Impresa sociale di comunità/Governance
E. Tortia
Il capitolo analizza gli assetti proprietari e decisionali dell'impresa, le modalità e le forme di aggregazione e di coinvolgimento dei vari portatori di interesse. Nello specifico, spiega il ruolo che possono assumere i vari stakeholder, le possibili forme di rappresentanza, coordinamento e responsabilità dentro e fuori dagli organi istituzionali, mettendo in luce quali siano gli obiettivi da perseguire e quali gli interessi in relazione ad essi.
Cosa troverete in questo capitolo:
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Il concetto di governo di un'organizzazione
modificaPrima di affrontare l'argomento specifico del governo delle imprese sociali di comunità (ISC) è necessario definire il concetto di governo organizzativo. In termini generali, questo può essere inteso come l'insieme di modalità e di processi gestionali, formalizzati o meno, che permettono di prendere le decisioni rilevanti riguardo all'attività, tanto ordinaria quanto strategica, di una organizzazione.
Nel concetto di governo organizzativo è sempre implicita l'esistenza di routine, cioè di percorsi organizzativi standardizzati (pattern), che gli attori presenti nell'organizzazione seguono di regola in modo più o meno cosciente per raggiungere le decisioni rilevanti. Ciò significa che molti pattern organizzativi vengono seguiti con regolarità e senza che i soggetti coinvolti li abbiano programmati in modo cosciente. Gli stessi pattern sono anche la base della cosiddetta "conoscenza organizzativa tacita" cioè di quella componente conoscitiva che è incorporata nei processi organizzativi e che permette all'organizzazione di funzionare e di raggiungere risultati adeguati pur non essendo esplicitamente codificata; essa è sempre legata alla storia dell'organizzazione e delle persone che per prime hanno contribuito a formarla ed accumularla, lasciandone un'impronta nelle ruotine organizzative, formali ed informali.
Per informazioni più approfondite sul concetto di conoscenza si veda il terzo capitolo - Ideazione. |
Definizione di Governance
I processi decisionali possono essere più o meno formalizzati, più o meno individualizzati.
- Sono formalizzati quando sono previsti esplicitamente dalle leggi riguardanti quella specifica forma organizzativa (per esempio le leggi sui modelli di gestione delle società di capitale, le leggi che regolano la posizione del socio lavoratore nelle cooperative ecc.), ovvero quando sono contenuti negli statuti della singola organizzazione (in questo caso ogni organizzazione ha un solo statuto) o nei regolamenti (che possono essere molteplici e rimpiazzati da nuovi regolamenti).
- I processi decisionali hanno però anche aspetti informali, certamente meno rilevanti a livello legale, ma centrali quando si considera il modo in cui ciascuna organizzazione si differenzia dalle altre. Per esempio, le decisioni possono essere prese seguendo procedure di tipo collegiale ovvero prevalentemente dai direttori e presidenti delle imprese sociali. Non è detto che gli statuti ed i regolamenti contengano nel dettaglio tutte le istruzioni necessarie a definire queste procedure e quindi è possibile che di fatto in molte circostanze si seguano percorsi di tipo abitudinario.
I processi decisionali possono essere imperniati sul ruolo di alcune figure chiave (di solito il presidente, il direttore o gli amministratori) che risalteranno a prescindere dalla forma specifica della struttura di governo. In altri casi le decisioni tenderanno ad essere prese in modo collegiale e le procedure seguite per definirle, più che i singoli individui che si trovano nelle posizioni decisionali più strategiche, saranno determinanti per il risultato finale. Di norma si ritiene che il ruolo degli individui sia più rilevante nelle organizzazioni di piccola dimensione e meno complesse; al crescere della dimensione e della complessità organizzativa le procedure tendono ad acquisire un carattere sempre più collettivo e formalizzato. Questa è una tendenza generale, in quanto le norme contenute negli statuti e nei regolamenti tendono a sostituirsi ai rapporti interpersonali al crescere della complessità organizzativa.
Il governo mono-stakeholder
modificaIl governo dell'organizzazione si presenta come un fenomeno estremamente complesso, che coinvolge i suoi organi principali (assemblea dei soci, presidente, consiglio di amministrazione, direttore ecc.) e tutte le procedure rilevanti per la vita organizzativa. Il fenomeno è così complesso che tradizionalmente si è dato credito alla massima semplicità delle strutture di governo ritenendola una condizione necessaria per l'efficienza e l'efficacia dei processi decisionali. Gli addetti ai lavori e gli studiosi tendono a mettere in risalto le caratteristiche positive delle strutture di governo nelle quali i soggetti abilitati a decidere siano in numero minore possibile ed appartengano ad una sola categoria di portatori di interesse. Una delle caratteristiche principali e più apprezzate delle imprese a scopo di lucro è proprio la forte concentrazione del potere decisionale nelle mani di pochi soggetti (i proprietari e/o il management) ed il fatto che gli interessi espressi da tali soggetti siano omogenei e rispondano tipicamente alla logica della massimizzazione del valore economico dell'organizzazione, e quindi del valore di mercato delle sue quote di capitale.
Definizione di stakeholder
Il termine stakeholder nella sua accezione oggi più diffusa fu introdotto nella letteratura manageriale da Richard Freeman nel 1984 e va correttamente interpretato nel significato di "portatore di interesse". Stakeholder di un'organizzazione è un qualunque soggetto o gruppo di soggetti che interagisce in modo diretto o indiretto con l'organizzazione e il cui benessere è influenzato da tale interazione. L'influenza può essere diretta, come nel caso di un finanziatore, di un cliente/utente, di un lavoratore dell'organizzazione stessa o di un beneficiario di servizi resi a scopo gratuito, ma può anche essere indiretta, come nel caso degli abitanti di una comunità nella quale opera un'impresa potenzialmente inquinante o altrimenti pericolosa. Nel primo caso si tratterà di un effetto distributivo diretto ovvero di un effetto redistributivo, mentre nel secondo caso si parlerà di esternalità positive o negative.
