Filosofia dell'amicizia/Individuale

Indice del libro
"Buoni amici", olio di Hermann Kern (1904)
"Buoni amici", olio di Hermann Kern (1904)


Non camminare dietro a me, potrei non condurti.
Non camminarmi davanti, potrei non seguirti.
Cammina soltanto accanto a me
e sii mio amico.

(Albert Camus)

Valore individuale dell'amicizia modifica

Un modo per interpretare la questione del valore dell'amicizia è in termini dell'individuo che considera se essere (o continuare ad essere) impegnato in una data amicizia: perché dovrei investire un tempo considerevole, dell'energia e delle risorse, in un amico piuttosto che in me stesso? Cosa rende l'amicizia utile per me, e quindi come dovrei valutare se le particolari amicizie che ho sono buone amicizie o no?

Un tipo di risposta è che l'amicizia è strumentalmente buona. Pertanto, Telfer (1970-1971) afferma che l'amicizia "migliora la vita" in quanto ci fa "sentire più vivi" — migliora le nostre attività intensificando il nostro assorbimento in esse e quindi il piacere che ne traiamo (239–40). Inoltre, afferma Telfer, l'amicizia è piacevole in sé e utile per gli amici. Annis (1987) aggiunge che aiuta a promuovere l'autostima, il che è cosa positiva sia a livello strumentale che di per sé.

Tuttavia, l'amicizia non ha un valore meramente strumentale, come è suggerito dall'affermazione di Annis secondo cui "le nostre vite sarebbero significativamente meno piene, se avvenisse la fine universale dell'amicizia" (1987, 351). Cooper (1977b), interpretando Aristotele, fornisce due argomenti per spiegare perché potrebbe essere così. In primo luogo, afferma l'Aristotele di Cooper,[1] vivere bene richiede che si conosca la bontà della propria vita; tuttavia, data la possibilità perpetua di autoinganno, si è in grado di valutare accuratamente la propria vita solo attraverso l'amicizia, in cui il proprio amico agisce come una sorta di specchio del proprio . Quindi, una vita fiorente è possibile solo attraverso l'accesso epistemico fornito dall'amicizia. In secondo luogo, l'Aristotele di Cooper afferma che il tipo di attività condivisa caratteristica dell'amicizia è essenziale per essere in grado di impegnarsi nel tipo di attività caratteristiche del vivere bene "continuamente" e "con piacere ed interesse" (310). Tali attività comprendono attività morali e intellettuali, attività nelle quali è spesso difficile sostenere interesse senza essere tentati di agire diversamente. L'amicizia – i valori condivisi e le attività condivise che essenzialmente coinvolge – è necessaria per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle diminuirà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva dell'umano prosperare.

Finora questi sono tentativi di comprendere il valore dell'amicizia per l'individuo in termini di come l'amicizia contribuisca, in modo strumentale o costitutivo, a qualcos'altro di prezioso per l'individuo. Tuttavia si potrebbe anche pensare che l'amicizia sia preziosa per se stessa. Schoeman (1985), in parte in risposta all'individualismo di altri studi sul valore dell'amicizia, afferma che nell'amicizia gli amici "diventano una comunità unica con un essere e un valore tutto suo" (280): l'intimità dell'amicizia si traduce in "un modo di essere e di agire in virtù dell'essere uniti con un altro" (281). Sebbene questa affermazione abbia un fascino intuitivo, Schoeman non spiega chiaramente quale sia il valore di quella "comunità unica" o perché dovrebbe avere quel valore. In effetti, dovremmo aspettarci che la realizzazione di questa affermazione comporterebbe una proposta sostanziale relativa alla natura di tale comunità e al modo in cui può avere un'esistenza e un valore separati (federati? — cfr. Friedman 1998). Ancora una volta, la letteratura sull'intenzione condivisa e la soggettività plurale è qui rilevante.[2]

Una domanda strettamente correlata a questa problematica del valore dell'amicizia è cosa giustifica il mio essere amico di questa persona piuttosto che di un'altra o di nessuna? In una certa misura, le risposte alla domanda sul valore dell'amicizia potrebbero sembrare fornire risposte alla domanda sulla giustificazione dell'amicizia. Dopotutto, se il valore dell'amicizia in generale risiede nel modo in cui contribuisce (sia strumentalmente che costitutivamente) a una vita per me prospera, allora potrebbe sembrare che io possa giustificare particolari amicizie alla luce della misura in cui contribuiscono al mio benessere. Tuttavia, questo sembra inaccettabile perché suggerisce – cosa sicuramente falsa – che gli amici sono fungibili.[3] Cioè, se il mio amico ha determinate proprietà (incluse, forse, proprietà relazionali) in virtù delle quali sono giustificato ad averlo come mio amico (perché è in virtù di quelle proprietà che contribuisce al mio prosperare), allora secondo questa prospettiva sarei ugualmente giustificato nell'essere amico di qualcun altro con proprietà pertinentemente simili, e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe addirittura essere che dovrei "fare uno scambio" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questa interpretazione dell'amicizia è sicuramente sgradevole, per non dire offensiva.

