Storia della letteratura italiana/Giuseppe Ungaretti

Storia della letteratura italiana
Storia della letteratura italiana

Come per Saba, anche per Giuseppe Ungaretti la poesia ha una forte componente autobiografica. Tuttavia Ungaretti si pone su basi diverse da quelle del poeta triestino: per lui la poesia ha un valore metafisico e religioso, e la parola risuona nella sua purezza, collocata oltre il ogni rapporto contingente con la realtà. Negli anni trenta Ungaretti si avvicinerà inoltre al movimento degli ermetici, attribuendo all'arte il valore di un'esperienza assoluta e irripetibile.

La vita

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Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d'Egitto l'8 febbraio 1888. I genitori, originari di Lucca, gestivano un forno per il pane, e il padre rimarrà ucciso nel 1890 in un incidente mentre lavorava come operaio agli scavi del Canale di Suez. Ad Alessandria Ungaretti frequenta l'École Suisse Jacot, si interessa alla letteratura e legge i maggiori autori contemporanei. A questi anni risale l'amicizia con Enrico Pea e la corrispondenza con Giuseppe Prezzolini, direttore e fondatore della Voce. Nel 1912 è Parigi, dove frequenta i corsi al Collége de France e alla Sorbona. Approfondisce inoltre la conoscenza dei simbolisti francesi, in particolare Baudelaire a Mallarmé (l'autore che maggiormente lo suggestionerà). Inizia a scrivere versi in italiano e francese, e conosce artisti di fama internazionale, tra cui Apollinaire, Picasso, Braque, De Chirico. Nel 1914 incontra anche i principali esponenti del futurismo fiorentino, grazie ai quali nel 1915 pubblica le sue prime liriche sulla rivista Lacerba.

Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola in un reggimento fanteria e viene inviato sul Carso. Durante l'esperienza bellica compone le poesie della raccolta Il porto sepolto (1916). A questa segue il volume Allegria di naufragi (1919). Entrambe le raccolte confluiranno nel volume L'allegria (1931). Combattente in Francia, torna a Parigi nel 1918, dove sposa Jeanne Dupoix e inizia l'attività di corrispondente estero per Il popolo d'Italia, il giornale fondato da Benito Mussolini. Nel 1919 pubblica anche il volume in francese La guerre e compone le poesie che confluiranno nella raccolta Sentimento del tempo (1933). Nel 1921 torna in Italia e si trasferisce a Roma. Come giornalista e saggista collabora con le principali riviste letterarie italiane; è inoltre redattore di Commerce e condirettore di Mesures, due importanti periodici a livello europeo.

Dal 1936 al 1942 ricopre la cattedra di letteratura italiana all'università di San Paolo del Brasile. Al rientro in Italia, insegna letteratura italiana contemporanea all'università di Roma. Sempre nel 1942 viene insignito del titolo di accademico d'Italia e Mondadori inizia a pubblicare la sua opera omnia con il titolo Vita d'un uomo. La produzione di Ungaretti nel dopoguerra è però segnata, oltre che dall'esperienza della seconda guerra mondiale, da lutti che lo colpiscono nella sfera personale: la morte del fratello Costantino nel 1937 e quella del figlio Antonietto nel 1939. Pubblica Il dolore (1947), le due edizioni de La terra promessa (1950 e 1954), Un grido e paesaggi (1952) e Il taccuino del vecchio (1961). A queste si aggiungono la raccolta di prose Il povero nella città (1949) e il volume di scritti giornalistici Il deserto e dopo (1961). Negli ultimi anni la sua attività si riduce, e segue la pubblicazione per Mondadori di tutte le sue poesie, con il titolo Vita d'un uomo. Tutte le poesie (1969). Muore a Milano il 1º giugno 1970. Postumo esce un volume di scritti critici (Vita d'un uomo. Saggi e interventi, del 1974).[1]

L'allegria

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Il giovane Ungaretti impegnato durante la prima guerra mondiale

La raccolta L'allegria è rappresentativa della prima fase della poesia ungarettiana. Il volume si articola in cinque parti, risalenti a epoche diverse:

  • Ultime
  • Il porto sepolto
  • Naufragi
  • Girovago
  • Prime

Vengono così riunite le prime poesie pubblicate da Ungaretti su Lacerba nel 1915, insieme a quelle composte durante la guerra nel Carso e agli altri componimenti successivi, alcuni dei quali preannunciano il secondo momento della sua produzione poetica. Tutti questi testi sono stati raccolti in una prima edizione nel 1923 con il titolo Il porto sepolto, e poi nel 1931 con il titolo definitivo L'allegria.

