Guida alle costellazioni - Regioni celesti scelte/Le Nubi di Magellano

Le Nubi di Magellano sono le più massicce fra tutte le galassie satelliti della Via Lattea e sono anche le uniche galassie esterne i cui campi stellari sono parzialmente risolvibili anche coi telescopi amatoriali.

La costellazione di Orione
La costellazione di Orione

CopertinaGuida alle costellazioni - Regioni celesti scelte/Copertina

Regioni celesti scelte

Curiosità galattiche

Carte di dettaglio dei principali ammassiGuida alle costellazioni - Regioni celesti scelte/Carte di dettaglio dei principali ammassi

BibliografiaGuida alle costellazioni - Regioni celesti scelte/Bibliografia

Trovandosi molto vicine al polo sud celeste, queste due galassie sono osservabili solo dall’emisfero sud, o al massimo poco a nord dell’equatore; ciò le rende oggetti decisamente esotici per coloro che sono abituati a osservare il cielo dall’emisfero nord, e tali apparvero in effetti anche a chi per primo fra gli esploratori europei le osservò.

Caratteristiche

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Le Nubi di Magellano sono due oggetti fra i più caratteristici dei cieli del sud: sebbene restino invisibili dalle aree urbane, appena fuori città iniziano ad apparire assieme alla scia della Via Lattea come se ne fossero due frammenti staccati; sebbene sembrino simili sotto un cielo rurale o nella luce del crepuscolo, osservandole da un cielo molto buio emergono le loro differenze, con la Grande Nube che occupa quasi tre volte la superficie della Piccola Nube.

La Grande Nube è anche la più vicina al piano della Via Lattea ed è visibile a sud della brillante stella Canopo; i suoi campi stellari sono parzialmente risolvibili anche con un telescopio di diametro medio-grande, mentre i suoi oggetti più luminosi sono visibili anche con un binocolo 10x50 o persino a occhio nudo, come la famosa Nebulosa Tarantola, che di fatto è la regione di formazione stellare più massiccia dell’intero Gruppo Locale.

La Piccola Nube è più distante e più piccola e si osserva a sud di Achernar; i suoi oggetti sono più piccoli e dunque anche meno appariscenti, ma restano comunque alla portata di molti telescopi di uso comune. Nei suoi dintorni si osservano due brillanti ammassi globulari, uno dei quali è il famoso 47 Tucanae; nessuno di questi è tuttavia legato a questa galassia, essendo orbitanti attorno alla Via Lattea.

In fotografia la Grande Nube si rivela un oggetto straordinario: nelle riprese a grande campo è già possibile distinguere alcune decine di ammassi e persino di nebulose, mentre le riprese ad alta risoluzione permettono di risolvere appieno numerosi ammassi, tanto che l’intera galassia appare sciolta in milioni di deboli stelle.

Le fotografie alla Piccola Nube al confronto possono risultare meno entusiasmanti a causa della minore ricchezza di questa galassia, ma resta pur sempre un oggetto d’eccezione proprio perché anche in questo caso è possibile la sua risoluzione in stelle, ammassi e piccole nebulose.


La Grande Nube di Magellano

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Mappa di dettaglio della Grande Nube di Magellano, con evidenziati gli oggetti più cospicui.
 
La Nebulosa Tarantola ospita la più grande regione di formazione stellare conosciuta nell’intero Gruppo Locale.
 
Carta della regione attorno alla Nebulosa Tarantola.
 
I ricchi dintorni della Nebulosa Tarantola.
 
La nube attorno all’ammasso NGC 1910 e alla stella S Doradus.
 
Il complesso nebuloso N11, con l’ammasso NGC 1761 in basso e NGC 1763 in alto.
 
L’ammasso globulare NGC 1783.
 
Dettaglio ad alta risoluzione della nebulosa NGC 1871, nota anche come DEM L 106.

La Grande Nube di Magellano si estende per circa 11 gradi di volta celeste fra le costellazioni del Dorado e della Mensa; la sua distanza è pari a 163 000 anni luce e il suo diametro è di circa 14 000 anni luce. Nelle carte viene indicata spesso con la sigla LMC (dall’inglese Large Magellanic Cloud) e le è stata anche assegnata la sigla PGC 17223.

La nomenclatura degli oggetti in essa contenuti è stata inizialmente un po’ confusionaria, soprattutto nella distinzione fra ammassi aperti molto compatti e piccoli ammassi globulari; diverse nebulose riportano inoltre più numeri del catalogo NGC in base ai loro addensamenti principali, finché non si è proceduto a unificarle in una nomenclatura standard utilizzata ad hoc per questa galassia, tramite la lettera N del Catalogo di Henize più un numero progressivo.

