Gesù e il problema di una vita/Capitolo 12
Capitolo 12: Chi era Gesù?
modificaGesù parlò a lungo del Regno, ma fece anche dichiarazioni di chi egli fosse. Nel considerare l'identità di Gesù, ci troviamo a confrontare due questioni. Chi diceva di essere? E tale affermazione era vera?
Le testimonianze di chi Gesù pensava di essere possono riscontrarsi in varie aree: le asserzioni della sua missione, i titoli che egli usava per se stesso, le azioni che svolgeva e le rivendicazioni che faceva.
La visione di Gesù sulla sua missione
modificaCome Gesù si vedesse è riflesso nel modo in cui egli vedeva la sua missione — questo può essere riassunto in quattro immagini:
Soccorritore
modificaPer un ebreo, il punto cruciale dell'Antico testamento fu quando Dio, tramite Mosè, salvò il Suo popolo dalla schiavitù in Egitto. Gesù si reputava di svolgere un'azione simile: anche lui era venuto a liberare il popolo. Le parole "salvare", "salvezza", "salvatore", "redimere" e "redentore" che ricorrono in tutti i vangeli, tutti esprimono una serie di idee relative al esser salvati, fisicamente o spritualmente.[1]
Il nome di Gesù, per quanto abbastanza comune in Israele, è comunque importante: "Yeshua" (aramaico: יֵשׁוּעַ Yēšūa’) significa "YHWH salva".[2] Alla nascita di Gesù ci vien detto che egli è il Salvatore promesso e colui che salverà il suo popolo dal peccato:
Gesù definì la sua missione con le seguenti parole dall'Antico Testamento:
Gesù stava leggendo dal rotolo del profeta Isaia, trovandosi di sabato nella sinagoga di Nazareth: "Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dir loro: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»" (Luca 4:20-21). Gesù si affermava come il grande soccorritore e salvatore del suo popolo.
Leader amorevole
modificaSe l'immagine del soccorritore regale ci sembra troppo militaresco, tale immagine viene bilanciata da un'altra di Gesù come colui che conduce amorevolmente e protegge il uso popolo. Gesù era giunto tra gente che aveva perso la propria via e offrì loro di ricondurli a Dio. Leggiamo: "Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (Matteo 9:36). Gesù si presentò come il grande pastore, colui che era venuto a guidare, recuperare e proteggere gli smarriti. Non c'è contraddizione tra questa guida amorevole e quella del soccorritore regale; dopotutto, i pastori combattono per difendere il loro gregge. Come guida, Gesù offrì il suo governo benevolo come un fardello più leggero per coloro che lottavano con l'insopportabile fardello di osservare le leggi e le tradizioni religiose:
Gesù affermò di esser venuto come un sovrano che protegge e guida il suo popolo.
Luce del Mondo
modificaGesù dichiarò inoltre di essere colui che avrebbe provveduto a tutte le necessità del suo popolo. La Moltiplicazione dei pani e dei pesci, la guarigione degli infermi, la liberazione dall'oppressione demoniaca, la resurrezione dei morti: sono tutti esempi di come Gesù provvede perfettamente ad ogni situazione.
L'idea che Gesù sia colui che provvede completamente ai bisogni del suo popolo viene riassunta in sette importanti affermazioni su se stesso e che vengono registrate nel Vangelo di Giovanni:
- Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.
- Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.
- In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore... In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.
- Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.
- Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà.
- Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
- Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.[4]
Queste sette dichiarazioni mostrano Gesù che afferma di essere la risposta completa ad ogni nostra necessità, sia ora che sempre. Che ci sia necessità di guida, conforto, protezione o una risposta a questioni di colpa e morte, Gesù è colui che è in grado di dar aiuto. Estremamente importanti le ultime due dichiarazioni.
Servo Sofferente
modificaLa quarta immagine di Gesù nei vangeli è partcolarmente rimarchevole. Gesù parlò di se stesso quale servitore e sofferente al posto di coloro che egli serviva. Pertanto, dopo aver rimproverato i suoi seguaci per il loro orgoglio ed egoismo, Gesù dice:
Gesù affermò di essere Signore e Re; ma dichiarò anche di essere il servo più infimo e, ancor più sorprendente, colui che avrebbe volentieri sofferto per gli altri.
Alla base di questo detto di Gesù sta una delle profezie più significative di tutto l'Antico Testamento. In Isaia c'è una descrizione del Servitore del SIGNORE, una pitente figura che sarebbe giunta e, nonostante il suo alto rango, sarebbe stata rifiutata, avrebbe sofferto e sarebbe morta per conto di altri:
La stupefacente idea che Gesù si considerasse come tale Servitore, che fosse venuto sia a servire che a morire per altri, ricorre in tutti i vangeli. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice: "Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore" (10:11). Persino Giovanni il Battista si riferì a Gesù in termini di animale sacrificale, chiamandolo "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!" (Giovanni 1:29).
Gesù affermò con le sue parole e le sue azioni che egli era il Messia, il re di Dio, tuttavia scelse di servire e soffrire per il suo popolo.
I suoi titoli
modificaI vari titoli usati da Gesù per se stesso o datigli dagli altri, sono vitali per comprendere come egli si considerava di essere. I seguenti sono i titoli principali:
Messia
modificaI primi cristiani erano così certi che Gesù fosse il re promesso da Dio o il Messia che i nomi "Gesù" e "Cristo" (dal greco Christos, traduzione di "Messia") divennero quasi intercambiabili. Gesù tuttavia usò raramente il titolo "Messia" per se stesso, presumibilmente per i suoi toni nazionalisti e rivoluzionari. Quando lo fece, sembra sia stato solo nei momenti che egli reputava fosse pratico farlo. Pertanto, ad esempio, Gesù dichiarò ad una donna samaritana che egli era il Messia; ma i Samaritani non avrebbero certo provocato turbolenze a Gerusalemme. E quando Gesù accettò il titolo "Messia" dai discepoli, li ammonì di tenerlo segreto.[6] Collegato a "Messia" è il titolo "Figlio di Davide",[7] un riferimento al re promesso che sarebbe disceso dalla stirpe di Davide.
Le profezie messianiche
modificaNella Bibbia si trovano circa trecento profezie, scritte da autori diversi nell'arco di molti secoli, che prefigurano l'arrivo del Messia[8].
Ovviamente, i cristiani ritengono che le profezie messianiche si siano adempiute con Gesù, mentre gli Ebrei attendono ancora l'arrivo del Messia.
Discendenza del Cristo
modifica- Profezia
- Attuazione
La famiglia di Re Davide apparteneva alla tribù di Giuda. Gesù discende da Re Davide.
Il Precursore
modifica- Profezie
- Attuazione
Avrebbe parlato in parabole
modifica- Profezia
- Attuazione
Le parabole nei quattro Vangeli.
Pietra angolare
modifica- Profezia
- Attuazione
Abitazione in Galilea
modifica- Profezie
- Attuazione
Luce e salvezza per tutte le nazioni
modifica- Profezie
- Attuazione
Passione, e solitudine dal Padre
modifica- Profezia
- Attuazione
Elì Elì lemà sabactàni (Ηλει Ηλει λεμα σαβαχθανει)
Gesù tradito
modifica- Profezie
- Attuazione
Giovanni 13,18 richiama questo testo per il tradimento di Giuda.
Data del battesimo e della morte
modifica- Profezia
- Attuazione
La profezia precisava la data dell'inizio del ministero pubblico del Cristo, che coincideva con il Suo battesimo, nonché la data della morte.
Nato da vergine (Isaia 7:14)
modifica- Profezia
- Attuazione
Fuga dall'Egitto
modifica- Profezia
- Attuazione
Michea 5:1
modifica- Profezia
- Adempimento
Isaia 40:3-4
modifica- Profezia
- Attuazione
Isaia 61:1
modifica- Profezia
- Attuazione
Geremia 31:31-34
modifica- Profezia
- Attuazione
Entrata trionfale in Gerusalemme
modifica- Profezia
- Attuazione
riferito a Zaccaria 9,9.
riferito a Zaccaria 9 e Salmo 28
Isaia 53:4-5
modifica- Profezia
- Attuazione
Salmo 22:8-9
modifica- Profezia
- Attuazione
Salmo 22:17-19
modifica- Profezia
- Attuazione
Salmo 22:16
modifica- Profezia
- Attuazione
Salmo 22:1
modifica- Profezia
- Attuazione
Salmo 34
modifica- Profezia
- Attuazione
Figlio di Dio
modificaNei vangeli Figlio di Dio diventa un termine più specifico per indicare il Messia, inviato da Dio per portare a termine l'opera di salvezza del suo popolo.
