Meccanica analitica/La fisica dopo Maxwell

Indice del libro

In questo breve corso di relatività, tratteremo solo la teoria ristretta, quindi parleremo solo di sistemi inerziali non accelerati. Perderemo tanto del formalismo matematico che caratterizza la teoria a causa dello scopo del corso: essere una semplice introduzione alla meccanica relativistica in ambito ristretto.

Dopo l'elettromagnetismo

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Nel 1864 James Clerk Maxwell pubblicò il testo A Dynamical Theory of Electromagnetic Field in cui riunisce in un'unica teoria i risultati sperimentali e teorici concernenti i campi elettrico e magnetico ottenuti nel corso del XIX secolo. Il testo e la teoria di Maxwell sono considerati uno dei risultati più importanti della storia della fisica, tanto da esser paragonati al lavoro di Isaac Newton.

Il termine della teoria di Maxwell ebbe conseguenze interessanti che tratteremo tra poco. Ci soffermiamo ora sul fatto che, dopo questa teoria, nella comunità scientifica c'era la sensazione che ormai tutto fosse stato scoperto. All'orizzonte, oltre che confermare le teorie già studiate o, magari, trovare qualche curiosità scientifica, non si prospettava nulla di nuovo. Addirittura, la teoria meccanica di Hamilton che abbiamo studiato finora è stata scritta poco prima della teoria di Maxwell (nel 1833), quindi, oltre a riformulare ciò che già si sapeva, non si pensava si potesse andare oltre. La cosa carina di questa storia è che nel giro di 15 anni cambiò tutto.

La teoria dell'elettromagnetismo di Maxwell viene considerata come la branca finale della fisica classica; le sue conclusioni e le considerazioni che seguirono diedero il via alle teorie moderne della fisica, che compongono quindi la fisica moderna. Una delle conclusioni più importanti dell'elettromagnetismo è che i campi elettrico e magnetico non sono due enti distinti, ma si propagano nello spazio ortogonalmente tra loro sotto forma di onde elettromagnetiche (costituendo così il noto campo elettromagnetico). Queste conclusioni furono dedotte da Heinrich Hertz, il quale per primo verificò sperimentalmente l'esistenza delle onde elettromagnetiche e, nello stesso periodo, verificò anche che la luce è un'onda elettromagnetica. L'equazione d'onda che le onde elettromagnetiche soddisfano è la seguente:

 

dove   è una qualsiasi funzione dipendente dalle coordinate spaziali e dal tempo, come ad esempio il campo elettrico o magnetico. È proprio da questa equazione differenziale che sorgono problemi. Infatti, questa non è invariante per trasformazioni galileiane: cambiando sistema di riferimento e applicando quindi le trasformazioni di Galileo, l'equazione si sfalda assumendo una forma diversa (e più brutta rispetto a quella bella ordinata qui sopra).

Quando accade una cosa simile, ovvero che la descrizione matematica di un fenomeno cambia notevolmente a seconda del sistema di riferimento in cui si studia, si cerca un sistema privilegiato, ovvero un sistema di riferimento per il quale valga l'equazione iniziale (quella scritta qui sopra), mentre negli altri sistemi si devono applicare le trasformazioni di Galileo. Questo sistema non poteva essere la Terra per motivi evidenti e ben diversi, tra i quali il fatto che la Terra non è un sistema inerziale, e la cosa è abbastanza scomoda. La scelta ricadde sul sistema delle stelle fisse, ovvero quelle stelle poste a distanze così elevate dalla Terra da essere praticamente immobili nella volta celeste. Quindi le onde elettromagnetiche (e la luce) sono descritte da quella bella equazione differenziale nel sistema delle stelle fisse: negli altri casi, devono essere applicate le trasformazioni di Galileo.

L'etere luminifero

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Fino a qui, nessun problema. Il sistema delle stelle fisse non è null'altro che un sistema di riferimento come tutti gli altri, anzi, è addirittura inerziale. I problemi sorsero altrove. Abbiamo detto che si scoprì che luce è un'onda elettromagnetica, per di più un'onda trasversale. Per quel che si sapeva all'epoca delle onde trasversali, queste necessitavano di un mezzo abbastanza rigido per propagarsi. Il problema è che, se creiamo il vuoto in una bottiglia di vetro, la luce vi passa attraverso. La cosa oggi può sembrare banale, ma solo perché lo sappiamo fin da bambini quello che accade. All'epoca, si pensò di risolvere il problema parlando di etere luminifero, un mezzo che aveva le seguenti proprietà:

  • è molto rarefatto;
  • è molto rigido;
  • è ineffabile sperimentalmente (ovvero non può essere visto)

Ora, se la logica ha ancora un suo perché, se qualcosa è molto rarefatto è assurdo che sia rigido. Che poi sia inosservabile, questo era una conseguenza dell'esperienza: facendo il vuoto in una bottiglia, la luce continua a propagarsi, quindi l'etere vi è rimasto, ma non può essere visto. Insomma, l'etere era un mezzo che permeava il tutto, caratterizzato da specifiche proprietà.

Il fenomeno dell'aberrazione stellare, inoltre, dimostrava che l'etere era in quiete rispetto alle stelle fisse. Per aberrazione stellare si intende un fenomeno ottico che fa sembrare in moto oggetti fermi; fu scoperto e confermato nel 1728, studiando la posizione nel cielo di determinate stelle considerate fisse: si vide che queste compivano delle ellissi nel cielo, effetto causato dal moto della Terra e dal diverso verso che ha la sua velocità nel corso dell'orbita.

Un altro esperimento che confermava l'esistenza dell'etere era l'effetto Doppler di un'onda luminosa con velocità di segno opposto: si vide che i risultati erano in accordo con le trasformazioni di Galileo. In pratica, l'etere sembrava dover esistere davvero.