Torah per sempre/Opzioni
Il modo convenzionale di comprendere la Torah min hashamayim genera acuti problemi morali, scientifici, storici e testuali. Problemi di questo tipo non sono peculiari dell'ebraismo, ma interessano tutte le religioni che si basano su testi antichi ritenuti sacri e immutabili.
Allora perché non lasciar perdere questa intera idea, come hanno fatto in molti a partire dall'Illuminismo, e alcuni spiriti audaci ancor prima? Perché non abbandonare la "verità rivelata" quale fonte di conoscenza e guida e affidarsi semplicemente ad un senso umano basilare di valori ("umanesimo") e a fonti di informazione verificabili scientificamente? Per ripetere Al-Razi della pagina precedente, "perché la gente preferisce ciarlatani e imbroglioni invece di medici qualificati"?
Domanda per te e per me come individui, domanda anche per i nostri leader. Come individuo, potrei chiedermi: "Perché dovrei impegnarmi in credenze non plausibili e restrizioni sconvenienti per il mio stile di vita?" Coloro che aspirano ad una posizione direttiva religiosa dovrebbero chiedersi: "Perché cerchiamo di imporre credenze non plausibili e restrizioni sconvenienti a persone che ci si rivolgono per orientamento e guida?" Leader ebrei laici si dovrebbero chiedere: "Dobbiamo continuare ad accettare una situazione in cui la maggior parte dell'istruzione, nelle scuole o nelle classi di religione, viene condotta da rabbini e insegnanti che promuovono queste credenze e restrizioni?"
Giustificazioni
modificaSe Torah min hashamayim potesse essere dimostrata vera in un senso storico, cioè se potesse essere dimostrato che fosse un semplice fatto storico che Dio letteralmente ha consegnato a Mosè il testo esistente dei Cinque Libri più la tradizione orale come ci è pervenuta, ciò costituirebbe una giustificazione a credere per l'individuo e a promuovere la fede per gli educatori. Dio lo sa... meglio.
Anche se la verità assoluta della Torah min hashamayim non potesse essere dimostrata, ci potrebbe ancora essere qualche giustificazione per una politica pubblica che incoraggiasse la gente ad agire secondo una fede tradizionale. Forse si potrebbe dimostrare che conferisse una qualche beneficio al credente, o che dessa un qualche vantaggio alla comunità ebraica o alla società in generale. Molti psicologi affermano che seguire una religione contribuisce ad una migliore salute di corpo e mente e ad un comportamento più costruttivo in società; incoraggiare la fede a livello comunitario potrebbe essere giustificato in base all'ipotesi che produce una solida salute mentale, una società armoniosa e cooperativa e che riduce la criminalità.
Torah min hashamayim non deve essere necessariamente vera in tutti i rispetti per considerarla valida da seguire, né dovrebbe portare solo vantaggi senza svantaggi. La giustificazione potrebbe essere che possiede la verità e/o benefici personali o sociali in misura sufficiente da superare in importanza altri suoi aspetti ingannevoli e svantaggiosi.
Valutare se Torah min hashamayim è "vera" è complicato poiché sia "verità" sia Torah min hashamayim sono suscettibili di svariate interpretazioni e infatti sono state interpretate in modo vario nel corso delle epoche, cosicché la domanda se Torah min hashamayim sia vera o falsa deve essere accompagnata da "tutto dipende da cosa s'intende con...."
Anche se l'interpretazione convenzionale di Torah min hashamayim presenta problemi morali, scientifici, storici e testuali, potrebbe essere possibile e utile adottare una qualche nuova interpretazione, forse una di quelle descritte in capitoli precedenti, che raggiri o eluda i problemi.
Nel prossimo capitolo considereremo la domanda allettante: "Cosa è la verità?" e indagheremo se le persone si impegnano in credenze religiose per convinzione intellettuale o per ragioni totalmente differenti. Ma prima dobbiamo chiedere se, indipendentemente dalla sua verità o falsità, la fede in Torah min hashamayim offra un qualche beneficio alla comunità o all'individuo; e se lo offre, qual è il suo "costo", o il suo svantaggio?
La Comunità: Costi e Benefici della Fede
modificaQuali sono i possibili benefici per la comunità ebraica nel mantenere una dottrina "ufficiale" della Torah min hashamayim, cioè seguire una direttiva religiosa che promuove l'idea di Torah min hashamayim, per esempio accettandone le regole in merito a chi è ebreo, o chi deve sposare chi, o permettendone l'istruzione dei bambini? (Domande simili potrebbero essere poste alle direttive cristiane, mussulmane e altre comunità religiose e nazioni).
Presumiamo, in questo nostro esercizio, che la "comunità ebraica" sia un tutt'uno omogeneo, sebbene in realtà sia suddivisa lungo linee religiose, politiche e sociali.
