Guida alle costellazioni/Il Triangolo Estivo e dintorni/Volpetta

Modulo precedente

Lira

Torna a

Il Triangolo Estivo e dintorni

Modulo successivo

Freccia

La Volpetta è una piccola e debole costellazione settentrionale situata al centro del Triangolo Estivo, un asterismo formato dalle stelle Deneb, Vega e Altair; proprio per questa ragione però è molto facile da individuarne l’area.

La costellazione di Orione
La costellazione di Orione

CopertinaGuida alle costellazioni/Copertina

Parte I - Stelle e oggetti
Parte II - Le 88 costellazioni
Parte III - Carte stagionali
Appendici
Dettagli costellazione
Nome latino Vulpecula
Genitivo del nome Vulpeculae
Abbreviazione ufficiale Vul
Area totale 268 gradi quadrati
Transito al meridiano alle ore 21 10 settembre
Stelle più luminose della mag. 3,0 0
Stelle più luminose della mag. 6,0 25
Stelle più luminose
Sigla Nome Magn.
α Vulpeculae Anser 4,44
23 Vulpeculae 4,50
31 Vulpeculae 4,56
13 Vulpeculae 4,57
15 Vulpeculae 4,66
1 Vulpeculae 4,76
HD 192685 4,79
29 Vulpeculae 4,81

Caratteristiche modifica

La costellazione si estende nella regione in cui la Fenditura del Cigno termina a sud, incrociandosi con la Fenditura dell'Aquila; l'area di cielo in cui si trova è dunque fortemente oscurata dalla polvere interstellare, qui particolarmente densa.

Le sue stelle principali sono solo di magnitudine 4, per cui non sono visibili all’interno dei centri urbani; la Volpetta si rintraccia però con facilità grazie a un allineamento fra Sadr, il cuore del Cigno, e la brillante Altair, nell’Aquila e vertice meridionale del Triangolo Estivo: la Volpetta si trova proprio a metà strada fra le due.

Questa costellazione fu definita nel tardo XVII secolo dall'astronomo polacco Johannes Hevelius. Era originariamente conosciuta come Volpecula cum Ansere (la volpetta e l'oca; l'oca veniva spesso rappresentata tra le fauci della volpe). Successivamente le due figure vennero considerate due costellazioni indipendenti. La costellazione dell'Oca venne poi riassorbita dalla Volpetta e l'Unione Astronomica Internazionale non la riconosce più. Il nome dell'oca rimane però ad indicare la stella alfa della costellazione, Anser.

Nel 1967 all'interno della costellazione della Volpetta è stata scoperta, da parte di Antony Hewish e Jocelyn Bell, da Cambridge, la prima pulsar conosciuta. Mentre stavano cercando la scintillazione dei segnali radio delle quasar, Hewish e la Bell individuarono un segnale molto regolare che consisteva di impulsi di radiazione al ritmo di uno ogni qualche secondo. L'origine terrestre dei segnali fu presto esclusa, perché essi riapparivano in sincronia con il tempo siderale, e non con quello civile. L'anomalia fu infine identificata come il segnale radio emesso da una stella di neutroni in rapida rotazione. I segnali arrivavano (e ancora arrivano) al ritmo di uno ogni 1,3373 secondi (le pulsar sono estremamente precise). Il nuovo oggetto fu chiamato inizialmente CP 19191 (che stava per "Cambridge Pulsar ad ascensione retta 19h 19m"), ed è oggi noto come PSR 1919+21 (che sta per "Pulsar ad ascensione retta 19h 19m e declinazione +21°").

Nel 1988 il satellite giapponese Ginga osservò un'esplosione nella nova GS2000+25, sistema binario dove uno dei componenti del sistema è un probabile buco nero di massa dalle 5 alle 10 volte quella del Sole, mentre la controparte visibile è una stella di classe K. La costellazione è famosa anche per il gran numero di stelle novae osservate.