Il Vangelo secondo Marco in particolare è orientato, secondo l'opinione comune degli studiosi, alla "dimostrazione" che Gesù è il "Figlio di Dio", mediante il compimento delle profezie dell'Antico Testamento.
Nei vangeli (Nuovo Testamento) Gesù si riferisce a se stesso come il figlio in quattro occorrenze: tre in Marco ed una in Matteo; in Marco 12,1-12 con un discorso parabolico, in Marco 13,32 ed in Matteo 11,27 in maniera implicita.
Gli evangelisti chiamano Gesù con il titolo "Figlio di Dio" numerose volte: 13 in Matteo, 6 in Marco, 8 in Luca, 33 in Giovanni. Nella lettere di Paolo il titolo ricorre 17 volte.
In Matteo sono chiamati figli di Dio "gli operatori di pace" (5,9)
- il re
- il Messia
- il popolo d'Israele, quello prediletto da Dio.
- gli angeli
- gli operatori di pace
Vari sono i passi in cui appare l'espressione [9], tra cui:
- 1,1: "Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio".
- 3,11: "Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!»".
- 5,7: "e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!»"
- 14,61: "Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?»"
- 15,39: "Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio»".
Soprattutto quest'ultima professione di fede, pronunciata dal centurione romano (pagano), è un evidente indizio dell'intenzione dell'evangelista.
Sta di fatto che Gesù si riferiva a se stesso come "Figlio di Dio" e insegnava parabole che implicavano tale titolo per sé.[10] Al battesimo di Gesù e alla trasfigurazione, una voce dal cielo confermò che Gesù era figlio di Dio. Come abbiamo visto supra, nei vangeli altri personaggi, inclusi i demoni, Satana e il centurione romano chiamano Gesù il "Figlio di Dio". Questi riferimenti si collegano alle promesse nell'Antico Testamento che un giorno Dio avrebbe incoronato un re che sarebbe stato "suo figlio".[11]
Ma cosa significa "Figlio di Dio"? Nella cultura di Gesù, il rapporto umano più stretto era quello tra padre e figlio. Per quanto strano ci possa sembrare data la nostra conoscenza della genetica, allora si considerava che un figlio fosse effettivamente la continuazione di suo padre; c'era un legame puro e diretto tra i due. Tale padre, tale figlio.
E allora come era Gesù il Figlio di Dio?
In primo luogo, Gesù sta al posto del Padre. Ancor oggi in molti paesi mediorientali se uno va ad incontrare un uomo importante e incontra solo suo figlio, non c'è ragione di rimaner delusi. Il figlio può prendere il posto del padre e parlare per conto di lui senza problemi; qualsiasi promessa fatta dal figlio verrà mantenuta dal padre. Gesù rappresenta pefettamente questa situazione: egli è uno col Padre e può dire:
In secondo luogo, Gesù conosce il Padre perfettamente. Gesù ha una tale intima relazione personale con Dio da chiamarlo "Abba, Caro Padre". Questo legame è così stretto che Gesù sa esattamente i pensieri e desideri di suo Padre. Può quindi dire:
Gesù può parlare in vece del Padre perché Lo conosce.
Il terzo luogo, Gesù è fedele alla volontà del Padre. Quale figlio perfetto, Gesù fa esattamente ciò che vuole il Padre e dimostra perfetta obbedienza e fede. Sia durante il suo battesimo che nella trasfigurazione, Dio annuncia il Suo piacere per l;obbedienza del Figlio:
In quarto luogo, il Padre ama il Figlio. I vangeli chiaramente dimostrano che esiste un immenso amore tra il Padre e il Figlio, che è parallelo all'ammore che esiste tra genitori umani ed i propri figli. È proprio a causa di questo amore intenso del Padre che l'aver permesso la morte di Gesù è così commovente. La morte di Gesù non fu una transazione fredda e insensibile, ma un sacrificio tremendo sia per il Padre che per il Figlio.
Sebbene Gesù insegni ai suoi seguaci che possono conoscere Dio come Padre, egli fa una distinzione tra la sua relazione unica con Dio e la loro. Egli parla di "mio Padre" e "vostro Padre",[12] e di se stesso dicendo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Giovanni 3:16).
Figlio dell'Uomo
modificaL'espressione Figlio dell'uomo appare sovente nella Bibbia sia nella forma ebraica ben-adhàm (con la variante aramaica bar ʿenàsh) che nella traduzione greca υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου, hyiòs toû anthròpou, operata dagli agiografi del Nuovo Testamento. Di essa c'è traccia anche nella letteratura apocrifa (per esempio Libro di Enoch e 4 Esdra).
Il duplice nome di "Figlio dell'Uomo" e di "Figlio di Dio", attribuito a Gesù Cristo nei quattro Vangeli, riecheggia la presenza di questi titoli negli scritti profetici dell'Antico Testamento e fu argomento utilizzato per affermare che Gesù è vero Dio e vero Uomo, due nature divina e umana nello stesso corpo-anima-spirito, come affermato dal diofisismo e dalla definizione di Calcedonia.
Nel Nuovo Testamento l'appellativo "Figlio dell'Uomo" si riferisce sempre a Gesù ed è uno dei titoli con il quale egli stesso molte volte preferisce auto-designarsi, in segno di adempimento delle profezie. Per esempio cfr. Matteo 8:20.
Nei vangeli sinottici ricorre 66 volte, incluso Giovanni ricorre circa 80 volte, quante nel Libro di Ezechiele; al di fuori di essi ricorre in Atti 7,56, in Ebrei 2,6, e tre volte in Apocalisse 1,9, Apocalisse 1,13 e Apocalisse 14,14.
Questa locuzione pone l'attenzione sul fatto che Gesù sia anche un essere umano essendo nato da una donna, Maria che l'ha concepito e partorito (cfr. Galati 4,4 e Luca 1,34-36), sebbene con un'incarnazione per opera dello Spirito Santo nel grembo dell"unica donna del genere umano che partorisce un figlio, essendo Vergine e Immacolata da peccato.
In altri termini questa espressione vuole puntualizzare lo stretto legame di parentela esistente fra Gesù Cristo e il genere umano oltreché ovviamente essere tesa ad esaltare la sua funzione salvifica (in virtù del passo di Dan 7,13 - cfr. di seguito).
Non può sfuggire una certa affinità (per assonanza e contenuto) con altri due titoli attribuiti a Gesù:
- Figlio di Davide (in quanto, benché Gesù abbia sottaciuto su questo argomento, egli era unanimemente ritenuto dai suoi seguaci come l'erede del regno in virtù della sua discendenza davidica):
- Figlio di Dio (in quanto di origine divina):
Nei Vangeli l'espressione "Figlio dell'Uomo", appare sempre pronunciata da Gesù che stando a quanto possiamo dedurre da Marco 8:29-31 e Marco 14:61-62 la doveva ritenere particolarmente importante per chiarire il senso delle profezie che andava ad adempiere in parole e opere.
Gli studiosi cristiani la ritengono come un modo discreto al quale Gesù ricorreva per rivendicare con forza la sua messianicità ma nel contempo usando l'accortezza di non allarmare i suoi ascoltatori. Questa considerazione di fondo giustifica il fatto che essa sia utilizzata in un ampio e vario spettro di ambiti d'uso:
- in Marco 8:38 è collegata all'idea del trionfo escatologico: “...anche il Figlio dell'Uomo si vergognerà di lui...”,
- inMarco 8:31 si parla della ineluttabilità delle sofferenze: “E cominciò ad insegnar loro che il Figlio dell'Uomo doveva molto soffrire...”,
- in Marco 2:27-28 è legata alla realtà immediata di Gesù che predica ed opera miracoli: “E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato»”,
Non dimentichiamo che peraltro il suo modo di parlare doveva apparire enigmatico a molti degli ascoltatori (cfr. Giovanni 12:34 “Chi è questo Figlio dell'Uomo?”).