L’oggetto di gran lunga più notevole della galassia è la famosa Nebulosa Tarantola (NGC 2070 o C103), la più grande regione di formazione stellare di tutto il Gruppo Locale. Talvolta è indicata anche come 30 Doradus, che, come per “47 Tucanae”, deriva dalla designazione assegnatale dal catalogo di Bode nel 1801. Questa nebulosa, di ottava magnitudine apparente, si osserva nella zona nordorientale della Nube. Praticamente impossibile da osservare a occhio nudo, è individuabile senza difficoltà tramite un semplice binocolo, presentandosi come una macchia tondeggiante dai bordi molto sfumati; le sue ramificazioni luminose appaiono invece con un telescopio da 100 mm, che consente di rilevare anche alcuni addensamenti di stelle e ammassi aperti. La Nebulosa Tarantola ha una magnitudine apparente pari a 8; considerando la sua distanza di 160 000 anni luce, si tratta di un oggetto estremamente luminoso. Infatti, si tratta della regione di formazione stellare più attiva del Gruppo Locale di galassie; al suo centro, un ammasso estremamente compatto di stelle calde e giovani produce la maggior parte dell'energia che rende visibile la nebulosa. La reale dimensione della Nebulosa Tarantola è di circa 1 000 anni luce; se fosse posta alla stessa distanza della Nebulosa di Orione (un'altra regione di formazione stellare, visibile a occhio nudo) sarebbe 60 volte più grande della luna piena. Nelle aree centrali della nebulosa si trova un ricchissimo e compatto ammasso di stelle, noto come R136, il quale è il principale responsabile dell'illuminazione e dell'eccitamento dei gas della nebulosa. Un altro ammasso notevole è Hodge 301.

La Nebulosa Tarantola è stata inoltre la sede di una recente esplosione di supernova, la cui luce è giunta a noi nel 1987: si tratta della famosa SN 1987a, che fu anche una delle più studiate data la sua relativa vicinanza e divenne visibile anche a occhio nudo, con una magnitudine apparente pari a 3,0. La stella progenitrice era nota con la sigla Sk -69° 202a, una variabile S Doradus di magnitudine 12.

L'ammasso R136 è formato principalmente da stelle di classe O e contiene molte delle stelle più massicce e luminose conosciute, tra cui R136a1. Nella parte centrale in soli 17 anni luce si trovano 32 stelle di classe O estremamente calde (O2.0-3.5), 40 altre stelle di tipo O e 12 Wolf-Rayet (per lo più di tipo WNH) estremamente luminose. Entro 380 anni luce ci sono altre 325 stelle di tipo O e 19 Wolf-Rayet. Diverse stelle fuggitive sono state associate con R136. Il vento stellare delle componenti dell’ammasso sta formando una grande bolla che si sta facendo spazio nella nebulosa.

L’ammasso Hodge 301 è invece di età leggermente più avanzata; sin dalla sua formazione, alcune delle stelle più massicce sono esplose come supernovae, comprimendo il gas contenuto nella nube. Ciò contrasta con la situazione osservabile in R136a, che è sufficientemente giovane da non aver ancora subìto esplosioni in supernovae delle sue componenti.

Fra i numerosi ammassi aperti visibili nei dintorni, uno dei più appariscenti è NGC 2100, individuabile circa 20’ a sudest del centro più luminoso della Nebulosa Tarantola; può essere intravisto persino con un binocolo 15x70, o anche con un più piccolo 10x50 se si sa esattamente dove osservare: con questi strumenti tuttavia non è assolutamente risolvibile in stelle, ma appare come una piccola macchia nebbiosa. Telescopi da 100 m iniziano ad essere sufficienti per risolvere le prime poche stelle di magnitudine 11, che appaiono molto vicine fra loro e immerse in un chiarore indistinto; una piena risoluzione è possibile solo con telescopi di diametro molto grande e forti ingrandimenti. Si tratta di uno degli ammassi più brillanti dell’intera galassia ed è formato da alcune decine di stelle di grande massa; la sua età è stimata sui 20 milioni di anni e pertanto le sue stelle più massicce sono già esplose come supernovae.

A breve distanza si trovano i due ammassi minori NGC 2092 e NGC 2108, che però restano solo alla portata di telescopi di diametro molto grande.

Circa 20’ a SSW della Nebulosa Tarantola si estende un ricco campo stellare del diametro di 15’, le cui stelle più luminose sono di magnitudine 12 e 13 e risultano alla portata di telescopi da 150-200 mm; le stelle invisibili con questi strumenti formano un esteso chiarore che resta comunque visibile. Le due parti più dense e brillanti del campo stellare coincidono con gli ammassi NGC 2050 e NGC 2055, entrambi dominati da stelle di magnitudine 11 e 12 e visibili anche con telescopi da 120 mm come piccole macchie chiare.

Proseguendo per altri 20’ nella medesima direzione si arriva a un campo stellare meno brillante ma anch’esso formato da stelle di magnitudine 12 e 13; la parte più brillante coincide con l’ammasso NGC 2037. Circa 15’ a nordovest della Nebulosa Tarantola si trova l’addensamento stellare che circonda l’ammasso NGC 2042, visibile anche con telescopi da 150 mm ed esteso per una decina di minuti d’arco; le sue stelle più luminose sono di magnitudine 13 e 14, pertanto la sua risoluzione parziale è possibile solo con telescopi da 250-300 mm a salire. Tutti questi gruppi stellari presentano un’età piuttosto giovane, stimata di poche decine di milioni di anni al massimo, come è anche testimoniato dalla grande prevalenza di stelle di classe B e A.

