Le religioni e il sacro/Il sacro/Etimologia

Indice del libro

L'iscrizione bustrofedica (sono quattro lati riportati su un piano unico) del cippo del Lapis Niger (a destra), risalente al VI secolo a.C., rinvenuto nel Foro Romano e conservato al Museo delle Terme di Diocleziano, nella quale compare per la prima volta il termine sakros (: sakros es)[1].

Origine del termine "sacro" modifica

Il termine italiano "sacro" deriva dal termine latino sacer a sua volta derivato dal latino arcaico sakros, termine rinvenuto sul Lapis Niger, reperto archeologico romano risalente al VI secolo a.C.[2] (vedi immagine a lato).

La radice di sakros, è il radicale indoeuropeo *sak, *sh2-k-ro- il quale indica qualcosa a cui è stata conferita validità ovvero che acquisisce il dato di fatto reale, suo fondamento e conforme al cosmo.[3]. Da qui anche il termine, sempre latino, di sancire evidenziato nelle leggi e negli accordi. Seguendo questo insieme di significati, il sakros sancisce un'"alterità", un essere "altro" e "diverso" rispetto all'"ordinario", al "comune", al "profano".[4].

Il termine latino arcaico sakros corrisponde all'ittita šāklāi, al greco antico hagois, al gotico sakan, all'osco sakoro, all'umbro sakra.

Dal termine latino arcaico sakros originano quindi due successivi termini latini: sacer e sanctus.

Per quanto inerisce al termine sanctus esso procede dall'arcaico sakros per via del suo participio sancio, che è collegato a sakros per mezzo di un infisso nasale [5].

Ma sacer e sanctus, pur provenendo dalla stessa radice sak, possiedono dei significati originari molto diversi. Il primo, sacer, è ben descritto da Sesto Pompeo Festo (II secolo d.C.) nel suo De verborum significatu dove precisa che: «Homo sacer is est, quem populus iudicavit ob maleficium; neque fas est eum immolari, sed, qui occidit, parricidii non damnatur.». Quindi, e in questo caso, l'uomo sacro è colui che portando una colpa infamante che lo espelle dalla comunità umana deve essere allontanato. Non lo si può perseguire, ma non si può perseguire nemmeno colui che lo uccide. L'homo sacer non appartiene, non è perseguito, né è tutelato dalla comunità umana. Sacer è quindi ciò che appartiene ad 'altro' rispetto agli uomini, appartiene agli Dei, come gli animali del sacrificium (rendere sacer). Nel caso di sacer la sua radice sak inerisce a ciò che viene stabilito (quindi ciò che è sak) come non attinente agli uomini. Sanctus invece, come spiega il Digesto, è tutto ciò che deve essere protetto dalle offese degli uomini. È sancta quell'insieme di cose che sono sottomesse ad una sanzione. Esse non sono né sacre, né profane. Esse non sono comunque consacrate agli Dèi, non appartengono a loro. Ma sanctus non è nemmeno profano, deve essere protetto dal profano e rappresenta il limite che circonda il sacer anche se non lo riguarda. Sacer è tutto ciò che appartiene quindi ad un mondo fuori dall'umano: dies sacra, mons sacer. Mentre sanctus non appartiene al divino: lex sancta, murus sanctus. Sanctus è tutto ciò che è proibito, stabilito, sanzionato dagli uomini e, con questo, anche sanctus si relaziona al radicale indoeuropeo sak. Ma col tempo, sacer e sanctus si sovrappongono. Sanctus non è più solo il "muro" che delimita il sacer ma entra esso stesso in contatto col divino: dall'eroe morto sanctus, all'oracolo sanctus, ma anche Deus sanctus. Su questi due termini, sacer e sanctus, si fonda un ulteriore termine, questo dall'etimologia incerta, religio, ovvero quell'insieme di riti, simboli e significati che consentono all'uomo romano di comprendere il "cosmo", di stabilirne i contenuti e di mettersi in relazione con esso e con gli Dei. Così la città di Roma diviene essa stessa sacra in quanto avvolta dalla majestas che il dio Iupiter ha consegnato al suo fondatore, Romolo. Attraverso le sue conquiste, la città di Roma offre una collocazione agli uomini nello spazio "sacro" da essa rappresentato. La sfera del sacer-sanctus romano appartiene al sacerdos che, nel mondo romano unitamente all' imperator [6] si occupa delle res sacrae che consentono di rispettare gli impegni verso gli Dei.

Così sacer divengono le vittime dei "sacrifici", gli altari e le loro fiamme, l'acqua purificatrice, gli incensi e le stesse vesti dei "sacerdoti". Mentre sanctus è riferito alle persone: i re, i magistrati, i senatori (pater sancti) e da questi alle stesse divinità.

Note modifica

  1. Cfr. Julien Ries in Saggio di definizione del sacro. Opera Omnia. Vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.3: «Sul Lapis Niger, scoperto a Roma nel 1899 vicino al Comitium, 20 metri prima dell'Arco di Trionfo di Settimio Severo, nel luogo che si dice sia la tomba di Romolo, risalente all'epoca dei re, figura la parola sakros: da questa parola deriverà tutta la terminologia relativa alla sfera del sacro.»
  2. Così Julien Ries in Saggio di definizione del sacro. Opera Omnia. Vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.3: «Sul Lapis Niger, scoperto a Roma nel 1899 vicino al Comitium, 20 metri prima dell'Arco di Trionfo di Settimio Severo, nel luogo che si dice sia la tomba di Romolo, risalente all'epoca dei re, figura la parola sakros: da questa parola deriverà tutta la terminologia relativa alla sfera del sacro.»
  3. Saggio di definizione del sacro, in Grande dizionario delle Religioni (a cura di P. Poupard). Assisi, Cittadella-Piemme, 1990 pagg. 1847-1856
  4. Saggio di definizione del sacro, Op.cit..
  5. Cfr. Émile Benveniste: «Questo presente in latino in -io con infisso nasale sta a *sak come jungiu 'unire' sta a jug in lituano; il procedimento è ben noto.», in le Vocabulaire des institutions indo-européennes (2 voll., 1969), Paris, Minuit. Ed. italiana (a cura di Mariantonia Liborio) Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi, 1981, pag. 426-7.
  6. Qui inteso come ricolmo di augus, o ojas, dopo l' inauguratio, ovvero pieno della forza che gli consente di avere relazioni con il sakros, quindi non nell'accezione molto più tarda riferita prima al ruolo militare e poi politico di alcune personalità della Storia romana.