Gesù e il problema di una vita/Capitolo 10
Capitolo 10: Come insegnava
modificaGesù a volte si riferiva a se stesso col titolo di "il Maestro"[1] e la sua reputazione come insegnante ("rabbino") era tale che vaste folle viaggiavano grandi distanze per ascoltarlo.
Lo stile d'insegnamento di Gesù era radicato nella tradizione ebraica ma, nonostante certe somiglianze, era differente da quello dei suoi contemporanei. Quando le guardie del Tempio furono inviate ad arrestarlo, questi ritornarono dalle autorità a mani vuote con la scusa: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!" (Giovanni 7:45-46).
Mentre i rabbini si aspettavano che le persone venissero a loro, Gesù andava invece dalle persone. Insegnava non solo nelle sinagoghe e nel Tempio, ma anche nelle case, nei campi, mentre viaggiava e persino da una barca. E mentre i rabbini tendevano ad insegnare solo a un gruppo selezionato di discepoli maschi, Gesù insegnava a tutti. Aveva con sé i suoi propri discepoli, ma insegnava anche a gente che i rabbini considerava indegna di ammaestramento: donne, bambini, pubblicani, "peccatori" e finanche Samaritani e Gentili.
Gesù insegnava ovunque e quandunque potesse; parlava a grandi folle e a individui. A volte sceglieva gli argomenti, altre volte prendeva spunto da un incidente o incontro quale base per una lezione. Che fossero notizie di atrocità o benedizioni di infanti, Gesù poteva usare tali occasioni come spunti di insegnamento.[2]
Gesù era un abile comunicatore. Usava molti modi differenti per comunicare: indovinelli, giochi di parole, proverbi e, soprattutto, vivide immagini. Era un grande maestro della cosa più difficile in qualsiasi lingua — dire tutto in poche parole:
- Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.[3]
- Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo.[4]
- Il Sabbath è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il Sabbath![5]
- La vita di uno non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede.[6]
Gesù spesso usava ironia e paradosso per capovolgere la saggezza prevalente:
- Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati.[7]
- Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.[8]
- Ma per voi però non sia così; anzi chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.[9]
Ovviamente, queste non erano solo giochi di parole; riflettevano il fatto che il Regno in effetti capovolgeva tutto. E Gesù non diceva soltanto cose in modo straordinario: diceva anche cose straordinarie. Sia i contenuti che la sua presentazione di tali contenuti erano rimarchevoli.
Che i suoi ascoltatori fossero ostili o addolorati, Gesù sembra sapesse sempre cosa dire. In un'occasione, gli fu chiesto se fosse giusto pagare tasse ai romani. Domanda questa molto difficile e delicata: se rispondeva "no" sarebbe sicuramente stato arrestato, se rispondeva "sì" si garantiva la perdita del supporto popolare. Successe questo:
La risposta di Gesù, rimasta insuperabile in duemila anni, converte una sfida contro di lui in una contro i suoi ascoltatori.
Le Parabole
modificaUno degli elementi chiave dell'insegnamento di Gesù fu il suo uso di storie e illustrazioni — quelle che sono divenute note come "parabole". Raramente ora usiamo parabole nel nostro mondo occidentale contemporaneo, pertanto è bene esaminarle più attentamente.
Le parabole di Gesù sono racconti attribuiti a Gesù che si trovano nei vangeli, sia canonici sia non canonici, e in poche altre fonti antiche. Si tratta del più noto esempio del genere letterario "parabola", attestato anche nell'Antico Testamento.
La parabola è un racconto che attraverso comparazioni e similitudini, oppure allegorie, rivela un insegnamento morale o religioso.[10]
Occorrenza delle parabole nei vangeli
modificaCiascun vangelo contiene parabole di Gesù non presenti negli altri. Per esempio, due parabole tra le più celebri, la parabola del figlio prodigo e la parabola del buon samaritano, sono presenti solo nel Vangelo secondo Luca, mentre altre due parabole famose (la parabola della zizzania e la parabola del servo spietato) sono presenti solo nel Vangelo secondo Matteo. Le parabole riportate solo dal Vangelo secondo Matteo sono sei, quelle presenti solo nel Vangelo secondo Luca sono tredici. Solo tre parabole sono presenti nel Vangelo secondo Giovanni, e queste non sono riportate negli altri vangeli. Il Vangelo di Tommaso riporta, tra altre parabole comuni ai vangeli sinottici, due parabole non attestate altrimenti: la parabola della giara vuota e la parabola dell'assassino, entrambe considerate detti autentici di Gesù da alcuni studiosi.[11]
Alcune parabole sono presenti in più di un vangelo sinottico: otto compaiono in tutti i tre vangeli, mentre altre quattro (o cinque se si considera che la parabola dei talenti e la parabola delle mine sono essenzialmente due diverse trascrizioni della stessa storia), appaiono sia in Matteo sia in Luca. Le parabole presenti nel Vangelo secondo Marco, eccetto una molto breve, sono citate anche in Matteo, in Luca, oppure in entrambi.