Distanziandosi di mezzo grado verso sud, i grandi sistemi nebulosi di NGC 2074, NGC 2077 e NGC 2078 sono ben evidenti nelle fotografie e anche, in parte, con telescopi da 200 mm a salire; appaiono come dei lembi staccati e deboli della Nebulosa Tarantola e sono ricchi di stelle di magnitudine 11 e 12, che si dispongono a formare una sequenza di blandi ammassi chiaramente identificabili come NGC 2081 e NGC 2085.

La barra è la regione della galassia dove si concentra la maggior parte delle stelle vecchie e di piccola massa; tuttavia, la formazione stellare si è diffusa anche qui, a causa delle intense forze mareali legate all’interazione con la Via Lattea. La testimonianza più importante è data dal brillante ammasso aperto NGC 1910, che è formato da un gran numero di stelle giovani e di grande massa costituenti l’associazione OB LH-41; osservando con attenzione è possibile notarlo anche con un binocolo 10x50 sotto cieli perfettamente bui, con cui appare come una piccola macchia nebbiosa più chiara su cui si possono intravedere 1-2 deboli stelle. Telescopi da 80 mm sono sufficienti per identificare con chiarezza le componenti più appariscenti, fra le quali spicca la famosa stella S Doradus, prototipo delle variabili blu luminose, ossia supergiganti in procinto di esplodere come supernovae. Telescopi da 200 mm permettono di intuire la natura di ammasso stellare dell’oggetto, ma una risoluzione completa dell’ammasso è possibile solo con telescopi da 300 mm almeno. Entro pochi minuti d’arco a sud si possono osservare altri ammassi più deboli, come NGC 1903 e NGC 1916.

Esplorando la barra con un telescopio da 200 mm se ne può iniziare una prima blanda risoluzione in stelle; sparsi su tutta la sua lunghezza si individuano diversi piccoli addensamenti simili a macchie nebbiose, coincidenti con altrettanti ammassi aperti di piccole dimensioni e pertanto irrisolvibili.

Presso l’estremità occidentale della barra si può notare il brillante e compattissimo ammasso NGC 1850, uno dei più appariscenti della galassia; è visibile anche con un binocolo 10x50 come una piccola macchia di aspetto simile a una stella leggermente sfuocata. L’aspetto rimane il medesimo anche con telescopi da 120 mm, mentre alcune stelle periferiche sul lato meridionale possono essere risolte con uno strumento da 150 mm o meglio ancora da 200 mm; questi strumenti permettono anche di notare un secondo addensamento molto più piccolo e compatto sul lato sudoccidentale dell’ammasso. Si tratta di un superammasso stellare, ossia un oggetto talmente ricco e compatto da ricordare per la sua morfologia un ammasso globulare; tuttavia, la sua età di appena 50 milioni di anni non lascia dubbi sulla sua appartenenza alla categoria degli ammassi aperti. Al suo interno sono contenute numerose stelle calde e di grande massa, assieme a una nutrita popolazione di stelle T Tauri, che ne costituiscono la grande maggioranza; l’addensamento compatto minore invece si ritiene che sia ancora più giovane, con un’età stimata di appena 4 milioni di anni. Oggetti di questo genere sono estremamente rari, tanto che nella Via Lattea si conosce solo l’esempio di Westerlund 1, nella costellazione dell’Altare. Le stelle più massicce dell’ammasso sono esplose milioni di anni fa come supernovae, generando una potente onda d’urto che ha dato origine a una superbolla, la quale ha progressivamente spazzato via i gas che lo circondavano; questi gas ora costituiscono i tenui archi nebulosi ben visibili attorno all’ammasso, che costituiscono la nube N103.

All’estremità occidentale della barra, fra i numerosi deboli oggetti, spicca il sistema di ammassi e nebulose associato alla nube N91, esteso per 10’ e formato da diversi addensamenti con numeri di catalogo indipendenti: il più orientale è noto come NGC 1770, mentre il più brillante, a sudovest, è indicato come IC 2117. Con un telescopio da 120 mm si riconosce come un addensamento chiaro e nebuloso su cui brillano alcune stelle di magnitudine 11; in realtà il chiarore indistinto visibile non è dovuto alla nebulosa in sé, che resta invisibile, ma alle numerose stelle di fondo non risolte, che si raggruppano in diversi piccoli ammassi stellari. Con telescopi da 200 mm si possono riconoscere circa una ventina di stelle, in prevalenza azzurre, su uno sfondo che permane nebuloso. Si ritiene che il vasto sistema nebuloso abbia dato luogo alla formazione stellare circa 6 milioni di anni fa.

Appena 16’ a WNW si può rintracciare uno degli ultimi sistemi stellari prima del bordo della galassia, noto come NGC 1755; è individuabile con strumenti da 120 mm e si presenta di dimensioni molto più contenute del precedente. La sua risoluzione in stelle non è possibile con la gran parte degli strumenti in possesso degli appassionati.

Dall’estremità occidentale della barra parte un’esile struttura formata da stelle e addensamenti più o meno isolati, che farebbe pensare a un abbozzo di braccio di spirale; questo prosegue dapprima verso nordovest, per poi curvare verso nord e invertire la sua direzione passando 2-3 gradi a nord della barra, in direzione est. Dopo aver raggiunto un punto molto ricco a nord della Nebulosa Tarantola, sembra sfaldarsi del tutto, con un ramo che sembra disperdersi verso est in diversi piccoli ammassi isolati, e un altro più debole che vira verso sud e ricongiungendosi apparentemente con la barra.