Definizione di Esternalità
Questo tipo di struttura di governo può essere definita mono-stakeholder in quanto vi è una sola categoria di soggetti i cui interessi sono pienamente rappresentati negli organi di controllo. Va detto che le organizzazioni mono-stakeholder, di gran lunga le più diffuse anche ai nostri giorni, non sono necessariamente imprese a scopo di lucro. Le cooperative, nell'accezione più tradizionale - per esempio quelle di lavoro, di credito, di produttori ecc. - si caratterizzano per essere imprese mono-stakeholder in quanto una sola categoria di attori economici, benché non gli investitori, controlla la loro struttura di governo. In tal senso si ritiene che gli interessi rappresentati siano quelli di una sola categoria di soggetti anche nel caso in cui le strategie aziendali non abbiano come obiettivo la massimizzazione del valore economico dell'organizzazione, come avviene nelle imprese a scopo di lucro. Al contrario, le cooperative sociali rappresentano l'unica categoria di imprese cooperative che nasce con una governance adatta a tenere conto degli interessi di più di una categoria di soggetti. Le ISC presentano notevoli elementi di sovrapposizione con il modello di governo delle cooperative sociali e tra questi proprio la multi-stakeholdership del governo organizzativo.
I limiti del modello mono-stakeholder
modificaMentre gli aspetti positivi del governo mono-stakeholder concernenti la speditezza dei processi decisionali e la riduzione del rischio di insorgenza di contrasti tra i soci dell'organizzazione sono stati ampiamente messi in risalto dalla letteratura scientifica, non altrettanto si è fatto per quel che riguarda i limiti di tale soluzione. La struttura di governo mono-stakeholder risponde alla necessità di aumentare al massimo l'efficienza produttiva delle imprese ed è quindi adatta per le organizzazioni che operano in contesti altamente competitivi e che producono beni e servizi standardizzati. Essa però presenta almeno due ordini di problemi.
- In primo luogo la struttura di governo mono-stakeholder, per sua natura, non tiene conto o tiene conto solo indirettamente dei bisogni, delle motivazioni e degli interessi dei soggetti esclusi dal governo organizzativo, ma che risentono direttamente o indirettamente dall'operare dell'organizzazione. In altri termini, la gestione della posizione dei soggetti diversi da chi controlla l'organizzazione non viene internalizzata nelle scelte strategiche, ma lasciata alle transazioni contrattuali che possono presentare limiti di applicabilità e varie incompletezze. Benché i processi decisionali in una organizzazione multi-stakeholder siano di norma più lenti e più costosi, il coinvolgimento di attori diversi nel governo delle organizzazioni può portare a decisioni di migliore qualità e, quindi, in grado di generare un maggiore valore aggiunto economico e/o sociale.
- In secondo luogo, vi possono essere situazioni nelle quali le organizzazioni mono-stakeholder non sono in grado di operare, tipicamente perché le imperfezioni dei mercati di riferimento (dei fattori di produzione e di sbocco) sono così pronunciate che la produzione non potrebbe avere luogo in assenza del coinvolgimento di soggetti eterogenei. Inoltre, visto che la redazione di contratti completi può non essere possibile nel caso di rapporti contrattuali particolarmente complessi (come ad esempio molti contratti di lavoro) in alcune situazioni l'unico modo efficace per internalizzarne gli aspetti più rilevanti è l'inclusione attiva degli stakeholder nelle decisioni che li riguardano.
Definizione di Contratti completi
Definizione di Internalizzazione
Questi elementi di "imperfezione" vengono descritti nel riquadro successivo in quanto particolarmente rilevanti nel caso delle imprese sociali.
Le peculiarità dei beni prodotti dalle imprese sociali
Spesso le imprese sociali e le altre organizzazioni non profit sono coinvolte nella produzione di beni comuni che si differenziano dai beni pubblici (ad esempio l'illuminazione e la viabilità pubblica) perché sono non escludibili ma rivali, mentre i beni pubblici sono non escludibili e non rivali. Esempi di beni comuni sono i servizi socio-sanitari, che sono spesso chiaramente rivali (il consumo di una persona esclude il consumo di altre persone), ma non escludibili (nessuno può essere escluso dalla loro fruizione) in quanto rappresentano diritti sociali.
Altra caratteristica dei beni prodotti dalle imprese sociali è la presenza di consistenti asimmetrie informative tra il produttore del bene e chi lo consuma, a vantaggio del primo rispetto al secondo (ad esempio una persona anziana che usufruisce di un servizio di assistenza domiciliare non è in possesso di tutti gli elementi di conoscenza per valutarne contenuto e qualità, oppure per decidere se rivolgersi ad un altro fornitore). La presenza di asimmetrie informative solleva rischi legati ad eventuali fenomeni di opportunismo degli operatori per la difficoltà di controllare i risultati raggiunti e per l'incompletezza dei contratti (di lavoro e di vendita dei servizi). La natura complessa dei beni scambiati, infatti, rende difficile, se non impossibile, inserire tutte le "clausole" contrattuali che regolano la relazione tra produttore e beneficiario.
Le organizzazioni non profit e le imprese sociali si caratterizzano anche per il fatto di operare in settori che producono servizi ad alto contenuto relazionale e non standardizzati. La prima caratteristica si riferisce a quelle tipologie di servizi, come molti servizi sociali, per i quali la relazione di tipo personale con l'utente è una parte essenziale del servizio. La bassa standardizzazione deriva dall'impossibilità di fissare a priori procedure standard e riproducibili sempre con le stesse caratteristiche per la realizzazione del servizio. Quando il servizio si basa su una relazione di tipo personale, l'operatore che lo realizza deve essere in grado di adattare le procedure al caso specifico e di cambiarle se necessario, mentre questo non accade nel caso dei servizi standardizzati.
