Impresa sociale di comunità/L'impresa sociale di comunità

M. Demozzi, F. Zandonai

Questo capitolo fornisce alcune informazioni introduttive sull'impresa sociale, proponendo una prima definizione e analizzandone le caratteristiche generali e i fondamenti teorici. Inoltre identifica i principali elementi che contraddistinguono le imprese sociali di comunità (ISC) rispetto ad altre soggettività organizzative, contribuendo a definire "cosa è" e "a cosa serve" l'ISC. Infine, vengono riportati i principali elementi di riconoscimento normativo di queste imprese oggi disponibili nella legislazione nazionale.

Cosa troverete in questo capitolo:
  • Impresa Sociale
  • Impresa Sociale di Comunità: una prima definizione
  • Impresa Sociale di Comunità: caratteristiche distintive, limiti e potenzialità

Dall'impresa sociale all'impresa sociale di comunità modifica

Iniziamo questo percorso delineando le peculiarità dell'impresa sociale avvalendoci dei numerosi contributi pubblicati in questi anni e, in particolare, della definizione della rete europea di ricerca Emes che ci sembra la più completa e articolata anche in una logica transnazionale. Questo rappresenta il nostro punto di partenza per meglio capire "cosa è" e "cosa fa" l'impresa sociale, individuandone specificità ed elementi di valore aggiunto rispetto alle altre forme organizzative.

Il network Emes ha proposto una definizione che si sviluppa lungo due dimensioni: economico-imprenditoriale e sociale. La prima, quella economico-imprenditoriale, prevede la presenza di quattro requisiti:

  1. una produzione di beni e/o servizi in forma continuativa;
  2. un elevato grado di autonomia;
  3. un livello significativo di rischio economico;
  4. la presenza, accanto a volontari o consumatori, di un certo numero di lavoratori retribuiti.

La dimensione sociale invece è garantita dalle seguenti caratteristiche:

  1. avere come esplicito obiettivo quello di produrre benefici a favore della comunità e quindi occuparsi della produzione di beni o servizi coerenti con l'obiettivo;
  2. essere un'iniziativa collettiva, cioè promossa da un gruppo di cittadini;
  3. avere un governo non basato sulla proprietà del capitale;
  4. garantire una partecipazione ai processi decisionali allargata, che coinvolga, almeno in parte, le persone o i gruppi interessati all'attività (quindi non solo i lavoratori o non solo gli utenti, come nel caso delle cooperative tradizionali);
  5. prevedere una distribuzione limitata degli utili.

Potenzialità e limiti dell'impresa sociale modifica

L'Italia rappresenta uno dei contesti dove l'impresa sociale ha trovato condizioni particolarmente favorevoli. A poco più di trent'anni dall'apparizione delle prime esperienze "pioniere", sono oggi operative circa diecimila imprese sociali che producono beni e servizi a favore di oltre tre milioni di cittadini, coinvolgendo circa trecentomila fra operatori retribuiti e volontari. Diversi sono i fattori all'origine di questo sviluppo.

  • La presenza di bisogni non soddisfatti dalle tradizionali agenzie di welfare ha indotto i cittadini ad auto-organizzarsi non solo per esprimere meglio la loro domanda (advocacy), ma anche per organizzare la risposta (producendo quindi servizi).
  • Il progressivo, anche se stentato, passaggio del sistema di welfare da una dimensione nazionale ad una locale (soprattutto per quanto riguarda i servizi sociali) ha messo in luce una richiesta di maggiore flessibilità delle risposte rispetto a bisogni sempre più mutevoli e differenziati; ciò ha indotto le amministrazioni pubbliche a guardare alle imprese sociali (e al terzo settore in generale) come un soggetto in grado di garantire tale flessibilità, oltre che come elemento di contenimento e razionalizzazione della spesa.
  • Le trasformazioni interne al terzo settore hanno ulteriormente sostenuto il processo di evoluzione verso forme giuridiche e organizzative maggiormente orientate in senso imprenditoriale. Il riconoscimento normativo della cooperativa sociale (avvenuto nel 1991, anche se le prime esperienze sono di almeno un decennio anteriori) rappresenta un traguardo che introduce nella forma giuridica dell'impresa cooperativa elementi tipici delle esperienze associative e volontaristiche come una mission allargata, orientata al benessere generale della comunità e non solo a quello dei soci proprietari; la compresenza, accanto ai lavoratori retribuiti, di volontari e di altri stakeholder; il vincolo alla non distribuzione degli utili.

