Torah per sempre/I libri sacri

Indice del libro

Dopo le Scritture ebraiche, o Bibbia, il libro più importante dell'ebraismo è la Mishnah, compilata in Palestina agli inizi del III secolo e.v. La Mishnah mette "colui che dice che la Torah non è dal cielo" tra quelli che "non hanno porzione nel Mondo a Venire".[1] I saggi del secondo secolo che lo affermarono evidentemente pensavano che negare la dottrina di torah min hashamayim ("Torah dal Cielo") fosse veramente un problema serio.


Rotolo della Torah. Biblioteca Nazionale della Bielorussia
Rotolo della Torah. Biblioteca Nazionale della Bielorussia

Ma cosa significa "Torah dal Cielo"? Cos'è la Torah? Cos'è il Cielo? Che rapporto viene rappresentato tra i due con la particella "dal"?

Nessuno contesterebbe che la parola "Torah" abbia a che fare con la Bibbia, pertanto possiamo iniziare da ciò come punto di partenza. Forse se capiamo cosa sia la Bibbia, allora possiamo iniziare a comprendere il termine "Torah".

La Bibbia ebraica come ci è pervenuta è una biblioteca piuttosto che un libro; è la letteratura nazionale degli antichi ebrei, e non un trattato sistematico di teologia o di legge.

Quanti libri contenga dipende da come li si conta, e poi come uno li classifichi. Appaiono nei testi moderni ebraici raggruppati e ordinati come segue:

Libri della Bibbia nei testi moderni ebraici

1. Torah (Pentateuco), consistente di:

Genesi
Esodo
Levitico
Numeri
Deuteronomio

2(a) Profeti anteriori, consistente di:

Giosuè
Giudici
I e II Samuele
I e II Re

2(b) Profeti posteriori, consistente di:

Isaia
Geremia
Ezechiele
I dodici (profeti "minori"): Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia)

3. Scritti, consistente di:

Salmi
Proverbi
Giobbe
Meghillot (i cinque rotoli): Cantico dei cantici, Rut, Qoelet o Ecclesiaste, Lamentazioni, Ester
Daniele
Esdra
Neemia
I e II Cronache

Questo ordinamento è grosso modo in accordo con l'elenco conservato nel Talmud babilonese,[2] sebbene l'ordinamento dei Profeti posteriori sia differente, e alcuni particolari come l'unione dei Cinque Rotoli sia stato determinato dalla pratica religiosa successiva. Inoltre, la suddivisione di Samuele, Re, e Cronache in due libri cadauno, e la separazione di Esdra e Neemia vengano datate soltanto dall'edizione stampata da Felix Pratensis, pubblicata a Venezia negli anni 1517-1518.[3]

Una tradizione largamente comprovata asserisce che ci siano ventiquattro libri,[4] Flavio Giuseppe, seguito da alcuni Padri della Chiesa, afferma che ce ne sono ventidue.[5] Forse la pratica ebraica venne influenzata dal modello usato per la divisione alessandrina dell`Odissea e Iliade di Omero in ventiquattro libri ciascuno, corrispondente al numero delle lettere nell'alfabeto greco; la suddivisione in ventiquattro libri in tal caso sarebbe stata un adattamento della pratica greca al numero delle lettere nell'alfabeto ebraico.[6]

Sia Geremia (18:18) che Ezechiele (7:26) elencano profeta, sacerdote e saggio come guide del popolo. Le attività di queste guide corrisponde grossomodo alle tre grandi suddivisioni delle scritture: la legge, originariamente amministrata dai sacerdoti, corrisponde alla Torah; la profezia (ovviamente) corrisponde ai Profeti; gli Scritti, in particolare i Proverbi, Giobbe ed Ecclesiaste, trattano della saggezza, sia pratica che teorica. Tuttavia, la Torah contiene molto altro oltre alla legge, "Profeti" copre diverse opere storiche, e "Scritti" comprende sapienza, poesia, e storia.

Perché i cinque libri (Pentateuco) che comprendono la Torah vengono citati come "la Legge", dato che contengo molto altro? Forse perché provengono dal rescritto di Artaserse I di Persia (465-424 p.e.v.) che autorizza Esdra ad investigare la situazione di Gerusalemme "intorno all'osservanza della legge [dat] del tuo Dio, che hai nelle mani" (Esdra 7:14); rimane la questione irrisolta se dobbiamo "interpretare l'implementazione legale della Torah secondo il noto modello dell'autorizzazione imperiale persiana", sotto di cui gli stati vassalli esercitavano la giurisdizione interna.[7]

In seguito, gli ebrei di Alessandria potrebbero aver considerato che la Torah fosse il loro equivalente della costituzione di una città-stato greca; per Filone d'Alessandria (m. 30 ca.) era perfettamente naturale equiparare la Torah alla Legge, poiché egli ed i suoi correligionari la usavano come fonte di politikoi nomoi "leggi civili", applicabili in assenza di decreti reali specifici.[8]

Le tradizioni rabbiniche della suddivisione tripartita[9] e del posizionamento dei singoli libri non sono cronologiche né basate sul genere; derivano da una teologia complessa. Le Bibbie cristiane ignorano la divisione tripartita e collocano alcuni libri in posizioni differenti, a riflesso della propria teologia. Così per esempio, se i rabbini desideravano declassare l'apocalittico, allora asserivano che Daniele non era un profeta e mettevano il suo libro tra gli "Scritti";[10] i cristiani stimavano l'apocalittico e quindi tennero Daniele tra i libri profetici.