Caratteristiche delle parabole di Gesù
modificaIl termine parabola deriva dal greco "parabolé" che significa letteralmente "comparazione e similitudine". È un racconto didascalico che differisce da mito, allegoria e favola. È un modo di esprimersi che utilizza esempi concreti ed è basato sul paragone tra due situazioni: una nota e una non nota. Ha lo scopo di illustrare in modo semplice concetti complessi, favorendo una comprensione immediata. Ma ha pure l'intento di consentire il passaggio degli ascoltatori da un modo, per loro abituale, di capire e di interpretare le parole espresse e gli eventi narrati, a una nuova modalità estranea e inusuale. Generalmente, le parabole sono incentrate su uno o più tra questi temi: la venuta del Regno dei Cieli, le caratteristiche di Dio, questioni inerenti alla moralità e alla giustizia. Sul piano della forma letteraria, gli elementi che caratterizzano tutte le parabole sono: sintesi, immediatezza e incisività. Le parabole come forma narrativa sono attestate anche nella letteratura rabbinica coeva ali inizi del cristianesimo. In ebraico la parabola è detta משל (IPA /ma'ʃal/), lett. "esempio".
Gli studi scientifici che, in epoca moderna, hanno configurato la comprensione predominante, classica, delle parabole neotestamentarie sono riconducibili al tedesco Adolf Jülicher (1857-1938); per decenni si è ritenuto che la sua opera epocale Die Gleichnisreden Jesu (volume 1, Freiburg 1886; volume 2, Freiburg 1899; entrambi riediti nel 1910) fosse la parola ultima e definitiva sull'argomento. Naturalmente altri studiosi hanno comunque fornito il loro contributo alla comprensione e all'esegesi delle parabole del Nuovo Testamento; fra questi va ricordato senz'altro, per esempio, Joachim Jeremias (1900-1979). È soltanto di recente, però, che una équipe di studiosi, prevalentemente giovani e tutti di area tedesca, riuniti attorno a Ruben Zimmermann, ha deciso di cimentarsi nella ricerca di nuove vie nell'interpretazione delle parabole, dischiudendo prospettive finora rimaste inesplorate[12].
Elenco delle parabole
modificaParabole comuni a quattro vangeli
modificaDel seminatore
modificaLa parabola è presente in tutti i tre vangeli sinottici, Marco 4,1-20 e Luca 8,5-15, e nel Vangelo di Tommaso 9.
Dei vignaioli omicidi
modificaLa parabola è presente anche in Marco 12,1-12, Luca 20,9-18 e Tommaso (65).
Del granello di senape
modificaLa parabola è presente in Matteo 13,31-32, in Marco 4,30-32, in Luca 13,18-19 e in Tommaso 20,2-4.
In questa parabola, praticamente di una sola lunga frase, Gesù dice che il regno di Dio non è giunto in una gloria visibile e sontuosa, bensì come un qualcosa di piccolo e umile che può essere facilmente trascurato. Ciononostante, come un granellino di senapa, il Regno crescerà e si estenderà finché gli uccelli vi ci potranno riparare. Tra quelli che ascoltavano Gesù ci saranno stati coloro che ben conoscevano le Scritture e che si sarebbero ricordati che in esse erano i Gentili che venivano rappresentati come "uccelli">[13] Il Regno, Gesù sta alludendo, un giorno si estenderaà al di là del solo Israele.
Della toppa sul vestito e del vino nuovo
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Matteo 9,16-17, nel Vangelo secondo Luca 5,36-39 e nel Vangelo di Tommaso (47).
Dell'uomo forte
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Marco 3,27, nel Vangelo secondo Luca 11,21-22 e nel Vangelo di Tommaso (98).
