una terra “dove scorre latte e miele”, a patto che continui a essere fedele a Dio.
- Intelletto Attivo — Intelletto attivo era un termine che Mosè Maimonide (XII sec.) prese in prestito da Aristotele (tramite i filosofi musulmani) per descrivere il flusso dello spirito divino o influenza di Dio nella creazione attraverso i profeti o i mistici che ne furono ricettivi. Secondo Maimonide esistono dieci “Intelligenze” emanate da Dio che dirigono l'universo, ed è l'Intelletto Attivo, l'ultimo di queste, che media continuamente tra il mondo spirituale e quello fisico. Maimonide con queste intelligenze intendeva il concetto biblico e rabbinico degli angeli. Il mistico cabalista Abraham Abulafia adottò il concetto da Maimonide, intendendolo come un “flusso continuo di vita cosmica. . . che attraversa tutta la creazione”. Abulafia lo identificò anche con il discorso primordiale o parola di Dio – il dibur kadmon.
- accademia celeste — Alcuni mistici si riferivano in modo criptico alla fonte della loro illuminazione interiore come a una rivelazione dell'"accademia celeste", un termine metaforico per l'influenza dei luminari spirituali dei tempi precedenti, le cui anime si credeva guidassero ancora coloro che erano sulla terra.
- Adam Kadmon — Adamo originale o primordiale. La figura di Adamo nella Bibbia, il primo uomo, è considerata dai mistici a due livelli. Simbolicamente, la storia dell'esilio suo e di Eva dal Giardino dell'Eden corrisponde alla diffusione della luce divina primordiale nella creazione materiale. Originariamente erano assorbiti nell'unità divina; lo stato dell'Eden simboleggia il loro stato di completezza. Così la storia del loro peccato e del loro esilio simboleggia anche l'esilio dell'anima da uno stato di grazia in unità con Dio e la sua prigionia nella creazione fisica. Ad un altro livello, il concetto di Adam Kadmon viene ulteriormente esteso; egli è il macrocosmo – il modello o prototipo dell'essere umano – l'“immagine di Dio” da cui è stata generata l'intera creazione. Il cabalista Isaac Luria insegnò che un tempo tutte le anime facevano parte dell'Adam Kadmon a livello divino. Adam Kadmon veniva descritto come incredibilmente enorme; attraverso i suoi occhi la luce primordiale fluiva nella creazione, dalle sue vene, organi e membra, fu generata la creazione fisica.
- alleanza — L'ebraico è brit (בְּרִית), accordo/patto o promessa. La Bibbia dice che Dio stipulò un'alleanza con Abramo, il patriarca datato 2 500 AEV. Si ritiene che il concetto o modello di tale patto sia stato modellato su antichi accordi giuridicamente vincolanti tra due parti. Abramo accettò di adorare l'unico Dio e di rinunciare al culto degli idoli, e Dio accettò di dare a lui e ai suoi discendenti una terra speciale dove avrebbero potuto vivere e diventare una grande nazione. Da qui i concetti di “terra promessa” e “popolo eletto”. C'erano molti altri obblighi che Abramo si assunse, inclusa la circoncisione, che suggellò il patto, e in cambio Dio accettò di prendersi incessante cura di Abramo e dei suoi discendenti. L'alleanza è una promessa di fedeltà reciproca. È un impegno tra amanti, uno divino e uno umano. Successivamente, nel libro dell'Esodo della Bibbia, l'alleanza fu riaffermata da Dio con la rivelazione sul Monte Sinai, intorno al 1400 AEV, quando Mosè salì sulla cima del monte e ricevette i Dieci Comandamenti e, secondo la tradizione, l'intera Torah. A nome degli Israeliti, Mosè accettò di obbedire ai comandi di Dio e Dio confermò la sua promessa di dare loro la loro legittima eredità. Successivamente, nel periodo dei profeti, l'alleanza fu ampliata per includere la promessa di restaurare la monarchia del re Davide e della sua stirpe, a condizione che il popolo obbedisse ai termini pattizi. In periodi diversi l'alleanza fu riaffermata dai vari profeti e leader spirituali, e ampliata per includere la necessità di adorare nel santuario di Gerusalemme e di portare determinati sacrifici e offerte. Non è noto se i leader successivi abbiano utilizzato il concetto di alleanza per rafforzare il proprio potere. È anche possibile che il concetto di alleanza si riferisse inizialmente a un mistico “legame” dell'anima al culto interiore di Dio.
- assiyah — La realizzazione; il reame dell'attualizzazione, l'universo fisico, secondo la Cabala. Nella Cabala vengono descritti quattro reami superni e dei quattro, assiyah è il reame più basso, dove predomina la materia e dove il potere creativo o luce divina primordiale è velato. Ogni reame rispecchia quello superiore, ma ad una vibrazione inferiore. Assiyah è anche descritto come corrispondente al livello di Samael, l'angelo malvagio o diavolo.
- atarah — Corona, diadema; un termine usato dai cabalisti per la sefirah di malkut, la più bassa delle sefirot, in simmetria con keter (corona), la sefirah più alta. Il profeta Isaia usò il termine per descrivere il popolo di Israele, poiché quando è obbediente alla volontà di Dio diventa un mezzo per diffondere la Sua luce divina e il Suo amore nella creazione, e quindi sono la Sua atarah. I cabalisti usarono il termine per creare un simbolo basato su ciò: che la corona di Dio è fatta dalle preghiere dei suoi fedeli. I cabalisti credevano che mentre le persone pregano, le loro preghiere, gli inni e i nomi di Dio che invocano ascendono al trono divino e sono intrecciati insieme come la Sua corona. Atarah è identificata anche con il “demut superno” (forma astrale) e la Shekhinah (realtà divina immanente).
- atsilut — Emanazione, prossimità, forse derivata dalla radice etsel (accanto, vicino a), che implica “accanto o uno con Dio”. Nella Cabala sono descritti quattro reami superni. Atsilut è il più elevato ed è la prima emanazione del divino dal suo stato di totale occultamento all'interno della Divinità. È il reame spirituale in cui esiste il potenziale delle qualità divine, ma non si è ancora differenziato.
- ayin — Niente, senza sostanza; una differente forma grammaticale di ayn (come in Ayn-Sof, la fonte divina primordiale). Ayin è un termine usato nella Cabala e nel Hasidismo per designare la realtà spirituale e l'unità che trascende la creazione; poiché non ha sostanza, nessun elemento di materialità, è il “niente”. Ayin è l'opposto di yesh, “sostanza” – la creazione materiale. È anche inteso come lo stato del mistico di totale autotrascendenza e unione con il divino. Tra le sefirot, ayin è identificata con la sefirah di keter. Secondo alcuni insegnamenti cabalistici, ayin è la prima e la più alta delle due sefirot (keter e hokhmah) che, insieme ad Ayn-Sof, compongono la Divinità in tre parti.
- Ayn-Sof — Senza fine; Colui che è infinito o illimitato. Un termine usato nella Cabala che si riferisce a Dio come l'essere trascendente che è al di là di tutte le limitazioni o definizioni, che esiste nell'unità indifferenziata e non è soggetto alla dualità. È il reame della pura spiritualità al di là anche dell'atto di emanazione più sottile, al di là anche del potenziale della prima emanazione delle qualità divine. È trascendente nel suo occultamento. Nel sistema delle sefirot, Ayn-Sof è più alta della prima sefirah di keter (corona). Alcuni mistici lo equiparano all'emanazione primaria del nome divino o luce, a cui ci si riferisce come aur Ayn-Sof (l'infinita luce primordiale). Altri cabalisti come Isacco il Cieco consideravano sia Ayn-Sof che keter come al di là della prima espressione della volontà divina. Alcuni cabalisti consideravano Ayn-Sof e keter equivalenti. È anche equiparato all'essenza divina sempre fluente o al potere creativo stesso.
- ba’al shem — Maestro del nome. Termine usato nell'Europa dell'Est già nel XVI secolo per indicare coloro che sapevano manipolare certi nomi di Dio. Descriveva un tipo di cabalista che utilizzava tecniche “magiche” (incantesimi, sortilegi, nomi divini) per esorcizzare demoni e spiriti maligni, proteggere le persone (soprattutto neonati e coppie appena sposate) da ogni tipo di disgrazia e guarirle dalle malattie.
- beinoni — Nel mezzo; il termine dato da Rabbi Shneur Zalman di Liadi (primo dei maestri chassidici Lubavitch o Chabad) per la persona media che non era né tsadik (santo) né intrappolata nella rete del male.