Né le date né i processi con cui furono eseguiti la selezione corrente e l'ordinamento dei libri sono note con certezza. Sebbene sia ebrei che cristiani oggigiorno parlino comunemente del "canone" delle scritture, il termine "canone" fu introdotto dal Padre della Chiesa Atanasio (296-373) solo nel 367 e.v.,[11] ed implica un modo di considerare le sacre scritture e di delimitarle che deve aver preso secoli ad evolversi. Non esiste equivalente preciso nel vocabolario rabbinico di quel periodo, sebbene i rabbini avessero simili problematiche su quale fosse, o non fosse, una vera testimonianza della rivelazione e scartassero altri scritti come sefarim ḥitsonim, "libri esterni", che non dovevano essere letti.

Flavio Giuseppe, nel primo secolo E.V. aveva un concetto abbastanza chiaro di ciò che era o non era autentico e quindi autorevole. Solo ventidue libri, affermava, sono dikaiōs pepisteumena ("giustamente accreditati"), significando con ciò che erano scritti da profeti sotto ispirazione divina; tuttavia, "da Artaserse al nostro proprio tempo la storia completa è stata scritta, ma non è stata considerata degna di ugual credito rispetto ai documenti precedenti, a causa del difetto di successione esatta dei profeti". Cinque (continua Flavio) sono i libri di Mosè, che includono legge e storia; tredici furono scritti dai profeti, e coprono la storia da Mosè ad Artaserse; quattro comprendono inni e precetti.[12]

Le decisioni sui limiti del sacro, e su come mettere in ordine i libri accettati, dipende dall'interpretazione; tali decisioni sono guidate dalla teologia piuttosto che dal contenuto di ciascun libro.[13]

La tradizione articola la teologia. Quando i predecessori dei rabbini misero i libri da Genesi a Deuteronomio in un'unità agli inizi delle Scritture e la chiamarono la Torah di Mosè,[14] stavano proclamando che questa serie di scritti era preminente nell'ambito della tradizione. La Torah di Mosè, dicevano, era una rivelazione unica, e quindi il criterio di accettazione per qualsiasi ulteriore affermazione di ispirazione divina. Altri libri potevano essere ispirati divinamente; ma se, come quasi accadde nel caso di Ezechiele,[15] si riusciva a dimostrare che un libro era incompatibile con la Torah di Mosè, sarebbe stato rifiutato sulla base che non poteva essere affatto ispirato.

I Samaritani andarono oltre; accettarono solo la Torah di Mosè come Sacra Scrittura.[16] I biblisti ne hanno dedotto che gli altri libri non furono accettati come scritture se non dopo lo scisma dei Samaritani;[17] ciò non convince, poiché poteva ugualmente darsi il caso che i Samaritani rigettassero in linea di principio tutte le scritture all'infuori della Torah di Mosè anche se tali scritture erano già considerate sacre dagli altri ebrei.

La tradizione rabbinica considera che i Profeti abbiano un più alto grado di ispirazione e quindi di autorità degli Scritti; l'ispirazione profetica è qualitativamente superiore all'ispirazione tramite lo "Dpirito Santo". Ciò spiega l'anomalia di includere libri storici come Giudici e Re tra i Profeti, mentre altri libri storici, come Cronache, sono classificati come Scritti. Non è la cronologia dei libri,e neanche la natura del loro contenuto, che determina questa classificazione, ma il grado di ispirazione a loro attribuito.

Nell'ambito della tradizione si dà per scontato che Dio dettò la Torah, cioè i libri da Genesi a Deuteronomio, parola per parola a Mosè. Tuttavia la Torah stessa non fa tale affermazione; normalmente si riferisce a Mosè in terza persona, e registra la sua morte e sepoltura proprio come se fosse un libro composto molto tempo dopo gli accadimenti narrati.

In verità, nessun libro biblico fa affermazioni di essere fatto, nel suo complesso, di parole letteralmente dettate da Dio, sebbene diversi contengano proclami attribuiti a Dio. Se tali resoconti siano intesi come resoconti verbatim delle parole di Dio, o come tentativi di catturare l'ineffabile in linguaggio umano, raramente viene chiarito.

Qualche che sia il caso, quando l'ebraismo rabbinico ed il cristianesimo cominciarono a formarsi era ampiamente accettato che alcuni libri contenessero le parole di Dio, mentre altri no; Sundberg asserisce che nel primo secolo E.V. le Scritture erano semplicemente una "diffusa letteratura religiosa senza confini definiti".[18] Il processo con cui venne fatta la selezione rimane oscura; sembra che sia stato un processo di rifiuto piuttosto che una selezione positiva, e deve essere continuata, nei circoli ebraici, almeno fino al quarto secolo.