Seguendo il braccio, il primo sistema di rilievo che si incontra è formato dai gruppi stellari attorno all’ammasso NGC 1747, che può essere individuato con telescopi da 120 mm come una macchia nebulosa non risolvibile; si osservano in questa direzione alcune stelle di magnitudine 11 e 12, mentre lo sfondo lascia intendere la presenza di diversi bozzoli probabilmente di natura stellare non risolti. Con un 200 mm si possono individuare con chiarezza i due addensamenti più importanti: a sudest il già citato NGC 1747, mentre a nordovest appare più definito l’ammasso NGC 1731, sebbene nessuno dei due sia risolto in stelle. Poco più a nord si osserva una gigante rossa di magnitudine 6,4, che però fa parte della Via Lattea. Entrambi gli ammassi mostrano un’età giovane, come è evidenziato dalla presenza di alcune stelle di classe spettrale O e numerosi oggetti stellari giovani, che si disperdono nell’intera area di cielo fra i due oggetti e anche oltre.

Poco meno di un grado a nord, si trova il complesso nebuloso N11, che costituisce il secondo sistema di nubi più brillante ed esteso dell’intera galassia dopo quello della Nebulosa Tarantola, nonché una delle regioni di formazione stellare più importanti. Presenta una struttura ad anello formata da più addensamenti nebulosi maggiori, visibili otticamente solo con telescopi di grande diametro, al cui interno si apre una cavità del diametro di 550 anni luce; questa bolla è stata generata dalle stelle giovani e calde poste al suo interno, che formano una brillante associazione OB nota come LH9 o con la sigla NGC 1760. Quest’ultimo oggetto è ben visibile anche con strumenti da 100 mm come una macchia chiara su cui brillano alcune stelle di magnitudine 10 e 11; l’addensamento più importante, visibile sul lato nord del sistema, è invece risolto parzialmente in stelle da un telescopio da 150 mm ed è talvolta distinto con una designazione a parte, NGC 1763. Il centro geometrico dell’associazione invece è formato in prevalenza da stelle di magnitudine 13 e 14 e pertanto per la loro risoluzione occorrono telescopi da 250 mm a salire. La popolazione stellare di quest’insieme di associazioni è formata da almeno 43 stelle di classe O, delle quali 17 sono di classe inferiore a O7, denotando dunque un’età molto giovane, più 30 dei primi numeri della classe B, oltre ad alcune stelle di Wolf-Rayet. Secondo alcuni studi, questa regione ha subito negli ultimi 5 milioni di anni un processo di formazione stellare a catena che ha portato alla nascita dei diversi addensamenti che si osservano oggi: il primo episodio avrebbe avuto luogo nella parte meridionale e avrebbe formato l’ammasso NGC 1761, che si trova nella zona più povera di gas al centro della bolla; in seguito, 2-3 milioni di anni fa, si sarebbe espanso verso nord per formare le stelle di NGC 1763, quindi 2 milioni di anni fa verso est, per generare infine le stelle del gruppo più giovane, denominato NGC 1769 e ancora immerso nella nebulosità. L’intera sequenza evolutiva sembrerebbe ricordare in scala minore ciò che è avvenuto anche nel sistema della Nebulosa Tarantola, sul lato opposto della galassia.

Mezzo grado a nord si trova NGC 1783, che non fa fisicamente parte del braccio di spirale in quanto è un ammasso globulare, uno dei più brillanti della galassia. Con un telescopio da 80 mm appare come una semplice stella sfuocata e rintracciarlo può essere difficile, mentre con strumenti da 150 mm appare già più chiaro e definito, sebbene non sia naturalmente risolvibile in stelle; il suo aspetto permane molto simile a quello di una lontana galassia ellittica o lenticolare, più luminosa al centro, estesa per circa 3 minuti d’arco. Secondo alcuni studi la sua età sarebbe di 1,8 miliardi di anni, dunque decisamente giovane per essere un ammasso globulare; studi più recenti hanno portato la sua età a 6 miliardi di anni, ma ciò nonostante resta un ammasso piuttosto giovane per la sua categoria.

Un altro giovane ammasso globulare si osserva 45’ a nordovest del sistema nebuloso di N11 ed è NGC 1818; come il precedente, è alla portata di strumenti da 80 mm, dove appare come una sorta di stella sfuocata e simile a una galassia ellittica. La sua risoluzione, anche solo parziale, resta impossibile anche con telescopi da 200 mm. Si tratta anche in questo caso di un ammasso globulare giovane, la cui età non sarebbe superiore ai 40 milioni di anni, di fatto rendendolo uno dei più giovani conosciuti.

Fra i due ammassi appena citati si estende un debole ma grande campo stellare non apprezzabile facilmente con la gran parte dei telescopi amatoriali, in quanto le sue poche stelle brillanti sono di magnitudine 12 e 13, sparse su un’area del diametro di oltre mezzo grado, ma ben evidente in fotografia; le aree più densamente popolate di stelle possiedono una designazione NGC; è il caso di NGC 1787, occupante l’area centro-settentrionale, e i tre piccoli ammassi NGC 1805, NGC 1822 e NGC 1826.