- binah — Comprensione; la terza delle dieci sefirot; il ricettacolo dell'energia creativa della seconda sefirah di hokhmah (saggezza). Viene insegnato che la volontà o parola divina emana da hokhmah e fluisce a binah, da dove vengono emanate le sette sefirot inferiori. Quindi binah è spesso chiamata il grembo o la madre della creazione. Tra le partsufim (configurazioni delle sefirot) descritte dal cabalista Isaac Luria, Imma (madre) è identificata con binah. Con hokhmah, binah è la prima manifestazione della divisione del potere divino nella dualità di positivo e negativo, maschile e femminile.
- briah — Creazione; il secondo dei quattro reami divini in cui è divisa la creazione secondo la Cabala. Il più elevato di questi mondi è chiamato atsilut, emanazione, a significare il reame spirituale in cui esiste il potenziale per l'emanazione primordiale delle qualità divine, ma in realtà non si esprime. Sotto atsilut c'è briah, creazione, il reame in cui la volontà divina diventa attiva nel creare i prototipi della creazione sottostante. Questo è seguito da yetsirah, il mondo della formazione – il livello astrale o etereo. Il mondo più basso è il regno fisico di assiyah, che significa “attualizzazione” o “creazione”.
- Cabala — (anche cabbala, qabbaláh o kabbalah, in ebr. קַבָּלָה, letteralmente ‘ricevuta’, ‘tradizione’) è l'insieme degli insegnamenti esoterici propri dell'ebraismo rabbinico, già diffusi a partire dal XII secolo-XIII secolo; in un suo significato più ampio, il termine intende quei movimenti esoterici sorti in ambito ebraico con la fine del periodo del Secondo Tempio: aspetto più noto del misticismo ebraico, che spesso è considerato un movimento a sé stante. Il termine si riferisce specificamente a un gran numero di scritti esoterici risalenti al XIII secolo che attingono all'esperienza spirituale personale, alla Bibbia, al Talmud, alle prime opere di misticismo come gli scritti Heikhalot e Merkavah, il Sefer yetsirah, il Sefer ha-Bahir e materiale mistico molto più leggendario. Il pezzo più famoso della letteratura cabalistica è lo Zohar, di Moses de León della Spagna del XIII secolo. La Cabala comprende anche le opere di Isacco il Cieco, Nahmanide, Moses Cordovero, Abraham Abulafia, Isaac di Akko, Isaac Luria e Mosè Luzzatto, tra molti altri. Gli insegnamenti cabalistici sono caratterizzati dall'uso di un simbolismo complesso per spiegare la natura di Dio e l'origine della creazione, la natura dell'anima e varie tecniche di meditazione che includono manipolazioni di parole, nomi e lettere e contemplazione su luci spirituali, qualità e suoni.
- Cabala estatica — Termine dato dagli studiosi alle pratiche di meditazione insegnate da Abraham Abulafia nel XIII secolo. Il loro scopo era sviluppare una consapevolezza spirituale interiore – un'esperienza diretta di Dio, il ruah ha-kodesh (lo spirito santo).
- Cabala profetica — Il nome dato dal cabalista medievale Abraham Abulafia al suo sistema di Cabala, che era una tecnica progettata per provocare un'esperienza estatica di unione con la realtà divina. Implicava la ripetizione di nomi e lettere, vari movimenti corporei e così via. Gli studiosi moderni chiamano il suo metodo “Cabala estatica”.
- da’at — Conoscenza. Sebbene in senso stretto non sia una delle dieci sefirot, da’at è considerata una sefirah "ombra" formata dalla relazione dialettica di hokhmah (saggezza) e binah (comprensione). È un centro energetico creato dall'incontro delle energie opposte di hokhmah (maschile, esteriore) e binah (femminile, interiore).
- devekut — Attaccamento, adesione; dal verbo biblico dabhak (aderire, attaccarsi, aggrapparsi/stringersi). Un termine usato nella Cabala e nel Hasidismo per descrivere un intenso e profondo attaccamento a Dio attraverso l'amore. Nella Cabala antica veniva spesso usato per descrivere il processo devozionale di avvicinamento a Dio attraverso la comunione interiore con il divino, per mezzo della kavanah (concentrazione o intenzione della mente nella preghiera o nella meditazione). Era associato allo stato raggiunto dai profeti biblici. Abraham Abulafia, il cabalista del XIII secolo, insegnò il devekut come un percorso pratico per unirsi intimamente a Dio attraverso l'ascesa interiore. Nel Hasidismo, devekut era usato per descrivere uno stato di coscienza molto elevato, di unione mistica con Dio, raggiunto attraverso la meditazione, ed era lo scopo di tutta la pratica spirituale. Secondo il primo maestro chassidico, il Ba’al Shem Tov, nello stato di devekut ci si rende conto attraverso l'esperienza personale che la presenza divina è ovunque, saturando l'intera creazione; non c'è altro che quella. Nel Hasidismo Chabad è associato alla contemplazione e provoca l'esperienza dell'estasi mistica (hitpa’alut).
- dibur, dibur kadmon — Espressione, parola; parola primordiale. Il termine fu spesso usato dal cabalista Abraham Abulafia come sinonimo dell'intelletto attivo, il discorso o l'espressione divina primordiale che portò alla creazione. È la prima proiezione del potere creativo nella creazione a livello spirituale, al di sopra del materiale. A volte è identificato con la sefirah di hokhmah (saggezza).
- din — Giudizio; altro nome per la quinta sefirah di gevurah (forza, potenza) nel sistema cabalistico delle sefirot. È il potere limitante che incanala il flusso del potere divino di hesed (misericordia), la quarta sefirah, verso le sefirot inferiori e da lì nella creazione.
- El Elohim — Uno dei nomi descrittivi di Dio usati nella Bibbia. Letteralmente significa “dio degli dei”.
- El Shaddai — Uno dei nomi descrittivi di Dio usati nella Bibbia. Letteralmente può significare “Dio che nutre, il benevolo”. Come descritto nel Sefer yetsirah: El Shaddai, Misericordioso e Compassionevole/Alto ed Esaltato/Dimora nell'eternità/Il Cui nome è Santo...
- esilio — Gli ebrei furono esiliati nella diaspora a partire dal 586 AEV quando i regni israeliti caddero prima nelle mani dei babilonesi e poi dei persiani. (In precedenza ci fu una deportazione assira nel 722 AEV, ma quelle genti furono assimilate dagli Assiri e andarono perdute nella storia ebraica.) I profeti usarono l'esilio politico per imprimere nel popolo l'importanza di aderire ai comandamenti di Dio; era accettato come una punizione per la loro incapacità di rispettare i termini dell'alleanza. Il profeta biblico Geremia rassicurò il popolo che alla fine Dio li avrebbe raccolti dal loro esilio e li avrebbe riportati nella “terra promessa” attraverso l'intermediazione dei suoi pastori, i profeti o messia del futuro. Il pastore veniva identificato con il mistico. Nel corso del tempo, l'esilio politico dei popoli della diaspora fu inteso simbolicamente come l'esilio del popolo d'Israele dalla sua intimità con Dio, e dai mistici come l'esilio dell'anima dall'unione con il divino; e anche come l'imprigionamento della [[w:Shakhinah|Shekhinah (la presenza o immanenza divina) nel mondo materiale e il suo esilio dall'unione con la Divinità.
- gadlut de mohin — Grandezza d'animo. Secondo il Ba’al Shem Tov (il primo maestro chassidico), è naturale che le persone sperimentino incoerenza nella loro devozione, poiché in ogni cosa c’è un flusso e riflusso naturale, un'espansione e una contrazione. Katnut de mohin (piccolezza d'animo) e gadlut de mohin (grandezza d'animo) erano i termini usati per esprimere questi periodi alternati, questi stati d'animo mutevoli. Oggi l'uso più comune di questi termini è mohin de gadlut e mohin de katnut.
- gaon (s), geonim (p) — Saggio, saggi. I geonim erano i leader ufficialmente nominati della comunità ebraica nella Babilonia governata dai persiani dal VI all'XI secolo. Sono loro che preservarono molti dei testi mistici heikhalot e merkavah. Per lo più i geonim avevano un'influenza conservatrice, incline all'istituzione della legge talmudica. Tuttavia, ci furono alcuni che fornirono anche una forma di leadership più spirituale, in particolare uomini come Saadia Gaon nel X secolo e Hai Gaon nell'XI secolo.
- gematria — Tecnica per estrarre significati esoterici da parole e passaggi della lingua ebraica, basata sul fatto che le lettere dell'alfabeto ebraico hanno valori numerici. Nella gematria si trovava il valore numerico delle parole ebraiche e si cercavano altre parole o frasi di uguale valore, stabilendo così una connessione tra i loro significati.
- gerushin — Bandire; una pratica adottata dai cabalisti di Safed nel XVI secolo, secondo la quale vagavano per le campagne per imitare la Shekhinah in esilio e trasformarsi così in un vaso ricettivo per il suo ritorno.
- gilgul — Rotolamento; termine cabalistico per reincarnazione e trasmigrazione. Il concetto appare per la prima volta esplicitamente nel Sefer ha-bahir.
