Poesie (Palazzeschi)/E lasciatemi divertire

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Come gli altri componimenti de L'Incendiario, questa poesia è caratterizzata da elementi futuristi. Viene qui immaginata la figura dell'io poetico alle prese con un pubblico scettico e scandalizzato: infatti, il poeta pare leggere la sua poesia con atteggiamento coraggiosamente provocatorio davanti alla gente. Similmente a quanto si può osservare nel suo romanzo Il Codice di Perelà, nella sua fantasia l'artista rischia di essere sancito dal pubblico con il lancio di oggetti come uova e pomodori.

Dati essenziali
Titolo E lasciatemi divertire, in molte edizioni semplicemente Lasciatemi divertire
Anno 1910
Raccolta originale L'incendiario
Metro Verso libero; indicata dall'autore come canzonetta, irriverentemente divisa in stanze. Ricca di rime disposte a piacere.

Le ragioni di questo rifiuto immaginario sono evidenti: Palazzeschi si sta facendo carico del compito di costruire un componimento con la spazzatura di altre poesie. Le parole e i suoni sono frammenti disposti in maniera fantasiosa a mo' di collage. L'uso di materiale "povero" come semplici sillabe e vocali vuole essere una sfida al mondo rispettabile che ora sta ascoltando completamente sbigottito:

Tri tri tri
fru fru fru
ihu ihu ihu
uhi uhi uhi!

Come Comare Coletta, questa poesia è composta da diverse voci che riproducono vari punti di vista: talvolta si esibisce il poeta, altre volte sono pensieri e parole di alcune persone che formano il coro della gente che sta avvampando di sdegno.

Palazzeschi sfida deliberatamente le regole della buona scrittura,

  • Sono robe avanzate...
  • ...così mi piace di fare

generando così un effetto umoristico. È in fondo proprio la distruzione della grande orchestrazione di schemi poetici tradizionali, vista nel suo contesto storico, a giustificare le scelte di Palazzeschi: il componimento reagiva in maniera radicale alle poetiche dannunziane e carducciane ancora in auge all'epoca,[1] arrivando deliberatamente e "smisuratamente" a rasentare quella che oggi si potrebbe chiamare banalità.[2]

Riemerge anche in questo componimento la vecchia predilezione di Palazzeschi per il trisillabo (Tri, tri, tri....). Comunque, a differenza del Palazzeschi degli esordi, che tendeva a restare nell'anonimato e che avrebbe preferito rimanere sconosciuto come autore, ritroviamo qui un io poetico che si distingue per il suo spirito ribelle e, perché no, lievemente esibizionista.

Note modifica

  1. In questo senso vanno interpretati i continui riferimenti al fuoco che ritroviamo nella raccolta L'incendiario, anche in questa poesia.
  2. Salinari Ricci, Storia della letteratura italiana, vedi sezione dedicata al poeta.

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