Infine la necessità di garantire la fornitura dei servizi anche a soggetti non in grado di pagarne il prezzo pieno di mercato può richiedere il coinvolgimento diretto nel governo organizzativo di attori diversi dai finanziatori quali le autorità locali, gli utenti, i lavoratori, le associazioni di rappresentanza, le associazioni di volontariato ecc.
Il governo multi-stakeholder
modificaCome già anticipato, per governo multi-stakeholder si intende la partecipazione attiva di più di un gruppo di soggetti portatori di interessi omogenei al governo dell'organizzazione. Non è necessario che tutti i gruppi di stakeholder coinvolti attivamente siano inseriti negli organi di controllo come il consiglio di amministrazione, nel consiglio di sorveglianza o nel collegio sindacale. La partecipazione può anche concretizzarsi in semplici procedure di informazione e/o consultazione, ma deve essere formalizzata negli statuti o nei regolamenti. In effetti, non sempre la partecipazione diretta può concretizzarsi o è auspicabile che si concretizzi nel controllo dell'organizzazione in quanto può essere difficile da realizzare o non rilevante ai fini di una migliore conduzione dell'impresa. Per esempio, in molte imprese risulta difficile (se non, al limite, impossibile) coinvolgere i clienti o gli utenti in quanto la loro interazione con l'impresa si riduce a poche o ad un'unica transazione commerciale. In questi casi i meccanismi partecipativi difficilmente possono andare al là del diritto di ricevere alcune informazioni sulla transazione eseguita, di norma in termini di semplici informazioni sulle caratteristiche del prodotto (per esempio può essere richiesto di fornire informazioni sui risvolti sociali dell'attività d'impresa ovvero sulle attività intraprese per migliorare i rapporti con gli utenti). In altri casi, quando le relazioni tra l'impresa ed un certo gruppo di stakeholder sono stabili e continuative è possibile prevedere forme partecipative più compiute. Sempre nel caso degli utenti, la fornitura di servizi stabili e continuativi come quelli finanziari e bancari sono casi nei quali forme più strutturate di consultazione ed anche controllo possono diventare realizzabil; si pensi ad esempio al caso delle banche etiche che devono interagire strettamente con gli utenti dei propri servizi per dimostrare la rilevanza sociale dei propri investimenti, ovvero al caso dei nidi d'infanzia nei quali gli utenti - i genitori - interagiscono con la stessa organizzazione per un arco di tempo più o meno lungo.
La partecipazione degli stakeholder nella nuova legge sull'impresa sociale
Legge delega n. 118/05[1], art. 1: "[…] Tale disciplina deve essere informata ai seguenti principi e criteri direttivi: […] b) prevedere, in coerenza con il carattere sociale dell'impresa e compatibilmente con la struttura dell'ente, omogenee disposizioni in ordine a: […] 10) forme di partecipazione nell'impresa anche per i diversi prestatori d'opera e per i destinatari delle attività."
Decreto n. 155/06[2], art. 12: Coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività.
"1. Ferma restando la normativa in vigore, nei regolamenti aziendali o negli atti costitutivi devono essere previste forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività.
2. Per coinvolgimento deve intendersi qualsiasi meccanismo, ivi comprese l'informazione, la consultazione o la partecipazione, mediante il quale lavoratori e destinatari delle attività possono esercitare un'influenza sulle decisioni che devono essere adottate nell'ambito dell'impresa, almeno in relazione alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti o scambiati."
Il testo della normativa denota una scelta del legislatore piuttosto "morbida" in tema di partecipazione degli stakeholder. Le forme di rappresentanza dei portatori di interesse si possono risolvere infatti nell'adozione di un sistema informativo e di comunicazione piuttosto blando. Tuttavia, la legge richiede che le forme di coinvolgimento previste abbiano un qualche impatto rilevante sui processi decisionali dell'organizzazione; sembra quindi che la semplice informazione in forma scritta non sia sufficiente, ma che siano necessari scambi informativi e consultivi più complessi, quali la distribuzione di brochure con questionari.
Al di là delle previsioni legali, sarà interessante osservare nella pratica quali soluzioni partecipative verranno adottate sulla base dell'autonomia statutaria, anche per valutarne l'efficacia relativa. Infatti, benché le soluzioni meno partecipative possano apparire come le più efficienti rispetto ad una analisi superficiale, le caratteristiche dei servizi prodotti possono consigliare forme partecipative specifiche in grado di aumentare l'efficienza e l'efficacia organizzativa, per esempio rispetto alla qualità dei servizi prodotti.
I vantaggi del modello multi-stakeholder
modificaL'abbattimento delle asimmetrie informative
modificaIl maggiore vantaggio di una struttura di governo multi-stakeholder consiste nel poter internalizzare gli aspetti più rilevanti delle relazioni tra i diversi attori coinvolti. In presenza della necessità di raccogliere ed elaborare informazioni complesse, spesso contenute in conoscenza detenuta privatamente che può avere un'importante componente tacita, cioè non codificabile, una struttura di governo centralizzata ed inclusiva nella quale i protagonisti abbiano la possibilità di interagire direttamente, può essere una soluzione più efficace rispetto al governo mono-stakeholder, ed anche più efficiente. Ciò è ancora più vero nel caso in cui, come di norma avviene, gli interessi economici e sociali in gioco non siano perfettamente allineati tra di loro, ma presentino rischi di frizioni se non governati adeguatamente. Allo stesso tempo, la presenza di asimmetrie informative e l'incompletezza dei contratti impediscono l'uso della direzione di tipo gerarchico per ottenere gli esiti auspicati.
