Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Germania Democratica

Indice del libro
"Concentration Camp 1", di Berta Rosenbaum Golahny
"Concentration Camp 1", di Berta Rosenbaum Golahny


La Repubblica Democratica

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Come indicò il direttore della première di Bruder Eichmann nella Germania dell'Est:

« Dietro il Muro di Berlino vivevamo sotto l'ideologia dell'antifascismo; i fascisti esistevano solo al di fuori dei nostri confini, dall'altra parte: come poteva quel fuorilegge essere mio fratello?[1] »

Al Deutsches Theater nel 1984 la produzione di Alexander Stillmark cercò di spezzare la distanza temporale e ideologica tra la Germania nazista e quella orientale contemporanea dalla prima apparizione di Eichmann sul palco. Il dramma era ambientato in un museo immaginario di Eichmann e dell'Olocausto. Su una sedia giaceva la sceneggiatura di Kipphardt. Un giovane turista, l'attore trentenne Thomas Neumann,rimaneva indietro rispetto al resto del gruppo e sfogliando la sceneggiatura abbandonata iniziava ad assumere il ruolo di Eichmann. Stillmark collegava così il passato al presente, la Germania nazista alla Repubblica Democratica. Contraddiceva la narrazione "ufficiale" della resistenza comunista popolare durante la guerra e l'intensa denazificazione successiva. Stillmark presentò ai cittadini della Germania orientale contemporanea un possibile continuum di un passato alienato. Tuttavia, il sottoprodotto di una tale strategia teatrale fu che, come in Kindheitsmuster, lo spettacolo venne interpretato quale critica della vita sotto il regime socialista contemporaneo:

« Con questa "autoinfezione col linguaggio di Eichmann", con questo autoesame, abbiamo cercato risposte storiche che abbiamo trovato formulate anche nella nostra situazione di stato autoritario... il linguaggio di Eichmann nella bocca di un giovane del presente socialista presentò una figura scomoda, artificiale, e creò una vicinanza spaventosa, fin troppo vicina, creando disagio.[2] »

Eichmann era davvero diventato fratello del pubblico. Per un pubblico della Germania dell'Est anni ’80, il dramma divenne un esame di vita sotto un regime socialista: indottrinamento, paura di denunce, mancanza di personalità individuale e obbedienza indiscussa allo stato. Kipphardt aveva lasciato la Germania dell'Est nel 1959, disilluso dallo stato socialista. Nel suo diario del 1967 notò:

« Cos'è il male? Il male come categoria storica. La schiavitù – la base delle antiche culture – è ancora oggi sicuramente considerata un male; lavoro acquistato da salari – la base della cultura borghese – presumibilmente apparirà come un male alle generazioni future.[3] »

Un tale commento suggerisce che il punto di partenza di Kipphardt era vagamente marxista e spiega la tendenza dell'opera teatrale a relativizzare l'atrocità del ventesimo secolo. Indica anche il motivo per cui questa produzione si rivolse in modo così forte al pubblico della Germania orientale al quale era stata originariamente destinata.[4]

Altre produzioni della Germania dell'Est che toccarono il tema del Terzo Reich inclusero lo spettacolo per sola donna di Manfred Karge, Mann an Mann (Uomo a uomo)[5] che, nel 1987, fu messo in scena in Europa, tra cui Londra ed Edimburgo. Il dramma si apre negli anni ’30 e racconta la storia di una donna tedesca, Ella, il cui marito, un operatore di gru, muore di cancro. Minacciata dalla miseria, Ella assume l'identità di suo marito, Max, e riesce a ingannare tutti sulla sua vera identità. Karge era stato in parte ispirato da Il lavoro e da Mann ist Mann (Un uomo è un uomo), entrambi di Brecht. Si basava anche su una storia apparentemente vera di una donna tedesca che riuscì a impersonare suo marito per almeno sette anni.[6]

Come indicò Stephen Unwin, il regista della produzione della Royal Court di Londra nel 1988, il dramma in realtà riguarda la sopravvivenza — la sopravvivenza tramite il trasferimento di identità, la sopravvivenza mediante l'acquiescenza.[7] Ella/Max riesce a guadagnarsi da vivere, ma è alienata dalla sua vera identità. Personificazione della Germania orientale, Ella riflette i cambiamenti e le permutazioni che il paese ha subito sin dalla Repubblica di Weimar. Sopravvive accettando i nazionalsocialisti e i comunisti. Ma sotto ciascun regime, deve comunque nascondere la sua identità e la sua voce.