In Giovanni 3:14, Gesù Cristo compie un parallelismo fra il Figlio dell'Uomo e il serpente di bronzo (Numeri 21,39) che Mosè fece costruire per tenere lontani i veri serpenti velenosi che uccidevano fra il popolo di Israele. In Apocalisse 1:15-16, si trova la descrizione del Figlio dell'Uomo come uno che ha piedi di bronzo fuso a fuoco e una bocca dalla quale sporge una spada affilata dai due lati, metafora possibile della lingua biforcuta di un serpente. E Gesù afferma che si dovranno affidare al Figlio dell'Uomo, così come Mosè dovette affidarsi al serpente di bronzo.
Gesù si proclama Maestro e Signore (Giovanni 13:13), non servitore di alcuno (Giovanni 15:15), e tuttavia figlio dell'uomo servitore (Matteo 20:28) e Colui che serve (Luca 22:27), sempre prima persona. Nel complesso, è il servitore di Dio Padre, non tenuto a servire alcun uomo in quanto Signore Dio e Re, e che da solo liberamente sceglie di farsi servitore del prossimo (come nella lavanda dei piedi agli apostoli) per lasciare al genere umano l'esempio da imitare.
Parimenti in Luca 17:26 e in Matteo 14:37, si riferisce al ritorno del Figlio dell'Uomo, associando tale giorno allo stesso tipo di segnali celesti che si manifestarono nella natura quando ci fu il diluvio universale o fuoco e zolfo su Sodoma e Gomorra ai tempi di Lot.
Altri passi in cui compare l'espressione "Figlio dell'uomo" si trovano nel Libro di Enoch, conservato in lingua etiope, e nel IV Libro di Esdra.
L'interpretazione ebraico-messianica
modificaNella letteratura apocalittica offerta dal profeta Daniele, l'espressione ebraica בר אנש Bar-’enash, traducibile come Colui che possiede le qualità di Adamo prima della cacciata dal Giardino dell'Eden, era senza peccato, incorruttibile (senza divenire) e immortale (Lettera gli Ebrei 4:15).
Solamente quando il Gesù Cristo, Messia e Re, offerse la sua vita in croce quale sacrificio espiatorio, si spoglia volutamente di questi attributi, in adempimento delle profezie (Filippesi 2:5-9), condividendo in tutto la condizione umana fuorché nel peccato.
Perciò, "Figlio dell'uomo" è uno dei nomi col quale il Messia stesso si chiamò, per far comprendere a tutti la sua incarnazione in un corpo umano ed espiare così i peccati dell'uomo (Isaia 53:10). "Figlio dell'uomo" è inteso come "stirpe dell'uomo" (Adam) o "genere umano": con la resurrezione dai morti vincere la morte una volta per sempre, per non morire mai più (Salmi 16:8-10).
L'interpretazione cattolica
modificaSecondo i teologi cattolici, questo libro, appartenente al canone ebraico (Tanakh), alla sezione degli scritti (Ketuvim), ha dato luogo all'uso dell'espressione "figlio dell'uomo" riferito al Messia atteso dal popolo ebraico.
Oltre ai numerosi passi in cui Gesù chiama sé stesso come il "Figlio dell'Uomo", parlando in prima persona, i Vangeli hanno diversi passi in cui l'Evangelista, parlando in terza persona, sceglie di chiamare Gesù in questo modo: Giovanni 9,35-38, e nei tre sinottici, Matteo 26,63-64; Marco 14,61-62; Luca 22:66-69, dove proclama nel corso del processo davanti al Sinedrio. Nella narrazione evangelica, Gesù era il Messia di Dio e il Figlio dell'Uomo presente nelle profezie, e fu condannato per non aver mai negato questa verità. Al riguardo disse:
Per l'interpretazione detta, alla giustizia (distributiva e compensativa), Gesù aggiunse il gratuito dono della propria vita, offerta per amore del genere umano, per rendere di nuovo possibile la vita eterna in Paradiso.
Gli evangelisti non usarono per caso o per coincidenza fortuita le stesse parole delle profezie dell'Antico Testamento. Al contrario prestarono attenzione ad usare proprio le stesse parole, oltre a riferire le parole di Gesù che disse che tutto doveva adempiere le profezie, e "nemmeno uno iota" di quanto detto nell'Antico Testamento sarebbe stato tolto o negato.
Il nodo critico è una questione di fede: accettando che Gesù Cristo è Dio, in quanto perfetto, onnisciente e Sommo Bene, non può mentire o sbagliarsi nel dire che le parole dei profeti erano a Lui riferite, che Egli è il Figlio dell'uomo delle profezie. Anche per testimoniare questo, permise che fosse condannato a morte.
L'interpretazione del Gesù storico
modificaSecondo il teologo Géza Vermes, uno dei maggiori studiosi del Gesù storico e di controtendenza, l'espressione "Figlio dell'uomo" sarebbe un'espressione idiomatica tipica e frequente nella lingua aramaica così come parlata in Galilea, usata dagli abitanti per riferirsi a sé stessi.
Nel Libro di Daniele, non sarebbe usata per una singola persona, ma per l'insieme dei "Santi dell'Altissimo" (Vermes: 181), e l'interpretazione messianica del Libro di Daniele (Figlio dell'uomo= Messia) sarebbe del II° secolo, quindi non del profeta. Parimenti, nel Vangelo non avrebbe un carattere titolare (Vermes:197).
In sintesi, il titolo "Figlio dell'Uomo" era il titolo preferito di Gesù. Di primo acchito, abbiamo visto che "Figlio dell'Uomo" è abbastanza strano e termine insignificante. Potrebbe essere stato usato come modo indiretto per parlare di se stessdi o, come "unfiglio dell'uomo" poteva semplicemente significare "un uomo". Certamente, per le autorità romane, il termine sarebbe sembrato totalmente insignificante e del tutto non minaccioso. Tuttavia per gli ebrei che conoscevano le Scritture, era cosa ben differente. Gesù si riferiva a se stesso non come "un figlio dell'uomo" bensì come "il Figlio dell’Uomo". Nel farlo, si riferiva ad una dei brani più importanti sul Regno nell'Antico Testamento. Nel Libro di Daniele ci sono svariate visioni e in una di esse Daniele vede Dio – " l'Antico di giorni" – assiso in trono e che inizia a giudicare il mondo:
Questo Figlio dell'Uomo è una figura portentosa degna di adorazione. È inoltre associato col Regno di Dio nella potenza: questo regno universale ed eterno è suo. I certi punti, l'uso del termine "il Figlio dell'Uomo" fatto da Gesù è indubbiamente collegato con questo brano, come quando viene processato dal Sinedrio: lì la dichiarazione di Gesù che egli è il Figlio dell'Uomo che siederà alla "destra di Dio" provoca una vera baraonda e accuse di blasfemia:
Affermando di essere "il Figlio dell’Uomo" Gesù dichiarava di essere il re del Regno eterno.
Signore
modificaLa parola greca κύριος (Kyrios/Kū́rios) tradotta con "Signore" ha diversi significati nei vangeli. A volte, quando la gente chiama Gesù "Signore" stanno semplicemente dimostrando rispetto. Tuttavia il termine "Signore" venne anche usato ad indicare Dio e, in alcuni casi, quando usato per Gesù, è un titolo divino. Ciò è particolarmente vero quando Gesù si riferisce a se stesso come "il Signore":
I primi cristiani senza dubbio ritenevano che chiamare Gesù "Signore" fosse dargli il titolo più alto possibile. Pertanto, agli inizi di Atti, Pietro conclude il suo discorso con questa affermazione:
Nella prima chiesa, l'atto più basilare di fede era chiamare Gesù Cristo "Signore":
Altri titoli
modificaAltri titoli vengono usati nei vangeli per indicare Gesù. In un'occasione, Gesù viene riferito come "Dio". Quando il Gesù risorto si confronta con Tommaso il discepolo, la reazione di quest'ultimo è di esclamare: "Mio Signore e mio Dio!" (Giovanni 20:28).