Il canone ebraico esclude diversi libri ("Apocrypha" sefarim ḥitsonim o "libri esterni") che sono inclusi nel Septuaginta, la versione greca antica delle Scritture.[19] Ciò sembra implicare che gli ebrei di lingua greca basati in Alessandria consideravano i libri apocrifi, come vennero successivamente chiamati, come scrittura ispirata. Tuttavia non ci sono prove certe che lo confermi; Filone, la cui conoscenza della Scritture era principalmente (se non interamente) derivata dal greco, non ne cita mai una, e Flavio Giuseppe, sebbene spesso menzioni opere come le sezioni "apocrife" di Ester e 1 Maccabei, chiaramente le esclude delle ventidue opere "gfiustamente accreditate". Poiché tutti i nostri manoscritti del Septuaginta sono cristiani, potrebbe proprio essere il caso che i libri "extra" furono incorporati nel Septuaginta solo nei primi secoli cristiani.

Non è però che i cristiani fossero unanimi nel considerare lo status dei libri apocrifi. Melitone di Sardi affermava, in una lettera scritta verso il 170 a Onesimo, di aver viaggiato in Palestina per controllare personalmente quali libri fossero vere Scritture, e produsse una lista che escludeva gli Apocrifi.[20] Sebbene la Vulgata latina includa gli apocrifi, Girolamo stesso (342-420) rifiutò i libri apocrifi, con la possibile eccezione di 1 Maccabei, come non canonici,[21] e fu contestato da Agostino d'Ippona (354-430). Girolamo continuò a citarli nei propri commentari, nonostante le sue denigrazioni sulla loro posizione.[22]

Le chiese mantennero la tradizione del Septuaginta; solo durante la Riforma protestante le Chiese Riformate decisero di adottare il canone ebraico e rifiutare gli apocrifi. Comunque diversi scritti ebraici esistenti nel periodo tra gli ultimi libri biblici e la Mishnah, cioè circa dal 160 a.E.V. al 210 E.V., furono rifiutati anche da molte chiese; alcuni vennero conservati in circoli cristiani più ristretti, spesso a causa del loro contenuto apocalittico, e formano la base delle raccolte di Pesudoepigrapha.[23] Altri scritti ebraici di questo periodo sono noti tramite riferimenti letterari, e alcuni sono venuti alla luce nel 1948 grazie ai rotoli rinvenuti nelle grotte vicino al Mar Morto (Qumran).

Possiamo dedurre da commenti occasionali riscontrati nella letteratura rabbinica che la base teologica nel mantenere quei libri che rimasero nel canone ebraico fu che erano (a) coerenti con la Torah di Mosè e (b) composti dai profeti per ispirazione divina, o composti sotto la guida dello Spirito Santo.

Nessuno sa come o perché si raggiunse un consenso alla chiusura del canone. Forse fu a causa della proliferazione di altri libri, tra cui opere cristiane e settarie, per i quali veniva affermato uno stato di sacralità che i saggi rabbini considerarono eretico. Forse l'affermazione attribuita al saggio ebreo babilonese Amemar (ca. 400 E.V.) che ḥakham adif minavi "il saggio è preferibile al profeta" ci fornisce un indizio; l'ebraismo rabbinico si considerava l'erede della tradizione profetica, ma preferiva adempiere tale ruolo attraverso lo studio e l'interpretazione ed era scettico riguardo al "collegamento diretto" con Dio. Analogamente, Avdimi (Eudimio) di Haifa, contemporaneo palestinese di Amemar, ebbe a dire: "Dal giorno in cui il Tempio fu distrutto la profezia fu tolta ai profeti e data ai saggi".[24] Queste osservazioni non costituiscono una posizione dottrinale che nega la possibilità della profezia dopo la chiusura della Bibbia; fu lasciato spazio per autorità ebraica susseguenti, per esempio Mosè Maimonide (Rambam, 1135-1204) e Abraham Abulafia (1240-1291) non solo affermano la possibilità ma anche prescrivono concretamente modi di ottenere l'esperienza profetica.[25]

Cosa è "Torah"? modifica

Il Signore "apparve" ad Abramo presso la Quercia di Moreh (Genesi 12:6-7); si rivelò agli Israeliti e proclamò i Dieci Comandamenti (Esodo 19-20). Questo è lo stile biblico della rivelazione: un incontro con Dio, piuttosto che la dettatura di un libro.

Da dove viene allora l'idea di "testo sacro"? E più precisamente, quando cominciò la gente a pensare che la parola ebraica torah designasse un libro o serie di libri dettati da Dio?

Il senso comune dei libri da Genesi a Deuteronomio, ai quali ci si riferisce con "La Torah", è quello di una storia raccontata dopo accadimenti che vanno dalla Creazione alla morte di Mosè. Si afferma che unità specifiche, come i Dieci Comandamenti, siano state proclamate da Dio (sebbene differenti versioni di Esodo 10 e Deuteronomio 4 indichino che il testo non sia verbatim), ma non i libri nella loro totalità. Il Deuteronomio per esempio, narra una storia sulla rivelazione, piuttosto che asserire di essere una rivelazione. Parla di Mosè, in terza persona, invece di pretendere di essere scritta da Mosè o tramite Mosè. Persino Nahamanide (Ramban, 1194-1270), le cui affermazioni di origine divina della Torah sono stravaganti, si sentì in dovere di spiegare perché, se fu dettata nel suo complesso a Mosè, non cominciasse con le parole "Il Signore parlò a Mosè dicendogli..."

