Storia della letteratura italiana/Elio Vittorini

Storia della letteratura italiana
Storia della letteratura italiana
  1. Dalle origini al XIV secolo
  2. Umanesimo e Rinascimento
  3. Controriforma e Barocco
  4. Arcadia e Illuminismo
  5. Età napoleonica e Romanticismo
  6. L'Italia post-unitaria
  7. Prima metà del Novecento
  8. Dal secondo dopoguerra a oggi
Bibliografia

Elio Vittorini è uno dei protagonisti della cultura italiana del dopoguerra, sia per la sua attività di scrittore e romanziere, sia come intellettuale e organizzatore della cultura. Traduttore dall'inglese, ha contribuito a far conoscere in Italia importanti autori statunitensi. Ha però anche animato il dibattito culturale dirigendo varie riviste e collane editoriali (principalmente per Mondadori e Einaudi).

La vita

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Elio Vittorini

Elio Vittorini nasce a Siracusa il 23 luglio 1908 da padre di origine bolognese e madre siracusana.[1] Insieme al fratello Giacomo, durante gli anni dell'infanzia segue il padre ferroviere nei suoi spostamenti di lavoro per la Sicilia. Dopo la scuola di base, Elio frequenta la scuola di ragioneria senza interesse, finché, dopo essere fuggito di casa quattro volte, nel 1924 abbandona definitivamente la Sicilia. Si sposa intanto con Rosa Maria Quasimodo, sorella del poeta Salvatore.

Lavora per un certo periodo come contabile in un'impresa di costruzioni in Venezia Giulia e nel 1930 si trasferisce a Firenze, dove trova impiego come correttore di bozze alla Nazione. Inizia intanto a scrivere articoli e pezzi narrativi che invia a Curzio Malaparte, il quale li pubblica sulla rivista Conquista dello Stato. Nel 1927 invia a La Fiera Letteraria il suo primo importante scritto narrativo, Ritratto di re Gianpiero, che viene pubblicato. Nel 1929 inizia a collaborare alla rivista Solaria ed è pubblicato sull'Italia Letteraria un suo articolo, Scarico di coscienza, in cui accusa la letteratura italiana di provincialismo. Nel 1931, per le edizioni di Solaria esce il suo primo libro, una raccolta di racconti intitolato Piccola borghesia che sarà ristampato da Mondadori nel 1953. Tra il 1933 e il 1934 esce a puntate, sempre su Solaria, il romanzo Il Garofano Rosso, che a causa della censura fascista sarà pubblicato in volume solamente nel 1948 da Mondadori.

Nel 1931, a causa di una intossicazione da piombo, è costretto ad abbandonare il posto di lavoro come correttore di bozze. Da quel momento vive solamente del ricavato delle sue traduzioni dall'inglese (note quelle di Faulkner, Poe, Lawrence) e dell'attività di consulente editoriale.

Nel 1936, quando scoppia il conflitto in Spagna, Vittorini, che stava scrivendo Erica e i suoi fratelli, progetta con l'amico Vasco Pratolini di raggiungere i repubblicani spagnoli, e sulla rivista Bargello scrive un articolo in cui sprona i fascisti italiani ad appoggiare i repubblicani contro Francisco Franco. Questa presa di posizione gli causa l'espulsione dal Partito Fascista (questa è almeno la versione data dallo stesso Vittorini). L'anno prima aveva pubblicato, presso Parenti, Nei Morlacchi. Viaggio in Sardegna che aveva vinto il premio indetto dall'Infanzia e che sarà poi ristampato da Mondadori con il titolo Sardegna come un'infanzia nel 1952. Tra il 1938 e il 1939 esce a puntate su Letteratura il romanzo Conversazione in Sicilia, che sarà pubblicato in volume nel 1941, prima dall'editore Parenti e poi da Bompiani.

Da Bompiani ricevette un incarico editoriale e così, nel 1939, si trasferisce a Milano dove dirige la collana La Corona ed è curatore dell'antologia di scrittori statunitensi Americana. Quest'ultima, sempre a causa della censura fascista, è pubblicata solamente nel 1942 e con tutte le note dell'autore soppresse (l'edizione integrale venne pubblicata solamente nel 1968). In questa antologia compare per la prima volta nella scena culturale e letteraria italiana John Fante.

Nel 1942 lo scrittore si avvicina al Partito Comunista clandestino e partecipa attivamente alla Resistenza. Nel 1945 è direttore, per un certo periodo, dell'edizione milanese de l'Unità. Pubblica presso Bompiani il romanzo Uomini e no e fonda la rivista di cultura contemporanea Il Politecnico. Nel 1947, quando la rivista Il Politecnico termina le sue attività, Vittorini pubblica, sempre presso Bompiani, il romanzo Il Sempione strizza l'occhio al Frejus. Nel 1949 esce Le donne di Messina, che verrà ristampato con notevoli variazioni nel 1964.

Nel 1951 Einaudi lo chiama per dirigere la collana I Gettoni e Vittorini conduce il suo incarico facendo scelte molto precise riguardo agli autori da inserirvi, accogliendo soprattutto le opere di giovani scrittori come Calvino e Fenoglio, ma rifiutando Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Nello stesso anno, in un articolo che pubblica su La Stampa, Le vie degli ex comunisti, lo scrittore analizza acutamente le cause del distacco suo e di molti altri intellettuali dal Partito Comunista Italiano.

Negli anni che vanno dal 1952 al 1955 lo scrittore lavora al romanzo Le città del mondo che, abbandonato e rimasto incompiuto, verrà pubblicato postumo nel 1969 da Einaudi. Completa inoltre Erica e i suoi fratelli, che viene pubblicato nel 1956 da Bompiani. Quando scoppiano i fatti d'Ungheria lo scrittore, profondamente colpito, ne tenta un'elaborazione narrativa in un dramma rimasto inedito. Nel 1957 pubblica una raccolta di scritti critici dal titolo Diario in pubblico e nel 1959 fonda la rivista Il Menabò, edita da Einaudi, che dirige insieme a Italo Calvino.

