Meccanica analitica/Il principio variazionale di Hamilton, condizioni alla Dirichlet

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Riprendiamo in questo modulo il discorso concluso nello scorso; come abbiamo visto, dato una generica funzione , il funzionale definito come:

è stazionario solo se la funzione soddisfa l'equazione differenziale

Ora, di solito, per indicare una funzione si usa la notazione . Se abbiamo chiamato la nostra funzione non è per confondervi, perché quella può essere, anzi, è la lagrangiana. Quello che abbiamo dimostrato nello scorso modulo si chiama principio variazionale di Hamilton, e ora lo vedremo e spiegheremo più nel dettaglio. Prima di tutto, in meccanica hamiltoniana si definisce il seguente funzionale formale:

Definizione

Si definisce azione di un sistema fisico il funzionale:

Dove è la funzione lagrangiana del sistema.

Nello scorso modulo abbiamo dimostrato che, se la lagrangiana soddisfa l'equazione differenziale scritta sopra, allora questo funzionale è stazionario. Quell'equazione corrisponde esattamente alle equazioni di Eulero-Lagrange. Quindi, ciò che abbiamo fatto è stato dimostrare che, se la lagrangiana di un sistema fisico rispetta le equazioni di Eulero-Lagrange, allora il funzionale azione resta stazionario. Questo è esprimibile anche nel seguente modo.

Principio variazionale di Hamilton

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Sia un sistema fisico descritto da una curva  ; se la lagrangiana di questa curva soddisfa le equazioni di Eulero-Lagrange, ovvero se il sistema compie il suo moto naturale, la curva   rende stazionario il funzionale azione, di solito lo minimizza. In altre parole, un sistema fisico segue una traiettoria che rende sempre stazionaria l'azione.

Ora, quello che abbiamo appena detto (e dimostrato) è, in tutti i sensi, un modo diverso di vedere la realtà. Ciò che il principio variazionale afferma è che, se voi prendete un oggetto e lo lanciate in faccia a qualcuno, questo seguirà sempre quella particolare traiettoria che rende minima l'azione. In pratica, nella natura, tutto ciò che segue il suo moto naturale rende minimo un numero puramente formale, ovvero creato ad hoc, caratteristico di quel sistema. Se non vi è ben chiaro il messaggio, consigliamo fortemente di rileggere questo paragrafo. Se, invece, vi è chiaro, benvenuti nel nuovo modo di vedere le cose.

Quando abbiamo parlato delle parentesi di Poisson, abbiamo fatto l'esempio della meccanica quantistica e del suo utilizzo in quell'ambito, dicendo anche che il formalismo hamiltoniano era alla base della teoria quantomeccanica. Ovviamente, in questa teoria, anche l'azione ha un'importanza rilevante, soprattutto nella teoria ondulatoria di Schrödinger: vediamo come.

Quando passiamo allo studio meccanico delle particelle (trascurando gli effetti relativistici e gli effetti elettromagnetici, in pratica studiando gli effetti secondo la teoria classica della meccanica quantistica) non ha più senso parlare di traiettoria descritta da una particella: si parla, infatti, di ampiezza di probabilità che quella particella compia una determinata traiettoria per arrivare da un punto a un altro dello spazio. Quest'ampiezza di probabilità è determinata dalla somma di tutte le possibili traiettorie che la particella può compiere, pesate per la loro probabilità di essere compiute. Quest'ampiezza è descritta come

 

  rappresenta l'azione della particella. Questo significa che la traiettoria che minimizza l'azione è quella con più probabilità di essere compiuta. Ancora una volta, il modo di vedere le cose cambia totalmente, e questo è un altro motivo, forse il più importante, del perché il formalismo hamiltoniano è così importante: pur descrivendo fenomeni classici di meccanica, questo nuovo modo di vedere le cose, oltre a essere intrigante di per sé, rende anche il passaggio alla fisica quantistica meno drammatico.

Condizioni alla Dirichlet

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Abbiamo visto che, dato un sistema di cui è possibile scrivere la lagrangiana, questo, tra tutte le traiettorie possibili, compie l'unica che rende minima l'azione. Il fatto che sia unica non è banale, e non sempre è vero. Le condizioni al contorno che abbiamo dato nello studio della variazione dell'azione, infatti, non sono le classiche condizioni alla Cauchy, bensì sono diverse: si chiamano condizioni alla Dirichlet.

  Definizione

Si chiamano condizioni alla Dirichlet di un'equazione differenziale le condizioni del tipo:

 

Dove   sono i tempi iniziale e finale e   sono le posizioni iniziale e finale.

Per quanto riguarda le condizioni alla Cauchy, sappiamo che queste fanno sì che la soluzione sia unica. Per le condizioni alla Dirichlet, invece, nessuno ce lo assicura; se però riuscissimo a dimostrare che sono equivalenti, allora anche le condizioni alla Dirichlet renderebbero unica la soluzione. Facciamo due esempi diversi.

Consideriamo anzitutto un grave in caduta libera. L'equazione del suo moto è:

 

Secondo le condizioni alla Cauchy, date   sappiamo con precisione come evolve il sistema in tutti i tempi. Se dessimo, invece, delle condizioni alla Dirichlet? Poniamo:

 

È immediato notare che possiamo facilmente, da queste condizioni, ricavare  , riportandoci quindi alle condizioni alla Cauchy. Ne concludiamo che, in questo caso, le due condizioni sono equivalenti e la soluzione è unica per entrambe, coincidente.

Nel secondo esempio, come sistema fisico prendiamo un oscillatore armonico, per semplicità non smorzato né forzato. L'equazione del suo moto è:

 

In questo caso, poiché sono presenti funzioni periodiche, se dessimo delle condizioni alla Dirichlet non troveremmo un'unica soluzione, bensì ne troveremmo tante diverse. In questo caso, le condizioni alla Dirichlet non assicurano l'unicità della soluzione.

L'ultimo esempio considerato rappresenta proprio il naturale passaggio alla meccanica quantistica, dove abbiamo a che fare con sistemi altamente oscillanti (ovvero che oscillano sempre, non che oscillano più forte); in quei casi, non esistono più traiettorie certe, bensì esisterà solo la probabilità di trovarsi in   al tempo  .

Soluzione al problema della brachistocrona

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Non ci siamo dimenticati del problema da cui siamo partiti, e ora torniamo sui nostri passi e diamo la soluzione al problema. Lo scivolo di forma migliore che minimizzi il tempo impiegato è un ramo di cicloide, descritto dalle funzioni:

 

Una cicloide ha una forma simile alla seguente:

 
In rosso un esempio di cicloide

Ovviamente, se il punto di arrivo si trova oltre il punto in cui la curva si arrotola su se stessa, la soluzione cercata non è quella (nessuno scivolo ragionevole si arrotola su se stesso), ma ne esisterà comunque un'altra che renderà minimo il tempo di discesa.