Affermazioni più sottili, ma non per questo meno potenti, vengono presentate quando Gesù fa le grandi affermazioni "Io sono" nel vangelo di Giovanni: "Io sono il pane della vita", "la luce del mondo", "la porta delle pecore", " il buon pastore", "la risurrezione e la vita", "la via, la verità e la vita", "la vera vite" (Giovanni 6:35;8:12;10:7,11;11:25;14:6;15:1). La dichiarazione stupefacente di Gesù sta nel fatto che egli è personalmente tutte queste cose.
Un uso della breve frase "Io sono" è ancor più importante. Durante una discussione con Gesù, i suoi oppositori ostili fanno riferimento al loro antenato, Abramo. Gesù risponde:
Qui Gesù non asserisce soltanto di essere esistito prima di Abrama (cosa che sarebbe di per sé già eccezionale); egli usa la frase "IO SONO", che è il nome che Dio aveva usato per Se Stesso quando parlò a Mosè:
E qui possiamo concludere questa sezione sui titoli di Gesù, con il titolo "Verbo":
Verbo è un titolo cristologico esclusivo dell'Evangelista Giovanni. Il Vangelo di Giovanni inizia proprio (1:1-3) con i succitati versetti.[14]
Questo titolo di Verbo (gr. Λόγος, Lógos) che indica il Cristo (= Messia) viene anche usato nella Prima lettera di Giovanni e nel Libro dell'Apocalisse.
Nella cristologia, il concetto che il Cristo è il Verbo (Logos trad. "parola", "discorso" o "ragione") è importante per stabilire la dottrina della divinità di Gesù e la sua posizione quale Dio Figlio nella Trinità come professato nel Credo di Calcedonia. Il concetto deriva dal Prologo del Vangelo secondo Giovanni ed il termine viene lasciato nell'originale greco Logos (Λόγος) quando lo si usa in ambito filosofico-teologico.
Cristo come logos
modificaI teologi cristiani spesso considerano Giovanni 1:1 un testo centrale nella loro fede che Gesù sia Dio, in connessione con l'idea che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uguali. Sebbene solo in questo versetto ci si riferisca a Gesù come il Verbo di Dio, il tema è trasposto in tutto il Vangelo di Giovanni con variazioni.[15] Il teologo Nicholas Thomas Wright caratterizza "Parola" (logos) come incomprensibile nel linguaggio umano. Egli afferma che, mediante la fede il Logos trasforma le persone col suo giudizio e misericordia. Secondo Wright, l'interpretazione dell'Incarnazione da parte di Giovanni, la Parola che diventa carne, colpisce alla radice di ciò che egli definisce "la negazione liberale... dell'idea di Dio che si fa uomo..." La sua valutazione è che quando l'"incarnato" e il Verbo che parla vengono rimossi dal centro della teologia cristiana, tutto ciò che rimane è "un relativismo il cui solo principio morale è che non ci sono principi morali, né parole di giudizio (perché non c'è nulla di veramente sbagliato, se non il dire che le cose sono sbagliate), né parole di misericordia (perché stai bene così come sei, quindi tutto ciò che ti serve è l'affermazione)."[16]
L'accademico e teologo americano Stephen L. Harris afferma che l'autore del Vangelo di Giovanni ha adattato il concetto del Logos di Filone d'Alessandria, identificando Gesù come incarnazione del Logos divino che formò l'universo[17] (cfr. Proverbi 8:22-36).
- Ebrei. Ai rabbini che asserivano che la Torah (Legge) fosse preesistente, quale strumento di Dio nella creazione e fonte di luce e vita, Giovanni rispose che queste affermazioni si applicavano piuttosto al Logos.
- Gnostici. Agli gnostici che negavano una vera incarnazione, la risposta di Giovanni era del tutto enfatica: "il Verbo divenne carne".[1:14]
- Seguaci di Giovanni il Battista. A coloro che seguivano Giovanni il Battista rese chiaro che costui non era la Luce ma solo un testimone della Luce.Giovanni 1:6-51
Sebbene il termine Logos non venga mantenuto come titolo oltre il prologo, l'intero libro di Giovanni insiste su queste affermazioni basilari. Come Logos, Gesù Cristo è Dio in autorivelazione (Luce) e redenzione (Vita). Egli è Dio nella misura in cui può essere presente per l'uomo e conoscibile all'uomo. Il Logos è Dio,[1:1] come esclama Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" (Giovanni 20:28) Tuttavia il Logos è in qualche modo distinguibile da Dio, perché "il Logos era presso Dio"[1:1] Dio e il Logos non sono due esseri, ciò nonostante non sono nemmeno semplicemente identici. In contrasto col Logos, Dio può essere concepito (in linea di massima almeno) anche a parte dalla sua azione rivelatrice – sebbene non dobbiamo dimenticare che la Bibbia parla di Dio solo nella sua azione rivelatrice. Il paradosso che il Logos è Dio e tuttavia è in un certo senso distinguibile da Dio, è mantenuto nel corpo del Vangelo. Che Dio mentre agisce e si rivela non "esaurisce" Dio come è, si riflette nei detti attribuiti a Gesù: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Giovanni 10:30 e anche, "il Padre è più grande di me" (Giovanni 14:28). Il Logos è Dio attivo nella creazione, rivelazione e redenzione. Gesù Cristo non solo dà la Parola di Dio a noi esseri umani: egli è la Parola.[1:14 14:6] Lui è la vera parola – la realtà ultima rivelata in una Persona. Il Logos è Dio, distinguibile nel pensiero ma non separabile nella realtà. Questo fu decretato al Primo Concilio di Costantinopoli (381).[18]
Tra i molti versi della Septuaginta che prefigurano l'uso neotestamentario vi è Salmi 33:6 che si collega direttamente alla creazione di Genesi.[19] Teofilo di Antiochia fa riferimento alla connessione nel suo To Autolycus 1:7.[20] Agostino considerava che in Salmi 33:6 sia logos che pneuma stessero "sul punto di essere personificati"[21][22]:
La Vulgata impiega l'espressione latina verbo Domini cæli firmati sunt.[23][24]
Il Libro della Sapienza espone la liberazione del popolo d'Israele e la serie di sette contrappassi toccati ai suoi nemici, di numero pari e contenuto simile ai sette sigilli, coppe e trombe dell'Apocalisse. In particolare, Sapienza 18:14-15 presenta il Verbo come onnipotente re e Signore degli Eserciti (Sabaoth), assiso su un trono celeste e pronto a ripristinare l'immutabile ordine divino all'interno dell'ordine naturale:
Alcuni[25][26] hanno visto in Luca 1:2 un primo riferimento al Logos e al Principio:
Il Vangelo di Giovanni inizia con un Inno alla Parola che identifica Gesù quale Logos e il Logos quale divino. Le ultime quattro parole di Giovanni 1:1 (θεὸς ἦν ὁ λόγος, letteralmente "Dio era il Logos" o "Dio era il Verbo") sono state centro di dibattito nel cristianesimo. In questo costrutto, il soggetto (il Logos) e il complemento (Dio) entrambi compaiono nel caso nominativo; si distingue quindi il complemento omettendo l'articolo e spostandolo davanti al verbo.[27][28] Grammaticalmente, la frase si potrebbe quindi leggere o "la Parola era Dio" o "la Parola era un dio". I primi manoscritti del Nuovo Testamento non distinguevano tra maiuscole e minuscole,[27] . Molti studiosi vedono lo spostamento di "Dio" verso la parte anteriore della proposizione come indice di un'enfasi più coerente con "il Verbo era Dio".[29][30][31][32].