Una delle principali conseguenze della presenza di interessi contrastanti è l'esistenza di blocchi informativi e la diffusione di informazioni distorte. In questi casi la soluzione contrattuale può portare ad un forte aumento dei costi o all'impossibilità di stipulare il contratto quando non vi siano le basi fiduciarie necessarie. Non è infatti necessario che i comportamenti scorretti abbiano effettivamente luogo perché si realizzi il fallimento della transazione. In alcuni casi può essere sufficiente il rischio del manifestarsi di tali comportamenti ad impedire la transazione. Nei casi in cui questi rischi mettono a repentaglio la realizzazione della transazione a costi accettabili, l'internalizzazione dei rapporti tra stakeholder può permettere significativi miglioramenti grazie alla creazione di una struttura cognitiva e istituzionale comune fondata sulla fiducia reciproca oltre che sugli obblighi societari. Questi miglioramenti sono spesso impossibili nel caso di semplici relazioni contrattuali dal momento che, per loro natura, esse danno adito a relazioni di più breve periodo e per essere sottoscritte richiedono la conoscibilità e la dimostrabilità delle informazioni più rilevanti.
Queste argomentazioni sono particolarmente importanti nel caso delle imprese sociali perché esse spesso lavorano in contesti caratterizzati da forti asimmetrie informative e incompletezza contrattuale, mentre in contesti economici più tradizionali e caratterizzati dalla produzione di beni e servizi standardizzati, la conoscibilità e la verificabilità delle informazioni rilevanti è un obiettivo raggiungibile senza un eccessivo aumento dei costi ed i potenziali fallimenti del contratto sono superabili anche per via transattiva. Al contrario, l'internalizzazione dei principali elementi di incompletezza informativa nel governo organizzativo permette di supportare relazioni basate sui cosiddetti contratti impliciti (cioè non esplicitamente redatti e sottoscritti dai partecipanti, ma vigenti di fatto sulla base di accordi anche informali) che evidenziano i loro effetti non sulla base del pagamento di un prezzo o del rispetto di un contratto formale, ma sulla base di relazioni di medio o lungo periodo che non sono formalizzabili, ma che sono comunque robuste e durature a causa di un comune interesse a perseguire la ratio contrattuale. Il legame tra contrattazione implicita e rapporti fiduciari è profondo, tanto è vero che l'esistenza di fiducia tra gli attori coinvolti può essere tanto un input quanto un output del processo di contrattazione. In altri termini, l'esistenza di relazioni fiduciarie già prima che la contrattazione avvenga ne favorisce la realizzabilità e, per converso, il consolidarsi delle relazioni contrattuali ex-post rafforza gli stessi legami fiduciari. In questo senso, l'instaurarsi di robusti meccanismi di contrattazione implicita è anche uno dei fattori che più favoriscono la creazione e l'accumulazione endogena (cioè realizzata attraverso relazioni e processi decisionali interni all'organizzazione) di capitale sociale in termini di relazioni fiduciarie di tipo spontaneo, benché spesso informate dalla reciprocità fra gli interessi coinvolti, e non sui meccanismi coercitivi su cui si basa la contrattazione formale.
La qualità della conoscenza e dei beni prodotti
modificaLa migliore circolazione delle informazioni che può essere favorita dal governo multi-stakeholder supporta anche la produzione di conoscenza produttiva, che è una risorsa fondamentale per qualunque impresa. La conoscenza attinente al processo produttivo, sia di tipo tecnologico, ma anche organizzativo, può essere interpretata come il risultato dell'interazione tra gli attori coinvolti; i flussi informativi rappresentano la "materia prima" di questo processo di costruzione ed accumulazione di conoscenza specifica al processo. Nei casi in cui il governo multi-stakeholder è in grado di garantire flussi informativi migliori, più veritieri e fondati su rapporti di fiducia piuttosto che su sanzioni contrattuali, è legittimo attendersi che anche la produzione e l'accumulazione di conoscenza sia di qualità migliore. È chiaro che la qualità della conoscenza prodotta dall'organizzazione è strettamente correlata con la qualità dei servizi che l'organizzazione è in grado di fornire ai suoi utenti. È chiaro anche che ci si può attendere una correlazione positiva tra la qualità della conoscenza prodotta e la qualità della struttura di governo dell'organizzazione, nel senso che un migliore insieme di regole di governo al livello di statuti e regolamenti ed una migliore implementazione di esse conduce di norma anche ad una migliore capacità produttiva. Emerge così il legame profondo tra governo dell'organizzazione e qualità dei servizi da essa offerti.
Il potenziamento della funzione distributiva
modificaIl risultato complessivo può essere la capacità di produrre un maggiore surplus economico e/o sociale in casi in cui altre tipologie organizzative (tanto pubbliche che private) non riescono ad operare o possono operare solo a costi significativamente maggiori. Nel caso delle imprese sociali il surplus atteso è prima di tutto di tipo collettivo. Il surplus può prendere la forma della fornitura di servizi di migliore qualità, come detto in precedenza, ovvero concretizzarsi in una funzione distributiva svolta a vantaggio di obiettivi di tipo comune ovvero in termini di sostegno a fasce sociali svantaggiate.
La partecipazione di stakeholder quali gli utenti può favorire l'utilizzo di meccanismi di prezzo diversi da quelli tradizionali, che sono fondati sulla fissazione di un prezzo unico (o di sconti omogenei) per tutti i beni e i servizi forniti. La discriminazione di prezzo può favorire l'aumento dell'offerta di servizi da parte delle ISC quando chi è disposto ed ha la capacità di pagare di più per un certo servizio si accolla una fetta maggiore dei costi sotto forma di un prezzo più elevato. L'assenza delle scopo di lucro è anche in questo caso una precondizione necessaria in quanto riduce il peso delle asimmetrie informative e dei possibili contrasti di interesse tra l'organizzazione ed i suoi utenti. A queste condizioni, varie forme di coinvolgimento degli utenti e il carattere personale delle principali relazioni che fanno capo all'organizzazione possono permettere di fissare prezzi differenziati (ad esempio sulla base del livello reddituale degli utenti, della loro effettiva capacità di pagare e del livello di coinvolgimento ed impegno all'interno dell'organizzazione). La discriminazione di prezzo è in questo caso il risultato di un processo complesso, legato non a semplici tecniche di calcolo dei prezzi, ma all'instaurarsi di relazioni fiduciarie, al coinvolgimento di attori diversi ed alla effettiva capacità e volontà di pagare.
