Storia della letteratura italiana/Alberto Moravia

Storia della letteratura italiana
Storia della letteratura italiana
  1. Dalle origini al XIV secolo
  2. Umanesimo e Rinascimento
  3. Controriforma e Barocco
  4. Arcadia e Illuminismo
  5. Età napoleonica e Romanticismo
  6. L'Italia post-unitaria
  7. Prima metà del Novecento
  8. Dal secondo dopoguerra a oggi
Bibliografia

Tra i più rappresentativi scrittori italiani del secondo dopoguerra, Alberto Moravia è stato un autore prolifico, animato da passione civile e curiosità culturale. Critico nei confronti della borghesia italiana, classe sociale da cui egli stesso proveniva, si fa conoscere già con il suo primo romanzo pubblicato quando era poco più che ventenne, Gli indifferenti. Nel dopoguerra firmerà varie altre opere di successo, molte delle quali saranno poi trasposte al cinema.

La vita

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Alberto Moravia

Nasce a Roma, con il nome di Alberto Pincherle, il 28 novembre 1907 in una agiata famiglia borghese. Firmerà però le sue opere con il cognome della nonna paterna, Moravia. La sua è un'infanzia difficile: malato di tubercolosi ossea, è costretto a letto per lunghi periodi e subisce vari ricoveri in sanatorio. Compie studi irregolari, leggendo per lo più classici e narratori contemporanei. Durante la convalescenza in un albergo di montagna scrive tra il 1925 e il 1928 il suo primo romanzo, Gli indifferenti: pubblicato nel 1928, ottiene immediato successo. Si inserisce attivamente nel mondo intellettuale e letterario italiano: continua a pubblicare racconti e stringe rapporti con Alvaro, Bontempelli e la redazione della rivista 900. Viaggia a lungo all'estero: soggiorna a Londra, a Parigi, negli Stati Uniti (ospite di Prezzolini) e persino in Cina.

Intrattiene buoni rapporti con influenti intellettuali fascisti, sebbene il regime guardi con sospetto alla sua produzione letteraria e imponga agli editori di darle scarsa visibilità. Infine nel 1941, con la pubblicazione del romano La mascherata, la censura interverrà in modo duro, proibendogli di scrivere sui quotidiani se non dietro pseudonimo. Nello stesso anno sposa la scrittrice Elsa Morante.

Dopo l'8 settembre 1943 la coppia fugge da Roma e ripara a Fondi, per tornare nella capitale solo dopo la Liberazione. Riprende l'attività letteraria e giornalistica, collaborando con con Il Mondo, L'Europeo, il Corriere della Sera. Pubblica vari interventi, reportage, riflessioni su argomenti di attualità. La sua attività di scrittore impegnato si intreccia con la partecipazione alla vita mondana.

Nel 1947 il successo del romanzo La romana lo fa conoscere e apprezzare da un pubblico sempre più ampio. Vari suoi libri si rivelano spunti per riduzioni cinematografiche. Tra i film tratti dalle sue opere si ricordano La provinciale (1952) di Mario Soldati, La romana (1954) di Luigi Zampa, La ciociara (1960) di Vittorio De Sica, Agostino o la perdita dell'innocenza (1962) di Mauro Bolognini e Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci. Attivo anche come sceneggiatore, Moravia si avvicina inoltre, durante gli anni cinquanta, alla scrittura per il teatro.

Nel 1953 fonda, insieme ad Alberto Carocci, la rivista culturale «Nuovi Argomenti», di cui sarà direttore fino agli ultimi anni di vita. Nel 1957 inizia a collaborare con l'Espresso, sul quale firma una rubrica di critica cinematografica. Nel 1960 la sua notorietà si amplifica ancora di più dopo il successo del romanzo La noia.

Nel 1962 rompe con Elsa Morante e inizia una relazione con la giovane scrittrice Dacia Maraini. Negli anni ottanta il suo impegno politico lo porta a candidarsi alle elezioni europee come indipendente nelle liste del Partito Comunista: eletto, siede al parlamento di Strasburgo dal 1984 al 1989. Muore a Roma il 26 settembre 1990.[1]

Poetica

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La passione civile e la curiosità culturale, che hanno accompagnato Moravia per tutta la sua attività letteraria, lo rendono scrittore impegnato sempre teso verso la razionalità. L'opera di Moravia è legata al realismo ed egli indaga le patologie delle classi sociali, specialmente dell'alta e della media borghesia.