Nel riordinare le sue poesie, Ungaretti sottolinea il carattere autobiografico della sua produzione. Il rapporto con l'autobiografia è però diverso da quello che si è visto in Saba: l'arte infatti è intesa come esperienza assoluta e totale.[2]

Nelle prime poesie, risalenti al 1914-1915, Ungaretti cerca da subito una concentrazione assoluta della parola. Il soggetto lirico si identifica con sfumature del paesaggio e con lo svanire delle cose. L'esperienza della guerra spinge però il poeta a confrontarsi tra il suo io di uomo e la realtà ostile. Qui la distruzione provocata dal conflitto viene fatta coincidere con l'indifferenza della natura. La poesia diventa quindi un modo per affermare la dignità tragica del destino umano, individuale e collettivo.

La stessa Allegria citata nel titolo si richiama al senso di euforia che, paradossalmente, si prova nelle situazioni di distruzione. Questo descrive inoltre la condizione della modernità, di un'umanità che, nella distruzione di ogni valore, ritrova se stessa nel nulla. L'apice di questa poesia si raggiunge nei componimenti dedicati alla guerra, in cui l'analogia pone sullo stesso piano l'io e il mondo devastato. L'io viene quindi svuotato e ridotto a elemento del paesaggio bellico. La modernità condanna la parola poetica al silenzio, ma al tempo stesso la parola risulta impotente di fronte a un mondo in cui la distruzioni è un fatto naturale.[3]

Sentimento del tempo

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Già nelle ultime poesie dell'Allegria Ungaretti ricorre a forme più composte, riprendendo strutture provenienti dal passato e avvicinandosi alle posizioni di chi, tra gli intellettuali del primo dopoguerra, sosteneva la necessità di un "ritorno all'ordine". Questa nuova poesia si sviluppa in particolare nei testi scritti dopo il 1919, che costituiscono la raccolta Sentimento del tempo, pubblicata nel 1933 e poi riedita, in un'edizione ampliata, nel 1936.[4]

Il tempo viene percepito come continuità e durata, così da recuperare un dimensione più complessa dell'esistenza. Il Sentimento del tempo si pone quindi come la "seconda tappa" dell'esperienza umana. Punti di riferimento sono le poesie Petrarca e Leopardi: alla base di entrambe c'è infatti un senso di decadenza. Petrarca si propone di ripristinare un mondo, quello della classicità, attraverso la memoria. Leopardi invece si trova di fronte a una società giunta al capolinea della sua evoluzione. A questo si aggiungono le suggestioni lasciate su Ungaretti dalla Roma barocca. La memoria si presenta infatti come un rudere. Ungaretti risale all'arte di Michelangelo, intesa come unione di contrari in cui è centrale la figura di Cristo, fusione di Dio e uomo, che è vittima e giudice al tempo stesso. Il Barocco agisce però anche a livello religioso. La vita, in quanto processo di creazione e distruzione, produce nell'uomo il dramma dell'antinomia tra la precarietà della propria condizione e "l'infallibilità fantastica del facitore".[5]

La poesia del Sentimento del tempo si presenta come poesia del tempo e delle sue metamorfosi. La Roma barocca è però anche ispiratrice di immagini mitologiche: le figure del mito svolgono una funzione evocativa e riempiono la sensazione di vuoto, un altro elemento derivato dalla poetica barocca.[6]

Le ultime opere

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Ungaretti nel 1969

Nelle raccolte successive al Sentimento del tempo, Ungaretti utilizza la metafora e l'analogia per proiettare la propria esperienza personale in un orizzonte mitico. Un esempio di questa ricerca è il poema La Terra Promessa (1950). Il testo si presenta come una serie di frammenti di un'opera più complessa. La vicenda in particolare doveva raccontare dello sbarco di Enea e delle sue imprese, dell'amore per la regina di Didone e della morte di lei. Tutte immagini che avrebbero dovuto esemplificare i principali temi della poetica ungarettiana.[7]

La raccolta Il dolore (1947) affronta una complessa esperienza personale: contiene le poesie composte in seguito alla morte del fratello e del figlio, e quelle ispirate all'occupazione nazista di Roma nel 1944. In questo modo il poeta dà voce a un dolore personale e collettivo. Per la sua natura, Il dolore può essere considerato il libro più "petrarchesco" di Ungaretti, perché si configura come un diario e si rispecchia in una riflessione sulla vita.[8]

Momenti di vivacità vengono raggiunti dal vecchio Ungaretti quando affronta il proprio dolore, come avviene in alcune poesie delle raccolte Un grido e paesaggi (1952) e Il taccuino del vecchio (1960).[4]

  1. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, pp. 23-24.
  2. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 24.
  3. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 987-988.
  4. 4,0 4,1 Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, p. 988.
  5. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 26.
  6. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, pp. 26-27.
  7. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 28.
  8. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, Saba, Ungaretti, Montale, Pavese, Gadda, Calvino, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 27.

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