Oltre questo punto, il braccio di spirale diviene molto più discontinuo, con un’intera fascia estesa per quasi due gradi dove mancano ammassi e addensamenti stellari di rilievo; anche le stelle di fondo risolvibili in fotografia si presentano sparse e con bassa densità.

In questo tratto, poco più di un grado a nordovest di NGC 1787 e sul bordo estremo della galassia, si trova un altro denso ammasso catalogato spesso come globulare, anch’esso relativamente appariscente; si tratta di NGC 1866, che è osservabile anche con telescopi da 80 mm, dove appare come una macchia circolare di aspetto nebuloso, anche in questo caso simile a una remota galassia. Le sue componenti più luminose possono essere risolte anche con strumenti da 200 mm, sebbene occorrano forti ingrandimenti; l’ammasso resta però in massima parte irrisolto anche con strumenti di diametro più grande. Si tratta di uno degli ammassi più popolosi della galassia, la cui età è stimata sui 200-300 milioni di anni; è anche uno degli ammassi più periferici.

Due gradi a NNW della Nebulosa Tarantola, l’abbozzo di braccio di spirale fin qui descritto presenta un importante addensamento, che appare ricchissimo di stelle e nebulose; si tratta di una vera e propria nube stellare delle dimensioni di circa un grado, che sotto cieli molto bui e cristallini è perfettamente visibile anche ad occhio nudo. Con un binocolo 10x50 se ne apprezza l’estensione, ma non è visibile alcuna stella, tranne alcune piccole macchie chiare corrispondenti ad altrettanti ammassi non risolti; telescopi da 80 mm iniziano a mostrare alcune stelle di magnitudine 11 e 12, alcune delle quali sono comunque in primo piano essendo parte della Via Lattea. Gli ammassi più brillanti, come NGC 2002, NGC 2006 e, più a sud, NGC 2004, vengono parzialmente risolti con un telescopio da 200 mm, come pure, più ad est, NGC 2027 e NGC 2041. In fotografia ad alta risoluzione e campo di 1-2 gradi si nota che l’intera nube è completamente risolvibile in decine di migliaia di stelle in prevalenza bianche e azzurre, indice della forte presenza di stelle giovani e calde in tutta la regione.

Sul bordo meridionale della nube si trovano numerose dense regioni HII associate a giovani stelle di recente formazione; fra queste il sistema più esteso è quello di N51, legato a diverse giovani associazioni stellari come NGC 1968. In direzione di quest’ultimo sistema, anche un telescopio da 80-100 mm è in grado di mostrare alcune decine di stelle di magnitudine 11 e 12 allineate lungo una larga sequenza orientata in senso nordest-sudovest ed estesa per circa 20’; con telescopi da 200 m si nota in modo chiaro che molte delle sue stelle appaiono raggruppate in tre punti, corrispondenti ad altrettante associazioni stellari giovani. In fotografia invece si evidenzia il sistema nebuloso, formante una grande cavità sul lato sudoccidentale. N51 è uno dei sistemi della galassia in cui la formazione stellare è più intensa; questa ha luogo soprattutto lungo i margini che separano alcune superbolle in espansione. La più grande di queste ultime è indicata come N51D e circonda le associazioni OB LH51 e LH54 (NGC 1955); probabilmente la loro espansione è stata determinata dall’azione combinata del vento stellare delle componenti più massicce e dall’esplosione di una o più supernovae.

Una seconda nube stellare più piccola e meno appariscente è visibile ancora più ad est, fino ad arrivare alla stella ε Doradus, di magnitudine 5,1 e facente parte della Via Lattea; appena percepibile ad occhio nudo, diventa molto più chiar con telescopi da 120 mm a bassissimi ingrandimenti, mentre in fotografia appare ben risolta in migliaia di stelle. Pochi sono tuttavia gli oggetti di rilievo in questa regione.

Nell’ampia insenatura delineata dal braccio fin qui descritto, quindi a nord della barra centrale della galassia, si trova un’importante e isolata regione di formazione stellare, denominata N44; con un binocolo 10x50 è visibile come un debole addensamento di aspetto nebuloso ma irrisolto, mentre con telescopi da 120 mm è possibile iniziare a risolverne le stelle più appariscenti, di magnitudine 13. Si tratta dell’ammasso NGC 1935, situato all’interno della nebulosa, che con strumenti da 200 mm si risolve parzialmente in una ventina di stelle comprese entro un diametro di 6’. Il complesso nebuloso è invece molto ben evidente in fotografia, essendo uno dei più appariscenti della galassia. L’intero complesso nebuloso si estende per circa 1000 anni luce ed è dominato da una grande superbolla in espansione generata dall’azione combinata del vento stellare dell’ammasso NGC 1935, formato da una quarantina di stelle massicce, assieme all’esplosione di alcune supernovae in passato; una seconda superbolla più piccola, denominata N44F, è stata generata dal vento stellare di una singola stella molto massiccia caratterizzata da un tasso di perdita di massa fino a 100 milioni di volte superiore a quello del Sole. Emissioni di raggi X provenienti da questo complesso nebuloso sono una prova dell’avvenuta esplosione di supernovae nel recente passato.