La parola torah, comune in tutte le Scritture ebraiche, deriva dalla radice yod-resh-heh, che nella coniugazione kal significa "trafiggere" (Esodo 19:13), e nella coniugazione hifil significa "mostrare", "indicare", o "insegnare" (2 Re 12:3; Salmi 27:11). Tra i vari significati, ci sono i seguenti:[26]

  1. Una legge specifica o specifica serie di leggi. Per esempio, Levitico 6:7-11 inizia con vezot torat haminḥah "E questa è la legge dell'oblazione", significando che è una raccolta di regole per una particolare procedura. In questo senso, può essere al plurale. Vicino a questo è l'uso che Ezechiele fa di torah per denotare una serie di istruzioni per la costruzione del Tempio futuro: vezot torat habayit "Questa è la torah della Casa" (Ezechiele 43:12).
  2. Una decisione specifica in risposta ad una domanda. Dio istruisce il profeta Aggeo dicendogli "Interroga i sacerdoti riguardo alla torah", cioè a una legge, she`al na et hakohanim torah (Aggeo 2:11).
  3. In Deuteronomio, torah o, meglio, in hatorah al singolare e con l'articolo determinativo, ci si riferisce all'unità letteraria in causa, che siano leggi, narrazioni, esortazioni, o liturgia; spesso è qualcosa scritta su un rotolo (Deuteronomio 29:20), forse affidato in salvaguardia ai sacerdoti (31:9). Da quest'ultimo versetto si capisce che torah non si riferisce né ai Cinque Libri di Mosè nel loro insieme, né all'intero libro di Deuteronomio. Ben coerente con ciò è il versetto 4:44: "Questa è la legge che Mosè espose agli Israeliti", cantato nelle sinagoghe mentre si eleva il rotolo che contiene i Cinque Libri;[27] Rashi, nel suo commentario, osserva che si riferisce a "quello che si preparava a fare dopo ciò", cioè la sezione di Deuteronomio compresa da Parte III.2 fino a Parte V.5.
  4. L'uso in Deuteronomio di torah viene ripreso da Giosuè — "Sii forte e molto coraggioso, cercando di agire secondo tutta la torah che ti ha prescritta Mosè, mio servo" (Giosuè 1:7) — ed in alcuni dei libri storici (1 Re 2:3). Naturalmente non è chiaro dal contesto che "Torah di Mosè" si riferisca ai Cinque Libri nel loro insieme o a Deuteronomio come lo conosciamo; storicamente, nessuno dei due è probabile. Ma qui, per la prima volta, sembra esserci un certo concetto di letteratura sacra, rivelata; la riforma di Giosia, che incorpora la "scoperta" di un rotolo (2 Re 22:8), si basa su ciò, sebbene il "libro dell'alleanza" (23:2) che il Sommo Sacerdote Hilkiah ha scoperto non è, in Re, riferito a Mosè. Cronache tuttavia spesso collega torah a Mosè e presenta i re riformatori come fedeli alla Torah di Mosè. Analogamente, Malachia e Esdra/Neemia fanno riferimento alla "Torah di Mosè": "Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull'Oreb, statuti e norme per tutto Israele" (Malachia 3:22); "Trovarono scritto nella legge data dal Signore per mezzo di Mosè, che gli Israeliti dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese" (Neemia 8:14). Evidentemente, dal tempo dell'esilio babilonese e del Ritorno, il concetto di torah come unità letteraria sacra, si era confermata, sebbene non possiamo essere certi di cosa contenesse.
  5. Molti profeti usano torah come parola generale per indicare la direzione di vita richiesta da Dio — "Hai dimenticato la torah del tuo Dio" (Osea 4:6). In questo senso, torah potrebbe essere tradotto con "via" (analogo al "Tao" cinese). Frequentemente, è imparentato a "alleanza"; torah è la via, lo stile di vita adatto a questo stretto rapporto (Osea 8:1 — "Hanno trasgredito la mia alleanza e rigettato la mia legge").
  6. Isaia di Gerusalemme usa torah nel senso di insegnamento profetico o oracolo sacro (Isaia 1:10); torah nella sua frase famosa "Da Sion uscirà la torah" (Isaia 2:3) probabilmente ha tale significato.
  7. Torah nei Salmi viene usato in quasi tutti i suddetti sensi, riflettendo la diversità di composizione del libro. Espressioni come torat hashem temimah "la torah di Dio è perfetta" (Salmi 19:8), o il ricco vocabolario mitzvahico del Salmo "farisaico" 119 in cui le "meraviglie della torah" sono desiderate (Salmi 119:18), non si riferiscono necessariamente a composizioni letterari completate o a sistemi di legge.
  8. Nei libri sapienziali torah viene identificata come la personificazione della Sapienza (sophia), mediante la quale i re regnano (Proverbi 8:16), e che viene prodotta da Dio "al principio della sua via" (Proverbi 8:22); c'è la "torah di tua madre" (Proverbi 1:8) come anche la "torah del saggio" (Proverbi 13:14). Niente di ciò presuppone un testo sacro immutabile trasmesso dai giorni di Mosè insieme alle regole della sua interpretazione; l'enfasi è posta sull'insegnante vivente e sull'esperienza insieme alla saggezza ricevuta, e non su una serie di testi canonici.