- giluy Eliyahu — Rivelazione di Elia. Molti mistici ebrei nel corso dei secoli hanno descritto la loro illuminazione spirituale come derivante da una rivelazione conferita dal profeta Elia durante il trasporto mistico o nei sogni. Elia era il profeta biblico il cui discepolo Eliseo assistette alla sua ascesa al cielo su un carro di fuoco, mentre era ancora in vita. Elia è stato trasformato nella tradizione mistica ebraica in una figura quasi mitica che porta conoscenza interiore e illuminazione.
- hagah — Ripetere. Secondo alcuni studiosi contemporanei come Aryeh Kaplan, hagah, come usato nella Bibbia, si riferisce a una pratica di meditazione che prevede la ripetizione di parole o suoni ed è strettamente correlata alla “meditazione mantra”. Significa principalmente “esistenza diretta”. Hagah può anche significare contemplare, ed era usato in associazione con l'esperienza di luce e suono spirituali, come nella visione del profeta Ezechiele.
- halakhah — Camminare o condurre; legge. L'intero corpo della legge ebraica o una particolare sentenza dei saggi è chiamata halakhah, perché la legge ebraica fornisce un percorso per una corretta condotta della vita ebraica.
- hanhagot — Condotta; regole della pietà mistica. Un genere di letteratura prodotto da molti mistici di Safed come guida quotidiana per la loro confraternita, che gettò le basi per i loro insegnamenti mistici.
- hashmal — Normalmente tradotta come “electrum”, la parola è usata unicamente nel racconto biblico della visione di Ezechiele (Ezechiele 1:27), dove è associata alla luce intensa o al fuoco della gloria visibile (kavod) di Dio. La definizione precisa di hashmal è sconosciuta.
- hasid (s), hasidim (p) — Devoto, pio, santo, benevolo. Scritto spesso anche come chassid, ḥasid, hassid, il termine deriva da hesed, una delle qualità di Dio, che significa amore abbondante e illimitato, grazia, gentilezza amorevole, bontà, misericordia e compassione. Il termine hasid veniva talvolta usato per i seguaci dei profeti della Bibbia, e poi per i veri devoti di Dio in vari periodi della storia spirituale ebraica: i “primi” hasidim (hasidim rishonim) del periodo del Secondo Tempio (dal terzo al primo secolo AEV); in epoca medievale per i sufi ebrei d'Egitto e per i Hasidei Ashkenaz (pietisti tedeschi). Anche i cabalisti dal XVI al XVIII secolo che si incontravano in piccoli gruppi erano chiamati hasidim. Il termine è più familiare nell'ebraismo contemporaneo con il hasidismo, movimento che iniziò nella Polonia del XVIII secolo e continua nei tempi moderni. Neo-Hasidismo è un termine coniato di recente per descrivere il movimento di rinnovamento ebraico che cerca di attingere alla passione devozionale e all'impegno del movimento iniziale.
- Hasidei Ashkenaz — Hasidim tedeschi; un lignaggio di maestri spirituali nei secoli XII e XIII, i cui insegnamenti incorporarono alcuni elementi dei testi mistici heikhalot e merkavah che preservarono e trasmisero alle generazioni successive. Insegnavano la meditazione basata sulla manipolazione di nomi e lettere, una varietà di penitenze e austerità e tecniche di “preghiera mistica”. Considerati in precedenza un sottogruppo dei primi cabalisti, gli studiosi contemporanei li vedono come un gruppo separato la cui influenza può essere vista nella prima Cabala. A causa del loro intenso uso di “nomi sacri” e lettere per influenzare i reami superni e l'essere divino, alcuni dei loro scritti sono considerati dagli occultisti moderni come testi magici.
- havurah / hevra — Compagnia, fratellanza; un termine comune per qualsiasi gruppo di discepoli con il loro maestro; i membri della compagnia erano chiamati compagni, haverim. Dovevano trattarsi a vicenda con amore, come membri di una famiglia, e avevano il dovere di aiutarsi mutualmente in tutti gli aspetti della vita.
- heikhalot — Santuari, palazzi, dimore; termine usato in riferimento ai sette santuari o livelli spirituali che si trovano nei cieli, come sperimentati dai mistici nel periodo talmudico (dal II al V secolo EV) e successivamente durante il loro viaggio spirituale. I mistici entravano negli heikhalot utilizzando varie pratiche meditative, inclusa la ripetizione di nomi o sillabe sacre. Nella fase più alta avrebbero visto l'immagine dell'angelo Metatron o di un altro essere celeste (forse Dio stesso) sul trono divino. Sentivano la musica divina degli angeli che cantavano inni a Dio e luci, colori e rumori ultraterreni. Scrissero di aver intrapreso il viaggio spirituale in una merkavah (carro) del proprio corpo, trasformando la merkavah nel trono stesso. La letteratura mistica che scrissero sulle loro esperienze è chiamata letteratura heikhalot; gli scritti principali sono gli Heikhalot Maggiori egli Heikhalot Minori.
- hesed — Amore e misericordia abbondanti; una qualità di Dio che deve essere emulata dalle persone. È il nome della quarta sefirah nel sistema cabalistico delle sefirot ed è talvolta chiamato gedulah (grandezza). È bilanciato dalla quinta sefirah di din (giudizio), chiamata anche gevurah, forza.
- hitbodedut — Seclusione, autoisolamento; un termine usato nella Bibbia, nel Medioevo dai sufi e dai cabalisti, e successivamente dai mistici ebrei, per riferirsi alla pratica della meditazione. Implica che il praticante si distacchi dalle preoccupazioni del mondo e si concentri interiormente, al fine di sperimentare lo spirito santo (ruah ha-kodesh) attraverso un'ascesa dell'anima.
- hitbonenut — Contemplazione; dalla stessa radice di tevunah (intuizione) e binah, la terza sefirah della comprensione. Il termine era usato dai cabalisti e dai hasidim per la meditazione e per la profonda concentrazione della mente su alcuni aspetti della divinità al fine di ottenere una comprensione intuitiva e una visione spirituale.
- hod — Splendore; una qualità di Dio; è l'ottava sefirah nel sistema cabalistico delle sefirot. A volte viene tradotto come “riverbero”.
- hokhmah — Saggezza; la volontà o pensiero divino, seconda sefirah nel sistema cabalistico delle sefirot. Il termine è anche usato per descrivere la prima emanazione della potenza divina dalla Divinità: è la parola divina o logos. Hokhmah è anche personificata in alcune pubblicazioni dell'era biblica come un personaggio femminile che guida l'individuo dall'interno.
- idra — Termine greco per semicerchio; utilizzato per la compagnia dei mistici sin dai tempi dei mistici merkavah nella tarda antichità. Il termine è usato nello Zohar per le importanti suddivisioni del testo, suggerendo la comunione dei mistici e il suo modello di interazione che ha prodotto il testo, come idra zuta (idra piccola) e idra rabba (idra grande). I cabalisti dei periodi successivi chiamarono addirittura i loro compagni benei idra (compagni dell’idra).
- iyun — Contemplazione; il termine iyun deriva dalla parola ‘ayin (occhio o fonte, scritto in ebraico in modo diverso da ayin che significa nulla, senza sostanza). Significa contemplazione concentrata e sembra suggerire una tecnica di meditazione. Gershom Scholem, grande studioso del misticismo ebraico, diede questo nome a un circolo di cabalisti spagnoli del XIII secolo da lui esaminato, i cui scritti includono il Sefer ha-iyun (Libro della contemplazione) e il Ma’ayan ha-hokhmah (Fontana della saggezza).
- katnut de mohin — Piccolezza d'animo. Vedi gadlut de mohin.
- kavanah — Intenzione, concentrazione; dalla parola “mirare”. Il termine kavanah è stato utilizzato fin dal medioevo dai cabalisti e dai hasidim per descrivere la mente focalizzata o concentrata nella preghiera o nella meditazione. È considerato un elemento necessario nella devozione. Alcuni cabalisti includevano anche l'esecuzione mirata dei comandamenti biblici come un aspetto della kavanah – come espressione esterna del concetto di servizio divino.
- kavanot (plur. di kavanah) — Esercizi di concentrazione sviluppati dai cabalisti per aiutare nella devozione. A volte comportavano la ripetizione di passaggi specifici della Bibbia, la ripetizione di nomi di Dio o l'esecuzione di comandamenti biblici in modo mirato.
