Scienze della Terra per le superiori/Il modellamento eolico


I processi del modellamento eolico modifica

Erosione modifica

Il vento modella la superficie terrestre soprattutto in zone in cui la copertura vegetale è ridotta o assente e il terreno non è trattenuto e consolidato dalle radici. In generale questo avviene in zone con clima arido o semiarido, sia caldo che freddo. Avviene inoltre sulle coste marine sabbiose, dove la vegetazione continentale non può insediarsi per l'elevata salinità, e in ambiente di alta montagna, dove la vegetazione è scarsa per l'altitudine e il rigore del clima.

Il materiale movimentato in ambiente eolico viene messo a disposizione da due tipi di processi:

  • l'alterazione superficiale, determinata dall'alternanza di episodi caldi e freddi (e dagli episodi di gelo e rigelo in climi freddi), dall'infiltrazione di acque meteoriche e dall'alterazione chimica determinata dalle acque stesse di percolazione;
  • l'azione erosiva diretta degli agenti atmosferici, quali acqua corrente e vento. Sulle coste gli apporti di sabbia derivano anche dai fiumi, o dalle correnti costiere.

Trasporto modifica

 
Particelle di sabbia che si muovono per saltazione in una galleria del vento. I processi eolici sono studiati sperimentalmente in laboratorio. Notare le traiettorie (il vento artificiale viene da sinistra).

Secondo studi di laboratorio, le correnti eoliche (il vento) hanno minore capacità erosiva rispetto alle correnti subacquee, poiché la velocità critica di erosione[N 1] di un flusso aereo è considerevolmente superiore a quella di una corrente d'acqua. Questo significa che il vento necessita di velocità di flusso considerevolmente maggiori rispetto alle acque correnti per muovere granuli dello stesso diametro, a causa della minore densità[N 2] e viscosità[N 3] del flusso. Sulle aree continentali si registrano venti anche fino a 30 m/s (un centinaio di Km/h): a queste velocità il limite massimo di diametro per granuli di quarzo che possono essere mossi dal vento è intorno a 0.5 mm (corrispondente ad una sabbia media), che è la granulometria massima delle tempeste di sabbia. Per venti "normali" la granulometria media è molto minore, arrivando al massimo alla sabbia molto fine. Questo è un importante criterio per distinguere i depositi sabbiosi eolici da quelli dovuti a corrente d'acqua, perché depositi di granulometria pari e oltre la sabbia grossolana (> 0.5 mm) è poco probabile siano di origine eolica.

 
Schema del processo di saltazione dei granuli di sabbia sotto l'effetto di una corrente eolica. Le traiettorie dei granuli sono rappresentate realisticamente, con un angolo di impatto di circa 15°.

Quando un fluido, in questo caso il vento, agisce su una superficie coperta da sedimento sciolto con una velocità superiore alla velocità critica, esercita uno sforzo di taglio sufficiente ad attivare il movimento delle particelle di sedimento. Il vento trasporta clasti di dimensioni variabili (dalla polvere fino alla sabbia fine). L' erosione in questo caso è determinata dall'azione abrasiva esercitata direttamente dal vento attraverso i granuli che esso trasporta e che colpiscono le superfici esposte di roccia nuda, modellandola e producendo a sua volta altre particelle di polvere, che vengono anch'esse prese in carico dal vento.

Il vento muove le particelle di sedimento attraverso tre modalità: la saltazione, il trascinamento e la sospensione, con prevalenza della prima. Un granulo che viene preso in carico da una corrente eolica si muove per l'appunto "saltando" secondo una traiettoria curvilinea di tipo parabolico che ha nel tratto in risalita un angolo piuttosto elevato, dopo di che ricade con un angolo di impatto piuttosto costante (intorno ai 15°). Lunghezza e altezza della traiettoria sono proporzionali alla velocità del vento: comunque la "nube" di materiale in saltazione supera raramente lo spessore di 1-2 m; più frequentemente il materiale si muove entro poche decine di centimetri. Se la ricaduta avviene su una superficie rocciosa il granulo rimbalza e può essere ripreso in carico. Se ricade su un letto di altri granuli, tende a scagliarli intorno favorendo la loro presa in carico da parte del vento e contribuendo a propagare il movimento, e ad innescare così un trasporto generalizzato di materiale sabbioso.

