Umorismo ebraico e storielle yiddish/Capitolo 1

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Celebrazione del Purim – Dipinto di Arthur Szyk (1948)

Umorismo nella Bibbia modifica

  Per approfondire su Wikipedia, vedi le voci Tanakh, Torah e Purim.

Comprendere il mondo della Bibbia può sembrare scoraggiante per quelli di noi che vivono nel ventunesimo secolo. Non solo ci troviamo di fronte a una lingua antica radicalmente diversa da quella moderna, soprattutto da quella occidentale, ma ci troviamo anche di fronte a uno sconcertante assortimento di costumi e convenzioni culturali che spesso ci lasciano perplessi. E il contenuto della letteratura biblica è molto serio. Nelle sue pagine leggiamo di Dio Onnipotente, ardue prove di fede, peccato e punizione, verità e giustizia, cielo e terra. È comprensibile che poche persone si rivolgano alla Bibbia per trovare battute davvero divertenti.

Ma di tanto in tanto il velo si solleva e vediamo che anche i santi narratori antichi non sempre riuscivano a resistere agli aspetti umoristici di una storia. In questo Capitolo, voglio esaminare diversi casi simili. A dire il vero, ciascuna di queste storie tratta questioni della massima gravità, che nemmeno un po’ di comicità riesce a mascherare completamente. Ma qualche volta, un tocco umoristico rende una narrazione biblica altrimenti seria particolarmente deliziosa — e indimenticabile.

Aronne e il miracoloso Vitello d'oro – Esodo 32:1-24 modifica

Passiamo innanzitutto all'immagine di un sobrio professionista religioso, il padre di tutti i sacerdoti, lo stesso Aronne. La storia del vitello d'oro costruito nel deserto è tra le narrazioni più conosciute della Bibbia. Seguendo attentamente i comandamenti apodittici in Esodo 20 e il "se... allora" le norme stabilite nel "Libro dell’Alleanza" (Esodo 20:22-23:33), Mosè si congeda dal popolo per comunicare da solo con Dio e ricevere istruzioni per la costruzione del santuario portatile in cui saranno ospitate le due Tavole sacre contenenti i Dieci Comandamenti. Durante l'assenza di Mosè, il popolo rimane senza guida umana e senza prove visibili della presenza divina. Sappiamo che Mosè e YHWH trascorrono quaranta giorni a discutere il progetto architettonico del miškan[1] perché ci è permesso leggere la loro conversazione. Tuttavia, anche per noi, i dettagli architettonici, forniti sia nella progettazione (Esodo 25-31) che successivamente durante le fasi di costruzione vera e propria (Esodo 35-40) sono difficili da cogliere con pieno apprezzamento. Mentre Dio poteva creare l'intero cosmo in sei giorni e in un singolo capitolo della Genesi, diverse settimane e tredici lunghi capitoli dell'Esodo vengono utilizzati per costruire un piccolo santuario portatile.[2] Durante tutto questo tempo, il popolo non ha idea del perché Mosè stia lontano così a lungo.

Da una prospettiva teologica emergono tre idee principali. In primo luogo, le persone il cui status di schiavitù [‘avôdah] una volta richiedeva di costruire qualunque cosa il Faraone avesse ordinato (Esodo 1:11) ora devono costruire un santuario portatile da utilizzare al "servizio" [di nuovo ‘avôdah] del loro nuovo Signore. In secondo luogo, il Dio che fino ad allora era stato accessibile solo occasionalmente, ora offre un simbolo permanente della Sua presenza tra il popolo. In terzo luogo, le possibilità geografiche per il culto vengono ampliate da un'unica montagna sacra posta in un luogo fisso a un santuario portatile che si sposterà ovunque le persone debbano viaggiare.

