Eli Eli Lama Sabachthani/Fonti cristiane
Ulteriori sviluppi delle prime fonti cristiane
modificaMolti leader della Chiesa primitiva svilupparono ulteriormente questa interpretazione profetica centrata su Gesù basandosi sul Salmo 22. Nella sua difesa del cristianesimo scritta per l'imperatore romano Marco Aurelio, Giustino martire (100-167 e.v.) non solo cita il Salmo 22 come prova della crocifissione di Gesù, ma attira anche la particolare attenzione su un dettaglio nella versione del Salmo riportata dalla Septuaginta (LXX) che le narrazioni evangeliche non usarono:
La parola כָּאֲרִי deriva o da כ.ו.ר, che significa "arrotondare" o da כ.ר.י/ה. "scavare o forare",[1] a significare "le mie mani e i miei piedi sono forati/trafitti/avvizziti". Tale lettura si collega alla frase successiva, אֲסַפֵּר כָּל עַצְמוֹתָי, "Posso contare le mie ossa". Il salmista qui descrive il suo corpo come un relitto, probabilmente a causa di fame e povertà estrema.
Il testo ebraico che la Septuaginta tradusse in greco probabilmente leggeva כארו, un verbo al perfetto plurale in terza persona, al contrario di ארי del TM (yod e vav sembrano molto simili). Questo è il motivo per cui Giustino interpreta la frase come "essi mi trafissero", che si collega alla frase precedente, עֲדַת מְרֵעִים הִקִּיפוּנִי "mi assedia una banda di malvagi". Giustino sostiene che, poiché nessuno trafisse le mani e i piedi di Davide, il salmo allora viene enunciato da Gesù, che fu trafitto (= crocifisso) dai soldati romani.
Note
modificaPer approfondire, vedi Biografie cristologiche e Ecco l'uomo. |
- ↑ In ebraico, v. 22c recita: כָּאֲרִי יָדַי וְרַגְלָי, che significherebbe "le mie mani e i miei piedi sono come leoni". Dal momento che ciò ha poco senso nel contesto, la maggior parte degli studiosi ipotizza che l’aleph non funzioni come consonante, ma come mater lectionis rappresentando una vocale lunga.