 
Schema dei principali meccanismi di trasporto in ambiente eolico. 1- reptazione o trascinamento (creep); 2- saltazione; 3- sospensione; 4- corrente eolica.

Se i granuli in fase di saltazione colpiscono altri granuli troppo pesanti per essere fatti saltare a loro volta, questi ultimi vengono spinti in avanti per trascinamento nella direzione del vento, "strisciando" lungo la superficie del sedimento, secondo una modalità definita anche reptazione ( o scorrimento superficiale). Poiché le particelle più grossolane e più abrasive rimangono nello strato di atmosfera più vicino al terreno, l'azione erosiva di queste ultime si esercita soprattutto nello strato di atmosfera a contatto col terreno (da pochi centimetri a pochi metri). Nell'ambiente eolico, la sabbia spostata dal vento dà luogo a tipici depositi di duna (duna eolica, perché vi sono anche depositi di duna subacquea, in ambiente fluviale e marino).

 
Schema dei meccanismi di trasporto nelle zone di deflazione, con asportazione prevalente di materiale fine e concentrazione delle frazioni grossolane in letti residuali (desert pavement).

L'azione del trasporto eolico, dominato dagli impatti tra i granuli, elimina rapidamente i granuli composti di materiale meno duro (ad esempio granuli calcarei), riducendoli in polvere e lasciando meno danneggiati i granuli composti da minerali più resistenti (ad esempio il quarzo). Gli impatti frequenti tendono anche ad arrotondare rapidamente i granuli (anche i più resistenti). Inoltre, il vento, per le sue caratteristiche di fluido poco denso e poco viscoso, tende a "selezionare" molto bene la granulometria (cioè le dimensioni) dei granuli che riesce a prendere in carico. Una corrente eolica con velocità costante infatti, riesce a trasportare granuli fino a un certo limite di dimensioni (sabbia fine, al massimo media).
Quindi i depositi sabbiosi eolici (i tipici sedimenti di duna) sono normalmente ben selezionati, di dimensioni quasi mai grossolane (mediamente si tratta di sabbia fine), con clasti ben arrotondati e tendenzialmente composti dai minerali più resistenti (il quarzo è spesso dominante). Questi sono tratti distintivi rispetto ai depositi sabbiosi di origine marina e fluviale.

L'insieme delle azioni di sollevamento e trasporto dei sedimenti a opera del vento è chiamata deflazione. Nelle zone di deflazione le rocce vengono continuamente messe a nudo producendo depressioni oppure un abbassamento del suolo. Quando un suolo è soggetto a deflazione, il materiale che rimane è quello che il vento non riesce mai a rimuovere perché troppo pesante (o riesce a spostare solo molto lentamente durante le maggiori tempeste di sabbia tramite il bombardamento dei granuli "saltanti"). Questi depositi residuali (pavimento del deserto) sono in parte più grossolani di quelli di duna e poco selezionati, con due classi granulomentriche principali:

  • sabbia molto grossolana e ciottoli, fino a massi (il materiale che non può essere preso in carico dalle correnti eoliche), con arrotondamento molto scarso (indice di scarsa rielaborazione).
  • la classe più fine è rappresentata da un mix di silt e argilla. Le frazioni granulometriche più fini restano in posto perché qui agiscono in misura maggiore le forze di attrazione elettrostatica tra i granuli stessi, soprattutto per la presenza di minerali argillosi di forma lamellare (quindi con un elevato rapporto superficie/volume), che tendono a "rimanere attaccati" tra loro.