  Approfondimento

LA LEGGE 381/91 (Cooperativa sociale)
  1. Mutualità allargata e orientamento solidaristico: le cooperative sociali perseguono "l'interesse generale della comunità e l'integrazione sociale dei cittadini".
  2. Settori di attività specifici: operano per la produzione di servizi socio assistenziali, sanitari ed educativi (tipo A) e/o per l'integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati (tipo B).
  3. Presenza di diversi stakeholder: la legge riconosce la possibilità - non l'obbligo - di prevedere diverse tipologie di soci (lavoratori, volontari, utenti).
  4. Vincolo alla non distribuzione degli utili.
 
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Della legge 381/1991 si parla diffusamente anche nei capitolo ottavo - Forme giuridiche, dodicesimo - Rapporto pubblico-privato e quindicesimo - Rapporti di lavoro.


A fronte di uno sviluppo costante (e a volte impetuoso) dell'impresa sociale si sono comunque manifestati alcuni ostacoli e limiti, sia interni che esterni al settore. Essi riguardano:

  • un'applicazione della normativa rallentata e disomogenea a livello locale e la presenza di un quadro frammentato di politiche pubbliche di incentivo;
  • la scarsa formalizzazione di strategie di integrazione e collaborazione fra le diverse soggettività del terzo settore rispetto allo sviluppo dell'impresa sociale;
  • la crescente preponderanza delle esternalizzazioni pubbliche come fonte di entrata delle imprese sociali e lo scarso sviluppo di altre tipologie di risorse.

L'effetto congiunto di questi e di altri fattori ha condotto ad uno scostamento sul versante istituzionale della risposta ai bisogni di protezione sociale. Molte imprese sociali appaiono sempre collocate nella sfera dello stato e del mercato piuttosto che nella "membrana" della società civile. Di conseguenza si segnala una crescente difficoltà a mettere a valore la dimensione comunitaria che pure costituisce un fattore centrale dell'identità specifica di queste imprese ("l'interesse generale della comunità"). L'impresa sociale di comunità non è quindi una tautologia, ma il modello attraverso cui si persegue una legittimazione sostanziale di questa forma d'impresa.

L'impresa sociale di comunità: tratti caratteristici e processi di sviluppo modifica

Cosa è l'impresa sociale di comunità modifica

L'ISC è una forma evolutiva dell'impresa sociale che mette a valore la dimensione comunitaria - ovvero un aspetto sostanziale dell'identità di queste imprese - ma che negli ultimi anni ha anche conosciuto una fase involutiva a favore di modalità di azione che invece privilegiano la fornitura di beni e servizi secondo logiche esclusivamente burocratiche e/o mercantili.

La dimensione comunitaria delle ISC non rappresenta un fenomeno "naturale", pre-esistente e quasi dato per scontato, ma piuttosto il frutto di un processo intenzionale e dinamico, che nasce e si evolve intorno alla capacità di combinare sistemi di relazione di tipo informale - basati su legami interpersonali e di appartenenza (politici, religiosi, culturali, di parentela, ecc.) - con relazioni formali che coinvolgono soggetti istituzionali. Questo mix di relazioni promosso dalle ISC è in grado sia di sostenere risposte auto-organizzate a bisogni di sicurezza, coesione, protezione sociale (ad esempio mobilitando il volontariato), ma anche di svolgere una funzione di "cerniera" con la sfera istituzionale del welfare (soprattutto quella pubblica, ma non solo).