Da un punto di vista letterario, Esodo 24:12-31:18 ci prepara a comprendere l'ansia vissuta dalle persone lasciate sole ai piedi del monte santo (Esodo 32:1) mentre il loro capo si allontana da solo. Una lettura superficiale di Esodo 24:12 ci porta a immaginare solo una semplice transazione tra Mosè e YHWH che non richiederà molto tempo. Ma poiché la nostra lettura svela la natura complicata della conversazione durata quaranta giorni e poiché ricordiamo che le persone non ne sono a conoscenza, la loro impazienza è comprensibile. Erano chiaramente presi dal panico al pensiero di rimanere senza il loro grande leader, "perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto" (Es 32:1). Tuttavia una cosa è non credere, come spesso ha fatto il popolo in passato, un'altra è disobbedire, come il popolo fa adesso. Pertanto il loro comando ad Aronne: "Facci un dio" (Esodo 32:1), arriva come uno shock strutturale nella narrazione. Abbiamo osservato Israele desiderare ardentemente la sicurezza dell'Egitto (Esodo 16:3), frenetico per l'acqua (Esodo 15:24;17:2), spinto allo sconforto dalla fame (Esodo 16:3) e alla disperata ricerca di risposte (Esodo 18:23). Ma fino a questo momento non hanno completamente ignorato non solo i miracoli di YHWH a cui hanno assistito sia in Egitto che nel deserto, ma anche le loro solenni promesse di accettare solo Lui come loro divinità esclusiva.

Dio, ovviamente, sapeva fin dall'inizio cosa stavano facendo e di conseguenza ordinò a Mosè di tornare all'accampamento per affrontare la sordida situazione. Là preparò una pozione magica da far ingerire ai peccatori, gettò a terra e frantumò con disgusto le due tavole della Legge, e alla fine si trovò faccia a faccia con suo fratello maggiore Aronne. La sua domanda iniziale (Esodo 32:21) è significativa: "Che ti ha fatto questo popolo?"

La reazione di Aaron è per me buffissima e indica chiaramente che gli orefici italiani d'oggi sprecano troppo tempo nelle fasi preliminari della lavorazione. Se fossero più attenti alle Scritture, la risposta di Aronne a Mosè risparmierebbe loro innumerevoli ore di laboratorio: "Essi mi hanno dato vari pezzi d'oro, io li ho buttati nel fuoco e ne è venuto fuori questo vitello" (Esodo 32:24). E che vitello! Era così maestoso che sembrava un dio in onore del quale fu necessaria una grande festa (Esodo 32:6). Questo è sicuramente un miracolo più grande di quanto sia stato precedentemente riconosciuto!

E penso che la Torah sia probabilmente alquanto discreta da omettere la vera risposta di Mosè mentre si trovava di fronte ad Aronne in piedi lì, davanti a lui, stringendo ancora i suoi ceselli ma negando ogni coinvolgimento o responsabilità nella creazione del vitello d'oro. Sono convinto che anche Mosè rise.

Non sto sostenendo che lo scopo della storia del vitello d'oro sia quello di servire da sfondo per una routine comica di cabaret, né trascuro le implicazioni del testo riguardo al significato relativo ad Aronne rispetto a Mosè. Resta comunque chiaro il fatto che Aronne abbia rifiutato di accettare la responsabilità personale delle sue azioni, e i narratori avrebbero potuto sottolineare con forza il punto con una prosa arida. Ma non lo fecero. Usarono invece una descrizione comica di Aronne con grande vantaggio, dandoci un'immagine verbale che non si dimentica facilmente.

L'asina di Balaam: Numeri 22:21-35 modifica

 
Balaam e la sua asina, di Rembrandt (1626)

La seconda storia riguarda un professionista religioso straniero e un animale “stupido”. Secondo la visione accademica prevalente,[3] Numeri 22:2-25:9 non è un'unità realizzata artisticamente che offre un unico punto di vista, ma un sconcertante insieme di storie che hanno come protagonista un personaggio che, sebbene gli venga dato un solo nome, tuttavia sembra essere almeno due individui molto diversi. Da un lato, Balaam è un “indovino” mangiasoldi.[4] Dall'altro, egli è semplicemente una pedina di YHWH. Viene presentato come un “veggente” professionista, ma non “vede” il suo proprio distruttore celeste in piedi con la spada sguainata direttamente di fronte a lui. A volte si oppone coraggiosamente al re Balak, ma altre volte è completamente un leccapiedi. Quindi è chiaro, anche per chi è impegnato a comprendere l'impatto teologico delle storie bibliche nella loro forma canonica, che “Balaam” rappresenta una grande sfida esegetica.