Moravia riesce a distaccarsi dalla sua materia in modo lucido e a descrivere in modo minuziosamente oggettivo le varie realtà, come nella migliore tradizione della narrativa verista, senza lasciarsi tentare da alcuna compiacenza narrativa sempre tesa a ricreare i caratteri e soprattutto gli stati d'animo.

I rapporti tra l'individuo e la società, tra l'Es e il Super-io vengono analizzati attraverso il tema del sesso secondo una tematica freudiana e marxista che segue le ideologie della trasgressione sia nella sfera politica, sia in quella privata.

Lo stile della sua prosa è spoglio e disadorno, le parole sono volutamente povere e comuni per concentrarsi sulla costruzione del periodo con una sintassi elaborata. Ogni proposizione della sua prosa corrisponde a singole osservazioni psicologiche che s'incastrano in un montaggio perfetto fino ad affermare uno stato d'animo particolare. Il suo è uno stile esclusivamente da narratore che non si compiace di effetti lirici ma si affida esclusivamente allo svolgersi del periodo.

Nelle opere più tarde la sua prosa diventa sempre più scarna, legata a una struttura dialogica che rende più evidente il monologo interiore come è tipico della grande narrativa del Novecento.

I primi scritti e Gli indifferenti

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Moravia inizia a scrivere i suoi primi racconti sulla rivista 900 alla quale collabora a partire dal 1927: Cortigiana stanca (1927), Delitto al circolo del tennis (1928), Il ladro curioso e Apparizione (1929). Il successo ottenuto con il primo romanzo Gli indifferenti (1929), che viene visto dalla critica come esempio di romanzo esistenzialista e di stampo dostoevskijano, gli permette di proseguire la sua attività di scrittore e gli apre le porte del giornalismo.

Scritto quando l'autore aveva solo 22 anni, il romanzo si presenta come uno dei primi esempi della nuova letteratura che stava nascendo negli anni del fascismo. L'opera non è il risultato da una riflessione teorica, ma piuttosto da un impulso istintivo che spinge Moravia alla narrazione. Si tratta di una caratteristica tipica del suo stile, che si osserva anche nelle opere successive. Quella descritta negli Indifferenti è una realtà vuota, in cui i personaggi sono mossi unicamente dal proprio egoismo e non mostrano nessun interesse per la tragedia che si sta consumando. Ne esce un'immagine risentita e violenta della borghesia italiana negli anni del regime.[2]

Gli scritti negli anni del regime

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Durante il fascismo, che penalizzava la sua origine ebraica da parte del padre, la sua opera viene tenuta sotto controllo e alcuni suoi scritti vietati, come le recensioni a Le ambizioni sbagliate (1935), o sequestrati, come La mascherata (1941). In alcuni casi ne viene addirittura impedita la pubblicazione, come avviene per Agostino (1943).

Moravia però non rinuncia alla letteratura e scrive comunque opere di carattere allegorico. Continua inoltre l'attività giornalistica firmando i suoi interventi con uno pseudonimo. Esce in questo periodo la raccolta di racconti La bella vita (1935), L'imbroglio (1937) e I sogni del pigro (1940).

Gli scritti del dopoguerra

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Terminata la seconda guerra mondiale e trascorsi alcuni anni all'estero, Moravia riprende liberamente a scrivere e, oltre a dedicarsi al giornalismo, s'interessa di cinema, di teatro e di saggistica. Per il teatro scriverà Beatrice Cenci nel 1958, Il dio Kurt nel 1968, La vita è gioco nel 1969 e come saggista L'uomo come fine nel 1963 e l'Impegno controvoglia nel 1980.

