Poesie (Palazzeschi)/La fontana malata
Questa poesia è legata da una trama ad altre come Habel Nasshab (poemetto Le mie ore). Insieme ad Habel ed all'anziana Vittoria, lio poetico scopre il mondo fantastico di una villa, in un viaggio sperimentale che dà vita a scene spesso tristi, ma anche allegre come la presente, nella quale si descrive con grazia il gocciolare della cannella di una fontana.
Titolo | La fontana malata |
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Anno | 1909 |
Raccolta originale | Poemi |
Metro | Uso deliberatamente ostinato del trisillabo (92 versi) |
È palese, rispetto alle poesie degli anni precedenti, il cambiamento di tono, qui molto più euforico. Nonostante la rinuncia a mondi profondamente misteriosi, viene lo stesso suscitata la curiosità del lettore.
Un effetto per certi versi comico è dato dall'uso sistematico del trisillabo, verso brevissimo, e dalla rinuncia totale a misure maggiori come il senario ed il novenario. È possibile che sia stato, questo, un espediente parodico rivolto alla poesia del D'Annunzio La pioggia nel pineto.[1]
Data la brevità dei versi, la poesia finiva, nelle pubblicazioni originali, per occupare pagine e pagine. Il testo "lungo e stretto" è strettamente correlato al fluire dell'acqua, che scende a singhiozzo, e gli effetti onomatopeici Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete rinforzano e confermano la natura scherzosa del componimento.
È del resto proprio in questo periodo, all'inizio del secolo, che in Europa vengono pubblicate le prime poesie in cui ha una certa importanza la veste tipografica con cui il componimento viene proposto al lettore.
Vengono scomodate, nell'interminabile trafila di versi di tre sillabe, perfino le figure sacre come quelle della Madonna e di Gesù. [2]
Altri effetti umoristici sono dati dalla personificazione della fontana, che tossisce, e che potrebbe addirittura morire. Apostrofata (Mia povera / fontana, / il male / che hai), questa pare essere in grado di ascoltare il poeta (a differenza di figure viventi come quelle di Vittoria ed Habel che, chiamate, sembrano non sentire nemmeno).