Nel 1960 diventa direttore della collana La Medusa per Mondadori e in seguito della collana Nuovi scrittori stranieri. Nello stesso anno scrive un manifesto per protestare contro la guerra e la tortura in Algeria, e si candida nelle liste radicali del PSI. Nello stesso anno diventa presidente del Partito Radicale. Negli ultimi anni della sua vita è consulente della casa editrice Einaudi. Tutti gli appunti di riflessione sulla letteratura da lui lasciati sono raccolti da Dante Isella in un volume postumo intitolato Le due tensioni (1967).

Nel 1963 Vittorini si ammala di cancro allo stomaco e subisce una delicata operazione chirurgica. Malgrado la malattia, riprende a lavorare dirigendo la collana Nuovi scrittori stranieri per Mondadori e l'anno dopo la collana Nuovo Politecnico per Einaudi. Nell'estate del 1965 il cancro si manifesta in maniera più aggressiva, rendendosi inoperabile. Muore a Milano il 12 febbraio 1966.

Gli anni venti e trenta

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Tutta l'attività di Vittorini è caratterizzata dalla fiducia nella capacità della cultura di creare un mondo vitale. Attraverso la cultura crollano le convenzioni borghesi e si afferma la libertà individuale in tutta la sua forza. Negli anni giovanili risente della cultura della Voce e del vitalismo tipico del fascismo di sinistra. L'allontanamento dal fascismo lo porta a rivolgere questo vitalismo verso la realtà popolare. A questo si accompagna un nuovo interesse per le proprie origini siciliane e per i miti del mondo contadino.[2]

Questo vitalismo è ben osservabile nei racconti giovanili di Vittorini, e in particolare in quelli raccolti nel volume Piccola borghesia (1931), dove la rappresentazione della piccola borghesia è legata alla ricerca di una libera vitalità. Per questo molti racconti hanno per protagonisti dei bambini o degli adolescenti. Il romanzo Garofano rosso, uscito a puntate su Solaria nel periodo 1933-1936, mostra l'incontro tra la vitalità adolescenziale e la politica. Agli stessi anni risalgono Sardegna come un'infanzia (pubblicato in volume nel 1952) e il romanzo Erica e i suoi fratelli (scritto nel 1936 ma pubblicato nel 1952).

L'opera che dà maggiore risalto a Vittorini è però Conversazione in Sicilia. Iniziato nel 1937, il testo viene pubblicato a puntate su Letteratura tra l'aprile 1938 e l'aprile 1939. Distante dalle forme del realismo seguite nelle sue opere precedenti, Vittorini sembra qui tentare la via di una fusione tra realismo ed emetismo. Il risultato è una nuova forma di narrazione lirica, in cui gli oggetti e le situazioni sono collegati da analogie. Lo stile si caratterizza per le ascensioni liriche e le tonalità musicali; utilizza inoltre modi grammaticali che rimandano al parlato dialettale. Il romanzo segna anche l'interesse dell'autore per il mondo contadino, i suoi miti e i suoi valori. Uscendo dalla grigia realtà della borghesia durante il regime fascista, si cerca una via di liberazione e riscatto nel mondo oscuro e mitico della cultura popolare.[3]

L'attività del dopoguerra

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La partecipazione alla Resistenza fa sorgere in Vittorini l'esigenza di partecipare più attivamente nella vita civile. Il Politecnico, nato nel 1945, si propone infatti come strumento per diffondere una nuova cultura, capace non solo di consolare l'uomo, ma di proteggerlo dalla sofferenze. La rivista si apre inoltre alle nuove esperienze provenienti dall'estero, uscendo dai limiti della tradizione idealista italiana. Un atteggiamento che però incontrerà le critiche provenienti dal Partito Comunista. Vittorini stesso risponde a queste polemiche difendendo l'idea che la cultura sia una libera ricerca, ma riconoscendo allo stesso tempo la necessità di mantenere un contatto con il popolo.

È proprio seguendo una libera ricerca che Vittorini si interessa alle trasformazioni sociali in corso in quegli anni, interrogandosi per esempio sul rapporto tra uomo e fabbrica nelle città moderne. Questo lo porterà però ad allontanarsi dal Partito Comunista e dall'interesse per i valori del mondo contadino. Negli ultimi anni guarda quindi a una cultura di tipo tecnico-scientifico, in grado creare un nuovo rapporto tra l'uomo e gli oggetti.[4]

Tra le opere pubblicate nel dopoguerra, Uomini e no (1945) è direttamente ricollegabile all'esperienza della Resistenza, e presenta elementi provenienti dal cinema e dalla coeva letteratura americana. Il Sempione strizza l'occhio al Frejus (1947) traspone l'esistenza del proletariato milanese in una dimensione simbolica assoluta. Le donne di Messina (1947, ripubblicato in una versione rielaborata nel 1948) racconta, con una complessa struttura narrativa, l'esperienza di una comunità utopica composta da sbandati riunitisi in un villaggio. In una nuova edizione del 1964, questa costruzione di una comunità primitiva viene però criticata. Il suo ultimo romanzo, abbandonato e pubblicato postumo nel 1969, si intitola Le città del mondo ed è legato ancora una volta al mondo popolare siciliano.[5]

  1. Iole Vittorini, Mio fratello Elio, vol. vol. 1, Siracusa, Ombra editore, 1989, p. 11.
  2. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, p. 1046.
  3. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 1047-1048.
  4. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 1046-1047.
  5. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 1048-1049.