Iniziamo con una semplice domanda. Perché le storie di Balaam sono collocate proprio qui nella narrativa complessiva della Torah? I primi ventuno capitoli di Numeri hanno raccontato sei episodi della ribellione israelita nel deserto, compreso anche il “peccato” commesso dallo stesso Mosè (Numeri 20:12), atto visto così negativamente da fornire giustificazione al fatto che a Mosè non sarebbe stato permesso di far entrare gli Israeliti nella terra promessa. Everett Fox ha sicuramente ragione nel dire che Balaam fornisce “a welcome relief from the depressing and at times exasperating narratives of rebellion [suggesting] that, as we leave the old generation to die out in the wilderness, God’s own ‘cursing’ of the people because of their rebelliousness will somehow, ultimately, be turned into blessing”.[5] Balaam e Balak sono i due nuovi personaggi introdotti qui per la prima volta. Ed è significativo che i narratori debbano spiegarci che Balak era il re di Moab (Numeri 22:4) perché altrimenti non sapremmo chi fosse. Al contrario, la semplice menzione del nome Balaam ben Beor è ritenuta sufficiente per riconoscere chi era e cosa faceva per vivere. Era davvero un personaggio che “non aveva bisogno di presentazioni”![6] Ciò che è significativo è che il testo biblico non ha dubbi sulla di lui capacità di influenzare l'esito di uno scontro tra Moab e Israele.

È importante notare le somiglianze tra queste storie di Balaam e la precedente storia delle piaghe in Egitto, e i narratori biblici richiamano l'attenzione su queste somiglianze usando termini specifici che non possono essere fraintesi. Il “disprezzo” provato dai Moabiti per gli Israeliti si collega a sentimenti simili nutriti in precedenza dagli Egiziani,[7] e la descrizione iperbolica di Balak riguardo alla stragrande moltitudine israelita riecheggia la paura paranoica del precedente Faraone.[8] Allo stesso modo, la lotta per stabilire quale popolo “scaccerebbe” [g-r-š] l'altro riflette un chiaro tema dell'esodo,[9] e la parola yada‘ [sapere] è scelta per descrivere ancora un altro sovrano straniero che si dimostrerà in errore su tutti i fronti. Infatti, dopo che Balak afferma con sicurezza di "sapere" tutto sull'efficacia della competenza professionale di Balaam (Numeri 22:6), il racconto procede dimostrando che egli, come il precedente re d'Egitto, non aveva effettivamente nessuna idea della vera identità e potenza della divinità di Israele (Esodo 5:2).

Incontriamo in Numeri un altro re che è abituato a dare ordini che devono essere eseguiti (22:16),[10] acquisendo tutto ciò che vuole con il comando, il potere, il denaro o qualsiasi altro mezzo.[11] Il suo drammatico opposto è la divinità di Israele che decreta che "solo la parola che ti dico [Balaam], tu la farai", un tema ripetuto così spesso che lo riconosciamo chiaramente come l'idea centrale dell'intero corpus di storie. In altre parole, mentre Balak pensa di “conoscere” il risultato delle attività di Balaam, non sa che solo YHWH ha il controllo totale di tale risultato. E proprio come il controllo di YHWH sull'Egitto era certo ben prima della prima visita di Mosè al Faraone (Esodo 3:8), così è stabilito fin dall'inizio anche il Suo controllo su Balak e Balaam. Balaam rifiuta due offerte lucrative da parte di Balak non come stratagemma negoziale per sollecitare un'offerta ancora più alta, ma come ammissione che semplicemente non c’è abbastanza denaro nel regno di Balak da contrastare il potere del Dio di Israele. Mai nelle storie Balaam dice “non lo farò” alle offerte di Balak. Dall'inizio alla fine, dice semplicemente “Non posso” [lo’ ’ukhal] fare quello che chiedi.[12]