Questi processi di raccordo tra sistemi di relazione formale e informale avvengono intorno a questioni specifiche e fortemente contestualizzate; essi richiedono quindi una costante opera di ri-composizione del ruolo e degli apporti di tutti gli attori in gioco, in modo che ciascuno di essi sia il più possibile consapevole del percorso che si trova a condividere con altri soggetti, spesso contraddistinti da un notevole livello di eterogeneità.

La dimensione comunitaria si può quindi considerare, in termini generali, il frutto di una relazione biunivoca e di reciprocità tra ISC e collettività. Da un lato, le imprese sociali hanno bisogno, soprattutto nella fase iniziale, di poter disporre di risorse provenienti dalla comunità locale e di legittimazione a sostegno della loro attività; d'altro lato, queste organizzazioni non si limitano all'utilizzo di legami pre-esistenti, ma con la loro azione fanno riemergere risorse di natura relazionale che ridanno linfa alla comunità grazie a processi di "coagulazione" intorno a specifiche iniziative. Agiscono così come soggetti in grado sia di costruire nuovi legami sociali che di riattivare quelli indeboliti.

 
Figura 1.1. Il circuito virtuoso dell'ISC

Cosa fa l'impresa sociale di comunità modifica

  • Persegue finalità di interesse generale a favore di comunità locali ben identificate, attivando e sostenendo la formazione di coalizioni orientate di attori comunitari e istituzionali.
  • Produce in modo continuativo beni che incidono su elementi portanti della qualità della vita sociale quali autonomia, appartenenza, sicurezza, ecc.
  • Adotta modelli organizzativi e gestionali che prevedono una presenza attiva di diversi portatori di interesse.
  • È strutturalmente integrata in reti con funzioni di coordinamento e governance.

Ciò non significa tuttavia che le imprese sociali siano una soluzione di per sé e sempre preferibile, una sorta di stato evolutivo superiore nel ciclo di vita di un'organizzazione non profit; esse sono piuttosto il frutto di una scelta autonoma di sviluppo dettata da una molteplicità di fattori. Questa affermazione della differenza tra imprese sociali e altre tipologie di organizzazioni non profit non significa quindi postulare una separazione netta tra questi soggetti; si tratta piuttosto di una specializzazione funzionale che si verifica all'interno di un universo di organizzazioni che mantengono finalità comuni. Allo stesso modo, gli elementi distintivi della ISC rispetto all'impresa sociale stanno nelle modalità organizzative e gestionali.

  Glossario

Definizione di non profit

Fanno parte del settore non profit le realtà del volontariato, le associazioni, gli enti morali, le organizzazioni non governative, le fondazioni, le cooperative e le imprese sociali, gli enti ecclesiastici che, operando per il perseguimento di fini di solidarietà e di pubblica utilità in ambito sociale, civile o religioso, non hanno per fine il profitto. Si tratta di organizzazioni private, autonome dal punto di vista del governo e caratterizzate dalla presenza di volontari e operatori retribuiti. I soggetti non profit possono svolgere attività commerciali e imprenditoriali, ma eventuali profitti conseguiti sono reinvestiti nel perseguimento delle finalità proprie e non vengono distribuiti a promotori, partecipanti o aderenti all'organizzazione stessa.

