Introduzione allo Zohar/Capitolo I

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Frontespizio del Chesed Le'Avraham di Abraham Azulai, pubblicato a Vilna nel 1877

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Lo Zohar è un grande compedio medievale ebraico di misticismo e di insegnamenti esoterici. Può essere considerato l'espressione più alta dell'immaginazione letteraria ebraica nel Medioevo. Sicuramente è uno dei più importanti corpi di testo religioso di tutti i tempi e luoghi. È inoltre un rigoglioso giardino di eros sacro, colmo e traboccante di lussureggianti gemme d'amore tra maestro e discepoli, tra gli stessi compagni mistici, tra le anime di Israele e la Shekhinah – bella sposa di Dio – ma soprattutto tra gli elementi maschile e femminile che insieme formano la Divinità. Riverito e canonizzato da generazioni di fedeli devoti, l'universo segreto dello Zohar serve da base della fede cabalistica, sia nell'ambito dell'ebraismo sia ben oltre, fino ai nostri giorni, che hanno visto un importante revival di interesse per la Cabala ed i suoi insegnamenti.

Lo Zohar è un'opera di fantasia sacra. Dire questo non vuol dire impugnare la verità delle sue intuizioni o la profondità religiosa dei suoi insegnamenti. Il Medioevo è colmo di fantasia. Angeli e demoni, principati celesti, sale del cielo e gradini dell'anima, tesori segreti dello spirito che possono esser percepiti solo dagli eletti, domini esoterici senza fine — tutto ciò si rinveniva negli scritti di autori ebrei, cristiani e islamici lungo tutto il corso dei tempi medievali. E tutto ciò partecipe della fantasia. Si può dire che tutte le elaborazioni teologiche, nella misura in cui possono diventare pittoriche, sono fantasia. Rappresentano realtà che non sono state viste se non dall'occhio interiore di coloro che le descrivono, o dalle loro fonti sacre.

Nel caso dell'ebraismo, proibizioni derivate dal secondo dei Dieci Comandamenti vietavano la rappresentazione di tali reami sacri in qualsiasi mezzo diverso dalle parole. Tutte quelle energie creative che potevano in altri contesti aver cercato di reificare il mito sacro in pittura, scultura, miniatura, o vetro colorato qui dovevano concentrarsi sulla parola — specialmente per quanto riguardava l'eterno progetto ebraico del commentario e dell'esegesi. In questo senso lo Zohar può esser considerato l'opera massima dell'"iconografia" ebraica medievale — una che esiste solo nelle parole della pagina scritta, e quindi da distillarsi nell'immaginazione dei suoi devoti studenti.

Scritto in una altera combinazione di aramaico ed ebraico, lo Zohar fu rivelato per la prima volta al mondo nell'anno 1300. Coloro che lo distribuirono, oralmente e in piccoli frammenti scritti, affermarono che fosse un testo antico che avevano riscoperto recentemente, e che era stato composto nel circolo di quelli descritti sulle sue pagine — Rabbi Shim’on figlio di Yoḥai ed i suoi discepoli, che vissero in Terra d'Israele durante il secondo secolo dell'Era Comune (e.c.). L'oscurità delle origini dello Zohar si combinò con il suo linguaggio unico e la sua ricca immaginazione poetica per dare all'opera un'aura di mistero insondabile. Sebbene alcuni degli spiriti più critici in ciascun secolo mise in dubbio lo Zohar e la sua autorevolezza, la grande maggioranza dei lettori, e in seguito dell'ebraismo nel suo complesso, credettero nello Zohar e lo venerarono, considerandolo una rivelazione santa e una scrittura sacra che doveva essere messa al pari della Bibbia e del Talmud quale fonte ispirata divinamente di verità religiosa. Solo in tempi moderni, e in gran parte per ragioni apologetiche, lo Zohar fu tolta dal canone di quello che era considerato l'ebraismo "tradizionale".

Traduzione dello Zohar in lingue occidentali iniziò già nel quindicesimo secolo, quando diversi brani furono resi in latino ad uso di cristiani dediti a pratiche esoteriche nell'Italia rinascimentale. Nel ventesimo secolo, varie traduzioni dello Zohar, o almeno di molte sue sezioni, apparvero in tedesco, francese e inglese. Un'edizione standard in inglese fu pubblicata da Harry Sperling e Maurice Simon nel 1931-34 dalla Soncino Press. Altre edizioni (EN) sono disponibili in molteplici volumi.[1]

Nelle traduzioni più recenti, con commentari di studiosi esperti di Zohar, viene prestata molta attenzione alla Cabala in circoli accademici, grazie più che altro agli scritti di Gershom Scholem (1897-1982) e alla schiera di studiosi preparati da lui e dai suoi successori nell'ambito di università israeliane. Il primo ad usare l'approccio di Scholem agli studi cabalistici in America fu Alexander Altman (1906-1987) della Brandeis University, i cui studenti includono illustri accademici come Daniel C. Matt e Arthur Green.