La traduzione italiana più comune è "la Parola era Dio", con la Bibbia CEI che la mantiene più vicina al latino con "il Verbo era Dio" (et Deus erat Verbum);[33] altre traduzioni hanno varianti che riportano iperboli del tipo "la Parola era Dio Stesso" o "la Parola... era veramente Dio".[34][35]
Alcune traduzioni non trinitarie danno "e la parola era un dio”, come per esempio la revisione unitariana di Thomas Belsham del 1808[36] a fronte della versione del vescovo protestante William Newcome (1729–1800) e la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture dei Testimoni di Geova[37]
Sebbene "Parola" sia la traduzione più comune del sostantivo Logos, altre traduzioni sono state usate. Lo statunitense Gordon Clark (1902–1985), teologo calvinista ed esperto di filosofia presocratica, notoriamente tradusse Logos con "Logica": "In principio era la Logica, e la Logica era presso Dio e la Logica era Dio."[38] Con tale traduzione intendeva implicare che le leggi della logica derivavano da Dio e formavano parte della Creazione: non erano quindi un principio secolare imposto sulla weltanschauung cristiana.[39][40]
Il tema di Giovanni 1 viene sviluppato in 1 Giovanni 1.[41][42][43][44]
Logos come Verbo, Sapienza, Rivelazione
modificaL'Antico Testamento ha dato un contributo essenziale al messaggio cristologico del Nuovo Testamento in merito a Cristo quale Logos, tradotto con la Parola. La Parola è con Dio dal principio (Genesi 1:1 Giovanni 1:1), potentemente creativa (Genesi 1:1-2:4 Isaia 55:10-11 Salmi 33:6,9;107:20 Giuditta 16:14) e l'autoespressione personificata di Dio (Sapienza 18:14-16). Come per la sapienza,[45] la parola esprime la potenza attiva di Dio e la sua autorivelazione nel mondo creato. La preghiera di Salomone per la saggezza prende la parola e la sapienza come agenti sinonimi della creazione divina; "Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, che con la tua sapienza hai formato l'uomo" (Sapienza 9:1-2). Pur tuttavia il prologo di Giovanni non inizia dicendo: "In principio era la Sapienza e la Sapienza era presso Dio, e la Sapienza era Dio" (cfr. 1:1).[46]
Nonostante il fatto che, nella letteratura dell'ebraismo pre-cristiano, la saggezza, la parola e anche lo spirito fossero "possibili alternative sul come descrivere la potenza attiva e immanente di Dio",[47] ci sono diverse considerazioni per capire perché Giovanni abbia scelto la parola e non la sapienza. In primo luogo, poiché sophia (greco Σοφία, "sapienza") veniva personificata al femminile (per esempio Proverbi 1:20-33;8:1-9:6 Sapienza 8:2), poteva sembrare imbarazzante parlare di questa figura femminile che "veniva fatta carne", quando Gesù era maschio. In secondo luogo, nell'ebraismo ellenistico la legge di Mosè era identificata con la sapienza (Siracide 24:23 Baruc 4:1-4) e accreditata con molte delle sue caratteristiche.[48] Annunciare quindi che "la Sapienza era Dio e fu fatta carne" avrebbe potuto essere percepita come se "la Torah era Dio e si fece carne". Nel giro di pochi anni i cristiani avrebbero identificato il Figlio di Dio e il Logos con la Legge,[49] Tuttavia, né Giovanni né qualsiasi altro autore neotestamentario identificò Cristo con la Torah.[50] Terzo, Paolo, Luca (particolarmente negli Atti) e altri testimoni neotestamentari prepararono la via al Prologo di Giovanni usando logos per indicare la rivelazione di Dio tramite Cristo.[51]
Sia ai tempi del Nuovo Testamento che in seguito, la "Parola" giovannea offrì ricche possibilità cristologiche. Innanzitutto la possibilità di identificazione e distinzione. Da un lato, le parole procedono da un interlocutore; essendo una sorta di estensione dell'interlocutore, sono in un certo senso identiche a questo ("la Parola era Dio"). D'altra parte, una parola è distinta da colui che la pronuncia ("la Parola era con Dio"). Pertanto, Cristo era/è identificato con YHWH, ma da Lui distinto. In secondo luogo, Dio enuncia la Parola divina da sempre ("in/dal principio"): la parola "era" (e non "venne ad essere") Dio. In questo contesto, "Parola" apre una riflessione sulla personale preesistenza eterna del Logos-Figlio. Dio non è mai stato senza il Verbo.[52]
In terzo luogo, le parole rivelano i propri enunciatori. Deprecabilmente, o fortunatamente, le parole esprimono ciò che è nella nostra mente. Nell'Antico Testamento, "la parola di Dio" ripetutamente denota la rivelazione di Dio e la volontà divina. Il Vangelo di Giovanni può spostarsi agevolmente dal linguaggio della "Parola" per concentrarsi su "Dio Figlio unigenito che ha fatto conoscere il Padre" (Giovanni 1:18). Come il Figlio di Dio, inviato dal Padre, o Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo, in un modo unico ed esclusivo Gesù rivela una conoscenza celeste.[52][53] Allo stesso tempo, questa Parola offre la luce a tutti coloro che vengono al mondo (Giovanni 1:9), un tema presto sviluppato, con l'aiuto di Filone, del pensiero medioplatonico e/o di quello stoico, da Giustino, Origene e altri.[54]
Quarto, la cristologia giovannea del Logos introdusse i cristiani non solo a riconoscere l'influenza del Logos fuori del cristianesimo, ma anche a dialogare con pensatori non cristiani. Coloro che sostenevano filoni di pensiero ebraici, platonici e stoici circa il Logos, potevano trovare del terreno in comune con i cristiani, i quali tuttavia, rimasero distinti con la loro affermazione che "il Logos si era fatto carne". La nozione di "Logos" probabilmente offrì un ponte più efficace alla cultura contemporanea di quella di "saggezza".
Infine, quando i cristiani neotestamentari chiamarono il Gesù crocifisso e risorto la Parola e Sapienza di Dio, non solo esprimevano la sua identità divina, ma richiamavano anche l'attenzione sul fatto che la cristologia non doveva necessariamente iniziare con l'incarnazione e neanche con la storia di Gesù basata sull'elezione e fede religiosa del popolo ebraico. Sostenendo che il mondo intero era stato creato tramite la Sapienza e Parola divine (Giovanni 1:3 Colossesi 1:16 Ebrei 1:2) hanno fatto ben più di collegare Gesù all'Ultimo Adamo, con il punto più alto della creazione originale nella realizzazione degli esseri umani: lo hanno interpretato come l'agente divino di tutta la creazione. Pertanto la creazione, fin dall'inizio, presenta un volto cristologico.[52]
Le sue azioni
modificaCome agiamo riflette come ci vediamo. Una serie di azioni da parte di Gesù rivela che egli si riteneva ben più di un buon essere umano o finanche un profeta:
- Gesù chiamò a sé i dodici discepoli in un modo che indicava che egli personalmente avrebbe ricreato e ripristinato le dodici tribù di Israele. Poiché fu Dio che creò Israele, la dichiarazione di Gesù di volerlo ricreare è veramente sorprendente.
- L'ingresso di Gesù a Gerusalemme la Domenica delle Palme fu un'affermazione pubblica intenzionale che lui era il Messia.
- Nell'Ultima Cena, Gesù parlò coi discepoli di una "nuova alleanza" (Luca 22:20). Tuttavia, poiché l'alleanza era il vincolo centrale nel rapporto tra Dio e il Suo popolo Israele, l'affermazione di Gesù di voler rimpiazzare tale prima alleanza è sorprendente. Presume che egli si considerasse uguale al creatore della prima alleanza.
I aggiunta a queste azioni, Gesù fece anche miracoli. Come abbiamo osservato nel Capitolo 9, la portata e lo stile di queste azioni straordinarie indicano che Gesù era divino.
Le sue affermazioni
modificaIn ciò che disse, e come le disse, Gesù fece affermazioni dirette ed indirette su chi egli fosse:
- Dall'autorità straordinaria che Gesù sostenne si può dedurre che egli sapesse di non essere un ordinario insegnante o profeta. Per esempio, alla fine del Discorso della Montagna, Gesù disse: "chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia" (Matteo 7:24). Chi fosse stato solo un profeta qui avrebbe citato Dio: Gesù invece menziona se stesso.
- Gesù frequentemente usava la parola ebraica "Amen" (אמן ’Āmēn) o "in verità" per in trodurre i suoi detti. Ciò sembra essere stato specifico e unico di Gesù, ed un modo per affermare la verità assoluta e ultima delle sue parole. Indica che Gesù credeva di essere uguale a Dio.
- Gesù asserì di essere in grado di perdonare i peccati.[55] Poiché ogni ebreo ben sapeva che solo Dio poteva perdonare peccati, dire questo significava affermare di essere Dio.