Stelle doppie modifica

Principali stelle doppie
Nome
Coordinate eq. J2000.0
Magnitudine
Separazione
(secondi d'arco)
Colore
A. R.
Dec.
A B
α Vulpeculae 19h 28m 43s +24° 39′ 55″ 4,44 5,82 413,7 r + ar
16 Vulpeculae 20h 02m 02s +24° 56′ 16″ 5,9 6,2 0,8 b + b
HD 201671 21h 10m 32s +22° 27′ 17″ 7,0 8,0 18,0 b + b

Le ridotte dimensioni della costellazione non favoriscono l'abbondanza di stelle doppie, ma grazie alla presenza della Via Lattea le stelle qua osservabili sono relativamente numerose; tuttavia molte delle stelle doppie sono piuttosto deboli.

Anser (α Vulpeculae) è una coppia molto semplice da risolvere, perché piuttosto larga (separazione 413,7") e può essere apprezzata usando un binocolo; la sua compagna è abbastanza separata da avere un numero di Flamsteed, 8 Vulpeculae.

Un'altra doppia facile, benché sia piuttosto debole, è HD 201671, dove le sue componenti, di magnitudine 7 e 8, sono separate da ben 18".

Stelle variabili modifica

Principali stelle variabili
Nome
Coordinate eq. J2000.0
Magnitudine
Periodo
(giorni)
Tipo
A. R.
Dec.
Max. Min.
R Vulpeculae 21h 04m 23s +23° 49′ 18″ 7,0 14,3 136,73 Mireide
T Vulpeculae 20h 51m 28s +28° 15′ 02″ 5,41 6,09 4,4355 Cefeide
BW Vulpeculae 20h 54m 22s +28° 31′ 19″ 6,20 6,43 0,2010 Pulsante
SV Vulpeculae 19h 51m 31s +27° 27′ 37″ 6,62 7,79 45,028 Cefeide

Nella costellazione sono note poche stelle variabili, di cui molte sono fuori dalla portata di piccoli strumenti, essendo troppo deboli.

La più luminosa e anche la più semplice da osservare come entità di variazione è la T Vulpeculae, una variabile Cefeide classica che in quasi 4,5 giorni varia fra la quinta e la sesta magnitudine.

Oggetti del profondo cielo modifica

Principali oggetti non stellari
Nome
Coordinate eq. J2000.0
Tipo Magn.
Dimensioni
(primi d'arco)
Nome proprio
A. R.
Dec.
Cr 399 19h 25m : +20° 11′ : Asterismo 3,6 60 L'Attaccapanni
M27 19h 59m 36s +22° 43′ 16″ Nebulosa planetaria 7,5 8,0 x 5,6 Neb. Manubrio
NGC 6885 20h 12m : +26° 29′ : Ammasso aperto 8,1 18
NGC 6940 20h 34m : +28° 17′ : Ammasso aperto 6,3 31
 
La figura dell’Attaccapanni (Cr 399) è uno degli oggetti più caratteristici dell’intera area di cielo in cui si trova ed è anche osservabile con estrema facilità anche con un piccolo binocolo, grazie alle sue dimensioni e alla luminosità delle sue componenti.
 
M27, la Nebulosa Manubrio, è di gran lunga la nebulosa planetaria più brillante del cielo; può essere individuata anche con un binocolo 10x50, sebbene appaia piuttosto piccola.
 
Il complesso nebuloso di NGC 6820 (Sh2-86), che avvolge il giovane ammasso NGC 6823; quest’ultimo è alla portata anche di piccoli telescopi.

La Volpetta, essendo attraversata dal piano della Via Lattea, presenta alcuni oggetti di particolare interesse appartenenti alla nostra galassia.

Il più facile è un gruppo di stelle con una sigla di catalogo meno consueta (Cr 399), meglio noto col suo nome proprio Attaccapanni. È un oggetto celeste dalla forma caratteristica, visibile con facilità anche a occhio nudo; un binocolo di piccole dimensioni già risolve completamente il gruppo, che presenta una sequenza di sei stelle disposte in senso est-ovest, con quattro stelle disposte a forma di gancio nella parte meridionale, figura che nel complesso ricorda molto bene un attaccapanni rovesciato, col gancio posto verso sud. La sua stella più luminosa è la 4 Vulpeculae, di magnitudine 5,14. Un ingrandimento superiore non consente di osservare appieno l'oggetto, che appare troppo grande, ma permette invece di rivelare un piccolo ammasso aperto nella parte orientale dell'allineamento, noto come NGC 6802. L’Attaccapanni fu osservato e descritto per la prima volta dall'astronomo arabo Al Sufi nel X secolo, ma non fu riportato né dal Messier, né da William Herschel, né tantomeno dal catalogo NGC, probabilmente perché non veniva considerato un ammasso a tutti gli effetti, data la sua notevole estensione apparente, ma un semplice asterismo. Uno studio condotto nel 1970 aveva rivelato che solo sei delle stelle di questo gruppo mostrerebbero un certo legame fisico, ossia farebbero parte di un ammasso aperto; le altre appaiono in quest'area solo per un effetto di prospettiva. In seguito, ulteriori studi a partire dal 1998 hanno chiarito che l'oggetto in realtà è un semplice asterismo, ossia che nessuna delle sue componenti sarebbe legata da interazioni gravitazionali; questi studi si sono basati sulla determinazione della parallasse e del moto proprio fornite dal satellite Hipparcos, pubblicati nel 1997.