Le particelle più fini prese in carico vengono sollevate fino ad alte quote (anche fino a oltre 3000 m) e possono mescolarsi in parte con le perturbazioni atmosferiche che poi si scaricano in altri luoghi come piogge che lasciano depositi di polvere. Questo materiale fine, della granulometria del silt più fine e dell'argilla, viene trasportato dal vento in sospensione, permanendo in carico anche per notevoli distanze (centinaia o migliaia di chilometri), e sedimentando gradualmente per decantazione; questo materiale rimane in genere nei depositi come elemento "di fondo", senza dare origine ad accumuli con una morfologia specifica. Nelle zone aride di clima freddo (steppe periglaciali), questi sedimenti possono dare origine a coltri di löss o loess (accumuli di sedimento della granulometria del silt, estesi su vaste aree).
Il loess è terreno omogeneo, poroso, friabile, di colore giallo pallido o ocra, leggermente coerente, tipicamente non stratificato e spesso debolmente cementato da carbonato di Calcio. I grani del loess sono angolosi (con scarsissimo arrotondamento), e composti da cristalli di quarzo, feldspato, mica e altri minerali. Le proporzioni delle classi granulometriche sono mediamente circa 20% di argilla e il resto suddiviso in parti uguali di silt (limo) e sabbia fine e finissima, con particelle tipicamente di dimensioni da 30 a 50 micrometri (millesimi di millimetro). Questi depositi formano pareti ripide piuttosto stabili, anche perché i granuli molto angolosi offrono una notevole resistenza allo scivolamento.

Forme di erosione modifica

Rocce a forma di fungo delle regioni desertiche modifica

Come abbiamo visto, i granuli di sabbia più grossolani, che si muovono per saltazione o trascinamento, hanno la maggiore capacità erosiva. Questi rimangono a contatto con il terreno o negli strati atmosferici immediatamente soprastanti (da pochi centimetri a pochi metri, a seconda della velocità dei venti dominanti), provocando negli ammassi rocciosi affioranti una azione di vera e propria "smerigliatura". Il termine utilizzato per questo tipo di erosione è corrasione. La polvere portata in sospensione ad altezza maggiore ha forza d'urto e capacità erosiva molto minore, quindi la sua azione è molto meno importante (o comunque su una scala temporale molto più dilatata). Per questo nelle regioni desertiche l'erosione eolica dà luogo ad ammassi rocciosi con morfologia a "fungo". Queste rocce a fungo hanno vita relativamente breve, poiché l'azione erosiva prosegue assottigliando la parte inferiore fino al crollo della struttura.

Forme di deposito modifica

Quando il vento perde intensità i clasti ricadono al suolo in tal modo si accumulano sul terreno e formano depositi eolici, le forme più tipiche di deposito eolico sono le dune, rilievi di materiale sabbioso costruiti dal vento.

Depositi di Duna modifica

 
Schema generale della morfologia di una duna.

Una duna è tipicamente (e anche nell'accezione comune) un accumulo di sedimento sabbioso di origine eolica, cioè determinato e modellato dall'azione dei venti, e quindi soggetto a continui spostamenti e ridimensionamenti dipendenti dalla direzione e forza del vento. Le dune sono caratteristiche dei deserti sabbiosi ed anche delle coste sabbiose dove il fenomeno è solitamente meno accentuato a causa delle minori dimensioni della spiaggia. Nel caso delle coste, le dune sono di solito disposte parallelamente al litorale e contribuiscono a proteggere l'entroterra dall'azione degli agenti marini (onde di tempesta e venti di mare) e dall'azione della salsedine.

Le dune sono depositi sedimentari caratterizzati da una morfologia di base costante (nonostante una gamma molto ampia di varianti). Una duna può essere schematizzata come un accumulo caratterizzato da due lati con diversa pendenza:

  • lato anteriore (lato sottovento o sottocorrente), orientato verso la direzione di movimento della duna, con pendenza più accentuata;
  • lato posteriore (lato sopravvento o sopracorrente), orientato verso la direzione di provenienza del vento, con pendenza molto più bassa.
 
Sabbia franata dalla cresta di una duna: depositandosi sul pendio con pendenza vicina all'angolo di riposo la sabbia si trova in equilibrio precario, pronta a franare alla minima instabilità

La cima della duna si definisce cresta, può essere più o meno allungata a seconda dello sviluppo e della morfologia dell'accumulo, e separa il lato anteriore da quello posteriore.

 
ripple marks eolici su dune. Valle della Morte (USA). Visibile in secondo piano una duna avanzante sul dorso di un'altra duna.