Il "Canone Sacro" modifica

Il concetto di un canone rivelato, sacro, che incorpora testi letterari comprendenti la Torah rivelata a Mosè, è postbiblico. Gli ebrei, e gli Israeliti prima di loro, avevano scritture perlomeno del quinto secolo a.E.V., ma non ebbero un canone, nel senso di una lista approvata di testi sacri, fino agli inizi dell'era cristiana.

Il concetto combina diversi elementi:

  • La nozione che alcuni libri siano di importanza speciale perché contengono tradizioni ancestrali di autorità vincolante.
  • La convinzione, chiaramente articolata dalla Bibbia stessa, che certe leggi, istruzioni, o moniti furono trasmessi da Dio ad un profeta, o in un caso (i Dieci Comandamenti) al popolo intero.
  • L'idea, popolare negli scritti apocalittici, che conoscenza ispirata e "segreta" sia stata riportata per iscritto. Daniele, per esempio, medita su un rotolo (Geremia?) scoprendo che Gerusalemme rimarrà desolata per settanta anni (Daniele 9:2).[28]

Tutti questi elementi riflettono idee diffuse nel mondo ellenistico, ma anche nel Vicino Oriente antico, riguardo ala tradizione e alla religione.[29] Anche il secondo punto, specifico per l'ebraismo poiché si riferisce al testo biblico, differisce in contenuto ma non in forma da altre asserzioni che leggi e oracoli venivano generati da qualche dio.

Riassumendo, l'idea di un canone sacro stabilisce un limite. Ciò che rientra nel limite è tradizione autentica, portatrice del sigillo divino; fuori dal limite, per esempio (da una prospettiva ebraica) gli scritti di gentili o di ebrei eretici, non porta tale sigillo, e deve essere rifiutato.

Nonostante la proliferazione di scritti di ebrei di tutte le sette (o forse proprio a causa di questi) fino al periodo rabbinico, i saggi intensificarono il limite tentando di proibire libri che non fossere scritture autenticate. Anche la Tradizione Orale non doveva esser messa per iscritto, né le leggi, le preghiere, o i midrashim. Questa misura estrema è dichiarata a nome di Rabbi Yohanan (BT Temurah 14b): "Coloro che mettono per iscritto gli halakhot [è come se] dessero fuoco alla Torah", ammonizione ripetuta a nome del suo discepolo e cognato Resh Lakish. Ciononostante, si dice che entrambi leggessero libri di aggadah (materiale non giuridico) durante il Shabbat. Si gistificavano adducendo la loro interpretazione dei Salmi 119:126: "È tempo che il Signore agisca; essi hanno violato la tua legge" — meglio che la Torah sia "sradicata" [mettendo per iscritto ciò che dovrebbe rimanere orale] piuttosto che venga dimenticata da Israele.[30] Ma se la proibizione di mettere per iscritto la Torah Orale durò poco, quella sui libri considerati eretici durò a lungo.

Perché i Cinque Libri sono speciali modifica

Benedizione Sacerdotale iscritta sul "Rotolo d'argento KH2" rinvenuto a Ketef Hinnom, Gerusalemme (700-650 p.E.V.)

Gli archeologi hanno scoperto materiale epigrafico israelita che risale almeno al decimo secolo p.E.V. Nel 1979 è stato rinvenuto un frammento di rotolo d'argento che riporta all'incirca il testo della Benedizione Sacerdotale (Numeri 6:24-26);[31] risale approssimativamente al settimo secolo p.E.V. e rimane il testo biblico più antico.[32]

Tuttavia, non si conoscono manoscritti esistenti, che siano del testo ebraico della Bibbia o di qualsiasi versione antica, precedente al terzo secolo p.E.V. — periodo in cui i "Cinque Libri di Mosè" comprendevano un'unità distinta nota come la Torah, o la Torah di Mosè. Così tali libri erano conosciuti da Filone e da Flavio Giuseppe, e come vengono citati dagli Apocrifi e Pseudoepigrapha, da Rotoli del Mar Morto e dal Nuovo Testamento.

I cinque libri furono scritti come un'unità, su un solo rotolo? Non sembrerebbe, poiché i rotoli generalmente erano molto più corti. Nessun testo rinvenuto tra i Rotoli del Mar Morto a Qumran sembra combinare tutti e cinque i libri, sebbene 4QGen-Exoda e 4Qpaleo-Gen-Exod1 combinino Genesi e Esodo, e 4Qlev-Numa combini Levitico e Numeri.[33] Il Talmud proibisce la lettura pubblica di ḥumashim (rotoli contenenti libri singoli dei Cinque), sottendendo che i Cinque Libri dovevano essere scritti come fossero uno. Tuttavia, questa sentenza è attribuita a Rabbah e Rav Joseph, babilonesi del quarto secolo dell'Era Volgare (E.V.), e in ogni caso riconosce che i libri venivano scritti, in pratica, su rotoli individuali, sebbene ciò non sia approvato.[34]

Il termine ebraico sefer "libro" nella Bibbia e nei primi scritti rabbinici normalmente denota un rotolo piuttosto che un codex.[35] Il codex (libro di pagine rilegate) fu inventato a Pergamo nel terzo secolo p.E.V. ma non venne perfezionato per diversi secoli; solo molto più tardi fu adottato dagli ebrei, che tuttora mantengono il formato a rotolo per copie della Torah adibite ad uso liturgico. Alcuni biblisti ritengono che il termine kitvei hakodesh ("sacre scritture"), usato occasionalmente a partire dalla Mishnah, si riferisca a codici.[36]