- kavod — Gloria. Il termine ricorre nella Bibbia come riferimento alla presenza di Dio, talvolta come aspetto visivo dell'esperienza di questa presenza attraverso la quale Dio si è rivelato ai profeti. Era l'obiettivo dei rituali sacerdotali nel Tempio di Gerusalemme. Nel medioevo, Saadia Gaon insegnava che il kavod era un angelo o un intermediario attraverso il quale il divino può toccare il reame umano. Altri filosofi interpretavano il kavod come il logos, lo strumento della rivelazione della presenza o volontà di Dio; o come un potere semidivino che emana dalla Divinità. Si identifica con la luce divina primordiale attraverso la quale Dio si manifesta e come la Shekhinah – la manifestazione femminile e immanente del Dio trascendente. Alcuni mistici medievali insegnavano che il kavod ha due aspetti, un aspetto nascosto e superiore (kavod penimi o nistar), che è il potere divino onnipresente e dimorante che non viene rivelato, e un aspetto esterno, rivelato e visibile che è proiettato nella creazione. Alcuni mistici scrissero di una serie di dieci o più kavod manifestati, simili alle dieci sefirot.
- kelipah (s), kelipot (p) — Conchiglie, gusci, frammenti. Il termine è usato simbolicamente dai cabalisti e dai hasidim per riferirsi all'aspetto empio, demoniaco o materiale della creazione che nasconde la santità e la luce di Dio. Secondo gli insegnamenti del rabbino cabalista del sedicesimo secolo Isaac Luria, al momento della creazione si verificò una catastrofe cosmica – che egli chiamò la rottura dei vasi (shevirat ha-kelim), quando la luce divina primordiale fu rilasciata nella creazione in un modo incontrollato. Scintille di quella luce si attaccarono alla materia, le kelipot, e rimasero intrappolate nell'universo materiale. Le scintille possono essere intese come le anime individuali che si sono separate dalla loro fonte divina e sono rimaste intrappolate nella creazione fisica attraverso la loro associazione con la tendenza negativa della mente. Luria insegnò anche che esiste un processo attraverso il quale le scintille possono ritornare alla fonte, che chiamò tikun (riparazione o ripristino).
- keter — Corona; la più alta delle dieci sefirot, o emanazioni divine, nel sistema cabalistico. Alcuni cabalisti lo identificarono con l’Ayn-Sof, il divino infinito trascendente, che è al di là di ogni espressione della volontà divina, anche al di là dell'inizio dell'essere o dell'inizio della parola divina. Sotto keter la volontà divina si separa nelle forme sottili delle energie maschili e femminili – i poli positivi e negativi. All'interno di keter tutto rimane come l'unico divino indifferenziato. Tutte le altre sefirot furono emanate da esso in un processo sottile che è troppo sottile anche per descriverlo. Era anche chiamato ayin (nulla, vuoto).
- ma’amar (s), ma’amarot (p) — Espressione, parola; misticamente, un riferimento alle dieci espressioni, emanazioni, qualità o poteri attraverso i quali Dio creò l'universo, che nella successiva Cabala sono più comunemente chiamate Sefirot. Nel libro biblico della Genesi, Dio parlò dieci volte mentre creava i vari aspetti e reami della creazione, a partire da “Sia la luce”. Secondo un'interpretazione mistica rabbinica della Genesi, ciò significa che egli realizzò la creazione del cosmo attraverso dieci espressioni o suoni. Il termine è usato nel Sefer ha-bahir (Libro del fulgore).
- ma’aseh bereshit — Opera o eventi di creazione; potrebbe anche essere tradotto come il miracolo della creazione. Si riferisce generalmente alla letteratura mistica che descrive il processo di creazione, l'essere di Dio e le leggi della natura. Alcuni studiosi, come Rachel Elior, collegano il termine ma’aseh agli utensili rituali e al lavoro del Tabernacolo e del Tempio.
- maggid — Angelo, oratore, messaggero, canale. Il termine era usato per grandi saggi, rabbini e predicatori, e anche per angeli o esseri che comunicavano segreti spirituali in sogni o visioni interiori. Numerosi cabalisti e hasidim riferirono di aver ricevuto illuminazione interiore, intuizioni e istruzioni da tali messaggeri spirituali. Uno di questi è giluy Eliyahu (la rivelazione di Elia).
- mahshavah — Pensiero. Il termine era usato da alcuni cabalisti per indicare la volontà divina o il “pensiero”, con un significato simile al più comune hokhmah (saggezza). Al mistico veniva ingiunto di fondere il suo pensiero, intelletto o concentrazione mentale nel pensiero divino o nell'espressione della volontà.
- makom — Luogo, dimora, abitazione, terreno della creazione; un epiteto di Dio, riferito alla Sua dimora, il reame spirituale dell'eternità; inoltre, la presenza di Dio.
- malkut — Regalità, dominio; la più bassa delle dieci sefirot. Rappresenta l'immanenza e il flusso del potere divino nella creazione; è identificato con la Shekhinah.
- mashiah — (ebr. מָשִׁיחַ, Mašīaḥ, pronunciato mashiach, mashiah o moshiah, moshiach nella dizione ashkenazita) Messia; letteralmente: unto. Nel tardo periodo del Secondo Tempio (dal III secolo AEV al I secolo EV), il messia è il futuro redentore che porta la profezia di Dio e può salvare l'umanità. Nel suo senso generico, il termine fu applicato inizialmente ai profeti biblici, che venivano unti con olio al momento della loro scelta. Questa unzione simboleggiava il loro essere “unti” o permeati dello spirito santo, la ruah ha-kodesh, che consentiva loro di insegnare, guidare e redimere gli antichi israeliti. Alla fine, durante il periodo del Secondo Tempio, altre due figure furono associate al ruolo del messia, oltre ai profeti – il re e il sommo sacerdote – entrambi i quali furono letteralmente unti con olio al momento della loro elezione.
- mekubalim — Cabalisti; letteralmente “coloro che avevano ricevuto gli insegnamenti”, gli iniziati. I cabalisti si riferivano a se stessi con questo termine.
- memra — Forma aramaica dell'ebraico ma’amar. Cfr, ma’amar
- merkavah — Carro. Il termine è usato per descrivere il viaggio interiore di molti mistici tra il I e l'VIII secolo EV (circa). Scrissero della discesa (a volte ascesa) del meditatore sul carro del suo corpo fino al regno spirituale più alto, il settimo dei sette cieli, dove vede Dio (o talvolta l'angelo Metatron) seduto sul trono divino. La metafora del carro potrebbe basarsi sulla visione mistica del profeta Ezechiele (1:10). Come Ezechiele, il meditatore viaggia verso reami spirituali su un carro fatto di suoni, colori e luci ultraterreni di angeli e altri esseri spirituali. Al livello più alto, la merkavah si trasforma nel trono divino stesso, a simboleggiare che il corpo umano, che è il veicolo per il viaggio spirituale, è anche il trono di Dio – un'illustrazione grafica del principio secondo cui Dio risiede nell'individuo umano. essendo. Ma’aseh merkavah è un corpo di letteratura esoterica che si riferisce a questo viaggio interiore intrapreso da numerosi mistici leggendari, basato sulla visione di Ezechiele. La studiosa Rachel Elior lo collega alla tradizione mistica del sacerdozio del Tempio di Gerusalemme riguardo ai modelli celesti del tempo e del luogo santi. Oltre al significato di carro, nell'ebraico moderno il termine merkavah porta il significato di combinazione o assemblaggio di elementi separati; quindi la pratica della merkavah non era solo una descrizione del viaggio interiore stesso, ma un indizio del metodo utilizzato dai mistici per acquisire le loro esperienze – combinando e ricombinando le parole e le lettere dell'alfabeto ebraico.
- messiah. Cfr. mashiah
- midot — Qualità; un termine usato nella prima Cabala per le qualità di Dio da cui emanò la creazione; in seguito, il termine sefirot fu usato più comunemente. Nelle loro meditazioni, i primi cabalisti cercavano spesso di unirsi con specifici midot.
- Midrash — Il Midrash (ebr. מדרש; plur. midrashim) è la prima forma letteraria di Torah supplementare e utilizza il metodo del ragionamento deduttivo per interpretare la Bibbia. Letteralmente la parola midrash significa interpretazione. Scritto da rabbini anonimi e raccolto all'inizio del II secolo, segue l'ordine dei capitoli della Bibbia e include sia halakhah (le parti legali del testo) che aggadah o haggadah (le parti non legali – leggende e aneddoti che rivelano principi morali o spirituali). Divenne un modello per molte opere di misticismo ebraico nei secoli successivi.
- Mishnah. Cfr. Talmud
- mitnagdim — Avversari, opponenti; quegli ebrei ortodossi dell'Europa orientale che si opponevano agli insegnamenti del hasidismo. A volte perseguitarono alcuni rebbe hasidici fomentando disordini, denunciandoli addirittura al governo russo.