La centralità degli strumenti di governo
modificaIn questa prospettiva, la capacità di ciascuna organizzazione di posizionare adeguatamente ciascun attore nel governo organizzativo attraverso la formalizzazione dei rapporti tra stakeholder è di fondamentale importanza per il miglioramento dei servizi forniti. È anche importante sottolineare che il governo multi-stakeholder ha la potenzialità di creare una maggiore varietà organizzativa rispetto al governo mono-stakeholder. Se la complessità strutturata è positivamente legata alla capacità di risolvere i problemi legati al ciclo produttivo e di produrre servizi di qualità elevata allora il governo multi-stakeholder presenta potenzialità che non sono riproducibili dal governo mono-stakeholder. In altri termini, il numero maggiore di combinazioni tra stakeholder diversi nel governo organizzativo crea varietà e la varietà può creare maggiore qualità. Va detto che si tratta di potenzialità che non necessariamente si realizzano in concreto. Sono possibilità legate alla capacità della singola organizzazione di ricercare e formalizzare soluzioni di governo adeguate, tanto rispetto agli interessi degli attori coinvolti, quanto rispetto alle loro capacità e motivazioni individuali. È compito prima di tutto dell'azione legislativa il mettere a disposizione delle singole organizzazioni e delle loro associazioni di rappresentanza uno schema legale adatto ad essere completato nel modo migliore a livello statutario e regolamentare. Tuttavia, l'inquadramento legale non deve fungere da gabbia penalizzante la libertà statutaria, ma al contrario dovrebbe essere sufficientemente elastico da permettere alle singole organizzazioni di ricercare soluzioni flessibili ed adattabili al contesto operativo.
Gli svantaggi del governo multi-stakeholder
modificaOltre ai vantaggi, è opportuno mettere in evidenza anche i potenziali limiti della governance multi-stakeholder. Perché i vantaggi succitati si realizzino è infatti necessario che vengano evitati alcuni rischi, che sono sostanziali e vanno affrontati con cura da ciascuna organizzazione prima di tutto in sede statutaria e regolamentare.
Il coinvolgimento di più di uno stakeholder nel governo organizzativo implica, di norma, un più o meno marcato rallentamento delle procedure decisionali che molto spesso si basano sulla mediazione tra interessi divergenti e sulla ricerca di sintesi tra diverse posizioni a volte difficili da trovare. La mediazione tra posizioni non è necessariamente un fatto negativo se, per esempio, permette di approfondire problematiche rilevanti relative al ciclo produttivo e di definire soluzioni di migliore qualità, in grado di aumentare la disponibilità di conoscenza dell'organizzazione.
La maggiore complessità dei processi decisionali richiede anche una maggiore capacità di governarli adeguatamente, e di nuovo le regole statutarie e regolamentari sono cruciali a questo scopo. L'insufficiente capacità di governo di procedure decisionali complesse non può che implicare inefficienze di vario genere, per esempio nel reperimento di informazioni adeguate e nella tempestività delle soluzioni realizzate, costi più elevati e, nei casi peggiori, impasse organizzative e contrasti.
Va aggiunto, infine, che non esistono schemi precostituiti che permettano di posizionare ex-ante i vari stakeholder nel governo organizzativo. Benché alcune tendenze empiriche siano emerse con forza notevole (ad esempio la prevalenza nelle cooperative sociali di soci lavoratori remunerati o volontari piuttosto che utenti), non si tratta di regole da applicare acriticamente. Sembra invece consigliabile procedere ad una preventiva ed approfondita analisi dei singoli casi per determinare quale soluzione sia la più adeguata. In alcune situazioni può essere auspicabile non assegnare ad un singolo gruppo di soggetti il peso maggiore nel governo organizzativo, ma ricercare un equilibrio adeguato tra più soggetti diversi. In altri casi, al contrario, la soluzione mono-stakeholder può rivelarsi l'unica soluzione possibile o la più efficace.
Una "mappa" degli stakeholder
I portatori di interesse di un'organizzazione rappresentano un insieme di attori che muta per composizione e tipologia nel corso del tempo. Allo stesso modo muta il livello di priorità di ciascun stakeholder nel determinare l'orientamento strategico e le scelte operative. Per questa ragione è utile che nelle imprese sociali multi-stakeholder sia sempre chiaramente definita e aggiornata la "mappa" dei portatori di interesse (ad esempio nella dichiarazione di mission o nei documenti di rendicontazione sociale). Si tratta di un modo attraverso cui l'intera organizzazione - e soprattutto il management - diviene consapevole rispetto al ruolo esercitato da diversi attori nel determinarne lo sviluppo.
Indicazione su come "mappare" gli stakeholder si trovano nel capitolo quarto - Identità. |
Il governo come rete di soggetti co-interessati e co-motivati
modificaIl governo organizzativo di una ISC si può definire a partire dalla metafora della rete (network). L'idea di network si basa sulla presenza di un sistema di relazioni fra attori diversi. La rete non nasce dalla volontà di proteggere interessi specifici, ma dalla necessità di soddisfare bisogni comuni. In questa accezione la rete si può considerare un bene pubblico o, in altri casi, un bene comune.