Nel risolvere questo problema della fungibilità, i filosofi si sono in genere concentrati sulle caratteristiche della relazione storica dell'amicizia (cfr. Brink 1999, citato supra). Un approccio potrebbe essere trovato nel resoconto "unitario" dell'amicizia proposto da Sherman (1987) discusso precedentemente (questo tipo di visione potrebbe essere suggerito dallo studio del valore dell'amicizia in Schoeman 1985). Se io e il mio amico formiamo una sorta di unione in virtù del fatto che abbiamo una concezione condivisa di come vivere che è forgiata e mantenuta attraverso una particolare storia di interazione e condivisione delle nostre vite, e se quindi il mio senso dei miei valori e della mia identità dipende dal fatto che questi sono fondamentalmente i nostri valori e la nostra identità, allora non è proprio possibile sostituire un'altra persona con il mio amico senza una perdita. Dato che quest'altra persona non potrebbe condividere le proprietà rilevanti del mio amico, vale a dire la sua relazione storica con me. Tuttavia, il prezzo di questa soluzione al problema della fungibilità, poiché si presenta sia per l'amicizia che per l'amore, è la preoccupazione per l'autonomia di cui abbiamo parlato nella Sezione sull'Intimità.

Una soluzione alternativa è interpretare queste proprietà storiche e relazionali del mio amico come fossero più direttamente pertinenti alla giustificazione della nostra amicizia. Pertanto, Whiting (1991) distingue le ragioni che abbiamo per iniziare un'amicizia (che sono, secondo lei, impersonali in un modo che consente la fungibilità) dalle ragioni che abbiamo per sostenere/mantenere un'amicizia; queste ultime, suggerisce, si trovano nella storia dell'interesse che nutriamo l'uno per l'altro. Tuttavia, non è chiaro in che modo le proprietà storico-relazionali possano fornire una qualsiasi ulteriore giustificazione per l'amicizia oltre a quella fornita dal pensare al valore dell'amicizia in generale, che non risolve il problema della fungibilità. Poiché il semplice fatto che questo è il mio amico non sembra giustificare la mia amicizia continuativa: quando immaginiamo che il mio amico stia attraversando un momento difficile in modo da perdere quelle virtù che giustificano la mia amicizia iniziale con lui, perché non dovrei semplicemente scaricarlo e stringere una nuova amicizia con qualcuno che ha tali virtù? Non è chiaro come l'appello alle proprietà storiche del mio amico o della nostra amicizia possa fornire una risposta.

In parte il problema qui deriva da taciti preconcetti riguardanti la natura della giustificazione. Se tentiamo di giustificare la continua amicizia nei termini in cui l'amico è questa data persona in particolare, che ha una particolare relazione storica con me, allora sembra che stiamo facendo appello a proprietà meramente idiosincratiche e soggettive, che potrebbero spiegare ma non possono giustificare tale amicizia. Ciò sembra implicare che la giustificazione in generale faccia appello al fatto che l'amico sia un dato tipo di persona, con proprietà generali e oggettive che altri potrebbero condividere; questo porta al problema della fungibilità. Risolvere il problema, potrebbe quindi sembrare, richiede in qualche modo di superare questo preconcetto riguardo alla giustificazione — compito che nessuno ha tentato negli studi sull'amicizia.

  Per approfondire, vedi Filosofia dell'amore/Problemi d'amore.

Note modifica

  1. Come è ormai apparente, ogni ricercatore interpreta il "suo proprio" Aristotele!
  2. Si veda, ad esempio, Gilbert 1989, 1996, 2000; Tuomela 1984, 1995; Searle 1990; e Bratman 1999.
  3. Si dice fungibile di beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l'uno il posto dell'altro — essere quindi intercambiabili, sostituibili, senza alcuna perdita di valore. Nel caso delle persone: persone che possono essere impiegate l'una in sostituzione di un'altra. Si veda Vocabolario Treccani: "fungìbile": "In diritto, di beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l’uno il posto dell’altro agli effetti giuridici (bene f. è, per eccellenza, il denaro). Per estens., e in usi fig., di cose in genere, e anche di persone, che possono essere usate l’una in sostituzione di un’altra (quindi sinon. di intercambiabile)."