È importante sottolineare che, al pari di Eichmann, Ella viene presentata come una vittima ed è mediante l'utilizzo dell'identità di Ella quale donna che Karge evidenzia la sua vittimizzazione. La vera Germania è femmina, i nazisti maschi. Ella desidera di nuovo segretamente l'innocenza, il suo soprannome "Biancaneve" risalente ai suoi primi giorni di matrimonio, diventa il filo conduttore del dramma. Quando è costretta ad arruolarsi in un'organizzazione militare, sceglie le SA, perché è l'unico gruppo che non insiste su un controllo medico. Il suo ruolo nel nazionalsocialismo fu quindi involontario. Era una vittima dei tempi.[8] Delle altre vittime del nazionalsocialismo, si dice poco.

Karge dà vita con successo a ciò che non era mai stato visto prima sul palcoscenico tedesco – il Lumpenproletariat – l'elemento beone, incolto, apolitico e irrazionale della società tedesca. La straordinaria caratteristica del Lumpenproletariat di Karge è la sua riconoscibilità contemporanea: i neonazisti. Fondamentalmente, Karge e Kipphardt scrissero del presente usando l'analogia storica. Sia la produzione Stillmark di Bruder Eichmann che Mann an Mann di Karge indagano l'identità tedesca orientale e non necessariamente la storia della Germania orientale prima del 1945. Un altro scrittore della Germania orientale che esplorò gli stessi temi fu Franz Fühmann. Fühmann era stato un convinto nazionalsocialista fino alle sue esperienze sul fronte russo. La sua carriera letteraria iniziò con poesie contro la guerra.[9] Si immerse poi nell'etica comunista ma per la fine degli anni ’60 si era già disilluso. Il suo saggio, Der Sturz des Engels (La caduta dell'angelo) è un'esposizione sulla sua vita che egli considerava un fallimento. Fu adattato per il palcoscenico da Manfred Weber e prodotto per la prima volta a Vienna nel 1988.[10] Come Mann an Mann, la rappresentazione teatrale traccia il percorso del narratore dal Terzo Reich al comunismo e fino ai giorni nostri. Ancora una volta, si tratta effettivamente delle permutazioni dell'identità della Germania orientale. Karge e Fühmann scrissero della guerra a causa della necessità di comprendere la situazione contemporanea e dipanare l'intrico della propria identità. Espressero la perdita di speranza, di scelta e di opportunità dei tedeschi orientali. In quanto tali, erano rappresentazioni teatrali sul lutto tedesco e non includevano la narrazione ebraica.

  1. Stillmark, "Brother Eichman: the Story of an Awkward Relationship", p. 1.
  2. Ibid., p. 2.
  3. Kipphardt, Bruder Eichmann, p. 168. Dal diario di Kipphardt (26 aprile 1967): "Was ist das Böse? Das Böse als historische Kategorie. Die Sklavenhaltung - Grundlage alter Kulturen - wird heute sicher als böse verworfen, der Kauf von Arbeit gegen Lohn - Grundlage der bürgerlichen Kultur - wird einer späteren Gesellschaft böse erscheinen vermutlich."
  4. Innes, Modern German Drama, p. 73. Kipphardt aveva lasciato la Germania dell'Est nel 1959 dopo il suo licenziamento dal Deutsches Theater per aver rifiutato di dirigere un dramma pro-socialista di Gustav von Wangenheim che egli consederava "inetto".
  5. Manfred Karge, Man to Man, trad. (EN) Tinch Minter e Anthony Vivis, in Plays International (dicembre 1987), pp. 78-81. Karge, come Kipphardt, aveva lavorato al Berliner Ensemble.
  6. Anthony Vivis, "What Karge Is After", in Plays International (dicembre 1987), p. 77.
  7. W. Stephen Gilbert, recensione di Man to Man, in Plays International (febbraio 1988), pp. 26-7.
  8. Karge non fu l'unico scrittore tedesco a usare il genere per decostruire la storia tedesca. Dall'altra parte del confine, Germania pallida madre, film di Helma Sanders-Brahms del 1980, dipinge l'immagine di una Germania femminile violentata dai nazisti maschili. Fu una variazione del tedesco Väterliteratur – uno studio delle figure parentali durante la guerra, al di fuori dell'Olocausto. L'utilizzo del genere fu il mezzo cognitivo più semplice per enfatizzare le vittime della Germania.
  9. Demetz, After the Fires, p. 111.
  10. Franz Fühmann, The Fallen Angel, adattato da Manfred Weber, trad. (EN) Anthony Vivis, Rosica Cohn Ltd., 1990. Ediz. Folio del Bush Theatre di Londra.