La comunità ebraica collettivamente, o più precisamente la sua leadership de facto, potrebbe convincersi che la fede nell'autorità della Scrittura e della tradizione assicuri l'accettazione di importanti valori morali ed etici. I rabbini, come anche le loro controparti in altre religioni, spesso asseriscono che la religione è la base della moralità, sottintendendo che senza la religione la moralità si abbatterebbe. La comprensione convenzionale di Torah min hashamayim supporta tale credenza, cosicché i capi religiosi potrebbero arrivare a credere che promuovere la fede nella "Torah dal Cielo" accresca il carattere morale ed etico della comunità. Considerano ciò un fine desiderabile, sia disinteressamente o perché sono gelosi per conservare la reputazione della comunità. (Naturalmente molti individui si domanderebbero se sia il compito dei capi religiosi della comunità dettare i valori morali ed etici, o se ciò costituisca un'interferenza autoritaria ingiustificata in affari privati. Inoltre molti filosofi e sociologi dubitano fortemente che la moralità dipenda dalla fede religiosa.)
Sia la Torah Scritta sia quella Orale, secondo la narrazione rabbinica, furono rivelate al Sinai all'intero popolo di Israele, nati e non nati. La narrazione vincola gli ebrei, mediante la Torah, alla comunità, passata e presente e futura, stabilendo un potente collegamento (un'"alleanza") tra Dio e il popolo; incoraggia la coesione sociale entro la comunità e conferisce valore trascendente a tale coesione. Una narrazione di origine e destino condivisi, specialmente vincolati a Dio, aumenta il senso di appartenenza comune. Quest'idea viene espressa potentemente in Midrash Rabbah di Esodo 20,1, introducendo i Dieci Comandamenti:
I capi della comunità sono generalmente dell'opinione che unità e coesione della loro comunità siano un bene prezioso, che vale la pena conservare. Evidentemente ci sono vantaggi potenziali dal punto di vista della comunità religiosa e i benefici si trasmettono all'individuo che si vuole identificare con tale comunità. Che una leadership laica possa vedere le cose nello stesso modo è meno certo; potrebbero preferire un altro punto d'unione, come Israele o l'Olocausto, su cui si concentra l'identità ebraica, sebbene nessuno dei due sia senza i rispettivi problemi.
Naturalmente ciò che beneficia la comunità collettivamente potrebbe non essere percepito come benefico per l'individuo, cosicché sotto un governo che garantisce la libertà di religione l'individuo potrebbe decidere che sia di suo interesse, o in accordo con la propria coscienza, uscire dalla comunità o rimanere ai suoi margini.
Inoltre, ciò che beneficia una particolare comunità – in questo caso la comunità ebraica – potrebbe non beneficiare la società nel suo complesso e poiché il bene della società nel suo complesso incide sul benessere delle sue parti, ciò dovrebbe essere preso in considerazione nel determinare quello che alla fine è benefico per una particolare comunità.
C'è un ulteriore costo. Come abbiamo dimostrato in PARTE IV.5, le denominazioni confessionali differiscono nella rispettiva interpretazione di Torah min hashamayim; questo introduce la possibilità di conflitto interdenominazionale, che non può essere benaccetto ai capi delle comunità. Né benaccetta a tali capi sarebbe la possibilità che l'estremismo religioso possa causare conflitto con altre comunità di fedeli.
Infine, c'è da considerare che l'utilità sociale da sola non sia adeguata a giustificare la fede religiosa. A meno che la fede possa essere giustificata in termini delle sue affermazioni sulla verità, come anche sulle qualità morali che sostiene, i leader che la promuovono stanno ingannando il pubblico, raccontando quelle che al meglio sono "nobili bugie" onde poter controllare le masse ignoranti. E le masse non sono sempre ignoranti, né se lo fossero sarebbe giusto per i leader approfittare di tale ignoranza.
L'Individuo: Costi e Benefici della Fede
modificaIn epoche quando la leadership religiosa teneva le redini del potere, l'istinto di conservazione dipendeva dalla stabilità e difesa della comunità la cui protezione uno cercava; se si oltrepassavano i confini della comunità si imperigliava la propria vita e quella della propria famiglia. Non molta gente poneva la ricerca della "verità ovunque potesse condurre" prima della propria sopravvivenza e del benessere di propri cari; coloro che lo fecero spesso divennero martiri.
Nelle società laiche moderne, dove il potere non è più nelle mani di capi religiosi, c'è ancora pressione sociale a conformarsi con i modi e le credenze della comunità in cui si è nati. Anche senza pressione esterna, la maggior parte delle persone tendono a conformarsi con le norme di coloro che li circondano; l'istinto a conformarsi generalmente contribuisce all'autoconservazione, sebbene a volte coinvolga un sacrificio altruistico nell'interesse del gruppo. Ma questa non è più una ragione sufficiente per venire ad un compromesso con la verità, se mai lo fu veramente. Oggigiorno chiunque abbia sentore delle difficoltà che si presentano per l'interpretazione convenzionale di Torah min hashamayim dovrebbero almeno esaminare le alternative. Quali scelte ha l'individuo?