Un altro complesso nebuloso più piccolo è visibile a nordovest ed è facile da rintracciarne la posizione, poiché si trova pochi minuti d’arco a sud della stella θ Doradus, una gigante arancione di magnitudine 4,8 facente parte della Via Lattea. Con un telescopio da 200 mm si può notare una serie disomogenea di stelle di magnitudine 12 e 13 estesa per una decina di minuti d’arco, che si addensano negli ammassi aperti NGC 1873, NGC 1869 e NGC 1871; quest’ultimo oggetto comprende anche una piccola nebulosa denominata DEM L 106, formata da una nube settentrionale più luminosa catalogata come N30B, e una parte più estesa ma meno luminosa a sud. L’involucro di gas più luminoso riceve la radiazione delle giovani stelle calde del già citato ammasso NGC 1871. La stella più notevole di quest’ammasso è nota come Henize S22, si trova a circa 25 anni luce dalla nebulosa e appare circondata da un disco di gas, probabilmente espulso dalla stella stessa; si tratta della maggior responsabile della luminosità di N30B.

Circa un grado a WNW della Nebulosa Tarantola, parallelamente alla barra centrale della galassia, si estende un'altra grande nube stellare, particolarmente ricca di ammassi e ben risolvibile nelle fotografie; i suoi ricchi campi stellari sono parzialmente osservabili con un telescopio da 200 mm di diametro, sebbene alcune delle stelle qua visibili siano in primo piano essendo parte della Via Lattea. Alcuni dei suoi ammassi stellari sono tuttavia riconoscibili, in particolare NGC 2001, che appare come una macchia chiara allungata per 6 minuti d’arco in senso nordest-sudovest e in cui si possono riconoscere alcune stelle di magnitudine 13 disposte in sequenza nella medesima direzione.

Un altro addensamento brillante è quello che forma l’associazione legata al complesso della nebulosa N144, visibile sul lato occidentale della nube stellare. La brillante associazione OB che è contenuta al suo interno, nota come LH 58, è ben visibile anche con strumenti da 80 mm di diametro, dove appare come una piccola macchia chiara ben visibile appena 10’ a sud della stella HD 36584, di magnitudine 6,1 e appartenente alla Via Lattea; alcune delle sue componenti più luminose sono già osservabili, essendo di magnitudine 9 e 10. Con telescopi da 200 mm se ne può tentare una discreta risoluzione in stelle, con componenti di magnitudine dalla 9 alla 13 appena visibili e racchiuse in uno spazio di 3’. Quest’associazione è molto massiccia e comprende 22 stelle di classe spettrale O, più tre stelle di Wolf-Rayet; la più appariscente delle quali è HDE 269546, con magnitudine apparente pari a 9,86; altre due stelle di Wolf-Rayet sono HDE 269551, di magnitudine 11,5, e HD 36521, di magnitudine 12,3. La presenza nell’associazione di alcune stelle evolutesi in supergiganti con massa compresa fra 15 e 25 masse solari fa ritenere che i primi processi di formazione stellare in questa regione abbiano avuto luogo almeno 10 milioni di anni fa; tuttavia, la maggior parte delle stelle massicce oggi osservabili si sono formate durante un’ondata più recente. Questi processi risultano essere ancora attivi, come testimoniato dalla presenza di diversi oggetti stellari giovani. Il forte vento stellare delle stelle di LH 58 ha generato la grande superbolla visibile anche nelle fotografie, plasmando la forma della nebulosa N144.

Il braccio di spirale meridionale della Grande Nube di Magellano è sostanzialmente inesistente o appena abbozzato: a sud della barra centrale mancano infatti quasi del tutto le ricche regioni di formazione stellare con le estese nubi stellari associate; sono al contrario presenti soltanto alcune nubi minori e pochi addensamenti significativi. Parte di questa zona ricade entro i confini della costellazione della Mensa.

Gli oggetti più appariscenti a sud della barra centrale si trovano sul bordo sudoccidentale della galassia e in particolare attorno al complesso della nube N79, che comprende a sua volta le nebulosa NGC 1722 e NGC 1727, più un gruppo separato formato da NGC 1748. Con un telescopio da 80 mm è visibile qualche componente stellare ad esso legata, di magnitudine 10 e 11, su un fondo che resta nebbioso; strumenti da 200 mm consentono di notare alcune decine di stelle sparse su un’area di circa 20’, mentre le nebulose associate sono visibili solo in fotografia. Si ritiene che in futuro in questa zona potrebbe emergere un complesso di regioni HII simile a quello della Nebulosa Tarantola: i processi di formazione stellare nell’ultimo mezzo milione di anni sono infatti risultati notevolmente più efficienti, mentre una forte sorgente infrarossa compatta situata al suo interno potrebbe coincidere con un superammasso stellare in formazione molto simile a R136.

Circa un grado e mezzo a sudest, nelle fotografie si evidenzia una nube stellare molto densa estesa per circa 25’; al suo interno, l’ammasso più appariscente è NGC 1845, mentre sul lato meridionale si trova la piccola nebulosa NGC 1833.

Due gradi a SSW della Nebulosa Tarantola, infine, si segnala il complesso nebuloso N206, che circonda l’ammasso aperto NGC 2018; le sue componenti stellari più brillanti sono di magnitudine 12 e sono alla portata di telescopi da 80-100 mm. Si tratta di una massiccia associazione OB formata da 160 componenti situata all’interno di una superbolla. I processi di formazione stellare hanno qui avuto origine circa 30 milioni di anni fa.