Allora dov'è l'umorismo in tutto ciò? Da un lato ci sono Moab e un re paranoico ma pericoloso che cercano di assumere un famoso professionista religioso che ha accesso a poteri che potrebbero segnare la rovina di ogni singolo Israelita. Dall'altro lato c'è YHWH, la divinità di Israele. Nel mezzo c’è il popolo di Israele, beatamente ignaro dell'esistenza di qualsiasi pericolo. Vogliamo credere che YHWH abbia il controllo, ma ci chiediamo perché inspiegabilmente invii Balaam a svolgere quella che la narrazione ritiene essere la sua missione: distruggere Israele. Chi potrebbe ascoltare questa parte della storia senza mettere in dubbio la saggezza stessa di Dio?

Ma, proprio come aveva fatto nell'indurire il cuore del Faraone per preparare il terreno ad ulteriore imbarazzo proprio nel suo paese, dal nulla Dio manda un emissario di morte per uccidere il potenziale distruttore. OK. Questo ha più senso. Ci sarà uno scontro mortale tra Balaam e il messaggero di Dio, e quella sarà la fine. Tuttavia, prima che possa scoppiare uno scontro, i due avversari devono incontrarsi e Balaam, il veggente di fama internazionale, non riesce a vedere il suo avversario celeste (l'Angelo del Signore). Entra in scena l’’aton, una stupida asina. Vede il divino messaggero di morte che Balaam non può vedere e devia dalla rotta, solo per ricevere una bastonata dal suo cavaliere che tentava di mantenerla sul suo percorso originale (Numeri 22:25). Quando il messaggero si posiziona in uno spazio stretto tra due muri per impedire il passaggio di Balaam, il costoso professionista non vede ancora nulla. Così, quando l’’aton si preme contro il fianco della montagna e nel farlo schiaccia il piede di Balaam, l'asina riceve un altro pestaggio (Numeri 22:24-25). Allora il messaggero divino avanza ulteriormente e prende una posizione che intrappola completamente lo sfortunato Balaam, impedendogli di girare a destra o a sinistra (Numeri 22:26). Quasi incomprensibilmente, Balaam continua a non vedere nulla! Quindi l’’aton, che aveva sempre visto il pericolo, si sdraia semplicemente sotto il suo cavaliere. La sua ricompensa è batosta numero tre.

Alla fine, l'umile animale frustrato comincia a conversare con Balaam in un fluente ebraico biblico. "Che ti ho fatto perché tu mi percuota già per la terza volta?" E Balaam, sempre il consumato professionista, risponde (Numeri 22:28-30)! Ma solo quando YHWH gli apre gli occhi (Numeri 22:31) Balaam vede finalmente il messaggero di morte che l’’aton aveva individuato fin dall'inizio. Non ci possono essere dubbi sull'abilità della divinità che può manipolare un uomo così stupido da conversare con un'asina. Oppure, come ha suggerito uno dei miei lettori, forse il tipo di uomo che pensa di poter avere una conversazione intelligente con un'asina è più da temere di qualsiasi altro tipo!