Le caratteristiche distintive dell'impresa sociale di comunità modifica

La dimensione imprenditoriale modifica

  • Capacità di attrarre e combinare risorse di diversa natura. Le ISC basano la loro azione imprenditoriale sulla differenziazione delle risorse necessarie per garantire la loro sopravvivenza e sviluppo. Esse sono in grado di dar vita a un mix di risorse differenziato sia per tipologia di soggetto (attori individuali e collettivi, soggetti pubblici e privati) sia per tipologia delle risorse (economiche e non, di mercato e donative, ecc.).
  • Un approccio progettuale di tipo incrementale. La progettualità comunitaria delle ISC si basa sull'integrazione strutturale tra sistemi di monitoraggio dei fenomeni su cui esse intervengono (la "lettura dei bisogni") con metodologie di autovalutazione e rendicontazione delle iniziative messe in atto. Ciò consente alle ISC di assumere un approccio incrementale capace di adeguare in corso d'opera obiettivi e contenuti delle azioni intraprese, adattandole alla mutevolezza e dinamicità del contesto.
  • Capacità di rispondere a bisogni complessi con un orientamento all'autonomia. Le ISC caratterizzano la loro azione per una capacità di "presa in carico" che si fa carico non solo dell'utente finale dei servizi ma delle sue reti informali di aiuto e supporto. Inoltre esse agiscono favorendo percorsi di emancipazione da situazioni di bisogno.
  • Diffusione di sistemi organizzativi in grado di soddisfare strutture motivazionali complesse. La centralità del capitale umano nella produzione dei beni e servizi e il coinvolgimento di soggetti diversi richiede la presenza nelle ISC di soluzioni organizzative (ad esempio in sede di selezione, formazione, accompagnamento, ecc.) in grado di rispondere alla complessità degli elementi motivazionali che sostengono la loro azione.

  Approfondimento

La legge 118/05 (e decreti applicativi) Pubblicati i decreti attuativi della legge sull’impresa sociale (Impresa sociale)

L'impresa sociale, secondo la nuova normativa, è un'organizzazione che presenta le seguenti caratteristiche:

  • è privata e può assumere diverse forme giuridiche, non solo quelle tipiche del terzo settore (cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, ecc.), ma anche del mondo dell'impresa in generale (nel decreto, infatti, si fa riferimento alla "disciplina generale […] delle società e delle cooperative") e degli enti ecclesiastici;
  • è in grado di gestire "in forma stabile e continuativa" la produzione di beni e servizi, distinguendosi così da altre forme estemporanee e non continuative che caratterizzano soprattutto l'attività di soggetti del terzo settore;
  • è senza finalità di lucro, imponendo in questo modo un vincolo importante a livello di distribuzione della ricchezza generata dall'impresa sociale, soprattutto nel caso in cui essa assuma forme giuridiche tipiche del settore commerciale che quindi richiederanno adeguamenti statutari in tal senso;
  • produce beni e servizi "di utilità sociale", dove con questa qualifica la legge sembra far riferimento a un insieme piuttosto ampio e variegato di attività, la cui caratteristica comune è di contribuire a realizzare "finalità di interesse generale";
  • opera in diversi settori di attività, o "materie di rilevanza sociale", che riguardano non solo i "tradizionali" settori del welfare socio-assistenziale, ma anche cultura, turismo sociale, formazione professionale, ecc;
  • prevede il coinvolgimento di alcuni stakeholder chiave, come i lavoratori e i beneficiari dei servizi;
  • rendiconta socialmente le proprie attività attraverso il bilancio sociale.

La dimensione comunitaria modifica

  • Un riferimento esplicito alla comunità come stakeholder dell'organizzazione. Le ISC riconoscono la comunità come loro principale portatore di interesse, sia in veste di beneficiario delle attività svolte, ma anche come generatore di risorse e opportunità di sviluppo. Il riconoscimento della comunità avviene su base territoriale, ovvero quel contesto socio economico in cui le ISC sono in grado di proporre una progettualità volta a far emergere situazioni di bisogno, ma anche a mobilitare risorse per rispondervi.
  • Una capacità diffusa di sviluppare relazionalità a livello informale. Le ISC sono organizzazioni in grado di valorizzare e rafforzare reti di relazioni di carattere informale, soprattutto con quei soggetti che più da vicino beneficiano delle loro attività (persone, gruppi sociali, ambiti familiari, comunità locali, ecc.). Questa competenza costituisce un tratto tipico dell'azione organizzativa sia a livello strategico che operativo.
  • Una connessione strutturata con i principali attori del sistema di protezione sociale. Nelle esperienze studiate durante l'indagine si sono osservati da parte delle ISC orientamenti espliciti verso la costituzione di sistemi di governance territoriale attraverso la strutturazione e il consolidamento di sistemi di relazione interorganizzativa con altri attori pubblici e privati. Le finalità possono essere diverse: programmatorie (nella maggior parte dei casi), ma anche di costituzione di vere e proprie filiere di servizi.
  • L'apertura del sistema di governance e dei processi produttivi. Nelle ISC sono diffusi modelli organizzativi che favoriscono la partecipazione di diversi soggetti (lavoratori, utenti, volontari, ecc.) sia al governo dell'organizzazione sia ai processi di produzione dei beni e dei servizi (ad esempio in sede di progettazione, valutazione, ecc.). L'apertura del sistema avviene non tanto attraverso vincoli di carattere normativo, ma piuttosto adottando strategie consapevoli di selezione, incentivazione e coordinamento degli stakeholder.