Parabole comuni a tre vangeli
modificaDel lievito
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso, 96:
Secondo il Jesus Seminar questo è uno dei detti autentici di Gesù; in particolare le versioni del Vangelo secondo Luca e del Vangelo secondo Matteo sono state giudicate autentiche con una certezza dell'83%, quella del Vangelo di Tommaso con una certezza del 65%.
Del fico che germoglia
modificaLa parabola è presente anche in Marco 13,28-29 e in Luca 21,29-33.
Della pecora smarrita
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Luca (15,1-7) e nel Vangelo di Tommaso (107).
Della lampada
modificaÈ conosciuta anche come la parabola della lucerna ed è presente anche in Marco 4,21-23 e in Luca 8,16-18.
Del servo fedele
modificaLa parabola, conosciuta anche come "i servi che vegliano", è presente anche in Marco 13,33-37 e in Luca 12,42-48
Del banchetto di nozze
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Luca (14,16-24) e nel Vangelo di Tommaso 64.
Parabole comuni a due vangeli
modificaDei talenti
modificaNel Vangelo secondo Luca è presente una parabola molto simile sulle mine 19,12-27. I talenti e le mine sono delle antiche monete.
Della zizzania
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso (57).
Del tesoro nascosto
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso (109).
Della perla
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso (76).
Della rete
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso (8).
Del sale della terra
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Marco (9,50).
Del ricco stolto
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo di Tommaso (63).
Dei fanciulli in piazza
modificaLa parabola è presente anche nel Vangelo secondo Luca (7,31-32).
Parabole esclusive del Vangelo secondo Marco
modificaDel seme che germoglia da solo
modificaParabole esclusive del Vangelo secondo Matteo
modificaDei lavoratori della vigna
modificaDei due figli
modificaDelle dieci vergini
modificaDel servo senza pietà
modificaDello scriba discepolo del Regno dei Cieli
modificaDelle pecore e dei capri
modificaParabole esclusive del Vangelo secondo Luca
modificaDel figlio prodigo
modificaQuesta storia nota come la parabola del figlio prodigo, o anche parabola del figlio perso e ritrovato oppure parabola del padre misericordioso, è la terza in una sequenza che riguarda il ritrovare cose perse. Il contesto di questa parabola è che i Farisei si lamentavano che Gesù si associava con "peccatori"[14] e la storia fa parte della risposta di Gesù. Il Vangelo di Luca la presenta come ultima di una trilogia composta anche dalla parabola della pecora smarrita (Luca 15,4-7) e dalla parabola della moneta smarrita (Luca 15,8-10).
Il termine figlio prodigo si riferisce ad un figlio che ritorna a casa dopo aver sperperato le sue ricchezze; l'espressione ha anche acquistato un senso più ampio in riferimento a chi non segue le aspettative di chi lo ha iniziato alla vita o ad una carriera. Un'altra interpretazione è quella della vecchia e nuova alleanza. Il figlio maggiore rappresenta il vecchio testamento che rimane nella casa del Padre, ed il vitello grasso che viene citato è lo stesso Gesù che viene sacrificato per la salvezza del mondo.
Anche se questa parabola è tradizionalmente ricordata come il figlio prodigo, questo titolo non è presente nel vangelo e molti commentatori sostengono che sarebbe meglio chiamarla il figlio perso e ritrovato,[15] anche in riferimento alle due parabole immediatamente precedenti della pecora perduta e della moneta smarrita. Infatti in tutte e tre il tema è la preoccupazione di Dio verso il peccatore pentito a preferenza di chi è rigorosamente giusto. D'altronde "prodigo" non significa perso ma significa dissipatore.
Altri commentatori preferirebbero il titolo il padre misericordioso[16] sottolineando che il vero protagonista non è tanto il figlio prodigo quanto il padre che aspetta, che accoglie, che fa festa.
La parabola, che si trova solamente nel Vangelo di Luca, esprime bene la teologia distintiva di Luca dell'amore e della misericordia di Dio[17]. Il perdono del figlio non è condizionato da buoni propositi; il padre infatti lo accoglie ancor prima che abbia la possibilità di parlare e di esprimere il proprio pentimento. Tale misericordia è ben espressa dalle azioni del padre stesso. Nella parabola è lui a compiere il primo passo. Il racconto di Luca (secondo la versione CEI/Gerusalemme) dice infatti che: "Quando era ancora lontano... gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò " (Luca 15,20). Una misericordia incondizionata motivata dal ritrovamento del figlio perso, morto e ritornato in vita (Nuova Riveduta. 15,32).
