Esperanto/Parti del discorso ricavabili da radice

Indice del libro

Le radici

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In esperanto, come in altre lingue, le parole sono composte da una radice che contiene il significato della parola. Un meccanismo di suffissi e prefissi specifica poi il significato della parola, che può essere facilmente modificato da chi parla. Tale meccanismo, classifica l’esperanto tra le lingue cosiddette agglutinanti (parti vengono "appiccicate" alla radice precisandone il significato nel contesto della frase).

Sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi

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I sostantivi, aggettivi, verbi ed avverbi sono parti del discorso immediatamente riconoscibili in esperanto, grazie alla loro desinenza, che caratterizza ognuna di queste categorie.

Il sostantivo (o nome)

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In esperanto i sostantivi terminano sempre con la lettera -o.

Ad esempio:

  • domo = casa
  • hundo = cane
  • beleco = bellezza

I sostantivi non hanno propriamente un genere grammaticale. Esiste una distinzione di genere solo per quelle parole, riferite a persone o animali, in cui si deve far distinzione tra sesso per motivi pratici e sociali, che sarà trattata comunque nel capitolo apposito.

L'aggettivo

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La desinenza degli aggettivi, è la -a.

Ad esempio:

  • bona = buono/a
  • juna = giovane
  • ruĝa = rosso/a

Gli aggettivi sono invariabili per quanto riguarda il genere. Possono liberamente precedere o seguire il nome, secondo i gusti, le origini del parlante, o meglio, dell'enfasi che questi vuole dare, specie per usi letterari. Tuttavia, nonostante la loro posizione rispetto al sostantivo sia libera, nella comunità esperantista la tendenza prevalente è quella di metterli davanti al nome. Essi (come vedremo più avanti) si accordano al nome.

Il verbo

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I verbi all'infinito terminano in -i.

Ad esempio:

  • fari = fare
  • diri = dire
  • dormi = dormire

Ovviamente per dare informazioni sul modo ed il tempo dell’azione espressa, bisogna coniugare il relativo verbo, come spiegato nel capitolo apposito.

L'avverbio

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Un avverbio ha molto in comune con un aggettivo, poiché fornisce dettagli e sfumature. La differenza è che mentre un aggettivo indica una qualità di un nome (sostantivo), un avverbio dà informazioni su verbi, aggettivi o anche altri avverbi, fornendo informazioni generalmente relative a domande del tipo: "come?", "dove?", "quando?", "quanto?"; altri avverbi infine servono per affermare, negare o esprimere dubbi e sono collegati alle domande che si aspettano risposte del tipo sì/no.

Alcuni esempi in italiano sono:

  • correre velocemente, veramente bella, molto grande, essere inconsapevolmente molto poco simpatici, prossimamente
  • sì, certamente, indubbiamente, no, assolutamente no, forse, probabilmente

Come si può notare da questi esempi, molti avverbi in italiano finiscono con la desinenza "-mente" (questi sono in genere gli avverbi derivati da altre parti del discorso). In modo simile gli avverbi derivati dalle radici in esperanto hanno sempre desinenza -e.

Ad esempio:

  • bone = bene
  • rapide = rapidamente
  • klare = chiaramente

Essi sono invariabili, sia per genere che per numero.

Ci sono altri avverbi, detti originari, che non hanno desinenza -e, questo perché non sono derivati da radice, ma nascono come avverbi. Essi sono un gruppo chiuso (numero finito). Si apprendono come il resto del lessico, andando avanti con lo studio della lingua. Ad esempio:

  • almenaŭ = almeno
  • apenaŭ = appena
  • baldaŭ = presto
  • = addirittura
  • jam = già
  • jen = ecco
  • hieraŭ = ieri
  • hodiaŭ = oggi
  • morgaŭ = domani
  • ne = non, no
  • nun = adesso
  • nur = soltanto
  • tre = molto
  • tro = troppo

Anche questi, in quanto radici, possono cambiare parte del discorso di appartenenza se il risultato ha un senso: hodiaŭa = odierno/a, hodiaŭo = oggi (inteso come sostantivo: "l'oggi"), jena (seguente), troa (eccessivo/a).

Esattamente come in italiano, se due avverbi sono in sequenza allora sarà il primo ad agire sul secondo e non viceversa; più in generale, se più avverbi sono in sequenza, ognuno sarà influenzato da quelli precedenti. Essendo il meccanismo uguale all'italiano, non c'è bisogno di preoccuparsi a capirlo (per noi è naturale), tuttavia un esempio per chiarire la somiglianza tra il sistema dell'italiano e quello dell'esperanto di seguito:

  • Mi sento non molto bene = Mi fartas ne tre bone

in questo caso, "non" (ne) modifica il significato di "molto" (tre), e queste due parole insieme, "non molto" (ne tre) vanno a modificare il significato di "bene" (bone). Tutti e tre gli avverbi, formando una sorta di avverbio unico, descrivono infine il verbo "sentirsi" (fartas).

Come detto sopra, non c'è bisogno di imparare questa regola perché la usiamo nella nostra lingua, ma essa è inclusa in questo libro per completezza e per evitare dubbi che possono nascere quando si incontra un accenno non approfondito sul tema, come spesso accade in corsi di esperanto per principianti. Chi non ama la teoria può ignorare questo particolare, e semplicemente scrivere come scriverebbe in italiano.

Vantaggi delle desinenze

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Il vantaggio di tale sistema consiste nella possibilità di "giocare" con tali desinenze, passando dal nome all’aggettivo correlato, oppure al verbo o all’avverbio, e viceversa. Basta cambiare la desinenza. Ad esempio, prendiamo la parola italiana vittoria, che è un nome; l’avverbio ad esso collegato è vittoriosamente, l’aggettivo è vittorioso/a, mentre il verbo vincere. Avendo una delle quattro parole, ad esempio venko, cambiando l’ultima vocale avrà il relativo verbo, avverbio o aggettivo.

  • venko = vittoria
  • venka = vittorioso/a
  • venke = vittoriosamente
  • venki = vincere

Una persona straniera che studia l’italiano (ma questo vale per tantissime altre lingue) dovrebbe consultare il dizionario quattro volte per avere questi quattro significati. Chi studia l’esperanto solo una volta. Vice versa, se si sente venke per la prima volta e si conosce già venko, si saprà ricavare il suo significato con certezza, sfruttando al massimo le radici a disposizione (economia del lessico). Altri esempi:

  • ludo = gioco
  • ludi = giocare
  • lude = giocosamente
  • luda = giocoso/a
  • fino = fine
  • fini = finire
  • fine = finalmente (infine)
  • fina = finale
  • konfuzo = confusione
  • konfuzi = confondere
  • konfuze = confusamente
  • konfuza = confuso/a

E così via...

Quando il significato di una parola derivata cambiando la desinenza grammaticale non basta a rendere l'idea che si vuole esprimere, si usano degli affissi che chiariscono il significato, e che saranno presentati più in avanti.

Esercizi

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Esercizi sulla lezione corrente