Indice del libro

Se oggi ci guardiamo intorno, vediamo una situazione completamente diversa da quella che avevano immaginato i mitici precursori.

I programmatori sono aumentati moltissimo di numero, ma non è l’uomo qualunque che programma, è solo chi ha intrapreso un percorso formativo specializzato.

I programmi sono ovunque, ma quasi nessuno sa/può modificarli (o almeno sceglierli con consapevolezza di quello che fanno).

Tutti sanno cos’è una app, ma nessuno ha un’idea anche vaga di come funziona, quali dati gestisce, a chi li invia. Con gli evidenti rischi per la privacy, e con l’arricchimento velocissimo di chi costruisce e vende profili e pubblicità, eccetera eccetera.

Tutti hanno in bocca il termine “opensource”, usandolo magari a sproposito e confondendolo con “gratis”, ma dimenticano che quasi nessuna delle app che hanno felicemente installato sul proprio smartphone lo è.

Il sogno di Kemeny dell’uomo qualunque in grado di programmare non si è realizzato, ma anche quello di Papert di cambiare radicalmente la didattica tramite la tecnologia digitale non sembra passarsela molto meglio.

SmallTalk non è più utilizzato da molti, anche se ha dato origine a quasi tutti i linguaggi moderni; le interfacce grafiche sono ovunque, ma non permettono di guardare dentro gli oggetti.

Cos'è che non ha funzionato?

Perché il BASIC è stato snobbato (pure se esistono implementazioni moderne, per Windows e per Linux) e il Logo dimenticato nelle scuole? Eppure abbiamo visto che Scratch deve tanto a questi due antenati, anzi tutto sommato ci aggiunge poco.

E se non c’è grande differenza tra le caratteristiche dei primi linguaggi “educativi” e quelli di oggi, perché stavolta dovrebbe andare meglio?

Come facciamo ad assicurarci che non succeda di nuovo?

Non sarà il caso, stavolta, di fare attenzione alla situazione globale e di assicurarci che le condizioni di successo per l’iniziativa (non solo quelle tecniche) ci siano tutte?

Note modifica