Le reti di norma producono esternalità dirette o indirette. La prima tipologia di esternalità è legata, per esempio, alla maggiore e migliore disponibilità dei servizi sociali che favoriscono il rafforzamento dei legami fiduciari conseguenti alla diffusione di un modello organizzativo senza fini di lucro e con obiettivi di tipo sociale. La seconda tipologia è invece legata alla riduzione dei costi che devono essere sostenuti ove non siano operanti le cooperative sociali, come quelli relativi all'assistenza ed il sostegno a fasce sociali svantaggiate da parte del settore pubblico.
Le reti si basano di norma sulla mutua dipendenza degli attori coinvolti. Si entra nella rete per soddisfare un bisogno comune, che può essere anche di tipo puramente psicologico o intellettuale, come ad esempio l'apprendimento di nuova conoscenza anche senza fini produttivi. Chi apprende, per espletare il proprio ruolo, ha bisogno di chi insegna e viceversa. Ciò significa anche che, a rigore, il governo di una rete di attori interdipendenti è incompatibile con la direzione di tipo gerarchico da parte di un attore più forte. Questo perché la direzione di tipo gerarchico impedisce l'instaurarsi dei legami di interdipendenza di tipo fiduciario che caratterizzano le relazioni basate sulla mutualità.
Il tema delle reti viene sviluppato nei capitoli decimo - Reti, e unidcesimo - Strutture di supporto. |
L'impresa reticolare
modificaLa traduzione dell'idea di rete in termini organizzativi ed imprenditoriali è tutt'oggi molto poco diffusa a causa delle prevalenza di organizzazioni mono-stakehodler che, di norma, sono caratterizzate da un forte accentramento decisionale e da rapporti gerarchici di tipo verticale. Bisogna quindi mettere in evidenza che l'idea di impresa reticolare è tutt'oggi almeno in parte "sperimentale". Ciò detto, la caratterizzazione delle reti che si è andata diffondendo negli ultimi anni nella letteratura specializzata, della diffusione delle informazioni, della definizione delle decisioni e della accumulazione di conoscenza al loro interno sono tutti temi che possono aggiungere tasselli importanti allo sviluppo delle imprese sociali di comunità a partire dall'idea di organizzazione multi-stakeholder già contenuta nella legislazione sulla cooperazione sociale.
L'obiettivo comune come fondamento dell'impresa reticolare
modificaL'intuizione di fondo è che alla base della creazione di organizzazioni di tipo reticolare vi debba essere un interesse o un obiettivo comune, nel nostro caso di tipo sociale, che vada al di là dei singoli interessi dei diversi stakeholder e di una loro pur virtuosa ricomposizione nella governance organizzativa. La presenza di un esplicito obiettivo sociale è già contenuta nella legislazione sulla cooperazione sociale. Tuttavia, nel caso dell'impresa reticolare, la socialità o la rilevanza pubblica non sono componenti necessarie come nel caso delle cooperative sociali. La costituzione di una impresa reticolare va invece intesa come creazione di un bene comune, cioè rivale, ad esempio in termini di investimenti materiali, ma non escludibile, in quanto i benefici derivanti dall'organizzazione devono ricadere su tutti i soggetti coinvolti, in modo diretto o indiretto. La partecipazione dei diversi attori diventa funzionale al perseguimento dell'obiettivo comune e non viceversa; vale a dire che l'impresa non è più al servizio di interessi specifici o di una loro combinazione nella forma di organizzazione multi-stakeholder. L'azione imprenditoriale diventa anch'essa parte del bene comune, ed è quindi una caratteristica della rete e non dei singoli attori che la compongono. Non si tratta di concetti nuovi, ma la loro ricombinazione in termini di organizzazione reticolare può chiarire diversi aspetti che scavalcano l'elaborazione tradizionale concernente organizzazioni non-profit e cooperative sociali.
Sul piano istituzionale, un primo passo nella direzione della trasposizione del concetto di rete a livello di governance consiste nel riconoscere la necessità di una maggiore formalizzazione delle regole del governo organizzativo. La stretta interrelazione dei rapporti che si sviluppano all'interno dell'organizzazione e la necessità di definire obiettivi comuni richiede la definizione ex-ante degli aspetti portanti della struttura di governo. Queste necessità non si presentano però allo stesso modo nelle reti formate da organizzazioni diverse. Tuttavia, la formalizzazione dei rapporti all'interno dell'organizzazione va correttamente interpretata alla luce dell'idea di un network basato sulla mutua dipendenza e non sulla direzione gerarchica. Il caso della cooperativa CEFF di Faenza riportato in questo paragrafo rappresenta, in tal senso, un esempio rilevante di "buona pratica".
Il sistema CEFF
Il sistema CEFF (Cooperativa Educativa Famiglie Faentine) è composto da due organizzazioni, entrambe cooperative sociali, operanti nel comune di Faenza. La prima organizzazione, la CEFF Francesco Bandini, fu creata nel 1977 inizialmente come cooperativa il cui scopo era quello di organizzare case-vacanze per le famiglie meno abbienti del comune di Feanza. A partire dall'inizio degli anni '80 la CEFF si riconvertì in cooperativa di solidarietà sociale con lo scopo di assistere e reintegrare sul mercato del lavoro soggetti deboli, in prevalenza portatori di handicap. Il lungo percorso di evoluzione di questa funzione organizzativa fu coronato nel 1998 con la nascita della CEFF Servizi, una cooperativa di tipo B che impiega direttamente e reintegra sul mercato del lavoro alcune decine di soggetti svantaggiati, in prevalenza portatori di handicap, ma anche ex-tossicodipendenti. Oggi il sistema CEFF conta 122 soci ordinari, 32 soci volontari, 24 dipendenti, 40 dipendenti svantaggiati (tra attivi ed ex-dipendenti reintegrati sul mercato del lavoro) e 32 utenti per un totale di 250 soggetti coinvolti. La CEFF Bandini ha fatturato nel 2004 1,071 milioni di euro, corrispondenti ad un valore aggiunto netto di 587.000 euro. La CEFF servizi ha fatturato nello stesso anno 966.000 euro corrispondenti ad un valore aggiunto netto di 497.000 euro.