Il vento preleva granelli di sabbia dal lato posteriore della duna e, facendoli saltare o strisciare fino ad oltre la cresta, li trasporta in aria per un tratto fino a depositarsi al suolo (caduta facilitata dal fatto che il lato sottovento della duna è in situazione di relativa calma di vento). Cadendo sul lato anteriore della duna stessa, i granuli tendono a scivolare formando piccole frane e adagiandosi sul pendio secondo un angolo di riposo naturale (dipendente dalla granulometria del materiale). Durante gli eventi di tempesta più importanti, i granuli possono anche saltare in un punto più avanzato rispetto alla duna: in quest'ultimo caso il punto di caduta è la base su cui si formerà la duna successiva. Ogni duna viene quindi progressivamente "smantellata" dal vento, un granello di sabbia alla volta, e "ricostruita" più avanti; una nuova duna continua a crescere fino a quando, non più protetta dalle dune circostanti, la quantità di sabbia che le viene tolta dal vento supera quella apportata.

Altri accumuli sabbiosi con morfologia simile a quella delle dune, ma dalle dimensioni da pochi centimetri ad alcuni decimetri, sono i ripple marks, conosciuti in italiano anche come increspature di sabbia o ondulazioni di sabbia. Sono increspature che ripetono a piccola scala la forma delle dune, composte di sabbia finissima e con creste molto continue lateralmente. Queste forme di deposito si originano nella fase di vento calante, alla fine delle tempeste, e durante le pause di vento "normale" e costante tra gli episodi di tempesta. Lo sviluppo delle creste è perpendicolare alla direzione del vento, ma in generale non coincide con la direzione delle creste delle dune perché risente molto di più delle variazioni topografiche locali a piccola scala che modificano la direzione locale del vento stesso.

I depositi di duna sono caratterizzati dalla sovrapposizione di strati tabulari o a forma di cuneo che rappresentano sequenze di dune che avanzano in successione le une sulle altre. Entro questi strati sono normalmente presenti laminazioni interne ad alto angolo. Ciascuna lamina corrisponde ad un singolo accumulo di materiale sabbioso sul lato anteriore (sottovento) della duna, e il deposito di duna è composto da un'intera successione di lamine. Questo materiale, come già accennato, tende a disporsi secondo l'angolo di riposo naturale del materiale, che per le sabbie è mediamente intorno ai 30°-34°. Le lamine quindi sono complessivamente inclinate nella direzione del vento: di conseguenza nei depositi fossili è possibile ricostruire la direzione delle paleocorrenti eoliche.

Tipi di dune modifica

Una prima classificazione delle dune può essere fatta suddividendole in base alla loro forma osservata dall'alto.

 
Dune semilunate o a barcana
A mezzaluna modifica

La forma più comune sulla Terra (e su Marte) di una duna è la forma a mezzaluna, detta anche barcana. Le dune semilunate, generalmente, sono più larghe che lunghe. La parte anteriore della duna è il lato concavo. Queste dune sono formate da venti che soffiano da una sola direzione.

Alcuni tipi di dune a mezzaluna si muovono, o migrano, sulla superficie del deserto con una velocità superiore a quello degli altri tipi di duna; ad esempio, nella provincia di Ningxia in Cina un gruppo di dune si sono mosse con una velocità di 100 m/anno tra il 1954 ed il 1959. Velocità simili sono registrate nel deserto ad ovest dell'Egitto.

 
Dune trasversali

Le dune a mezzaluna più imponenti sulla Terra sono nel deserto Taklamakan in Cina, dove la distanza tra le creste di due dune può superare i 3 chilometri.

Trasversali modifica

Sono dune con sviluppo tendenzialmente rettilineo perpendicolare alla direzione del vento. Possono essere regolari oppure formate dall'unione di più dune barcanoidi.

 
Dune longitudinali
Longitudinali modifica

Sono dune molto più lunghe che larghe con creste rettilinee o un leggermente sinuose sub-parallele o leggermente oblique rispetto alla direzione del vento, che possono raggiungere lunghezze maggiori di 160 km. Raramente sono creste isolate, mentre di solito sono disposte in file parallele separate tra loro da tratti di territorio pianeggiante in regime di deflazione, con depositi residuali o affioramenti rocciosi. Alcune dune lineari si uniscono tra loro formando delle conformazioni a "Y". Queste formazioni sono tipiche nelle regioni in cui sono presenti regimi di venti bidirezionali o comunque con componenti direzionali secondarie.