L’oggetto più famoso dell’intera costellazione però è una nebulosa planetaria, che è anche la più brillante dell’intera volta celeste: si tratta della Nebulosa Manubrio, catalogata dal Messier, nel cui catalogo ha la sigla M27. La Nebulosa Manubrio è piuttosto facile da localizzare, trovandosi circa tre gradi a nord della stella γ Sagittae, nella vicina costellazione della Freccia, che ha magnitudine 3,5; è visibile con facilità anche con un binocolo 10x50 e, se la notte è molto buia e limpida, anche con strumenti più piccoli, come un 8x30. Un telescopio da 114mm è già in grado di mostrare la sua caratteristica principale, una forma che ricorda vagamente quella di una clessidra a causa dei due grossi lobi brillanti che la nube possiede; strumenti più potenti, meglio se dotati di appositi filtri, consentono di poter osservare un gran numero di dettagli e sfumature. La stellina centrale, di magnitudine 13,6, è spesso utilizzata come test per verificare la limpidezza della notte stellata utilizzando telescopi da 200 mm di apertura. La nebulosa dista circa 1360 anni luce dalla Terra, è di magnitudine apparente 7,4, ha un diametro apparente di circa 8 minuti d’arco e un'età stimata di 9800 anni; la sua forma ricorda quella di uno sferoide prolato ed è vista lungo la linea prospettica del piano equatoriale. Il tasso di espansione sul piano del cielo di questa nebulosa non è superiore ai 2,3' al secolo: in conseguenza a ciò, può essere determinato un limite di età massima che si aggira sui 14.600 anni. La sua velocità di espansione reale invece risulta pari a 31 km/s. Dato che l'asse maggiore ha un raggio di 1,01 anni luce, l'età cinematica della nebulosa sarebbe di 9800 anni. Come in molte altre nebulose planetarie vicine a noi, anche in M27 sono facilmente visibili dei nodi; la sua regione centrale è segnata da un livello di nodi oscuri e brillanti, associati con dei filamenti. I nodi presentano una vasta gamma di morfologie, andando da quelli simmetrici con code a filamento fino a quelli asimmetrici e privi di coda. Similmente a quanto osservato anche nella Nebulosa Elica e nella Nebulosa Eschimese, le teste dei nodi hanno delle cuspidi luminose, corrispondenti ad aree di locali fronti di fotoionizzazione. La stella centrale è una nana bianca con un raggio di 0,055 ± 0.02 raggi solari, superiore dunque ad ogni altra nana bianca conosciuta; la massa della stella centrale è stata stimata come pari a 0,56 ± 0.01 masse solari. All’epoca della sua scoperta, avvenuta nel 1764 ad opera di Charles Messier, la Nebulosa Manubrio è stata la prima nebulosa planetaria ad essere mai stata osservata, benché allora non se ne conoscessero le origini e le proprietà.