  In Pratica

Una check-list per l'ISC

Per capire se e quanto la vostra organizzazione si può considerare un'ISC provate a leggere i seguenti indicatori e a indicare se le caratteristiche a cui fanno riferimento sono presenti o assenti; si tratta naturalmente di un primo strumento di tipo orientativo.

L'utilizzo e la produzione di capitale sociale
  • riferimenti espliciti alla comunità come beneficiaria delle attività
  • presenza di strumenti per il monitoraggio dei bisogni
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L'attivazione e la combinazione delle risorse
  • presenza di equipe multidisciplinari con competenze trasversali
  • partecipazione degli utenti nella progettazione, valutazione, ecc.
  • differenziazione degli apporti di risorse per tipologia di soggetto
  • differenziazione delle risorse economiche (donative, da mercato)
  • disponibilità alla capitalizzazione da parte dei soci
  • presenza di un apporto significativo di lavoro gratuito
  • presenza di attività che favoriscono la partecipazione degli utenti
  • diffusione di motivazioni di natura extraeconomica nei lavoratori
  • presenza di relazioni strutturate con organizzazioni degli utenti

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La generazione di benefici
  • capacità di progettazione "globale" rispetto ai bisogni
  • adozione di strumenti di valutazione e rendicontazione sociale
  • redistribuzione consapevole di risorse a favore della comunità
  • integrazione in "filiere" di servizi

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Le forme di legittimazione
  • presenza di vari portatori di interesse negli organi di governo
  • presenza di forme coordinamento e integrazione con altri attori
  • presenza di legittimazione istituzionale (leggi, programmazione, ecc.)
  • partecipazione ai "tavoli" di programmazione

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Nel capitolo sedicesimo - Monitoraggio e autovalutazione - verrà proposta una nuova check-list più elaborata, in grado di valutare puntualmente le performance di una ISC.


  In Pratica

Dieci semplici regole per gestire una ISC

  1. Ascolta i bisogni del territorio e identifica i beneficiari delle attività
  2. Promuovi coalizioni di attori per un obiettivo comune
  3. Coinvolgi diversi stakeholder
  4. Attrai e combina diversi tipi di risorse
  5. Valorizza la conoscenza tacita
  6. Favorisci la circolazione delle informazioni
  7. Connetti le reti formali e informali
  8. Monitora e rendiconta le performance economiche e sociali
  9. Adotta sistemi decisionali trasparenti e aperti
  10. Utilizza un mix di incentivi per motivare i lavoratori

  Risorse

  • Centro studi Cgm (a cura di), Beni comuni. Quarto rapporto sulla cooperazione sociale in Italia, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2006.
  • Demozzi M., Zandonai F., L'impresa sociale di comunità. Definizione, processi di sviluppo e struttura organizzativa, Quaderni Equal Restore, Trento 2007. [1]
  • Demozzi M., Zandonai F., L'impresa sociale di comunità. Scenari, cultura e organizzazione, Presentazione, Trento 2006.
  • Fici A., Galletti D. (a cura di), Commentario al decreto sull'impresa sociale (D. lsg. 24 marzo 2006, n. 155), Giappichelli, Torino 2007.
  • Blog www.impresasociale.info