Re Saul travestito: 1 Samuele 28:1-12 modifica

Nel nostro terzo episodio, il re Saul chiede consiglio dopo la morte di Samuele. Ancora una volta l'ambientazione della storia è cruciale. Samuele, per lungo tempo fidato consigliere di Saul, era morto, e quando il re abbandonato cercò risposte tramite i sogni, gli Urim o i profeti, "YHWH non gli rispose" (1 Samuele 28:6). In preda alla disperazione, Saul ordinò ai suoi cortigiani di individuare una “medium” [’ešet ba‘alat ’ôv][13] che fungesse da suo consigliere (1 Samuele 28:7), nonostante il fatto che lui stesso ne avesse ordinato l'espulsione in precedenza (1 Samuele 29:9). Naturalmente, anche a quei tempi, molto prima della presidenza di Ronald Reagan, non sarebbe stato opportuno vedere il leader della nazione consultare negromanti e indovini. Così Saul ebbe la brillante idea di indossare abiti diversi, travestendosi per ingannare la sua consulente. Così ci viene data l'immagine ironica dello Yao Ming del suo tempo, il re Saul, che "sopravanzava dalla spalla in su tutto il popolo" (1 Samuele 10:23), tentando di camuffarsi furbescamente cambiando abiti (1 Samuele 28:8: "Saul si camuffò, si mise altri abiti"). Insomma, l'altezza non viene assolutamente notata!

Infatti, questa medium professionista, ritenuta d'aver accesso segreto a informazioni cruciali per l'intera nazione, viene completamente ingannata. Ci si può solo immaginare uno Shaquille O’Neal che entra in una sinagoga locale indossando una kippah e aspettandosi di non essere notato. Il narratore biblico non avrebbe potuto trovare un modo più sorprendente per sottolineare la verità secondo cui solo Dio possiede la saggezza dell'universo.

Gedeone, potente guerriero nascosto: Giudici 6:11-13 modifica

La storia successiva è incentrata sulla carriera di Gedeone, introdotto nella narrazione mentre si rannicchia dentro il torchio di suo padre cercando di impedire ai Madianiti di rubargli la cena (Giudici 6:11). Ma il messaggero divino si avvicina a lui senza una parola di rimprovero per il suo tentativo di nascondersi, senza un accenno d'incoraggiamento tipo “sii forte e coraggioso” così familiare dalle conversazioni che Dio ebbe con Giosuè (1:6,9). Si rivolge invece al timoroso Gedeone con un titolo che sa di ironia: “Che YHWH sia con te, potente guerriero” [gibbôr heHayil].

Più tardi, naturalmente, apprenderemo che Gedeone era un tale maestro delle tattiche militari da poter organizzare il massacro di 135 000 soldati madianiti professionisti, assistito da 300 ebrei armati solo di fiaccole e trombe (Giudici 7:16; 8:10). Che la storia parli del potere di Dio piuttosto che di Gedeone è certo. Ma sicuramente c’è un accenno di umorismo nella descrizione del pauroso “potente guerriero” scelto divinamente per guidare alla vittoria.

Le ossa magiche di Eliseo: 2 Re 13:20-21 modifica

 
Le ossa di Eliseo fanno risuscitare un morto (1873)

La carriera del grande profeta Eliseo fu piena di azioni miracolose. Il suo primo miracolo registrato fu la separazione del fiume Giordano, che compì col mantello del suo defunto mentore Elia (2 Re 2:14). Ma quello fu solo l'inizio. Il nuovo leader profetico purificò due volte acqua velenosa (2 Re 2:19-22;4:38-41), chiamò due orse dal bosco per far sbranare quarantadue ragazzetti che lo schernivano per la sua calvizie (2 Re 2:23-24),[14] salvò finanziariamente una vedova povera moltiplicando le sue provviste d'olio (2 Re 4:1-7), aiutò una donna senza figli con un vecchio marito a rimanere incinta e ad avere un figlio (2 Re 4:16-17),[15] e poi riportò in vita il ragazzo dopo la sua morte (2 Re 4:32-37 — famiglia perseguitata dalla sfiga!).

C'è dell'altro. Con solo poche spighe di grano e venti pani d'orzo, Eliseo sfamò 100 uomini affamati, che se ne andarono soddisfatti e trasportando sacchi di avanzi (2 Re 4:42-44). Il nostro formidabile profeta continuò guarendo un lebbroso (2 Re 5:14), facendo galleggiare un'ascia di ferro (2 Re 6:1-7) e accecando un intero reggimento di soldati siriani (2 Re 6:8-19).