Fra gli ammassi aperti ve ne sono alcuni facili da osservare; il più luminoso ed esteso è NGC 6940. Si individua con facilità seguendo una concatenazione di stelle che partendo da Gienah (ε Cygni) arriva verso sud sulla 52 Cygni e poi verso sudovest sulla stella di sesta magnitudine HD 197120; si prosegue quindi nella stessa direzione. Attraverso un binocolo appare come una macchia nebulosa leggermente allungata in senso est-ovest con qualche debole stella sovrapposta e dominata da una stellina arancione di magnitudine 9, che però non appartiene fisicamente all'ammasso; la sua risoluzione è pienamente possibile con telescopi a partire da 150 mm di apertura e bassi ingrandimenti, in cui sono evidenti diverse componenti di magnitudine 11 e 12 particolarmente addensate verso il centro. NGC 6940 è un ammasso ricco e piuttosto vecchio, formato da almeno 170 componenti e con un'età stimata attorno ai 600 milioni di anni, anche se non mancano stime che la portano fino a 1,1 miliardi di anni; al suo interno sono presenti una ventina di giganti rosse, alcune delle quali sono doppie e variabili, come nel caso della variabile semiregolare FG Vulpeculae. La percentuale di stelle doppie appartenenti all'ammasso si aggira sul 25-33%. L'ammasso ospita quattro sorgenti di raggi X, coincidenti probabilmente con stelle doppie con forti interazioni mareali, anche se in molti casi l'origine più plausibile delle emissioni sarebbe la forte attività magnetica negli strati convettivi più esterni di queste stelle, che sono tutte di età avanzata e di colore rosso-arancione. La distanza di NGC 6940 è stimata attorno ai 2510 anni luce ed è situato sul bordo interno del Braccio di Orione, vicino ai banchi nebulosi della Fenditura del Cigno.

Un altro oggetto interessante, non tanto per la sua luminosità quanto per le sue caratteristiche, è il complesso di NGC 6820 e NGC 6823, visibile circa tre gradi e mezzo a ovest di M27. Con un binocolo può essere individuato, per altro con difficoltà, soltanto l'ammasso aperto centrale, NGC 6823, mentre la nube resta invisibile anche tramite l'osservazione diretta al telescopio se si sfruttano piccoli diametri. L'utilizzo di filtri e l'astrofotografia consentono di poter individuare anche l'alone nebuloso, che si estende per quasi 1°. Il periodo più indicato per la sua osservazione nel cielo serale ricade fra giugno e novembre; la sua osservazione è più facile dall'emisfero boreale. NGC 6820 è una grande regione H II che circonda l'ammasso aperto NGC 6823; i gas della nube ricevono la luce delle giovani stelle di quest’ammasso, facente parte della giovane associazione stellare Vulpecula OB1, ionizzandosi e diventando così luminosi. NGC 6820 si estende per circa 60' nel senso del piano galattico e per circa 25' perpendicolarmente ad esso e mostra sul lato sudorientale delle strutture colonnari che si protendono in direzione dell'ammasso. All'interno della nube sono stati scoperti 49 densi agglomerati gassosi, individuabili tramite osservazioni alle lunghezze d’onda submillimetriche, come negli infrarossi; questi addensamenti possiedono delle masse comprese fra 14 e 70 masse solari, che potrebbero generare anche stelle di grande massa. Ulteriore importanza quest’oggetto la riceve da uno studio del 2009, secondo cui la radiosorgente G59.7+0.1 (IRAS 19410+2336), posta nei pressi della nube, sarebbe uno dei punti di riferimento che indicherebbero l'inizio del Braccio di Orione, distaccandosi dal vicino Braccio del Sagittario; altri studi invece tendono a negare questa teoria, considerando come punto di inizio del Braccio di Orione la grande regione di formazione stellare W51, situata molto più lontano e in direzione della costellazione dell’Aquila.

Un cenno infine merita il piccolo ammasso aperto NGC 6885 (C37), individuabile nella parte settentrionale della costellazione, poco a nord di M27, nella stessa area di cielo in cui si trova la stella 20 Vulpeculae, una stella blu di magnitudine 5,91. Attraverso un binocolo appare come un vago addensamento concentrato poco a nordovest di questa stella, ma non sono visibili ulteriori dettagli; con un telescopio di 200 mm e bassi ingrandimenti si osservano diverse decine di stelle fino alla magnitudine 13 molto sparse e con solo un debole accenno di concentrazione, in una zona di cielo già di per sé piuttosto ricca di campi stellari. NGC 6885 appare come un ammasso con componenti piuttosto disperse; la sua distanza di solito è indicata attorno ai 1950 anni luce. Data l'età di circa 1,4 miliardi di anni, le stelle visibili in quest'ammasso sono considerevolmente vecchie; fra le sue componenti è nota una variabile δ Scuti.