- Gesù affermava il suo diritto di fare interpretazioni definitive della Legge di Dio.[56] Reinterpretò la Legge e ridefinì come dovesse essere applicata.[57] Gesù neanche giustificò i suoi cambiamenti: disse semplicemente "Ma io vi dico..."
- Gesù si ritenne più grande di qualsiasi altra figura dell'Antico Testamento. Affermò di essere più grande di Giona, Salomone, Giacobbe e persino Abramo.[58] Gesù disse che Giovanni il Battista era l'uomo più grande che fosse mai vissuto, ma implicò che egli era più grande.[59]
- Sebbene il Tempio fosse considerato la dimora di Dio, Gesù affermò che egli ne era superiore.[60] Asserì persino che il proprio corpo era il tempio.[61]
- Lo Shabbat era/è una delle grandi caratteristiche distintive dell'ebraismo e considerato un dono di Dio. Tuttavia Gesù disse: "Io, il Figlio dell'Uomo, sono signore anche dello Shabbat" (Matteo 12:8).
- Gesù affermò che le sue parole sarebbero durate più a lungo del cielo e della terra: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Marco 13:31
- Gesù affermò che gli era stata data autorità totale in terra:
- Gesù affermò che da come le persone avrebbero reagito verso di lui sarebbe dipeso il loro destino eterno:
- Gesù dichiarò che egli sarebbe stato il giudice nel Giorno del Giudizio.[63]
- Gesù affermò di avere la precedenza completa rispetto a famiglia, amici e carriera: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo" (Luca 14:26).
- Gesù accettò adorazione, preghiera e fede. Comandò alle persone di pregare a suo nome.[64] Invitò la gente ad avere fede in lui e li lodò quando lo fecero.[65]
- Gesù insegnò che ciò che avrebbero fatto a lui è come se lo avessero fatto a Dio.[66]
Bisogna inoltre sottolineare che in diversi punti nei vangeli Gesù implica che egli non fosse limitato da tempo o spazio. Quando Gesù parlava del suo passato, affermava di essere venuto dal cielo[67] e di essere esistito prima di Abramo (si veda sezione supra).[68] Parlando del futuro, Gesù disse che egli sarebbe ritornato in cielo<[69] e promise ai suoi discepoli che sarebbe stato con loro per sempre.[70] L'implicazione è che Gesù si vide come eterno, concetto riflesso anche dalla descrizione che Giovanni fece del "Verbo" (si veda sezione supra).[71] Ugualmente straordinaria fu l'affermazione di Gesù, quando inviò i discepoli ai "confini della terra", che egli sarebbe stato con loro ovunque fossero andati.[72]
Poiché solo Dio è eterno e presente ovunque, le affermazioni di Gesù sono alquanto sorprendenti.
Chi pensava di essere?
modificaSe esaminiamo tutte le testimonianze, la conclusione inevitabile è che Gesù si vide come Dio. In una varietà di modi, Gesù dimostrò che egli si considerava di essere Dio; di essere il Figlio di Dio; il Signore, il Figlio dell'Uomo, il "IO SONO". Certamente, come dimostrano le lettere del Nuovo testamento, i primi cristiani considerarono Gesù come colui che era Dio e che potevano adorare.[78]
Nel considerare questa affermazione, dobbiamo ricordarci che Gesù stava parlando in un contesto ebraico, e gli ebrei credevano fervorosamente che ci fosse un unico Dio. Se Gesù fosse stato un mistico orientale o un insegnante "New Age", aver detto di essere Dio non sarebbe stata cosa grave; in tali sistemi di credenze siamo tutti, in un certo modo, divini. Ma nell'ebraismo c'era un solo e unico Dio.
Esame delle affermazioni
modificaLe affermazioni di Gesù sono così stupefacenti e importanti che non possono essere semplicemente ignorate o trascurate. Se Gesù fu, in qualche modo, Dio venuto per noi sulla Terra, e se la nostra felicità eterna in effetti dipende dal concedergli la nostra lealtà totale, allora ci confrontiamo con una questione che è indubbiamente la cosa più importante del mondo.
Perimenti, se le affermazioni di Gesù di essere l'intervento unico e supremo di Dio nel nostro mondo devono essere rifiutate con una qualche onestà intellettuale, allora si deve trovare una spiegazione alternativa a tali affermazioni. Tuttavia, le alternative sono molto limitate. Una valutazione di Gesù sessant'anni fa proposta da C. S. Lewis fu che, a causa delle affermazioni di Gesù, esistevano solo due alternative al considerarlo il Signore: o era un bugiardo o era un pazzo. Oggi potremmo estendere e riformulare tali alternative: Gesù fu un personaggio mitico, incompreso, in errore, turbato mentalmente, o qualcuno che fuorviò i suoi seguaci?
Gesù mitico?
modificaLa prima alternativa è un tentativo per evitare la sfida. Questa "via di fuga" dalle affermazioni di Gesù presume che i vangeli non siano affidabili e che la figura divina che rappresentano sia fittizia. Tuttavia i vangeli non mostrano i segni distintivi caratteristici del mito; sono resoconti sobri e concreti e le testimonianze che Gesù si considerava ben più di un uomo sono così varie (le affermazion i dirette ed indirette, i titoli, le azioni) e, soprattutto, così coerenti, che rendono molto più probabile che la figura ritratta sia autentica.
Per intrattenere una tale visione bisogna allora rispondere ad una domanda difficile: come sorse un tale Gesù mitico? Come fece una credenza che "Gesù era un uomo buono" a svilupparsi così rapidamente in "Gesù era Dio"? Non ci sono paralleli anche lontanamente simili per questo tipo di sviluppo altrove, e nessuno nell'ebraismo.
Gesù incompreso?
modificaQuesta seconda alternativa suggerisce che, in realtà, Gesù non asserì mai di essere Dio. Piuttosto, i suoi discepoli incredibilmente fraintesero ciò che egli disse e trasformarono la sua affermazione d'essere un fedele profeta di Dio in quella di essere un'incarnazione di Dio. Questa visione potrebbe avere del merito se l'affermazione di Gesù di essere divino si basasse su una sola ed unica dichiarazione; ma poiché presentò le sue affermazioni in così tanti modi differenti, sembra difficile sostenerla. È arduo credere che i discepoli di Gesù fossero così sbaloditamente incompetenti da fraintendere consistentemente e ripetutamente ciò che egli disse riguardo ad una delle questioni più fondamentali del suo insegnamento. L'accusa di inettitudine potrebbe inoltre estendersi ai capi della prima chiesa, per non aver mai controllato se i discepoli avressero preso un abbaglio.
Gesù in errore?
modificaUna terza alternativa è che fu Gesù stesso ad essere in errore. Secondo questo punto di vista, Gesù credette sinceramente di essere Dio ma, in realtà si sbagliò purtroppo sulla sua propria identità. Ciò significherebbe, tuttavia, lungi dall'essere un interprete della Legge affidabile e autorevole, egli stava invece infrangendo il Primo Comandamento – "Non avrai altro dio all'infuori di me" – in modo blasfemo e mozzafiato, specie nel contesto monoteista ebraico. le implicazioni di questa opinione sono sconvolgenti: se Gesù si era sbagliato su questa materia così fondamentale, allora nient'altro di quello che disse può essere creduto. Se si sbagliava qui, Gesù non era nemmeno un insegnante affidabile.
Gesù turbato mentalmente?
modificaAltra alternativa è quella che Gesù soffrisse di un disturbo psicologico delirante. Quindi, per esempio, lo scrittore George Bernard Shaw riteneva che Gesù dovesse aver sofferto di megalomania. Una tale spiegazione ha un piccolo merito: ammette che Gesù fece veramente affermazioni straordinarie su se stesso. Tuttavia non c'è nient'altro per sostenerlo. Nei vangeli, Gesù non appare affatto delirante o disturbato.
Avere questa visione richiede di credere che la più grande influenza morale che il mondo abbia mai visto, fu un uomo disturbato mentalmente. La conclusione è così bizzarra e inquietante che poche persone si sono mai sentiti disposti a considerarla.