- mohin de gadlut, mohin de katnut. Cfr. gadlut de mohin
- nefesh — Anima. Nefesh generalmente significa anima, ma è spesso usato per riferirsi al livello delle passioni o della vitalità sensoriale – l'energia che dà vita al corpo – che è il livello più basso dell'anima nella Cabala. Nella Genesi leggiamo che dopo ogni giorno della creazione, Dio restaurò se stesso (va-yinafash), dalla stessa radice di nefesh. A volte viene fatta una distinzione tra l'anima animale (nefesh behemit), che si riferisce all'attrazione dei sensi lontano dall'influenza spirituale, e l'anima divina (nefesh elohit), che attira una persona verso il divino, lontano dal fisico. Alcuni mistici cabalisti consideravano l'anima come avente tre livelli: nefesh (energia sensoriale), ruah (spirito, respiro) e neshamah (anima spirituale o divina). Altri cabalisti e hasidim lo dividevano in cinque livelli, con nefesh come il più basso. Essi sono: nefesh, ruah, neshamah, hayah (vitalità) e yehidah (unione). Il termine nefesh è usato in modo inclusivo per tutti i livelli dell'anima, poiché in definitiva tutti i livelli sono considerati aspetti o livelli di un'entità spirituale. Viene anche insegnato che i livelli superiori dell'anima vengono attivati solo attraverso gli sforzi dell'individuo per migliorare se stesso spiritualmente. Nelle divisioni dei reami della creazione (olamot), nefesh corrisponde al più basso: il regno fisico di assiyah (attualizzazione, creazione).
- neshamah — Anima; dal verbo “respirare”; considerato dai cabalisti il terzo livello dell'anima, il livello che spinge una persona verso l'espressione della sua identità divina. Nella Genesi si dice che Dio soffiò la sua anima in Adamo, suggerendo che l'anima umana è un'estensione del “respiro” di Dio, per così dire. Cfr. anche nefesh.
- netsah — Vittoria, eternità; la settima delle dieci Sefirot.
- nezirim (s. nazir נזיר) — Una persona dedicata a Dio e che vive da rinunciante, separato; un termine biblico spesso reso in italiano come nazareo. Il termine era usato anche per i cabalisti medievali che vivevano una vita ascetica e venivano chiamati perushim (s. parush, che significa separato, dedicato), nome dato al tempo della Mishnah agli studiosi che si dedicavano esclusivamente allo studio della Torah.
- notarikon — Una tecnica per trovare significati nascosti nella Torah o in altri testi sacri, in cui una parola viene smontata nelle lettere che la compongono. Ogni lettera è considerata come l'iniziale di un'altra parola, e così il vero significato della parola originale si rivela nella frase creata dalla combinazione delle parole.
- olam (s), olamot (p) — Mondo, reame. Misticamente, il termine è usato per i quattro reami o mondi nel sistema cabalistico dei reami graduali della creazione. Dal più alto verso il basso, sono: il livello spirituale di emanazione (atsilut), che è un'effusione diretta della realtà divina senza alcun rivestimento di materia; poi c’è il livello causale o archetipico della creazione (briah), da dove l’“idea” di tutta la creazione sorge sottilmente nella “mente” di Dio; sotto briah c'è il livello di “formazione” (yetsirah), dove il “progetto” della creazione fisica prende ulteriore forma – a volte è chiamato livello astrale; e infine, sotto Yetsirah, c’è il reame fisico del “fare” (assiyah) – dove la materia è dominante e lo spirito è in gran parte nascosto. Si pensa anche che la parola olam sia correlata alla radice di le-ha’alim, “nascondere”, perché ogni livello della materia esiste solo in virtù del crescente occultamento della luce infinita di Dio.
- olam ha-ba — Il mondo a venire, che verrà. Nella letteratura rabbinica il termine significa vita dopo la morte, e misticamente può riferirsi agli heikhalot, i palazzi o reami in cui si entra durante il trasporto mistico. Alcuni studiosi hanno tradotto la frase ebraica olam ha-ba come "il mondo che sta venedo", intendendo che viene continuamente; esiste sempre poiché è l'eternità. È il reame dello spirito, da dove l'essenza divina o energia vitale fluisce continuamente nel piano materiale.
- pardes — Frutteto, piantagione o giardino. Pardes è l'origine della parola “paradiso”, poiché la prima traduzione della Torah in greco traduceva l'ebraico gan eden (giardino dell'eden) come paradeisos. Nella letteratura mistica ebraica rappresenta un livello di coscienza al quale si può accedere attraverso la meditazione o il trasporto mistico, raggiungendo una comprensione più profonda dei segreti della Torah e raggiungendo il livello dello spirito santo. Il Talmud (Hagigah 14b) racconta di “quattro studiosi che entrarono nel pardes” e di ciò che accadde loro. Questo passaggio è una dichiarazione fondamentale del viaggio mistico di quattro importanti rabbini. La parola è usata anche come acronimo per i quattro livelli su cui si può leggere e interpretare la Torah – dal letterale all'esoterico (PRDS).
- partsuf (s), partsufim (p) — Volto, configurazione. Un termine creato dal cabalista Isaac Luria per raggruppamenti o configurazioni integrate delle dieci sefirot. Il concetto delle sefirot ritrae un flusso ordinato di luce dalla fonte primordiale alla creazione in fasi successive. I partsufim sono raggruppamenti delle dieci sefirot in cinque configurazioni o coppie. Quando i partsufim sono in equilibrio, si relazionano e si energizzano a vicenda in modo che la forza divina fluisca armoniosamente tra loro. Nel momento in cui la luce primordiale si disperse nella creazione, attraverso il processo che Luria chiamò shevirat ha-kelim (la rottura dei vasi), il flusso armonioso di energia tra i partsufim fu interrotto, e così i reami divini entrarono in uno stato di squilibrio. Luria insegnò che attraverso tikun (riparazione, perfezione) l'equilibrio poteva essere ristabilito e l'armonia nei reami divini poteva essere ripristinata. I partsufim sono generalmente descritti come segue:
- Arikh Anpin (il Paziente) o Atik Yamin (l'Antico dei Giorni) rappresenta la configurazione dell'energia divina al livello spirituale di emanazione, al di sopra del livello della creazione. È paziente e “longanime” perché è al di là dei fenomeni, al di là del cambiamento. Lui è eterno. Corrisponde alla più alta sefirah di keter (corona) ed è spesso usato come sinonimo di Dio.
- Sotto la Divinità, Abba (il Padre) e Imma (la Madre) rappresentano la prima separazione del potere divino nel potenziale delle polarità positive e negative, la dualità che caratterizza tutta la creazione. In origine, il positivo e il negativo erano in costante unione, all'interno della Divinità, con le energie divine che scorrevano senza interruzione tra loro. Tra le sefirot sono rappresentate da hokhmah (saggezza) e binah (comprensione).
- Sotto di loro, Tse’ir Anpin (l'Impaziente, il Maschio) e Nukva (la Femmina) rappresentano la stessa polarizzazione delle energie maschili e femminili del Padre e della Madre, ma vibrano ad un'intensità inferiore, dove la polarità, il dualità, si manifesta. Tse’ir Anpin contiene tutte le sefirot sotto binah con l'eccezione di malkut. Nukva corrisponde a malkut, che rappresenta l'immanenza e il flusso del potere divino nella creazione; è identico alla Shekhinah. Secondo Luria, l’Impaziente e la Femmina, quando erano in unione armoniosa prima della “rottura dei vasi”, si erano confrontati in unione eterna, ma ora si danno le spalle.
- Un aspetto dell'insegnamento dei partsufim è che, mentre al livello più alto, nel reame di atsilut (emanazione), le sefirot sono uniche e distinte – pure emanazioni dell'essenza di ciascuna qualità – nei reami inferiori, dove la materia si è mescolata con lo spirito, ciascuna delle sefirot incarna aspetti delle altre nove sefirot. Pertanto il concetto di partsufim descrive il flusso del potere divino all'interno di ciascuna sefirah come anche tra le sefirot.
- An aspect of the teaching of the partsufim is that, while at the highest level, in the realm of atsilut (emanation), the sefirot are unique and distinct – pure emanations of the essence of each quality – at the lower realms, where matter has become mixed with spirit, each of the sefirot embodies aspects of the other nine sefirot. Thus the concept of partsufim describes the flow of the divine power within each sefirah as well as between the sefirot.
- parush (s), perushim (p) Cfr. nezirim
- Pirkei Avot — Etica dei Padri; una sezione della Mishnah che presenta i detti dei primi saggi.
- pseudepigrapha — Testi religiosi scritti in epoca contemporanea ma attribuito ad antichi saggi o rabbini rispettati.
- rebbe — Rabbi, maestro; un termine affettuoso usato nel chassidismo per il maestro spirituale o tsadik.
- reshimu — Traccia. Il cabalista Isaac Luria insegnò che al momento della creazione, quando la luce divina primordiale indifferenziata dell’Ayn-Sof si ritirò in se stessa, creando così un vuoto o vacuum (tehiru), una traccia o raggio di quella luce (reshimu) fu lasciata nel vuoto, quasi come il sottile rivestimento o pellicola che rimane dopo aver versato l'olio da una bottiglia. È da quella traccia o raggio di luce che furono create le sefirot. Cfr. anche shevirat ha-kelim.