Lo scopo di questa mia introduzione allo Zohar mira a preparare il lettore a meglio apprezzare il testo zoharico. Le più recenti traduzioni prendono piena cognizione dello spirito poetico in cui fu composto lo Zohar e soprattutto del tono elevato raggiunto dal suo uso unico del linguaggio. Tuttavia, per apprezzare l'opera nel senso più completo, bisogna dirlo, lo Zohar deve essere letto, invero studiato, nell'originale. Come per la maggior parte della tradizione cabalistica di cui fa parte, lo Zohar è permeato e affascinato dai misteri del linguaggio, sia nella sua forma orale che in quella scritta. Nessuna traduzione riesce a rendere le sue ricche sfumature e l'uso creativo del discorso in ebraico e aramaico, la sua incredibile trasformazione di innumerevoli versetti biblici, e le frequenti sottili riletture del patrimonico talmudico/midrashico che tutti insieme formano gran parte del fascino e genio dello Zohar. Ciononostante, molto può esser ottenuto tramite una lettura attenta e studio dello Zohar in traduzione. Per fare ciò, comunque, il lettore deve essere indotto nel linguaggio simbolico in cui l'opera fu scritta.[2] Sebbene la poiesis dello Zohar spesso trascenda le convenzioni simboliche, esse sono sempre presenti nello sfondo dell'immaginazione dei suoi scrittori. E così deve essere, si presumeva, anche per la mente del lettore. Lo Zohar fu composto nella speranza che sarebbe stato trasmesso nelle generazioni e studiato nell'ambito di circoli di iniziati, come in effetti avvenne per molti secoli.

Per apprezzare lo Zohar, bisogna che uno conosca un po' del contesto storico e letterario in cui apparve. Lo Zohar fece uso di una vasta gamma di testi ebraici che l'avevano preceduto, dalla Torah stessa alle opere legali, mistiche e filosofiche che furono scritte appena prima della sua comparsa. Rifletté su tutti questi testi e li usò liberamente come ispirazione per la sua creatività religiosa particolarmente innovativa e a volte persino giocosa. È inoltre molto interessato agli ebrei e alla loro storia: quella riportata nella Scrittura, l'esilio attuale, e il sogno di redenzione messianica. Anche tutto ciò forma parte dello sfondo necessario per comprendere lo Zohar.

Questa Introduzione inizierà delineando lo sviluppo della Cabala nel secolo precedente allo Zohar, considerando anche l'uso fatto nella Cabala di fonti ebraiche antecedenti. Poi ci rivolgeremo allo Zohar stesso, discutenddone lo stile di pensiero e l'esegesi, le sue modalità narrative, la questione dell'apparizione dello Zohar e la relativa paternità. Poiché questo saggio in 10 Capitoli (!) serve da introduzione all'intero testo dello Zohar, non citeremo passi ad esemplificare l'analisi offerta.[3] Si spera che il lettore procederà da questa Introduzione ad un'attenta lettura del testo e relativo commentario offerto dalle varie edizioni correnti, identificando vasti brani in tutto lo Zohar con cui testare le spiegazioni offerte in questo breve saggio introduttivo.

L'arduo compito dettagliato supra, nel precedente paragrafo, richiede un disconoscimento. Monografie e articoli eruditi sono stati scritti in gran quantità su ciascuna delle materie appena citate. Alcune sono state oggetto di interi e voluminosi libri. Quasta Introduzione non cerca di aprire nuovi orizzonti critici in tali materie. È piuttosto un compendio di ciò che il sottoscritto reputa essere la migliore trattazione e interpretazione accademica sullo Zohar presentata finora, a partire da quando Scholem iniziò l'era del moderno studio accademico della Cabala. Mentre la responsabilità di qualsiasi malinteso o omissione in questa Introduzione è tutta mia, desidero riconoscere pienamente che le intuizioni e approfondimenti che vi sono contenuti sono quelli di tre o quattro generazioni di studiosi che hanno faticato duramente quali meḥatstsedei ḥaqla, "mietitori sul campo", della ricerca zoharica. Molti di questi studiosi sono membri del Comitato Accademico per la Traduzione dello Zohar, ed i loro nomi sono citati nella "Bibliografia". Sono quindi grato a ciascuno di loro per aver contribuito al nostro sforzo collettivo per comprendere finanche "una goccia nel mare" dei profondi segreti dello Zohar.

Note modifica

  Per approfondire, vedi Messianismo Chabad e la redenzione del mondo.
I Cinque Mondi
nella Cabala
 
  1. Si veda nello specifico la "Bibliografia".
  2. È importante avere una buona conoscenza del linguaggio simbolico della Cabala (cioè, il sistema sefirotico): un'ottima introduzione in materia è l'opera in tre volumi Wisdom of the Zohar di Isaiah Tishby, scritta originalmente in ebraico e poi tradotta da David Goldstein, con un'analisi storica di molti argomenti inclusi nello Zohar e con stralci scelti. Sebbene la versione in (He) sia stata pubblicata nel 1949-61 e quindi precede gran parte degli studi zoharici correnti, l'opera di Tishby rimane una fonte inesauribile di conoscenza.
  3. Alcuni paragrafi in italiano stralciati dallo Zohar vengono presentati a fine libro (Stralci dallo Zohar), quale "assaggio" e preparazione ad affrontare il testo intero nella sua complessità. Si raccomanda di scegliere un'edizione integrale con testo originale aramaico/ebraico (anche del quale viene dato un campione) a fronte.