Gesù ingannò i suoi seguaci?
modificaUn'alternativa finale è che, nel fare le sue affermazioni, Gesù deliberatamente ingannò i suoi seguaci: mentì loro. Tuttavia è difficile immaginare un qualche motivo per cui Gesù volesse ingannare la gente che incontrava; ben lungi dal procurargli fama e fortuna, le sue affermazioni lo condussero alla morte. E l'accusa di mentire non è per nulla coerente con tutto il resto di ciò che sappiamo di Gesù, incluso il fatto che egli iniziava molte delle sue dichiarazioni dicendo "In verità, in verità vi dico..." Pretendere di essere Dio e accettare adorazione e lode dai suoi devoti seguaci, ben sapendo di essere tanto umano quanto loro, sarebbe stato uno straordinario atto di inganno. Dire che sembra totalmente fuori luogo per l'autore del Discorso della Montagna è quanto meno un eufemismo!
Conclusioni
modificaGesù face affermazioni straordinarie di essere Dio. Se tali affermazioni sono vere, allora hanno implicazioni eccezionali e decisive per la nostra vita. In Gesù, ogni ricerca di Dio si conclude. In lui si trova il completamento dei desideri più profondi dell'essere umano.
Esistono spiegazioni alternative per le affermazioni che Gesù fece. Tuttavia nessuna di tali spiegazioni è senza difetto. Un cristiano potrebbe facilmente dire che ci vuole meno fede per credere che Gesù fece le affermazioni di essere Dio perché egli era Dio, piuttosto che credere le alternative. Uno dei commenti di Sherlock Holmes a Watson ci può qui essere d'aiuto: "It is an old maxim of mine that when you have excluded the impossible, whatever remains, however improbable, must be the truth."[79]
Un evento che esamineremo in seguito e che è cruciale per le affermazioni di Gesù è la Risurrezione. Se Gesù risorse dai morti, allora tutte le sue affermazioni sono confermate e vere, altrimenti, come disse Paolo di Tarso: "Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede" (1 Corinzi 15:14).
Note
modificaPer approfondire, vedi Serie cristologica. |
- ↑ L'idea che Gesù salva le persone è uno dei temi principali in Luca, cfr. per esmpio 1:68-79;2:11;2:30-32;5:29-32;10:29-37;19:1-10;23:43.
- ↑ Matteo 1:21.
- ↑ Gesù sta citando da Isaia 61:1-2.
- ↑ Giovanni 6:35;8:12;10:7,9;10:11;11:25;14:6;15:5.
- ↑ Questo è il passo più comunemente citato nel Nuovo Testamento, ma cfr. anche Isaia 42:1-4;49:1-7;50:4-9;52:13-53-12.
- ↑ Matteo 16:16,20.
- ↑ Matteo 9:27;15:22; Marco 10:47-48.
- ↑ Antonio Socci, Indagine su Gesù, Rizzoli, 2008, pp. 137-253; Taylor Marshall, The Crucified Rabbi: Judaism and the Origins of Catholic Christianity, Dallas, Saint John Press, 2009: "Appendix: Prophecies fulfilled by Jesus Christ", pp. 193-200 (elenco delle profezie).
- ↑ Riferimenti a Gesù come Figlio di Dio: Matteo 4,3-6;8,29;14,33;27,40-43, Marco 1,1;3,11;5,7;14,61;15,39, Luca 1,32;3,38;4,3-9;4,41;8,28;22,70, Giovanni 1,34;1,49;3,17-18;3,36;5,25;10,36;11,4;11,27;19,7;20,31, Atti 9,20, Lettere di Paolo Romani 1,4;1,9; 2Corinzi 1,19; Galati 2,20, Efesini 4,13.Ebrei 4,14;6,6;7,3;10,29, Lettere di Giovanni prima:3,8;4,9-10;4,15;5,5;5,9-13;5,20, seconda:3; visualizza tutti
- ↑ Marco 12:26.
- ↑ 2 Samuele 7:14; 2:7-12.
- ↑ Giovanni 20:17: "Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»."
- ↑ Cfr. anche Romani 10:9.
- ↑ Versione della Bibbia CEI, 2008. Si vedano anche le quattro versioni (IT) in parallelo su BibleGateway: Giovanni 1:1-3
- ↑ Giovanni 6:60, Giovanni 7:36, Giovanni 8:37,43, Giovanni 12:48, Giovanni 19:8
- ↑ N. T Wright, What Is This Word?, su christianitytoday.com, Christianity Today, 27 febbraio 2010.
- ↑ Stephen L. Harris, Understanding the Bible, Palo Alto: Mayfield, 1985, s.v. "John", pp. 302-310
- ↑ Frank Stagg, New Testament Theology.
- ↑ Salmi 32:6:"τῷ λόγῳ τοῦ κυρίου οἱ οὐρανοὶ ἐστερεώθησαν καὶ τῷ πνεύματι τοῦ στόματος αὐτοῦ πᾶσα ἡ δύναμις αὐτῶν"
- ↑ Oskar Skarsaune, In the shadow of the temple: Jewish influences on early Christianity, IVP Academic, 2008, p. 342
- ↑ Agostino, La Trinità, trad. (EN) The Trinity, Edmund Hill, John E. Rotelle, 1991, p. 35
- ↑ La versione citata utilizza la parola "soffio" per tradurre il greco pneuma, "parola" rende logos; "schiera" rende dynamis.
- ↑ (LA) Liber Psalmorum, 32 - Bíblia Católica Online, su bibliacatolica.com.br (archiviato il 29 novembre 2017).
- ↑ Biblehub, su biblehub.com (archiviato il 15 gennaio 2018).
- ↑ David L. Jeffrey, A Dictionary of biblical tradition in English literature, 1992, p. 460: "nel suo riferimento a 'testimoni oculari e ministri della parola' (Luca 1:2 [1]) sta certamente parlando della persona ma anche delle parole".
- ↑ Leon Morris, The Gospel according to John, 1995, p. 110: "quando Luca parla di coloro che furono "testimoni oculari e ministri della parola" (Luca 1:2), è difficile evitare l'impressione che con "la parola" egli intendesse più dell'insegnamento."
- ↑ 27,0 27,1 J.W. Wenham, The Elements of New Testament Greek, Cambridge University Press, 1965, p. 35.
- ↑ Leon Morris, The Gospel According to John, Eerdmans, 1995, p. 68. ISBN 0-8028-2504-4
- ↑ William Hendriksen, The Gospel of John, The Banner of Truth Trust, 1959, p. 71.
- ↑ William D. Mounce, Basics of Biblical Greek, 2ª ed., Zondervan, 2003, pp. 27–28.
- ↑ F. F. Bruce, Frederick Fyvie Bruce, The Gospel of John, Eerdmans, 1994, p. 31. ISBN 0-8028-0883-2
- ↑ D. A. Carson, The Gospel According to John, Eerdmans, 1991, p. 117. ISBN 0-8028-3683-6
- ↑ Si vedano le segg. traduzioni in parallelo con quella latina su Bible Gateway: Giovanni 1:1.
- ↑ Cfr. i testi (EN) della Amplified Bible (Bibbia ampliata) e Contemporary English Version (Versione inglese contemporanea). Altre traduzioni inglesi, come An American Translation ( An American Translation (Smith-Goodspeed), su innvista.com, Innvista. URL consultato il 18 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2010).) e Moffat New Translation ( Moffatt, New Translation, su innvista.com, Innvista. URL consultato il 18 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2012).) danno "la Parola era divina".
- ↑ Francis J. Moloney & Daniel J. Harrington, The Gospel of John, Liturgical Press, 1998, p. 35.
- ↑ The New Testament: in an improved version upon the basis of Archbishop Newcome's new translation, with a corrected text, and notes critical and explanatory, su archive.org. URL consultato il 18 agosto 2013.
- ↑ Traduzione del Nuovo Mondo: Giovanni 1:1 (IT)
- ↑ Daniel B. Wallace & M. James Sawyer (curatori), Who's Afraid of the Holy Spirit?, Biblical Studies Press, 2005, p. 269. ISBN 0-7375-0068-9
- ↑ Rick M. Nañez, Full Gospel, Fractured Minds?: A Call to Use God's Gift of the Intellect, Zondervan, 2006, p. 139. ISBN 0-310-26308-5
- ↑ La questione di come tradurre Logos viene trattata anche da Goethe nel suo Faust, con Faust che infine sceglie die Tat, ("atto/azione").