Il "Libro della Torah" della riforma di Giosia (2 Re 22, 23) era il Deuteronomio, e non necessariamente nella sua forma definitiva. Almeno dall'epoca di Esdra e Neemia gli altri quattro libri sembrano essere inclusi: Neemia 8:14-18 fa riferimento a Levitico 23:39-43, e Neemia 10:30-40 riporta il giuramento dei Giudei penitenti in cui si fa riferimento a numerose leggi pentateuche, incluse quelle di Numeri 15:20 e 18:8-20 sebbene sia strano che si impegnino (versetto 32) a contribuire un terzo di siclo ai fondi del Tempio piuttosto che il mezzo siclo di Esodo 30:13. Analogamente, Cronache fa riferimento, sotto la rubrica "Torah di Mosè", a brani noti presi in gran parte dal Pentateuco.

La divisione delle Scritture in tre gruppi fu fatta già fino dal secondo secolo p.E.V. Ben Sira, che compose il libro apocrifo di Ecclesiastico ("Sapienza di Sirach") verso il 180 p.E.V., scrisse con approvazione dell'uomo "che si applica e medita la legge dell'Altissimo. Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi, si dedica allo studio delle profezie."[37] Suo nipote, nella prefazione della traduzione greca da lui eseguita nel 132 p.E.V., è ancor più esplicito: "Mio nonno... si applicò intensamente allo studio della legge, dei profeti, e degli altri scritti dei nostri avi."[38]

Si riscontra anche una doppia suddivisione tra Torah e Profeti. Lo pseudoepigrafo Quarto Libro dei Maccabei si riferisce alla "Legge e i Profeti" e chiaramente include Daniele, Salmi, e Proverbi tra questi ultimi (4 Maccabei 18:10, 13-16).[39] Questa semplice divisione avviene nei Rotoli del Mar Morto (1QS 1:2-3); è comune nel Nuovo Testamento (Matteo 5:17; 7:12; 11:13; 22:40; Luca 16:16; Giovanni 1:45; Romani 3:21), ma solo raramente usato dai rabbini (Tosefta Bava metsia 11:23).

Entrambe le divisioni danno per scontato le priorità dei Cinque Libri rispetto al resto delle Scritture. Tale priorità è una dottrina fondamentale dell'ebraismo rabbinico I Cinque Libri furono considerati l'unica fonte valida della legge, ed il criterio d'accettazione o rifiuto degli altri libri; il Talmud narra di Hananiah ben Hezekiah ben Gurion (I secolo) che bruciò 300 barili d'olio studiando febbrilmente mentre preparava la sua difesa del libro di Ezechiele contro le accuse che i relativi contenuti contraddicevano la Torah di Mosè: la sua difesa ebbe successo.[40]

È quindi ragionevole concludere che, a partire dagli inizi del periodo rabbinico, il Pentateuco nel suo complesso fosse considerato come la Torah di Mosè, inviolabile e sacrosanta. Non ne conseguiva però che il testo fosse stato dettato nella sua interezza da Dio a Mosè, ma questa ulteriore supposizione fu presto prospettata.

Filone, Mosé e i Libri Ancestrali modifica

Gli scritti di Filone d'Alessandria sono meglio conservati di quelli di altri esponenti filosofici dell'ebraismo nel mondo ellenistico. Nel suo secondo trattato sulla Vita di Mosè, spiega a lungo l'eccellenza di Mosè come Re-filosofo, legislatore, sommo sacerdote e profeta. In gran parte del trattato Filone scrive come se queste "eccellenze" fossero realizzazioni personali di Mosè. Per esempio: "Il successivo passo necessario era che le persone più adatte fossero scelte come sacerdoti... Di conseguenza, egli scelse tra tutti suo fratello come sommo sacerdote per i suoi meriti e nominò i figli di suo fratello come sacerdoti..."[41] Ciò fa supporre come se la scelta del sacerdozio aronnide fosse fatta su iniziativa di Mosè. Analogamente, le leggi sono presentate come fossero istituite da Mosè. Da ciò si può concludere che Filone credesse che Mosè era l'autore originale di gran parte del contenuto dei "suoi" Cinque Libri, posizione che si scontra con la dottrina rabbinica formulata un secolo o due dopo.

Tuttavia, quando Filone espone la quarta qualità di Mosè, quella di profeta, ne emerge un quadro differente. La profezia era necessaria affinché, attraverso la provvidenza di Dio, Mosè potesse scoprire ciò che non poteva afferrare col ragionamento.[42] Tutte le cose scritte nei libri sacri, dice Filone, sono oracoli (chrēsmoi) dati suo tramite (di`autou—sc. Mosè).[43] Questi "oracoli" rientrano in tre categorie:

  • Quelli proclamati da Dio stesso con il profeta come interprete. Filone non ne fornisce esempi, poiché sono "troppo grandi per essere lodati da labbra umane", ma sembra avere in mente il grosso della normativa presente nei Cinque Libri.[44]
  • Quelli in cui il profeta chiede e Dio risponde ed istruisce. Filone fornisce quattro illustrazioni: il bestemmiatore (Levitico 24:10-16); l'uomo che raccoglie legna di Shabbat (Numeri 15:32-36); l'incidente che porta all'istituzione della Seconda Pasqua (Numeri 9:6-12); infine, l'eredità delle figlie di Zelofcad (Numeri 27:1-11; 36:1-12).[45]
  • Oracoli "proclamati dal profeta stesso per ispirazione divina".[46] Questi includono il discorso di Mosè, abbellito profusamente da Filone, agli Israeliti quando stavano per attraversare il Mar Rosso; il discorso di Mosè (anch'esso abbellito da Filone) al popolo quando la manna comincia a cadere; le istruzioni di Mosè sul Shabbat riguardo alla manna; la sua perorazione durante l'incidente del Vitello d'Oro; infine la sua risposta alla ribellione di Korah.

Filone non dice nulla della composizione dei Cinque Libri nel loro complesso, ancora meno che questi costituiscano un testo sacro dettato da Dio. Fanno parte della "tradizione ancestrale", ed incorporano un resoconto di oracoli ispirati divinamente, ma persino la prima e più alta categoria di quegli oracoli ci proviene "interpretata" da Mosè, cioè espressa in parole mosaiche.

L'interpretazione della Bibbia da parte di Filone è guidata dalla sua convinzione che contenga tutta la saggezza; poiché considera che anche la filosofia greca, o almeno certe scuole particolari, esprima saggezza, Filone deve interpretare la sua Bibbia in un modo che si accordi con gli insegnamenti greci. Interpretazioni analoghe venivano date dagli studiosi di Alessandria suoi contemporanei a Omero e a Esiodo. È probabile che Filone avesse familiaretà con i metodi con cui i Pitagorici interpretavano la numerologia nei classici greci, poiché egli fa la stessa cosa con la Bibbia, ma il rapporto della sua interpretazione allegorica, per esempio, con quella degli Stoici, è meno chiara.[47]

In contrasto con quello che alcuni studiosi hanno affermato, le categorie di Filone relative alla "legge ancestrale" o alla legge non scritta (nomos agraphos) non hanno niente a che fare con la successiva categoria rabbinica di "Torah Orale"; legge ancestrale è quella riportata nelle Scritture; "legge non scritta", di cui scrive altrove, è la moralità basilare, la "legge del cuore".

Conclusione modifica

Arrivati alla formazione dell'ebraismo rabbinico, gli ebrei accettarono che i Cinque Libri (con la possibile eccezione degli ultimi otto versetti) fossero stati dettati da Dio a Mosè. La condizione precisa degli altri libri era meno chiara, sebbene un corpus letterario non dissimile dalla nostra Bibbia ebraica attuale fosse esistita da tempo, ma rimanevano dubbi se certi libri, in particolare Ezechiele, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, e Rut fossero veramente ispirati, e pertanto "canonici". Il processo di canonizzazione, o piuttosto di esclusione dallo status canonico, non era semplice — come si era ipotizzato ad un presunto "Concilio di Jamnia" nel tardo primo secolo E.V. — ma si estese per un periodo di diversi secoli.