- In teoria sarebbe possibile sostituire la storia della "Torah dal Cielo" con una storia equivalente, più plausibile, da un'altra fonte, o inventare una storia nuova sulla rivelazione divina. Chi tentasse questo, tuttavia, dovrebbe decidere se stesse (I) scegliendo un'altra religione—cosa problematica, dato che nessuna delle maggiori religioni ha una storia di rivelazione divina che sia meno vulnerabile alle critiche di quella ebraica, oppure (II) fabbricando una storia nuova. Se fabbricasse una storia nuova, la sua storia dovrebbe essere percepita come nuova interpretazione di quella tradizionale, cioè come l'alternativa (3) più sotto. Se venisse vista come qualcosa di radicalmente differente, minerebbe il senso di continuità necessario per l'identità comunitaria, pertanto potrebbe ritrovarsi a iniziare involontariamente una nuova religione o denominazione. Qualcosa di simile accadde a Mordecai M. Kaplan (1881-1983), che rinarrò la storia del Sinai in termini non-soprannaturali; intendeva provvedere una "copertura" inclusiva sotto cui potevano andare tutte le denominazioni ebraiche, ma nonostante le sue migliori intenzioni, mise in moto un processo che portò alla formazione del Ricostruzionismo come denominazione separata. Probabilmente ciò accadde a Gesù, che non propose una nuova religione, il cristianesimo, in opposizione alla sua propria, l'ebraismo, ma semplicemente una nuova interpretazione della Torah; nel corso di una generazione o due i suoi seguaci si accorsero d'essere diventati una nuova comunità religiosa in contrasto con la vecchia.
- È possibile abbandonare completamente la nozione della rivelazione divina. Sia il deismo e sia l'ateismo seguono questo percorso. I deisti riconoscono l'esistenza di un essere supremo, ma non l'autenticità di una qualche comunicazione specifica; gli atei negano entrambe.
- È possibile mantenere la storia convenzionale, abbandonando solo la versione "dura" che comporta un dettato divino del testo sacro. Ciò lascia la porta aperta a riformulazione e reinterpretazione secondo parametri che eludono le obiezioni proposte.
Se si elimina (1), rimane la scelta tra (2) e (3); cioè se uno non vuole inventarsi una storia nuova, allora deve abbandonare la storia vecchia o tenersela, reinterpretandola se necessario. La scelta non si impernia primariamente sulle questioni discusse nel presente libro. Se uno ha già scelto un tipo di Dio "deista", non-interventista, o se uno è ateo e quindi senza alcun dio, i problemi generati dalla fede in un testo rivelato divinamente non lo interessano. Ovviamente, alcune persone sono spinte al deismo, ateismo, o semplice agnosticismo, proprio perché rifiutano il resoconto convenzionale della rivelazione divina. Motivo in più, quindi, per cui dovremmo esaminare attentamente l'opzione (3) per coprire se esiste veramente un modo per interpretare la storia convenzionale in una maniera scevra dalle obiezioni più serie.
La nostra scelta è l'opzione (3), pertanto manterremo la storia vecchia e cercheremo di reinterpretarla. E questo rivela il programma dei rimanenti capitoli. Il Capitolo 2 riguarda la verità. Cosa intendiamo quando diciamo che una dottrina particolare, nel nostro caso la Torah dal Cielo, è "vera"? Una volta che sappiamo che sorta di verità stiamo cercando in Torah min hashamayim, dovremo chiederci, nel Capitolo 3, quali dei molti elementi compresi nei primi resoconti di Torah min hashamayim sono essenziali. Se abbandoniamo alcune delle asserzioni storiche e scientifiche, possiamo tuttavia mantenere abbastanza del significato originale per sentire un senso di continuità con i nostri antenati? Se ricostruiamo Torah min hashamayim alla luce della conoscenza scientifica e delle posizioni filosofiche moderne, possiamo ancora affermare onestamente di essere rimasti nella tradizione dei rabbini del Talmud, di Maimonide, o del Gaon di Vilna? Tali questioni comportano implicazioni per il futuro della società ebraica e tali implicazioni verranno esposte nel Capitolo 4. Infine, il Capitolo 5 tira le somme dei contenuti del presente wikibook e si confronta col cambiamento pensando a Eraclito.
Note
modifica- ↑ Si presume che ci siano settanta lingue nel mondo, corrispondenti ai settanta antenati che costruirono la Torre di Babele (Gen. 10;11,1-9); l'idea è che tutta la saggezza del mondo derivi dal Sinai. Sebbene il midrash non includa proseliti tra coloro che si trovarono al Sinai, il Talmud (Shab. 146a) insiste che il loro mazal (che significa? angelo custode?) fu presente.