Interessante è la chiusura della parabola, quando uno si aspetta una celebrazione universale di festa e un "...e vissero contenti e felici", la storia inaspettatamente ha un colpo di scena. Il figlio maggiore, che restando a casa doveva esser sembrato l'eroe della storia, ora viene mostratto amareggiato e scontento. Il suo rifiuto di unirsi alle celebrazioni significa che fa un insulto al padre. L'amore generoso del padre per il fratello ritornato lo irrita e infiamma così tanto da rivelarlo come un ribelle. Il figlio perduto è stato ritrovato, ma il figlio che non si era accorto di esser perduto rimane perso.
Del buon samaritano
modificaDel fico sterile
modificaDel fattore infedele
modificaÈ conosciuta anche come la parabola dell'amministratore disonesto.
Della moneta smarrita
modificaDel fariseo e del pubblicano
modificaQuesto er uno dei problemi al tempo di Gesù: molti ebrei credevano di essere a posto con Dio perché osservavano la Legge (o erano convinti di osservarla). Ed erano diventati compiacenti, accondiscendenti.
Quando annunciò che la sua storia riguardava un Fariseo e un pubblicano, chi l'ascoltava b en sapeva cosa aspettarsi. Avrebbero saputo che il Fariseo doveva essere l'eroe, poiché i Farisei erano coloro che rispettavano attentamente la L:egge. E avrebbero saputo anche che il pubblicano non aveva speranze. I pubblicani non erano solo dei truffatori, ma anche condannati politicamente, perché lavoravano per Roma, e condannati spiritualmente, perché il loro contatto coi Gentili li rendeva impuri. Pertanto, quando i due andavano al Tempio si verificava una situazione totalmente impari.
Il capovolgimento di Gesù rispetto alle aspettative degli astanti in questa sua storia deve aver creato stupore e indignazione. Ma quelli tra gli ascoltatori che sapevano di non poter mai essere alla pari degli standard dei Farisei, devono aver trovato grande incoraggiamento all'idea che Dio ascolta e perdona coloro che si pentono.
Di Lazzaro e del ricco epulone
modificaDei primi posti e degli inviti
modificaDell'amico importuno
modificaDel padrone e del servo
modificaDel giudice iniquo
modificaDei due debitori
modificaDella torre incompiuta
modificaParabole esclusive del Vangelo secondo Giovanni
modificaDel buon pastore
modificaDel chicco di grano
modificaDella vite e dei tralci
modificaParabole esclusive del Vangelo di Tommaso
modificaDella giara vuota
modificaDell'assassino
modificaSinossi delle parabole
modificaIl Significato
modificaAllora, cos'è una parabola? A volte una storia, ma altre volte un'illustrazione o un'immagine. In effetti forse la definizione più semplice e più utile di una parabola è "unmodo indiretto di parlare". La parola italiana parabola, che descrive un tipo di curva o orbita, ci assiste: si possono considerare parabole come "figure verbali", o "modi ricurvi" di parlare.
Le immagini della parabole di Gesù sono rivelatrici. Tutte basate sui contesti ordinari e familiari delle persone che lo ascoltano; sono immagini di campi, feste e famiglie.[18] Le immagini sono abbastanza forti da attrarre l'attenzione, ma mai così forti da sopraffare il messaggio.
L'ampio uso di parabole da parte di Gesù fu caratteristico. Persino i suoi discepoli si meravigliarono di quanto egli usasse le parabole.[19] E allora, perché le usò? Le ragioni sono parecchie.
Una ragione è che le parabole sono memorabili, permangono in memoria. È ben noto che una storia o un'immagine rimane in mente più a lungo di una dichiarazione: ecco perché aziende e organizzazioni hanno marchi di fabbrica e loghi. Ancorando il suo messaggio ad immagini, Gesù si assicurava che potesse essere facilmente ricordato e ripetuto.
Un'altra ragione è che le parabole superano le difese. Se Gesù avesse annunciato che avrebbe parlato del "male di non accogliere i peccatori pentiti", senza dubbio molti dei suoi ascoltatori se ne sarebbero andati, specialmente sapendo che parlava di loro. Invece Gesù diceva loro storie tipo quella del "figlio perso e ritrovato" e quando gli astanti si riconoscevano di cosa stesse veramente parlando, era troppo tardi: il messaggio era penetrato.