La Piccola Nube di Magellano

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Mappa di dettaglio della Piccola Nube di Magellano, con evidenziati gli oggetti più cospicui.
 
Il grande sistema nebuloso di NGC 346 è situato sul bordo settentrionale della Piccola Nube di Magellano e racchiude un brillante ammasso aperto formato da giovani stelle massicce.
 
L’ammasso aperto NGC 290.

La Piccola Nube di Magellano si estende per circa 5 gradi di volta celeste ed è quasi totalmente compresa nella costellazione del Tucano; la sua distanza è pari a 197.000 anni luce e il suo diametro è di circa 7.000 anni luce, la metà della Grande Nube. Nelle carte viene indicata spesso con la sigla SMC (dall’inglese Small Magellanic Cloud) e le è stata anche assegnata la sigla NGC 292.

Decisamente più povera di nebulose e di regioni di formazione stellare rispetto alla Grande Nube, questa galassia contiene anche molti meno oggetti di facile osservazione; la loro catalogazione è completata in gran parte dal New General Catalogue, ma alcune piccole nebulose e gli ammassi globulari più esterni seguono una denominazione specifica. La presenza dei due brillanti ammassi globulari 47 Tucanae e NGC 362 contribuiscono ad arricchire indirettamente la regione in cui si trova, sebbene questi due oggetti non ne facciano parte, essendo legati alla Via Lattea.

Gli oggetti più notevoli appartenenti alla Piccola Nube di Magellano si trovano in particolare sul suo lato settentrionale; fra questi, il più esteso è la grande nebulosa NGC 346, una grande regione HII in cui sono stati attivi recentissimi processi di formazione stellare che hanno condotto alla nascita di stelle di grande massa. Queste stelle sono raggruppate in un ammasso aperto (sempre indicato dalla stessa sigla) e grazie alla loro intensa radiazione ionizzano i gas della nebulosa rendendola luminosa. L’ammasso aperto è facilmente osservabile con un piccolo strumento ed è risolvibile in stelle a forti ingrandimenti: le sue componenti diventano decine se osservate con un telescopio da 250 mm di diametro. Le sue stelle più luminose sono di magnitudine 11 e 12 e sono tutte di classe O e B. La più brillante di queste è anche la più luminosa conosciuta all’interno della Piccola Nube di Magellano ed è nota come H 5980; si tratta di una stella doppia formata da una stella di Wolf-Rayet e da una di classe O, cui forse se ne aggiunge un'altra di classe B, a sua volta binaria. La primaria di questo complesso sistema ha magnitudine assoluta pari a -11,5, mentre la sua distanza, e quindi dell’intero oggetto in cui è contenuta, è stimata sui 210.000 anni luce.

NGC 346 è la nube più occidentale e la più luminosa di una sequenza di piccole nebulose che comprende NGC 371 e NGC 395.

NGC 371 è la meno appariscente, sebbene sia più grande di NGC 395, e si trova circa 20’ a ENE della precedente; del tutto invisibile all’osservazione visuale, si evidenzia solo nelle fotografie come una nube di forma tondeggiante e pallida, al cui centro si trova un blando addensamento stellare. Le componenti stellari più luminose sono di magnitudine 12 e 13 e possono essere osservate anche con telescopi da 150 mm; nelle vicinanze si osserva anche una stella di magnitudine 9,6. L’ammasso associato alla nebulosa è formato da astri molto giovani, la cui età è stimata di appena 5 milioni di anni; al suo interno sono state identificate 118 possibili stelle di tipo Be, nonché alcune variabili a eclisse e una trentina di probabili variabili pulsanti.

Circa 10’ lungo la medesima direzione si trova la più piccola nube NGC 395, legata a una piccola e giovane associazione stellare; le sue componenti più brillanti sono di magnitudine 13 e possono essere notate con telescopi da almeno 200 mm di diametro, sebbene l’oggetto in sé resti anonimo e poco percepibile. In fotografia ad alta risoluzione è invece possibile esaltare il sistema nebuloso che lo circonda.

Circa 20’ a sudovest di NGC 346 si trova invece NGC 330, uno degli ammassi aperti più brillanti della galassia; è visibile anche con un binocolo 10x50, con cui appare come una piccola chiazza chiara più luminosa rispetto al chiarore diffuso della galassia. Con telescopi da 120 mm è possibile iniziare a risolverne le componenti più luminose, che sono di magnitudine 13, ma il centro dell’ammasso resta irrisolto e di aspetto nebuloso; telescopi da 200 mm aumentano la risoluzione, ma ancora non è possibile scioglierlo per intero in stelle. Si presenta come un oggetto molto compatto, tanto che inizialmente venne scambiato per un ammasso globulare; in realtà è un ammasso aperto molto massiccio e piuttosto giovane, con un’età stimata sui 45 milioni di anni. Al suo interno sono state individuate oltre un centinaio di stelle di classe B, molte delle quali di tipo Be; lo studio di questo e di altri ammassi di questa galassia ha infatti permesso di scoprire che nella popolazione di stelle di classe B della Piccola Nube sembra essere presente una percentuale maggiore di stelle Be rispetto alla Grande Nube.