 
Dune lineari nel mare di dune del deserto della Namibia. I pattern delle dune sono influenzati alla presenza di rilievi collinari
Lineari modifica

Sono serie di dune di tipo trasversale (perpendicolari alla direzione del vento) che si formano quando la direzione locale del vento viene deviata da ostacoli morfologici (ad esempio rilievi collinari). In questi casi le linee di flusso tendono a divergere o a convergere a seconda della morfologia del territorio, causando variazioni nell'andamento degli allineamenti di dune.

 
Dune a stella nell'Adrar (Algeria)
A stella modifica

Le dune a stella sono formazioni collinose a piramide con simmetria radiale e con tre o più propaggini che si dipartono dal centro della duna. Si formano nelle aree in cui vi è la presenza di regime di vento multidirezionale. Le dune a stella crescono più verso l'alto che lateralmente e sono tipiche ad esempio del deserto del Sahara orientale. In altri luoghi hanno la tendenza a formarsi ai margini del deserto, specialmente vicino a delle barriere naturali, come affioramenti di roccia, che causano variazioni locali nella direzione dei venti.

Probabilmente le più alte dune a stella della Terra sono presenti nel deserto di Badain Jaran in Cina, dove possono raggiungere i 500 metri di altezza.

 
Un allineamento di dune a barcana e a cupola (a destra nella foto) sul pianeta Marte (fotografate dal Mars Reconnaissance Orbiter).
A cupola modifica

Hanno forma ovale o circolare a cui manca una piccola parte su un fianco per essere complete. Sono praticamente delle barcane a luna "quasi piena". Le dune a cupola sono rare e si formano solitamente ai margini sopravvento del deserto.

A parabola modifica
 
Duna a parabola

Le dune paraboliche sono colline di sabbia a forma di "U" e sono tipiche dei deserti costieri e delle coste sabbiose. Le dimensioni variano da decine di metri ad alcuni chilometri.

Questo tipo di duna si forma quando alle estremità della formazione sabbiosa inizia a crescere della vegetazione che, stabilizzandola, ne ferma il movimento mentre la parte centrale continua ad essere libera di migrare nella direzione del vento. La forma in relazione alla direzione del vento è quindi opposta a quella della barcana. Si riesce a formare solamente quando il vento spira da una sola direzione predominante.

Tipi complessi e composti modifica

Questi tipi di duna possono essere presenti in tre forme differenti: semplice, composta e complessa. Le dune semplici sono colline con un minimo numero di lati che ne definiscono la tipologia geometrica secondo quanto già visto. Le dune composte sono grandi dune sormontate da dune simili più piccole. Le dune complesse sono invece la combinazione di due o più tipi differenti di dune.

Una duna a mezzaluna con una duna a stella sovrapposta sulla relativa cresta è la duna complessa più comune. Le dune sono semplici quando il regime dei venti è rimasto costante durante la formazione della duna, mentre per le dune composte e complesse si sono avuti cambiamenti di intensità e senso del vento durante la loro formazione.

Dune attive e inattive modifica

In relazione alla loro stabilità, le dune possono essere suddivise in:

Le dune attive sono continuamente in via di modellamento, perché prive di una copertura vegetale in grado di proteggerle dalla deflazione eolica. Esse si spostano secondo la direzione del vento: il movimento coinvolge le singole particelle di sabbia, che rotolano lungo il lato sopravento e precipitano oltre la cresta, inducendo nel loro insieme dell'intero rilievo.

Le dune inattive sono invece ricoperte da una coltre vegetale che contribuisce a stabilizzare, esse si sono originate infatti come dune mobili in periodi caratterizzati da clima più arido; successivamente l'aumento delle precipitazioni, favorendo la nascita della vegetazione, le ha stabilizzate. La stabilizzazione della duna può anche essere dovuta dall'azione dell'uomo, interessato a recuperare all'uso il rilievo o a impedire che il cumulo di sabbia in movimento seppellisca terreni coltivati o manufatti.

Depositi delle zone di deflazione modifica

A questi caratteri si contrappongono quelli dei depositi delle aree situate tra i depositi attivi di duna. Si tratta tipicamente di zone di deflazione, cioè di rimozione anziché di deposizione. Spesso si tratta addirittura di aree di roccia esposta, priva di copertura sedimentaria. Se vi sono sedimenti si tratta di depositi residuali, con le caratteristiche già descritte: tappeti di ciottoletti e pietrame alternati a sabbia finissima e silt o argilla, da cui il vento ha spazzato via le frazioni granulometriche intermedie per accumularle sulle dune. Talvolta sono presenti ripple marks più discontinui e grossolani di quelli sulle dune.