- ro‘eh (con grafia lettera ‘ayin) — Pastore; un termine biblico usato per il profeta o maestro spirituale. Molti dei profeti della Bibbia erano pastori. Metaforicamente, Dio era chiamato pastore; Mosè veniva definito il “pastore fedele”. È legato alla parola ebraica per amico.
- 'ro’eh (conn grafia lettera aleph) — Veggente, dal verbo “vedere”. Termine usato nella Bibbia e in periodi successivi per indicare il profeta o una persona spiritualmente evoluta, in riferimento alla sua capacità di vedere nel futuro e nel passato, e persino nelle incarnazioni passate di anime individuali.
- ruah — Spirito, vento, respiro; un termine usato nella Bibbia e in tutta la storia ebraica per riferirsi al potere o ispirazione divina (ruah ha-kodesh – lo spirito santo), nonché all'anima o spirito umano. I profeti della Bibbia ricevettero la loro ispirazione attraverso l'esperienza di ruah ha-kodesh. Allo stesso modo, ci sono testimonianze di mistici medievali e successivi che percepirono lo spirito santo. Il termine era usato anche per l'anima umana: i cabalisti dividevano il concetto di anima in diversi livelli, con ruah considerato il secondo livello, sopra nefesh e sotto nes•hamah. Nel sistema di olamot (regni, mondi), corrisponde al reame astrale di yetsirah (formazione). Cfr. anche olam.
- Sanhedrin (Sinedrio) — La corte rabbinica istituita durante il periodo rabbinico nella città di Yavneh dopo la distruzione del Secondo Tempio nell'anno 70 EV. Successivamente fu trasferito in una città chiamata Usha nel 138, dopo il fallimento della ribellione di Bar Kokhba. Lì i rabbini continuarono a lavorare alla codificazione della legge ebraica, la Mishnah, trasferendo infine la loro scuola a Tiberiade, sulle rive del Mar di Galilea. La Mishnah fu completata nel 215. La parola Sanhedrin è di origine greca.
- sefirah (s), sefirot (p) — Emanazione, fase del processo di creazione. Il termine fu usato per la prima volta dall'autore del Sefer yetsirah nel I secolo EV per i dieci “numeri” primordiali o ideali (dalla radice ebraica safor, numerare), che erano gli elementi costitutivi della creazione. Nella letteratura cabalistica dal XII secolo in poi, fu usato in un senso molto più ampio per trasmettere il senso della creazione avvenuta attraverso dieci stadi successivi o livelli di emanazione emersi da Ayn-Sof, la luce primordiale o essere di Dio. Tutte e dieci le sefirot sono concepite come un'unità dinamica in cui si rivela l'attività di Dio. Cfr. anche i nomi delle singole sefirot: keter, hokhmah, bina, hesed (gedulah), din (gevurah), netsah, hod, tiferet, yesod, malkut. Per il relativo Albero della Vita, cfr. Appendice 2: Le Sefirot.
- Shekhinah — Presenza divina dimorante; il potere del divino manifestato o immanente nella creazione. Il termine Shekhinah è stato utilizzato nel corso della storia spirituale ebraica in vari modi, tutti legati all'idea che il Dio trascendente della Bibbia, spesso considerato remoto e inavvicinabile, ha un aspetto manifesto e avvicinabile. In epoca rabbinica la Shekhinah era considerata sinonimo di Dio, a volte caratterizzata come potere divino manifestato o “nome santo”. La Shekhinah funge da ponte tra il Dio trascendente e nascosto e l'individuo umano. A volte viene identificato con il kavod, un termine biblico che significa “gloria”, che i mistici interpretavano come un riferimento specifico alla manifestazione visiva della potenza divina e della presenza di Dio nella creazione. In alcuni casi, la Shekhinah (come il kavod) è un potere divino che ha due aspetti: uno “interno” che non si manifesta e uno “esterno” che si manifesta.
- Fin dal medioevo la Shekhinah era raffigurata come un'entità femminile, originariamente un aspetto della Divinità ma che si separò al momento della creazione. A livello cosmico, l'alienazione delle energie maschili e femminili indica lo stato di dualità in cui esiste la creazione. È dovere dell'umanità sanare quella dualità e portare quelle energie in armonia. Per i cabalisti la Shekhinah era simboleggiata come la sposa o principessa, sinonimo di malkut (regalità, dominio reale), l'ultima delle dieci sefirot, il cui amante maschio è il principe/sposo sefirah di tiferet (bellezza) – la sefirah che rappresenta la Dio trascendente YHWH. Il suo esilio nella creazione rappresenta anche simbolicamente l'esilio del popolo ebraico nella diaspora. Lei dipende dalle osservanze religiose e dagli esercizi meditativi chiamati tikun olam (riparazione del cosmo) per essere riportata al suo stato di unità con il divino, per invertire il suo esilio e ritornare al favore di Dio.
- In alcuni scritti mistici, la Shekhinah appare in luoghi e tempi diversi per proteggere e sostenere le anime in esilio che la invocano. In altri riferimenti il suo esilio implica che sia oscurata e corrotta dalla crudezza del mondo materiale. Nell'interpretazione cabalista di Safed, il rituale di accoglienza dello Shabbat è stato creato come una cerimonia simbolica in cui Dio, come sposo, accoglie la sua sposa, la Shekhinah, nella Sua dimora, simboleggiando il ritorno dell'Israele in esilio (anche l'anima) a Dio, creando così armonia a molti livelli, non ultima quella nelle sfere divine.
- shevirat ha-kelim — Frantumazione dei vasi; un concetto creato dal cabalista Isaac Luria per spiegare come la luce divina primordiale venne incanalata nel mondo materiale al momento della creazione – in un certo senso, come l'energia spirituale indifferenziata e la luce si differenziarono nelle relative qualità componenti, isolate dal tutto, e oscurate dalle coperture del mondo materiale. Secondo Luria, il primo passo nel processo di creazione fu tsimtsum (ritiro) in cui il Signore si ritirava, o si contraeva nel suo Sé infinito, per lasciare un vuoto (tehiru) assente di sé in cui potesse aver luogo la creazione. Nel vuoto veniva lasciata una traccia o raggio di luce infinita (reshimu), da cui emanavano le sefirot.
- Secondo gli insegnamenti di Luria, c'era un movimento di espansione continua della luce che fluiva fuori da Ayn-Sof, alternato con il suo flusso verso l'interno alla sua fonte. Le sefirot, o midot, le qualità divine che rappresentano aspetti limitati della luce, divennero canali o vasi attraverso i quali la luce si irradiava verso l'esterno dal centro e cercava anche di ritornare. I vasi non riuscirono a contenere l'intensità della luce e furono frantumati. Quando i vasi si frantumarono, scintille (nitsotsot) della luce primordiale aderirono ai frammenti (kelipot) dei vasi, rimanendo così separati dalla loro fonte e intrappolati nel piano fisico. Luria la definì una catastrofe divina, poiché i frammenti diventarono la fonte del male e della negatività nel mondo. Luce e oscurità si mescolavano. Sebbene il processo sia descritto in termini fisici, Luria stesso insegnò che non intendeva questo processo alla lettera, ma piuttosto metaforicamente o simbolicamente.
- Shiur Komah — Letteralmente, la misura della statura (di Dio). Un concetto che descrive Dio come un corpo divino di proporzioni gigantesche seduto sul trono di Dio in cielo. Il termine si riferisce a un antico testo mistico anonimo, attribuito a Rabbi Akiva, in cui la descrizione del corpo dello Shiur Komah si basa su un'interpretazione mistica di diversi versetti del rotolo del Cantico dei Cantici della Bibbia. Lo Shiur Komah utilizza l’esagerazione delle dimensioni fisiche fino all’assurdità per trasmettere che Dio – che riempie l’intera creazione ma che è infinito – può essere compreso attraverso il concetto di un archetipo della forma umana dalle proporzioni gigantesche. È anche identificato con l'Adamo primordiale, l'Adam Kadmon, che è il macrocosmo che contiene in potenziale l'intera creazione dentro di lui.
- sod ha-elohut — Segreto della divinità; mistero di Dio. Un riferimento alla visione di Dio sul suo trono, una rivelazione personale del divino, durante il trasporto mistico. Il termine è stato utilizzato da diversi mistici – in particolare Sabbatai Zevi – per riferirsi alla propria esperienza personale di Dio che non potevano condividere con gli altri.