Verso il centro della galassia sono presenti alcuni deboli ed estesi sistemi nebulosi, individuabili nelle fotografie ad alta sensibilità; fra queste vi è il complesso di NGC 261 e NGC 249, entrambe nubi poco studiate, nelle cui vicinanze si osservano alcune stelle giovani di magnitudine 11 e 12. Stesso discorso per la nube NGC 267, molto vicina al centro della galassia e associata a un giovane ma debole ammasso aperto.

Verso il settore centro-meridionale della Piccola Nube si trova l’ammasso aperto NGC 290, uno dei più massicci ed appariscenti della galassia; venne scoperto già da John Herschel nel 1834 ed è visibile con telescopi da 100 mm di diametro come un piccolo addensamento non risolvibile in stelle. Con telescopi da 200 mm e superiori è possibile iniziarne la risoluzione in stelle, le più brillanti delle quali sono di magnitudine 13 e appaiono molto vicine fra loro, ma una piena risoluzione non è possibile con gli strumenti più comuni in mano agli appassionati. L’ammasso è molto massiccio e comprende stelle di sequenza principale come pure giganti rosse, tutte racchiuse entro un diametro reale di circa 65 anni luce; si ritiene che la sua età sia di circa 63 milioni di anni, come è anche testimoniato dalla presenza di diverse stelle di classe B.

Sul margine meridionale della galassia si osserva la più alta concentrazione di ammassi aperti; tuttavia la gran parte di questi sono molto poco appariscenti e piuttosto compatti, così da essere fuori dalla portata dell’osservazione visuale e anche, in molti casi, persino delle fotografie, escluse quelle ad altissima risoluzione.

Fra questi, uno dei più appariscenti è NGC 265, situato laddove termina in modo brusco il chiarore della Piccola Nube verso sud; con un telescopio da 200 mm appare a chi ha un occhio molto attento come una debole macchietta chiara irrisolvibile, molto simile a una piccola galassia remota. Si tratta di un ammasso estremamente compatto, con circa 700 stelle concentrate in appena 18 secondi d’arco; la sua età è stimata sui 320 milioni di anni ed è pertanto un ammasso di età intermedia. Lo studio di questo e di altri ammassi hanno permesso di definire la storia dei processi di formazione stellare dell’intera galassia; è stato così ipotizzato che per un periodo compreso fra 8,4 e 3 miliardi di anni fa il tasso di formazione stellare è stato molto contenuto, tanto che la metà delle stelle oggi presenti nella galassia risale ad oltre 8,4 miliardi di anni fa. Circa 3 miliardi di anni fa si verificò invece un forte impulso alla formazione di nuove stelle, che coincise con la prima interazione stretta fra la Piccola Nube e la Via Lattea; un secondo forte impulso ebbe luogo circa 400 milioni di anni fa, a seguito di una successiva forte interazione con la Via Lattea. L’ultimo impulso invece risalirebbe a circa 60 milioni di anni fa. Secondo altri studiosi invece gli impulsi maggiori si verificarono principalmente fra 8 e 5 miliardi di anni fa, con un tasso di formazione che però si mantenne costante, anche se basso, per tutto il periodo.

Un altro ammasso di aspetto molto simile visibile nelle vicinanze è NGC 269, la cui posizione è appena 5’ a sudest del precedente. Tuttavia è un oggetto poco noto e studiato, sebbene anch’esso appaia compatto e molto difficile da risolvere con strumenti amatoriali.

Il lato sudorientale della Piccola Nube presenta una vasta e debole protuberanza che sembra puntare in direzione della Grande Nube; probabilmente questa struttura si è originata a seguito dell’interazione fra le due galassie e ha strappato via stelle e materia interstellare dalla galassia, che poi ha dato origine ad alcuni fenomeni di formazione stellare. In questa regione si trova anche NGC 456, la seconda più estesa nebulosa dell’intera galassia e facente parte del complesso nebuloso denominato N83/N84, che sebbene non sia osservabile visualmente è ben visibile nelle fotografie; ciò che di questa zona può essere osservato è un leggero addensamento di stelle in particolare di magnitudine 11 e 12. L’associazione stellare situata all’interno di questa regione è formata da stelle di classe O e B e possiede un’età compresa fra 4 e 10 milioni di anni; appare circondata da una superbolla in espansione estesa per centinaia di anni luce, probabilmente originatasi dall’esplosione di una o più supernovae circa 2-3 milioni di anni fa.

Numerosi piccoli ammassi globulari sono visibili nella regione di cielo circostante la galassia e in particolare sul lato orientale; uno dei più cospicui si trova però a poco più di mezzo grado a nordest di 47 Tucanae ed è NGC 121; può essere individuato anche con telescopi da 120 mm e si presenta molto compatto e dalla forma leggermente schiacciata. La sua distanza è stimata sui 199.000 anni luce.

Un altro ammasso molto appariscente è NGC 419, situato sul lato est della galassia e di aspetto così denso da essere considerato a volte un ammasso aperto e altre volte un ammasso globulare; tuttavia, la sua popolazione stellare farebbe pensare alla prima ipotesi. Appena visibile anche con strumenti di 100 mm di diametro, dista circa 190.000 anni luce.