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Note modifica

  1. Mishnah San. 10:1. "Avere porzione nel Mondo a Venire", cioè la vita eterna, funziona nell'ebraismo rabbinico pressappoco come "essere salvati" negli scritti cristiani.
  2. TB BB 13b stabilisce la suddivisione tripartita, e 14b-15a elenca l'ordinamento dei libri. Tuttavia non possiamo essere certi della lettura "originale" del Talmud, poiché i copisti potrebbero averla modificata secondo la pratica successiva, né sappiamo quanto sia rappresentativa la discussione talmudica circa la pratica o opinione del tempo.
  3. Norman Solomon, Torah from Heaven, Littman, 2012, pp. 19-25.
  4. La tradizione dei 24 libri è antica perlomeno quanto 2 Esdra (4 Ezra) 14:44-6, composta verso il 100 e.v., e viene attestata in diversi midrashim, per es. Esodo Rabbah 41:6.
  5. Flavio Giuseppe, Contra Apionem, I:39-41; Origene, in Eusebio, Storia Ecclesiastica 6:25, 1, e Atanasio, Lettera festale, 39.
  6. Il suggerimento viene fatto da Epifanio (315-403) in un passo riprodotto in Leiman, Canonization of Hebrew Scripture p. 43, dalla versione siriaca del suo "περί μέτρων καί στάθμων" 43-5.
  7. Konrad Schmidt in Knoppers & Levinsohn (curatori), The Pentateuch as Torah, pp. 37-38.
  8. Hecht et al., Introduction to the History and Sources of Jewish Law, pp. 82-83.
  9. Le suddivisioni tripartite e duplici vengono discusse più avanti.
  10. BT Meg. 3a afferma che Daniele non era un profeta. Se ciò fosse a causa di un declassamento dell'apocalittico è da decidere. Gordis, Kohelet, p. 19, afferma che Daniele era posto tra gli "Scritti" a causa della sua affinità alla letteratura sapienziale, ma non convince.
  11. Lettera festale 39:4 (p. 552). Si discute il concetto di "canone" più oltre.
  12. Flavio Giuseppe, Contra Apionem, 1:39-41, p. 179 (per l'edizione usata, cfr. Bibliografia). H. St J. Thackeray, nella sua introduzione, ipotizza che i tredici siano Giosuè, Giudici con Rut, Samuele, Re, Cronache, Esdra/Neemia, Ester, Giobbe, Isaia, Geremia con Lamentazioni, Ezechiele, Profeti Minori, Daniele; i quattro sono Salmi, Cantico dei Cantici, Proverbi ed Ecclesiaste.
  13. Sarna, "The Order of the Books", pp. 407-413, afferma che l'ordine dei libri si originò con l'ordine in cui i libri furono catalogati e archviati nelle scuole palestinesi. Ma non spiega adeguatamente perché furono catalogati ed archiviati in tale ordine.
  14. "Torah di Mosè" è una frase biblica ma, come vedremo, nel suo contesto originale non si riferisce ai Cinque Libri nel loro complesso.
  15. TB Shabbat 13b; vedi oltre.
  16. Il Libro di Giosuè samaritano è del XIV secolo e quindi non riguarda questa discussione.
  17. Leiman, Canonization of Hebrew Scripture, p. 17.
  18. Sundberg, Old Testament, p. 102. Si vedano in aggiuntya le opere di Leiman e Sundberg, Silver, The Story of Scripture, e da una prospettiva cristiana, con una rassegna critica delle principali teorie, Barton, Holy Writings, Sacred Text, e Sawyer, Sacred Language and Sacred Texts.
  19. A rigor di termini, il Septuaginta è la traduzione della Torah, o Cinque Libri di Mosè; gli altri libri in ultimo accettati come sacri furono tradotti indipendentemente in seguito.
  20. Eusebio, Storia ecclesiastica, 4:26.
  21. Girolamo, Prefazione ai Libri di Samuele e Re, citato in Schaff e Wace, The Nicene and Post-Nicene Fathers, 6:488ff.
  22. Barton, Holy Writings, Sacred Texts, p. 28.
  23. Si veda Charlesworth, The Old Testament Pseudoepigrapha.
  24. Entrambe le citazioni sona da BT BB 12a.
  25. Maimonide descrive i requisiti del profetare nel suo Mishneh Torah, "Yesodei hatorah" 7 e più a lungo nella Guida II.32f.; considera ricettività a profetizzare una facoltà naturale, sebbene Dio non comunichi necessariamente con qualcuno che possieda tale facoltà. Abulafia era convinto di aver raggiunto egli stesso la profezia, e in verità istruiva altri nello studio della "cabala prefetica"; le sue tecniche per ottenere estasi, che equipara all'esperienza mistica o profetica, sono descritte in Idel, Mystical Experience, pp. 13-52. Diversi cabalisti si attribuivano una rivelazione personale indiretta - si veda oltre nel testo.
  26. Sull'uso di torah nella Bibbia, si veda Östborn, Tōrā in the Old Testament; M. Fishbane, "Accusations of Adultery", pp. 31-36, ed il suo articolo (He) "Torah".
  27. L'espressione "secondo l'ordine che il Signore aveva dato per mezzo di Mosè" (Numeri 4:37,45;9:23;10:13) con cui di solito si fa seguito, si riferisce alla numerazione dei Leviti e ai viaggi degli Israeliti, e non alla Torah.
  28. "...Io Daniele tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e nei quali si dovevano compiere le desolazioni di Gerusalemme, cioè settant'anni."
  29. Hallo, "Concept of Canonicity", pp. 1-19; Sawyer, Sacred Language and Sacred Texts, pp. 59-75.
  30. BT Git. 60a-b, e Tem. 14b. La risoluzione contro scrivere halakhot è attribuita alla "scuola di Rabbi Ishmael".
  31. "Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace."
  32. Si veda PARTE II.2.
  33. Tov, Textual Criticism, tabella 19 a p. 104. I Manoscritti del Mar Morto sono discussi più avanti, al Cap. 4, dove vengono spiegati i rispettivi "titoli" particolari.
  34. BT Git. 60a.
  35. Un amora anonimo in BT Git. 21b, commentando sul deuteronomio 24:3, ipotizza che, secondo la maggioranza dei saggi, sefer possa riferirsi a qualsiasi cosa contenga sefirat devarim ("il racconto di parole"). Ciò è testimonianza di giochi di parole tra rabbini del IV secolo (o successivi), piuttosto che uso biblico.
  36. Per es. Mishnah Shab. 16:1. Si veda Levy, Fixing God's Torah, p. 13.
  37. Siracide 39:1.
  38. Ibid., Prefazione.
  39. (EN) 4 Maccabees.
  40. BT Shab. 13b. Una ragione alternativa proposta per rigettare Ezechiele, cioè il pericolo inerente alle sue ipotetiche rivelazioni mistiche, viene data da BT Ḥag. 13a.
  41. Filone, De Vita Mosis, II.141-142.
  42. Filone, De Vita Mosis, II.6.
  43. Filone, De Vita Mosis, II.188.
  44. Filone, De Vita Mosis, II.188, 189, 191.
  45. Filone, De Vita Mosis, II.188, 190-245.
  46. Filone, De Vita Mosis, II.188, 190, 246-287.
  47. Förster, "The Exegesis of Homer". Si veda anche Parte II.1 su Aristobulo.