- ta’amei ha-mitsvot — La parola ta’am ha due significati: “gusto” e “ragione”. Pertanto, ta’amei ha-mitsvot significa sia le ragioni dei comandamenti religiosi sia il gusto (esperienza essenziale) dei comandamenti. Ta’amei ha-mitsvot era una preoccupazione popolare tra i cabalisti del XIII secolo ed essi scrissero molti trattati su questo argomento. Le ragioni dei comandamenti da loro proposte erano mistiche e simboliche, destinate a creare un fondamento forte e incontrovertibile per la perpetuazione della tradizione religiosa. In un gioco di parole, i cabalisti insegnavano che la ragione mistica (ta’am) per eseguire una mitsvah è il suo gusto (ta’am), la cui conoscenza può essere acquisita leggendo attentamente il testo biblico. Eseguendo la mitsvah, il devoto poteva acquisire un assaggio della dolcezza divina e dell'essenza insita in essa. Ciò si basava sulla frase dei Salmi: "Gustate e vedete quanto il Signore è buono; beato l'uomo che si rifugia in Lui" (34:8).
- Talmud — Il Talmud è una raccolta di discussioni dei rabbini nei primi secoli del primo millennio. Comprende due parti: la Mishnah e la Gemara. La Mishnah (dalla parola shanah, che significa ripetere o studiare), è una disposizione ordinata delle leggi derivate dalla Bibbia, organizzata in sessantatré trattati secondo sei grandi argomenti che coprono l'agricoltura, il diritto civile e penale, il matrimonio, riti di culto nel Tempio, questioni di purezza e così via. Scritta principalmente a Yavneh dai rabbini chiamati tanna’im (ripetitori, insegnanti), la Mishnah fu completata nell'anno 215 EV.
- La Gemara (dall'aramaico gemar, che significa studio o insegnamento), fu scritta dalle successive generazioni di rabbini chiamati amora’im (interpreti), ed è il supplemento più completo alla Mishnah e organizzato di conseguenza. Prodotto in due versioni: quella gerosolimitana o palestinese (completata all'inizio del V secolo) e quella più lunga babilonese (completata circa un secolo dopo), presenta discussioni dettagliate riguardanti tutte le questioni legali che interessavano le due accademie sorelle di rabbini in Palestina e Babilonia. Insieme, la Mishnah e la Gemara vengono chiamate Talmud. Oltre all'orientamento giuridico del Talmud, ci sono aneddoti sui rabbini che danno indizi sulle loro attività e insegnamenti spirituali e mistici.
- tehiru — Vacuum o vuoto. Cfr. shevirat ha-kelim.
- tiferet — Bellezza. Tra le dieci sefirot, è la sesta, e rappresenta l'integrazione armoniosa della sefirah di netsah (vittoria, eternità, resistenza) e hod (splendore). Tiferet è identificato anche con il livello del divino chiamato YHWH, ed è Lui il consorte della Shekhinah rappresentata dalla sefirah di malkut, la più bassa delle dieci sefirot. Da tiferet, il potere divino fluisce a yesod, la nona sefirah, da lì verso il basso fino a malkut, e attraverso di lei nella creazione. Ccr. anche partsufim.
- tikun (s), tikunim (p) — Perfezione, riparazione, restauro. Un concetto cabalistico originato da Isaac Luria che spiega il processo mediante il quale la luce divina, che è stata dispersa nella creazione materiale a causa della sua adesione alle kelipot (i frammenti di materia), può ritornare alla sua fonte nella luce primordiale ed essere di Dio. Tikun spiega come le qualità o gli aspetti divini (le sefirot), che sono fuori equilibrio e antagonisti tra loro, possono essere riportati a uno stato di armonia e come la Shekhinah (la presenza divina interiore) può unirsi al Signore. Tikun si ottiene, secondo gli insegnamenti di Luria, mediante alcuni tikunim – pratiche meditative che comportano “unificazioni” di nomi divini ed esecuzione mirata di rituali e recitazione di preghiere. Cfr. anche yihudim.
- tikun olam — Restaurazione del mondo; riparazione del cosmo. Luria insegnò che il mondo è in uno stato di disarmonia a causa della disarmonia nel reame divino, dove il flusso naturale del potere divino dalla sua fonte in Dio attraverso le dieci sefirot e nella creazione è stato interrotto. Il ripristino del loro flusso energetico armonioso è l'obiettivo del tikun olam. Questo viene fatto “innalzando” le sante scintille della luce divina che ora sono intrappolate nella creazione. Luria basò questo sul principio che tutte le cose e le azioni nel mondo, non importa quanto apparentemente banali, sono sature di scintille sante, che desiderano ritornare allo stato di unità da cui caddero al momento della creazione. Pertanto è obbligatorio per i pii recitare preghiere specifiche ed eseguire rituali ed esercizi di meditazione che non solo li assolverebbero dai propri peccati, ma che libererebbero le scintille dalle kelipot, i gusci o strati di materialità, e li aiuterebbero a tornare a la loro fonte nel divino.
- Ad un altro livello, gli sforzi per riparare o sanare la disarmonia e la polarizzazione nei reami superiori possono essere intesi come un'esternalizzazione del bisogno dell'anima individuale di elevarsi al di sopra dello stato di disarmonia spirituale e alienazione in cui vivono gli esseri umani, per unirsi con l'essere divino, che è al di sopra della dualità ed esiste nella pura unità autonoma. Luria interpretò anche la caduta o peccato di Adamo, il primo uomo, che portò al suo esilio dal Giardino dell'Eden, come una metafora dell'interruzione del flusso dell'energia divina e della caduta delle scintille della luce divina nella creazione. Ogni mistico, quindi, ha il dovere di far sorgere le scintille e invertire il peccato di Adamo.
- Gli insegnamenti di Luria si diffusero rapidamente e influenzarono molti studiosi e mistici ebrei europei del XVI e XVII secolo. Nei tempi contemporanei, il tikun olam è diventato il fondamento logico di molti movimenti all'interno delrinnovamento spirituale ebraico nei paesi occidentali – poiché gli ebrei hanno adottato approcci attivisti ai problemi ambientali e alle questioni sociali e politiche basati sul presupposto che il mondo può essere riparato attraverso la loro azioni.
- Torah — Letteralmente insegnamento, rivelazione. A rigor di termini il termine si riferisce solo alle scritture ebraiche chiamate Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio), ma spesso è usato per l'intero Tanakh (Pentateuco, i Profeti e gli Scritti). I cristiani generalmente si riferiscono a questa raccolta come all'Antico Testamento. Il termine Torah orale è usato per i testi successivi, come il Talmud. Misticamente, la Torah può essere intesa come il vero insegnamento interiore della parola o del nome di Dio. I cabalisti e altri mistici credono che la Torah scritta (il Pentateuco) sia il vero nome di Dio, metaforicamente il "corpo divino" di Dio. La comunità ebraica ortodossa crede che l'intera Torah sia stata rivelata da Dio a Mosè sul Monte Sinai.
- È generalmente accettato dagli studiosi che il Pentateuco come lo conosciamo oggi sia stato effettivamente scritto da almeno quattro autori tra il IX e il VI secolo AEV, attingendo a documenti ancora più antichi e a tradizioni orali ancora più antiche. Probabilmente fu redatto insieme e riunito in un unico rotolo nel V o IV secolo AEV, in un'epoca in cui gli Israeliti avevano sperimentato l'esilio e la potenziale frammentazione come popolo, avendo bisogno di un senso di identità con un forte focus religioso e nazionale. I nomi greci di ogni libro sono comunemente usati in tutte le traduzioni della Bibbia, e quindi sono usati qui, in questo wikilibro. Cfr. anche la sezione introduttiva di questo libro, “Testi classici dell’ebraismo”.
- tsadik (s), tsadikim (p) — (anche Zaddiq o Tzadik/Zadik/Sadiq) Dal sostantivo tsedek (virtù, rettitudine), uno tsadik è qualcuno virtuoso in senso religioso e morale. Misticamente il termine si riferisce al “santo uomo”, santo, maestro spirituale o adepto mistico che è completamente devoto a Dio. Il termine tsadik divenne uno dei termini più importanti per il maestro spirituale nell'ebraismo. Nella Bibbia, Noè è chiamato tsadik. Tra i Rotoli del Mar Morto, il termine moreh ha-tsedek (maestro di virtù) veniva usato per indicare il maestro spirituale. La cosa più importante è che nel hasidismo a partire dal XVIII secolo il termine era usato per indicare il maestro spirituale che è la guida e il sostegno dei suoi seguaci; era anche chiamato rebbe, termine affettuoso per indicare il rabbino o il capo della congregazione. Lo tsadik veniva spesso definito come qualcuno che aveva superato la sua inclinazione negativa (yesser ha-ra) ed era influenzato solo dall'inclinazione spirituale o buona. Ci sono molti altri casi in cui i giusti e virtuosi vengono chiamati tsadikim.