Nel 1945 lo scrittore potrà pubblicare Agostino. Il romanzo segue i turbamenti di un tredicenne, Agostino, che scopre il sesso venendo a sapere di una relazione della madre con un uomo più giovane. Frequentando un gruppo di coetanei disposti a qualsiasi esperienza, il protagonista esce dall'ingenuità, attratto dagli aspetti torbidi della realtà attorno a lui. Tuttavia è frenato nei suoi impulsi dalla sua posizione di bravo ragazzo borghese, che gli impedisce di godere appieno della vitalità a cui possono accedere i ragazzi del popolo. Moravia aggredisce così il mito dell'adolescenza diffuso nella letteratura degli anni trenta, descrivendola come una fase della vita in cui la realtà appare come qualcosa di estraneo e sordido.[3]

I romanzi politici

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Alberto Moravia sul set de La romana (Zampa) si intrattiene con Gina Lollobrigida

Due anni dopo, nel 1947, vedrà la luce il romanzo La romana, romanzo politico come tutti gli altri di questo periodo, che narra la storia di una giovane prostituta che agisce in un ambiente di polizia fascista e di cospiratori antifascisti. Moravia viene così consacrato come autore neorealista. Seguono, al ritmo di un anno di distanza, La disubbidienza (1948) e L'amore coniugale (1949) nei quali lo scrittore fa una critica all'istituzione borghese del matrimonio.

Sempre al genere politico appartiene il romanzo Il conformista del 1951, nel quale spicca la storia di un uomo che diventa una spia dell'OVRA ed è tra i partecipanti all'assassinio dei fratelli Rosselli, e una tra le opere più famose dello scrittore, La ciociara del 1957 nel quale lo scrittore, rievocando i propri ricordi, descrive il mondo degli sfollati, durante la seconda guerra mondiale, che attendono con ansia in montagna che arrivino gli Alleati. Tra i romanzi politici si annovera I due amici, scritto nel 1952 ma rimasto incompiuto e pubblicato da Bompiani nell'ottobre del 2007.

A questa fase sono riconducibili anche i Racconti romani, scritti negli anni Cinquanta, che gli varranno il Premio Strega.

I romanzi legati alle nuove tendenze letterarie

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Nel romanzo Il disprezzo del 1954 e nei successivi, lo scrittore propone le tematiche adeguate alle nuove tendenze letterarie e culturali, come quella dell'alienazione, anche se la linea essenziale che lo guida rimane sempre l'osservazione della realtà. Tra i più noti è La noia del 1960 che vinse il premio Viareggio, al quale segue la raccolta di novelle L'automa del 1962, L'uomo come fine del 1964, L'attenzione del 1965, Una cosa è una cosa del 1967.

La noia è, insieme a Gli indifferenti, il romanzo più rappresentativo di Moravia e della sua analisi critica del mondo borghese. Il protagonista Dino è un intellettuale proveniente da una ricca famiglia romana, che fa di sé un'analisi psicologica e morale a partire dal senso di noia che prova. La "noia" non è altro che l'indifferenza di cui parlava il primo romanzo, l'estraneità nei confronti della realtà. Moravia porta avanti un affondo alla borghesia italiana degli anni cinquanta: la noia di Dino è un senso di inadeguatezza della realtà, che non riesce a persuaderlo della sua effettiva esistenza. L'unico modo per uscire da questa incomunicabilità sembra l'esperienza erotica. Anche questa però finisce per far ricadere nella noia, proprio per la sua ansia di possesso.[4]

Gli influssi del romanzo sperimentale e della psicoanalisi reichiana

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Le opere del periodo seguente, pur avendo impegno diseguale, si arricchiscono di nuove forme. In alcune di essi si risentono gli influssi del romanzo sperimentale, soprattutto dell'école du regard, in altre viene approfondito il tema psicoanalitico che riprende le teorie di Wilhelm Reich, discepolo di Sigmund Freud, incentrate sulla sessualità o ancora il tema politico e in specifico quello del terrorismo: Il paradiso del 1970, Io e lui del 1971, La vita interiore del 1978, La cosa del 1983, L'uomo che guarda del 1985, Viaggio a Roma del 1988, Palocco del 1990.

  1. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, p. 1066.
  2. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, pp. 1068-1069.
  3. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, p. 1069.
  4. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2003, p. 1070.