Prontuario di diritto romano/Estinzione delle obbligazioni ope exceptionibus

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Estinzione delle obbligazioni modifica

La morte o la capitis deminutio (perdita della capacità giuridica) estinguevano tutte le obbligazioni derivanti da mandato, delictum, sponsio (promesse unilaterali) e fidepromissio. Ciò, in quanto tali obbligazioni erano fondate sulla fiducia personale del debitore.
Erano tuttavia conosciuti altri modi di estinzione delle obbligazioni, che operavano ope exceptionibus oppure ipso iure. e cioè:

Estinzione ope exceptionibus modifica

In diritto romano, si distingueva tra modi di estinzione ope exceptionibus e modi di estinzione ipso iure; questi ultimi erano appunto la confusio, il concursus causarum, la novatio, la datio in solutum e la solutio.
La compensatio era una figura ibrida, a volte operante ipso iure, a volte ope exceptionibus.
Il contrarius consensus e il perimento della cosa erano ulteriori modi di estinzione, ma il primo poteva applicarsi solo se non era ancora stata eseguita la prestazione, cioè se il prezzo non era stato pagato e la cosa non era stata consegnata.

La compensatio modifica

Era il più importante modo di estinzione operante per lo più ope exceptionibus; nel diritto classico erra operò anche ipso iure, ed ebbe ambito applicativo più limitato.
Nel diritto giustinianeo, assunse le connotazioni moderne: poteva applicarsi solo ai casi espressamente previsti dalla legge, richiedeva dei presupposti tassativi ed occorreva l'intervento del giudice.
I casi legali di compensatio si identificavano in relazione ai soggetti e all'oggetto dell'obbligazione. In primo luogo, il credito poteva compensarsi solo con altro debito liquido, valido, scaduto, di facile prova ed omogeneo a quello per cui era stato convenuto il debitore in giudizio.
Solo in alcuni casi si escluse la compensazione: o per le qualità del creditore (fisco, municipio, ecc.) o per la natura dell'obbligazione fatta valere dal creditore (es. obbligazione alimentare, obligatio ex delicto, ecc.).
Il debitore convenuto in giudizio poteva opporre l'eccezione di compensazione o mediante una vera e propria exceptio oppure con una mutua petitio (=domanda riconvenzionale); il giudice doveva tener conto dell'ammontare del credito e condannare il debitore se (e solo se) il debito superava il credito. In caso di parità fra credito e debito, il giudice assolveva, in virtù del principio secondo cui la compensazione è bilanciamento fra credito e debito.

Il pactum de non petendo modifica

Era il patto con cui il creditore si impegnava a non richiedere (per sempre o per un certo periodo) il suo credito.
Tale patto poteva essere utilizzato come forma alternativa di remissione del debito o come dilazione nel pagamento: in ogni caso, era un accordo privo di ogni formalismo.
Si distingueva dalla figura della acceptilatio, in quanto non operava ipso iure come quella, ma dava al convenuto una exceptio pacti per paralizzare la pretesa dell'attore.
Poteva essere un pactum in rem oppure in personam: se era in rem, il creditore si impegnava a non richiedere il suo credito generaliter, cioè verso tutti. Se era in personam, si riferiva al solo debitore e non anche all'erede o al fideiussore di questi, e il creditore poteva chiedere quanto dovutogli ad altri (ad es. ai garanti o agli eredi).
In diritto romano era molto più frequente il pactum in personam, per agevolare il creditore che, volendo benficiare il debitore ma senza rimetterci il credito, poteva rivolgersi ad altri soggetti per il pagamento.

La transactio modifica

Era un negozio con cui porre fine ad una controversia (fine peraltro raggiungibile anche mediante acceptilatio, stipulatio, ecc.), che in più determinava anche l'estinzione delle obbligazioni eventualmente sussistenti tra le parti.
Il debitore citato in giudizio poteva appunto eccepire l'intervenuta transactio mdiante exceptio pacti. Solo in età giustinianea, la transactio divenne un autonomo negozio innominato, cioè atipico.
Il diritto romano attribuiva molta importanza alla transazione: «(...) è stabilito che non minore autorità della transazione rispetto alla cosa giudicata si abbia (...) Chi transige, transige sulla cosa dubbia e sulla lite incerta, non sulla cosa definita».

La praescriptio longi temporis modifica

Questo modo di estinzione delle obbligazioni fu introdotto da Teodosio II nel V secolo d.C., ma era inizialmente un modo di estinzione dell'azione creditoria: trascorsi 10 anni se proposta contro un proprietario residente nella stessa città e di 20 se proposta contro il proprietario residente in altra città dal momento in cui il credito fosse divenuto esigibile e non fosse stato richiesto il pagamento, si estingueva la facoltà del creditore di agire in giudizio.
Il creditore non doveva essere né impuberefilius; se lo era, contro di lui non decorreva la prescrizione.
La messa in mora del debitore o il pagamento parziale erano atti interruttivi della prescrizione. Erano cause sospensive la sopravenuta incapacità del creditore, il sorgere di un rapporto di coniugio o affiliazione tra debitore e creditore.