Governance multi-stakeholder e apertura al territorio
Il carattere multi-stakeholder dell'organizzazione ha permesso di anteporre la mission sociale della cooperativa ad ogni altro obiettivo, anche attraverso il controllo da parte di soci volontari e la partecipazione attiva a livello gestionale di alcuni fra i principali attori territoriali come i servizi sociali del comune di Faenza, i centri per l'impiego e l'inserimento lavorativo, ovvero le associazioni di rappresentanza che vanno da quella degli industriali faentini a quella dei genitori dei soggetti svantaggiati. La creazione di una rete di relazioni, sia formali che informali, sul territorio faentino è stata la conseguenza del prevalere della mission sociale e di una struttura di governo plurale. Molti degli attori della rete nella quale è inserito il sistema CEFF sono presenti anche nella sua struttura di governo. La rete è quindi il risultato più visibile della crescita organica dell'organizzazione e si sviluppa in modo funzionale ad essa. La governance multi-stakeholder ed il controllo dei soci volontari hanno permesso di mantenere aperta la struttura dell'organizzazione rispetto a molte istanze innovative ed alla costituzione dei legami necessari al perseguimento della mission. Non sono stati rilevati elementi significativi che indichino il prevalere di logiche particolaristiche e di interessi di specifiche categorie di soggetti interni ovvero esterni all'organizzazione. Il sistema CEFF si caratterizza come bene comune dell'intera comunità faentina e la sua struttura di governo rispecchia appieno il suo carattere comunitario. In sintesi, è la stessa struttura di governo plurale, orientata alla mission, che ha fortemente favorito lo sviluppo dell'organizzazione reticolare secondo un modello particolarmente confacente alle caratteristiche delle ISC.
Le diverse modalità di partecipazione e gli strumenti di governo
modificaL'implicazione più forte è che ciascun attore coinvolto nel governo reticolare deve avere la possibilità di esprimere correttamente le proprie prerogative, siano esse di controllo dell'organizzazione o legate a forme partecipative più tenui, quali i processi informativi e/o consultivi. Tali processi, anche quando rappresentano forme di coinvolgimento circoscritte a specifici aspetti, devono potersi svolgere in libertà senza interferenze da parte degli stakeholder che occupano un posto preminente nell'organizzazione. È chiaro dunque che, anche in questo caso, lo statuto ed i regolamenti organizzativi assumono un ruolo centrale dal momento che è proprio in tali documenti che vanno definite le prerogative di ciascun gruppo di soggetti. In tali sedi è necessario calibrare le modalità e l'ambito del coinvolgimento lavorando sul difficile equilibrio che può instaurarsi tra i diversi obiettivi. Infatti, se da un lato provvedimenti carenti in termini partecipativi rischiano di esacerbare i problemi derivanti dall'eterogeneità degli interessi e dalle asimmetrie informative, di danneggiare le relazioni fiduciarie e di creare situazioni di dipendenza gerarchica di fatto, se non formali; dall'altro lato un "eccesso" di partecipazione può creare problemi di genere opposto, quali l'incapacità dell'organizzazione di raggiungere decisioni adeguate in tempi ragionevoli, e possibili impasse organizzative dovute, per esempio, a veti incrociati rispetto a quali siano le priorità da privilegiare. La ricerca di un equilibrio adeguato tra la sovra e la sotto-determinazione delle forme partecipative è essa stessa un processo che va sempre interpretato nel suo divenire e mai come risultato acquisito una volta per tutte. Nell'impossibilità di stabilire ex-ante uno schema applicabile a tutte le ISC, è l'esperienza professionale e sul campo che deve guidare il processo di elaborazione da parte di chi crea ed è addetto alla ridefinizione della struttura organizzativa.
La rilevanza delle regole statutarie
Questi rilievi distinguono chiaramente le regole statutarie da quelle legislative. Mentre le prime caratterizzano una specifica organizzazione e la rendono potenzialmente diversa da tutte le altre al livello del governo organizzativo, le seconde hanno l'obiettivo di fissare i principi generali validi allo stesso modo per tutte le organizzazioni. L'approccio qui seguito individua proprio nella differenziazione tra gli statuti delle singole ISC una inesauribile fonte di varietà ed uno dei principali motori dell'evoluzione della loro struttura organizzativa. Peraltro, questo tipo di approccio può dare i suoi frutti migliori proprio riguardo alla governance di organizzazioni reticolari come le ISC, dove i rapporti tra gli attori coinvolti non sono dati a priori e predefiniti in modo rigido dalle norme legali, e dove quindi c'è più spazio per una ricombinazione quasi "artigianale" delle posizioni reciproche e delle procedure che le connettono. In queste condizioni, da un lato non è possibile predefinire una rigida struttura organizzativa e dall'altro una parte centrale dei rapporti intra-organizzativi dipende dal radicamento locale dell'organizzazione, dai rapporti fiduciari tra stakeholder e dai processi di coinvolgimenti dei vari attori. Una implicazione forte derivante da questo schema è che al management deve essere garantita la massima indipendenza in quanto esso non deve rispondere a nessuno degli interessi specifici anche nel caso in cui il governo dell'organizzazione sia dominato da uno o pochi stakeholder. Ciò è vero in quanto l'organizzazione non è stata concepita per tutelare tali interessi, anche quando vi sia un solo stakeholder, ma per rispondere ai bisogni comuni, sociali o collettivi.