Un'ulteriore altra ragione è che le parabole invitano una reazione. Insegnare solo fatti vuol dire non richiedere altro che memorizzazione. La parabole, invece, vanno più in profondità: invitando ad identificarci coi personaggi ci provocano a reagire.
Tuttavia, Gesù usava parabole anche per altre ragioni. Marco dice che Gesù
In altre parole, Gesù usava parabole quando parlava ad estranei, ma non ai Dodici. Perché?
Primo, le parabole permettono una confrontazione diretta. In molte società tradizionali esiste una forte sensibilità per la vergogna e l'onore, e l'abitudine occidentale moderna di andare "dritti al punto" è veramente troppo brusca. In tali società, le parabole sono comuni perché forniscono un modo di dire cose impopolari senza infliggere una vergogna pubblica. Persino oggigiorno, chiunque lavori nel Medio oriente o in Asia impara presto a stare molto attento a storie che gli vengono dette, nel caso celassero un messaggio occultato. Quindi, per esempio piuttosto che criticare direttamente un impiegato in pubblico per essere arrivato tardi, il direttore potrebbe invece raccontare una storia di come, una volta, un certo impiegato ritardatario ebbe il proprio stipendio decurtato. La persona presa di mira avrebbe certamente riconosciuto l'ammonimento. A volte, Gesù usava le parabole proprio per questa ragione. Pertanto, piuttosto che attaccare direttamentre dei Farisei ipocriti, Gesù narrava storie del tipo "la parabola del fariseo e del pubblicano" e quella del "figlio prodigo".[20]
Secondo, la parabole forniscono protezione nell'ambiguità. Poiché sono un modo indiretto di comunicazione, possono fornire un modo di fare un'affermazione impegnativa senza provocare turbolenze. In alcune occasioni, le parabole di Gesù servono proprio a questo. Dopotutto, il Regno di Dio era un argomento pericoloso e Gesù aveva molti nemici. Si pensi, per esempio, a riproporre la parabola del granello di senapa in un'affermazione aperta: "il Regno crescerà e crescerà funché si estenderà in tutto il mondo e i Gentili ne faranno parte". Messa così, la faccenda avrebbe sicuramente scandalizzato le autorità religiose ebraiche e allarmato i romani. Ma espressa in forma di parabola, era differente. Coloro che erano "sintonizzati" con ciò che Gesù stava dicendo, ne avrebbero capito il significato; chiunque altro lo avrebbe trovato estremamente enigmatico.
Terzo, le parabole separano i cercatori dai semplici curiosi. Gesù cercava persone pronte ad essere suoi discepoli: desiderava impegno, non curiosità. E qui le parabole servivano da grande filtro per i suoi ascoltatori. Producevano due reazioni: alcuni avrebbero ascoltato le storie e poi se ne sarebbero andati, sentendosi tutt'al più intrattenuti e leggermente perplessi; altri si sarebbero sentiti stimolati e interessati da ciò che avevano udito e avrebbero poi potuto cercare Gesù, chidendogli: "Maestro, ho pensato a ciò che hai detto: vuoi veramente dire questo...?"
Esaminando i miracoli nel Capitolo precedente, abbiamo visto come essi, nel bene e nel male, dividevano le persone: le sfidavano ad accettarlo oppure a rifiutarlo. Le parabole fanno lo stesso. Purtroppo, per alcuni, l'insegnamento di Gesù non ebbe un impatto istruttivo: confermò solo come avessero già rifiutato Dio.
La Potenza e la Passione
modificaL'insegnamento di Gesù conteneva una sorprendente autorità. Gran parte dell'insegnamento religioso del suo tempo era basato sulla tradizione. Se un insegnante che faceva un'asserzione e desiderava dargli autorevolezza, si sarebbe sempre riferito ai Rabbini che l'avevano fatta prima di lui: "Rabbi Samuele seguendo Rabbi Ezechiele che si riferiva a Rabbu Beniamino disse..." Tali affermazioni avevano un aria stantia e di seconda mano. In contrasto, quando Gesù insegnava, spesso iniziava dicendo: "Voi avete udito che fu detto... Ma io vi dico". L'autorità personale che Gesù afferma fu qualcosa che la gente trovò impressionante. Il risultato fu che "le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti le ammaestrava come uno che ha autorità e non come i loro scribi" (Matteo 7:28-29).