- tsedek — Virtù, rettitudine, pietà; una qualità di Dio che gli esseri umani dovrebbero emulare. Spesso il termine è usato per designare rettitudine nel senso di giustizia, ma ha anche un significato più ampio di virtù e bontà a tutti i livelli. Tsedek può anche significare salvezza, liberazione o vittoria.
- tsemakh — Pianta, crescita, ramo. Il profeta biblico Zaccaria usò il termine per indicare il messia che è il servitore di Dio, un ramo o un'estensione organica di Dio. Se Dio è l'albero, da esso cresce il ramo. Anche i profeti Isaia e Geremia avevano chiamato il futuro re il ramo e la verga.
- tseruf — Fusione o unione; il termine fu usato dal cabalista Abraham Abulafia per la sua pratica di manipolazione delle lettere, in cui combinava lettere, vocali e parole dell'alfabeto ebraico in diversi modi: scrivendole, parlando o cantando, e mentalmente attraverso la concentrazione. Alcune delle sue tecniche furono influenzate da pratiche simili tra i Hasidei Ashkenaz (hasidim della Germania) e altri primi cabalisti.
- tsimtsum — Contrazione, ritiro; un concetto insegnato da Isaac Luria per descrivere la contrazione e la limitazione della divina infinita luce primordiale di Ayn-Sof in se stessa, creando un vuoto (tehiru) in cui il cosmo (materialità) poteva esistere. Un raggio di luce rimaneva nel vuoto (chiamato reshimu o traccia), ed è da questa luce che venivano emanate le sefirot: le sefirot fungevano da fattori limitanti o canali affinché la luce discendesse in modo ordinato nella creazione. Poiché la luce primordiale è ovunque e in ogni cosa, l'idea di contrazione è un modo per la mente umana di comprendere come l'infinita luce o potere divino, che è perfetto, possa produrre imperfezione o limitazione. I cabalisti insegnavano che l'infinito si ritirava in se stesso, il che significa che limitava in qualche modo il suo potere infinito, oltre la nostra comprensione. Un altro modo per dirlo è che con tsimtsum, Dio ha espulso da sé anche il potenziale di negatività, creando così il potenziale per la dualità di positivo e negativo, bene e male. Al livello più alto, tutto è unità. Solo quando inizia il processo di creazione la luce primordiale indifferenziata si divide nella dualità delle forze positivo-negativo, maschile-femminile.
- yesh — Sostanza, essere. I mistici hanno usato il termine yesh per descrivere il reame dell'esistenza fisica. Yesh era controbilanciato da ayin (il nulla), la realtà spirituale. Il processo di creazione descritto dal simbolismo di Ayn-Sof (l'infinito) e dall'emanazione delle sefirot descrive in realtà il flusso dell'energia divina dal reame della pura spiritualità, l'infinito nulla, alla sostanza fisica. Nella meditazione, il mistico sale da yesh ad ayin, poiché la sua anima, imprigionata in yesh, sperimenta la sua unità con ayin. La più alta sefirah di keter, essendo il primo accenno all'espressione di Ayn-Sof, veniva spesso identificata con ayin.
- yesod — Fondazione. La nona delle dieci sefirot, yesod è il canale attraverso il quale il potere divino fluisce dalla sua fonte in Dio, verso il basso attraverso le sefirot superiori, in malkut (regno, dominio), la decima sefirah, che è il portale per il piano fisico. Il termine yesod era usato anche come metafora dello tsadik, il maestro spirituale. Interpretando il libro biblico di Proverbi 10:25, “tsadik yesod olam” (lo tsadik è il fondamento o la pietra angolare del mondo), i rabbini dal primo secolo in poi ne hanno estratto il significato che proprio come yesod è il canale attraverso il quale l'abbondanza divina scorre verso la terra, quindi lo tsadik è il canale attraverso il quale la grazia divina, la conoscenza spirituale, entra nel mondo. È il pilastro, l'asse o il centro sacro dell'universo.
- yetser ha-ra — Inclinazione negativa; inclinazione al male; tendenze inferiori; natura animale. Si ritiene che gli esseri umani abbiano due tendenze: yetser ha-ra, che ci attira verso il lato materiale e negativo della vita, e yetser ha-tov, che ci attira verso il lato più elevato e spirituale della vita. Rabbi Shneur Zalman di Liadi insegnava che lo tsadik nasce con un'anima speciale e che l'uomo comune non può aspirare a tale livello. La persona comune è generalmente governata dalla sua natura animale, lo yetser ha-ra, che la spinge nelle mani delle sue passioni. Solo il vero tsadik, insegnava, può superare completamente la sua natura animale.
- yetser ha-tov — Tendenza positiva; inclinazione al bene. Cfr. yetser ha-ra.
- yetsirah — Formazione; il terzo mondo o regno (olam) al di sotto del reame più alto di atsilut (emanazione) e il secondo di briah. Nello Zohar, Yetsirah è chiamata la dimora degli angeli, guidati da Metatron, il capo arcangelo. Probabilmente corrisponde al reame astrale nella terminologia più moderna, ed è il livello direttamente sopra il mondo fisico. Ogni reame rispecchia quello superiore, ma ad un livello vibratorio inferiore. Il Sefer yetsirah (Libro della Formazione) è una delle prime e più importanti opere del misticismo ebraico. Con sole 2 000 parole in tutto, fu probabilmente scritto nel I secolo EV da un mistico ebreo anonimo che voleva presentare un'alternativa mistica astratta alla storia della creazione della Genesi. Così scrisse della creazione e dei suoi elementi come se avvenissero attraverso numeri, lettere, suono e luce. Il Sefer yetsirah contribuì allo sviluppo di un vocabolario mistico che avrebbe avuto un profondo impatto sulle generazioni successive. Il termine sefirot (numeri, sfere, qualità) in tutti i suoi significati divenne la pietra angolare del simbolismo cabalistico. Gli insegnamenti dei mistici successivi furono spesso presentati sotto forma di commenti al Sefer yetsirah. Alcuni studiosi datano la sua composizione al IX secolo poiché vedono l'influenza degli insegnamenti sufi musulmani.
- yihud (s) — Unione; nel hasidismo, lo stato di unione mistica dell'anima che si fonde o si unisce a Dio, trascendendo tutta la dualità della creazione.
- yihudim (p) — Unificazioni; esercizi insegnati dal cabalista di Safed, Isaac Luria nel XVI secolo per riparare o sanare la disarmonia che credeva governasse il cosmo, in particolare i reami divini. Questi erano atti di devozione rituali contemplativi; molti erano esercizi meditativi basati sulla ripetizione e contemplazione di combinazioni di parole o nomi sacri al fine di “unificare” il nome di Dio e “legare” l’anima individuale ai reami spirituali superiori. Lo scopo degli yihudim era realizzare il tikun olam, la riparazione del cosmo. In periodi successivi, ci sono prove che gli yihudim fossero usati come amuleti dai ba’alei shem (maestri del nome) che vagavano di villaggio in villaggio, tentando di controllare le forze demoniache e portare influenze positive nella vita delle persone. Altri yihudim praticati dai seguaci di Luria a Safed prevedevano di sdraiarsi sulle tombe dei santi uomini defunti per unirsi alle loro anime.
- zohar — Letteralmente splendore, radianza luminosa, nel senso di una luce interiore che si irradia in superficie. Il termine zohar è usato anche per una qualità specifica della luce interiore sperimentata durante la meditazione (si veda anche il mio Introduzione allo Zohar). Lo Zohar è anche il titolo di un'opera in più volumi sul misticismo ebraico scritta da un'associazione mistica sotto la guida del rabbino spagnolo del XIII secolo, Moses de León, sebbene tradizionalmente si credesse che fosse stata scritta nel II secolo da Rabbi Simeon bar Yohai. Prende forma come una narrazione sulle peregrinazioni di un gruppo di rabbini discepoli di Rabbi Simeon e sulle loro discussioni e omelie su tutte le questioni di spiritualità: la natura di Dio, il processo di creazione, l'anima, il viaggio spirituale, il loro amore per il loro maestro e tra loro, e così via. Si pensa che, sebbene queste narrazioni siano incentrate su un gruppo di rabbini dell'antichità, fossero una metafora della vita spirituale della comunità contemporanea. Le storie dello Zohar sono strutturate attorno a interpretazioni di sezioni della Bibbia, intrecciate con intuizioni profonde e resoconti di esperienze spirituali espresse in termini simbolici. Gran parte del simbolismo e della terminologia che sarebbero diventati il linguaggio della Cabala vengono introdotti e spiegati qui. C'è un senso di interazione lirica e di gioia che deriva dalla ricerca spirituale condivisa della compagnia. Lo Zohar rimane il testo chiave della Cabala e del misticismo ebraico nel suo insieme.
Per approfondire, vedi Serie misticismo ebraico, Serie delle interpretazioni e Serie maimonidea. |
Per approfondire, vedi TABELLA CABALA: tutte le voci su Wikipedia. |