Si giunge così ad una prospettiva opposta rispetto al governo mono-stakeholder in quanto la governance di ciascuna organizzazione reticolare va studiata e ridefinita di volta in volta allo scopo di adattare nel miglior modo possibile la posizione di ciascun gruppo di attori rispetto a quella degli altri gruppi. Il maggiore problema messo in luce a tale riguardo da alcuni influenti studiosi, come Henry Hansmann, e cioè i costi eccessivamente elevati legati ai processi decisionali nelle organizzazioni non controllate dagli investitori - e quindi anche nelle organizzazioni multi-stakeholder - ha una sua indubbia rilevanza in quanto il livello dei costi rappresenta una variabile di controllo fondamentale anche per le imprese sociali di comunità. Tale prospettiva, tuttavia, adombra quasi del tutto le potenzialità delle soluzioni di governo, tra cui quelle multi-stakeholder e reticolare, che coinvolgono anche attori diversi dagli investitori, in quanto tali soluzioni possono contribuire al rafforzamento delle reti fiduciarie all'interno e all'esterno dell'organizzazione in termini di accumulazione di capitale sociale, di distribuzione di risorse a fasce sociali svantaggiate (ad esempio attraverso meccanismi di discriminazione di prezzo), e di accumulazione di conoscenza specifica nella produzione e somministrazione di servizi a carattere collettivo.
L'evoluzione verso un modello complesso
Nel contesto del sistema CEFF le forme partecipative per i molti attori coinvolti sono state introdotte gradualmente per ciascuno di loro a partire dal nucleo originario rappresentato da un gruppo di volontari ed attivisti sociali che fondarono l'impresa a metà degli anni '70. L'aumento del contenuto partecipativo non sembra aver mai messo a repentaglio la capacità dell'impresa di prendere decisioni efficaci in relazione ai propri obiettivi tanto strategici quanto operativi. Al contrario, la partecipazione di attori diversi sembra aver aiutato questa organizzazione a perseguire tali obiettivi. Ad esempio la rappresentanza formale dei lavoratori della cooperativa nel Consiglio di Amministrazione è stata introdotta solo a partire dal 2005. Tale scelta ritardata derivava dal fatto che ai lavoratori veniva riconosciuto il salario reale, e non il salario medio convenzionale, il quale implica il versamento di contributi pensionistici più bassi, con relativa decurtazione della pensione attesa. L'applicazione del salario reale permette ai lavoratori di andare in pensione con contributi regolari, ed in futuro di ricevere una pensione equa, ma li rende allo stesso tempo incompatibili con lo status di socio. Con l'ultima riforma del diritto societario si è potuto rimediare a questa limitazione ed i lavoratori sono stati accolti nella base sociale pur mantenendo il salario reale. L'entrata nella base sociale dei soci lavoratori, tra i quali anche molti dei lavoratori svantaggiati, pone nuove sfide e nuove incognite. Da un canto il maggiore coinvolgimento può consentire, almeno in potenza, una partecipazione più attiva all'interno dell'organizzazione, con effetti benefici soprattutto a livello di flussi informativi e di capacità propositiva proveniente dal basso. Tuttavia, il cambiamento implica notevoli rischi per i delicati equilibri della governance, che è sempre stata basata su una focalizzazione quasi esclusiva sulla mission, indipendentemente dalle possibili pressioni dei gruppi di interesse interni all'organizzazione, quale potrebbe essere appunto l'insieme dei lavoratori remunerati. Tuttavia, tali interessi sono talmente connaturati all'organizzazione della produzione, che la loro presenza nella base sociale non sembra poter modificare lo status quo, se non in meglio attraverso la maggiore partecipazione quando questa sia coniugata con l'autonomia della funzione manageriale nel perseguire gli obiettivi organizzativi.
Per un utilizzo pratico delle indicazioni fornite
modificaLo schema di governance per le ISC proposto in questo capitolo riprende alcuni elementi delle forme di governo già esistenti, ma ne amplia le caratteristiche e le possibilità di applicazione. Vari concetti già ampiamente esistenti nella letteratura manageriale quali quelli di organizzazione mono e multi-stakeholder, di impresa a rete, di mission sociale e di imprenditorialità sociale sono stati utilizzati per tratteggiare un quadro interpretativo delle caratteristiche del governo organizzativo nelle imprese sociali di comunità. La trattazione non è certo esaustiva, ma punta invece a dare uno strumento di tipo interpretativo e critico, del quale chi gestisce le imprese sociali può utilizzare i concetti ed i collegamenti logici più utili ed efficaci nei contesti specifici in cui si trova ad operare.
Nel caso delle ISC, non esistendo un unico soggetto indicato dalla legge come depositario della funzione imprenditoriale, l'azione di impresa andrà aggiudicata all'insieme dei soggetti coinvolti in modo attivo e, quindi alla stessa rete di attori co-interessati e co-motivati, così come è stata definita nel corpo del capitolo. L'idea di network è chiaramente la più innovativa tra quelle introdotte. L'obiettivo è stato quello di proporre un nuovo approccio allo studio dell'impresa che sia basato sul concetto di bene comune e non sul prevalere di interessi specifici o sul mero compromesso tra interessi divergenti. In tale ambito si è privilegiata la prospettiva legata ai network di mutua dipendenza, caratterizzati come insiemi di soggetti accomunati da un governo di tipo orizzontale e inclusivo, che va però conciliato con gli obiettivi di tipo imprenditoriale e con l'autonomia del management nello svolgimento delle sue funzioni.
Fazzi, L., Governance per le imprese sociali e il non profit, Carocci, Roma 2007.
Freeman R. E., Strategic Management: A Stakeholder Approach, Pitman Press, Boston 1984.
Hansmann H., La proprietà dell'impresa, Il Mulino, Bologna 2005.
Nelson R., Winter S. G., An Evolutionary Theory of Economic Change, Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge 1982.
Studio di caso Restore: la cooperativa sociale CEFF di Faenza.