Ma c'è di più in Gesù il Maestro di una semplice accademica bravura verbale; il suo insegnamento aveva una passione intensa. Ciò che muoveva tale passione era il suo amore per chi lo ascoltava: "Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore" (Matteo 9:36). L'amore di Gesù non era soltanto per il genere umano visto come massa anonima — si prendeva anche cura delle persone come singoli uomini e donne:
Che Gesù avesse un tale amore per le persone spiega perché a volte egli esprimesse collera. Gesù si arrabbiava quando vedeva che capi religiosi obiettavano alle sue guarigioni durante il Sabbath,[22] quando vedeva il Tempio trasformato in un mercato,[23], quando veniva proibito ai bambini di stare con lui a sentirlo[24] e quando incontrava coloro che trasformavano la religione da benedizione a maledizione.[25] Il vero amore è veramente tale quando si adira alle ingiustizie. L'assenza di collera oggi lodata può in effetti essere un vizio, non una virtù: ciò che passa per tolleranza può ben essere apatia. Esiste la giusta collera, e la collera di Gesù era l'altro aspetto del suo amore.
Note
modificaPer approfondire, vedi Serie cristologica. |
- ↑ Matteo 10:24-25;26:18.
- ↑ Luca 13:1-3;18:15-17.
- ↑ Matteo 7:12.
- ↑ Marco 7:15.
- ↑ Marco 2:27.
- ↑ Luca 12:15.
- ↑ Matteo 5:3-4.
- ↑ Matteo 10:38-39.
- ↑ Luca 22:26.
- ↑ Aldo Gabrielli, Lemma "Parabola", in Il grande italiano 2008. Vocabolario della lingua italiana, Padova, Hoepli (La Biblioteca di Repubblica-l'Espresso), 1º agosto 2007, ISSN 1128-6091 .
- ↑ The Five Gospels: The Search for the Authentic Words of Jesus (1993) Polebridge Press (Macmillan).
- ↑ Il precipitato dei lavori di questa équipe è stato pubblicato in Ruben Zimmermann (ed.), Kompendium der Gleichnisse Jesu, in Zusammenarbeit mit Detlev Dormeyer, Gabi Kern, Annette Merz, Christian Münch, Enno Edzard Popkes, Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh 2007 (trad. it., Compendio delle parabole di Gesù, edizione italiana a cura di Flavio Dalla Vecchia, Queriniana, Brescia 2011).
- ↑ Ezechiele 17:23;31:6; Daniele 4:9-22.
- ↑ Matteo 13:45-46; la parabola del tesoro nascosto (Matteo 13:44) ribadisce lo stesso punto.
- ↑ Il figlio prodigo e il Padre misericordioso, su sanpietrodisorres.it. URL consultato il 09-10-2009 (archiviato dall'url originale il 16 marzo 2010).
- ↑ La Parabola del figlio o del Padre?, su digilander.libero.it. URL consultato il 09-10-2009.
- ↑ Cosmo Ruppi, Il vangelo della misericordia. Riflessioni sul Vangelo di Luca, Torino, SEI, 1996.
- ↑ Alcuni considerano che gli insegnamenti di Gesù siano in effetti stati inventati dalla prima chiesa. Al contrario, le immagini e il linguaggio usato nelle parabole ne conferma l'autenticità. Nell'insegnamento di Gesù, non c'è traccia del mondo urbano greco-romano che era alla base del paleocristianesimo; incontriamo invece un mondo in gran parte rurale, fermamente ebraico e completamente palestinese. Il primo cristianesimo trasmise l'insegnamento di Gesù—non lo creò.
- ↑ Matteo 13:10.
- ↑ Alla fine Gesù fece attacchi diretti contro tali persone (Matteo 23); chiaramente il messaggio velato delle parabole era stato ignorato.
- ↑ Cfr. anche Giovanni 11:5.
- ↑ Marco 3:1-6.
- ↑ Marco 11:15-17: "Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare coloro che vendevano e compravano nel tempio; rovesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi; e non permetteva a nessuno di portare oggetti attraverso il tempio. E insegnava, dicendo loro: «Non è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti"? Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni»."
- ↑ Marco 10:14: "Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio»."
- ↑ Matteo 23:13-36.