- ↑ John Painter, Daniel J. Harrington 1, 2, and 3 John, 2002, p. 131: "Il versetto d'apertura del vangelo condivide con 1 Giovanni 1:1 le importanti parole "arché", "principio" e "logos", parola."
- ↑ Dwight Moody Smith, First, Second, and Third John, 1991, p. 48: "parallela è forse l'identificazione di Gesù con la "parola" (logos) in 1 Giovanni 1:1 e Giovanni 1:14."
- ↑ Georg Strecker, Friedrich Wilhelm Horn, Theology of the New Testament, 2000, p. 473: "1-2; non in senso assoluto: 2 Giovanni 5-6; 1 Giovanni 1:1, ... L'oggetto dell'inno è il logos divino, che viene proposto come il mediatore preesistente..."
- ↑ Stephen S. Smalley 1, 2, 3 John, 2008, p. 25: "La prima proposizione in 1 Giovanni 1:1 si riferisce dunque al Logos preesistente e le seguenti tre proposizioni 'al Logos incarnato'."
- ↑ Il Nuovo Testamento (NT) utilizza vari filoni di resoconti della "sapienza" presi dall'Antico Testamento (AT) e li usa per Gesù: primo, come la sapienza, Cristo preesisteva tutte le cose e dimorava con Dio Giovanni 1:1-2); secondo, il linguaggio lirico sulla sapienza che è il soffio della potenza divina, che riflette la gloria divina, rispecchia la luce ed è immagine di Dio, sembra riecheggiare in 1:17-18,24-5 (versetti che associano la sapienza divina con la potenza), in Ebrei 1:3 ("Egli è irradiazione della gloria di Dio"), Giovanni 1:9 ("la luce vera, quella che illumina ogni uomo") e Colossesi 1:15 ("immagine del Dio invisibile"). Terzo, il NT applica a Cristo il linguaggio del significato cosmico della sapienza quale agente di Dio nella creazione del mondo: " tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste." (Giovanni 1:3; vedi Colossesi 1:16 Ebrei 1:2). Quarto, confrontandosi con la crucifissione di Gesù, Paolo trasforma vividamente la nozione dell'inaccessibilità della sapienza divina (1 Corinzi 1:17-2:13). "La sapienza di Dio" (1 Corinzi 1:21) non solo è "misteriosa e nascosta" (1 Corinzi 2:7) ma anche, definita dalla croce e dalla sua proclamazione, completa stoltezza per i saggi di questo mondo (1 Corinzi 1:18-25; vedi anche Matteo 11:25-7). Quinto, mediante le sue parabole e altri modi, Cristo insegna la sapienza (Matteo 25:1-12 Luca 16:1-18, cfr. anche Matteo 11:25-30). Egli è 'più grande' di Salomone, la persona saggia dell'AT, insegnante par excellence (Matteo 12:42). Sesto, il NT non sembra però applicare a Cristo i temi della Sophia femminile e della sua bellezza radiosa. Papa Leone I († 461) tuttavia richiamò il passo di Proverbi 9:1 immaginando il nascituro Gesù nel grembo di Maria come "Sapienza che si costruisce una dimora" (Epistolae, 31.2-3). Esiste comunque una spiccata preferenza del NT per il Logos quale parola enunciata o espressione razionale, nonostante la disponibilità di questo linguaggio sapienziale e di questa concettualità, e Giovanni preferisce parlare della "Parola" (Giovanni 1:1,14; cfr. 1 Giovanni 1:1, Apocalisse 19:13), un termine che offre una complessità ricca di significati.
- ↑ È importante differenziare tra il significato e la traduzione di Logos dati dalla varie tradizioni e testi. Ciò viene ulteriormente sottolineato in questa sezione secondo gli studi del teologo australiano Gerald O'Collins, Christology: A Biblical, Historical, and Systematic Study of Jesus, OUP (1995), pp. 24-41; J.D.G. Dunn, Christology in the Making, SCM Press (1989), pp. 196-207, 230-9.
- ↑ J.D.G. Dunn, Christology in the Making, cit., p. 196.
- ↑ Perlomeno in un passo (Isaia 2:3) 'parola' è associata con Torah.
- ↑ Pastore di Erma, Similitudini, 8. 3. 2; Giustino Martire, Dialogo con Trifone (gr. Πρὸς τρυφῶνα Ἰουδαῖον διάλογος, latino Cum Tryphone Judueo Dialogus), 43. 1 e vedi 11. 2.
- ↑ L'approccio più ravvicinato a tale identificazione si trova in Galati 6:2 ('la legge di Cristo') e Romani 10:4 (se si adotta la traduzione più 'positiva': 'Cristo è il fine della legge'). Per gli autori neotestamentari Gesù sostituisce la Torah ed i suoi attributi. La Torah era stata descritta in termini di luce (Salmi 119:105 Proverbi 6:23) e vita (Salmi 119:93 Proverbi 4:4,13). Ora Gesù, specialmente nel linguaggio giovanneo, è la luce del mondo e la vita del mondo.
- ↑ Come Dunn, op. cit. pp. 230-9, giustamente asserisce, la base di Giovanni nello scegliere 'parola' si trova anche nei primi libri del Nuovo Testamento e non solo nell'Antico Testamento, o in altre fonti tipo Filone d'Alessandria, et al.; cfr. anche A. T. Lincoln, The Gospel According to St John, Continuum, 2005, pp. 94-8.
- ↑ 52,0 52,1 52,2 G. O'Collins, Christology, cit., pp. 24-41.
- ↑ Dunn, op. cit., pp. xxvi-xxviii.
- ↑ La cristologia del Logos si dimostrò utile in merito al ruolo rivelatorio e salvifico di Cristo per i non cristiani. Nella sua Prima apologia dei Cristiani (greco Ἀπολογία πρώτη ὑπὲρ Χριστιανῶν πρὸς Ἀντωνῖνον τὸν Εὐσεβῆ; latino Apologia prima pro Christianis ad Antoninum Pium), Giustino scrive: ""Ci è stato insegnato che Cristo è il primogenito figlio di Dio e che egli è il Verbo (Logos) del quale l'intero genere umano partecipa. Coloro che hanno vissuto secondo il Verbo sono cristiani, anche se sono stati considerati atei: tali come, tra i greci, Socrate, Eraclito, e altri come loro" (46.1-4). Ovunque vi fosse il Logos c'era della vera luce e una genuina conoscenza di Dio. Come Giustino, anche Origene riconobbe come ciò sia successo al di là e prima del cristianesimo: "Non è vero che i raggi [di Dio] siano stati racchiusi in un uomo [Gesù] solo... o che la Luce che è il Logos divino, che causa questi raggi, non esistesse in nessun altro luogo... Stiamo attenti a non sollevare obiezioni sui buoni insegnamenti, anche se i loro autori sono al di fuori della fede" (Contra Celsum, 7. 17).
- ↑ Marco 2:5-7: "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
- ↑ Matteo 5:31-32,38-39.
- ↑ Marco 7:1-23.
- ↑ Matteo 12:38-42; Giovanni 4:12;8:53,56.
- ↑ Matteo 11:11.
- ↑ Matteo 12:6.
- ↑ Giovanni 2:18-21.
- ↑ Cfr. anche Matteo 11:6;25:31-46; Marco 8:34-38.
- ↑ Matteo 7:22-23;25:31-46.
- ↑ Giovanni 14:13-14;16:23-24.
- ↑ Marco 5:34;10:52; Luca 7:50;17:19.
- ↑ Matteo 10:40; Marco 9:37.
- ↑ Giovanni 3:13;17:5,24.
- ↑ Giovanni 8:58.
- ↑ Giovanni 6:62;16:28.
- ↑ Matteo 28:20.
- ↑ Giovanni 1:1-14.
- ↑ Matteo 28:18-20.
- ↑ Giovanni 4:6.
- ↑ Matteo 4:2.
- ↑ Giovanni 19:28.
- ↑ Matteo 12:25; Giovanni 1:48;2:24;16:30.
- ↑ Matteo 24:36.
- ↑ Si veda per sempio Filippesi 2:6-11; Colossesi 1:15-20; Ebrei 1:1-3.
- ↑ "È una mia vecchia massima che quando hai escluso l'impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere per forza la verità."