Depositi di Loess modifica

Il löss, più frequentemente trascritto come loess (la parola è di origine tedesca[N 4]) è un tipo di sedimento eolico molto fine (delle dimensioni del limo, o silt). I depositi di loess possono arrivare a spessori notevoli, più di cento metri in aree della Cina nord-occidentale e decine di metri in parti degli Stati Uniti centro-occidentali. Generalmente si presenta come un deposito a coltre che copre aree di centinaia di chilometri quadrati con decine di metri di spessore.

Vi sono due tipi fondamentali di depositi loessici:

Loess periglaciale modifica

Il loess periglaciale deriva dalle pianure alluvionali dei fiumi glaciali a corso di tipo intrecciato che durante la primavera e l'estate trasportavano grandi volumi di acqua di fusione glaciale e sedimenti dallo scioglimento annuale delle calotte di ghiaccio continentali. Poiché queste pianure alluvionali sono costituite da sedimenti contenenti un alto contenuto di limo (silt) e argilla di origine glaciale, queste componenti erano rimossi dalle correnti eoliche e trasportate fino a sedimentare per decantazione in aree adiacenti.
Durante il Quaternario, il loess e i sedimenti assimilabili si sono formati in ambienti periglaciali su aree continentali in Europa e in Siberia e negli Stati Uniti (valle del Mississippi), sui margini di alte catene montuose come in Tagikistan e sui margini semi-aridi di alcuni deserti di pianura come in Cina.

Loess non glaciale modifica

Il loess non glaciale può provenire da deserti, campi di dune, ceneri vulcaniche, sedimenti lacustri (da laghi effimeri stagionali prosciugati)
Gli altipiani della Cina centro-settentrionale, sono tra i depositi di loess non glaciale più estesi e più studiati. Il loess che copre le pianure di Nebraska, Kansas e Colorado è considerato loess desertico non glaciale. Loess di questo tipo si trova anche in Australia e in Africa.

Dopo la rideposizione, i depositi loessici possono essere erosi in tempi relativamente brevi dagli agenti atmosferici (soprattutto le acque meteoriche e correnti). Quando però sono consolidati, questi depositi, per la loro coesività, omogeneità e assenza di stratificazione formano spesso per pareti sub-verticali o molto ripide e relativamente stabili in clima arido, con una tipica fessurazione verticale che li rende facili da scavare. Nelle regioni della Cina in cui il loess abbonda, queste caratteristiche sono state usate tradizionalmente in passato (e in parte tuttora) per scavare abitazioni rupestri o ricavare blocchi da costruzione.

Note modifica

  1. La velocità minima necessaria ad un flusso per iniziare il trasporto di un sedimento, in relazione alla sua granulometria (cioè alle dimensioni dei granuli che la compongono).
  2. La densità di una sostanza è il rapporto tra la massa e il volume di tale sostanza. E' quindi una misura della quantità di materia presente in un volume definito. In questo caso l'acqua è molto più densa dell'aria (0,99984 g/cm3 a 0 °C contro 0,001292 g/cm3 a 0 °C e a 1 atm di pressione).
  3. La viscosità è una grandezza fisica che misura la resistenza di un fluido allo scorrimento. E' legata all'attrito tra le molecole del fluido. Ad esempio: il miele è più viscoso dell'acqua.
  4. Il termine ha significato simile all'inglese loose (debole, sciolto, incoerente)

Bibliografia modifica

Le informazioni contenute in questo capitolo derivano dai seguenti testi:

  • Carmignani L., Appunti di Geologia Applicata. Vol. 2., San Giovanni Valdarno (AR), CGT Centro di Geotecnologie dell’Università degli Studi di Siena, 2007.
  • (EN) Nichols G., Sedimentology and stratigraphy - 2nd ed., Oxford, UK, Wiley-Blackwell, 2009, pp. 114-128.
  • Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 1 - Materiali e tessiture dei sedimenti, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 25-36; pp. 125-144.
  • Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 2 - Processi e meccanismi di sedimentazione, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 98-104.
  • Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 3 - Ambienti sedimentari e facies, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 107-115.
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