Anche dopo la sua morte, il potere miracoloso di Eliseo non diminuì. La sua impresa finale è descritta come segue:

« Eliseo morì; lo seppellirono. All'inizio dell'anno nuovo irruppero nel paese alcune bande di Moab. Mentre seppellivano un uomo, alcuni, visto un gruppo di razziatori, gettarono il cadavere sul sepolcro di Eliseo e se ne andarono. L'uomo, venuto a contatto con le ossa di Eliseo, risuscitò e si alzò in piedi. »
(2 Re 13:20-21)

Non si poteva certo non restare impressionati da tale potenza. Tuttavia, in questa narrazione, ciò che non viene detto è terribilmente importante, almeno per un personaggio. Mettetevi nei panni dell'uomo risorto. Sei appena morto. Senza che tu ne fossi consapevole, i fedeli membri della chevra kadisha [società funeraria] hanno preparato il tuo corpo senza vita per la sepoltura. Poi accade il miracolo e riacquisti conoscenza. Torni in vita ma sei ancora strettamente avvolto nel tuo sudario e non puoi correre. La prima cosa che vedi è una banda di ladri moabiti abbastanza feroci da aver scacciato tutti i tuoi portatori. Allora morirai sicuramente una seconda volta, molto probabilmente in modo piuttosto spiacevole. Quindi, la resurrezione per te sarebbe, nella migliore delle ipotesi, una benedizione dubbia.

L'indemoniato Gadareno e lo sfortunato mandriano di porci modifica

 
Poveri porci... non sanno cosa li aspetta!
(Marco 5:1-16, Matteo 8:28-33, Luca 8:26-39)

Non credo sia fuoriluogo includere due episodi del Nuovo Testamento che contengono un accenno di umorismo, soprattutto perché entrambe le storie presentano dettagli di interesse per i lettori ebrei. Il primo riguarda un episodio accaduto nella regione di Gerasa dove Gesù incontrò un uomo posseduto da uno spirito maligno.[16] Il povero disgraziato era stato costretto a vivere nel cimitero e spesso veniva incatenato per evitare che si facesse male. Ma lo spirito maligno era così potente che alla fine nemmeno le catene funzionavano, e l'uomo si squarciava il corpo con pietre affilate, correndo in giro urlando ventiquattr'ore al giorno.

Naturalmente il potente spirito maligno trovò il suo pari in Gesù, che gli comandò di allontanarsi dalla povera vittima. A quel punto, Gesù chiese allo spirito maligno il suo nome e apprese che si trattava di “Legione” perché a quanto pare un intero gruppo si era accanito insieme contro la vittima (che non viene nominata nel racconto). Quando “Legione” implorò Gesù di non cacciarli completamente dal paese, suggerirono anche un piano alternativo, che Gesù adottò. Pertanto, invece di bandire “Legione”, Gesù ordinò ai demoni di infestare un branco di 2 000 maiali (l'animale non kosher per eccellenza) che si trovavano a mangiare nelle vicinanze. Al che i maiali spaventati si precipitarono a capofitto in mare da una ripida sponda e annegarono. Non ci è detto se la “Legione” sia sopravvissuta alla caduta. Inoltre, poiché il Mar di Galilea era a circa trentasette miglia da Gerasa, potremmo ancora una volta trovarci di fronte ad un miracolo di maggiore importanza di quanto comunemente si creda.[17]

Chiaramente lo scopo della storia è quello di enfatizzare il potere di Gesù sul mondo degli spiriti, e tutti coloro che assistettero all'evento rimasero adeguatamente intimoriti. Ma immaginate la difficile situazione degli sfortunati mandriani dei maiali costretti a riferire al loro capo che tutti i suoi porci erano morti. Figuriamoci inoltre, lo sgomento del proprietario, privato del suo intero investimento di capitale in un unico colpo di sfortuna simile a quello dell'AIG. Poi non ci vien detto se la “Legione” sia sopravvissuta alle acque ribollenti, né abbiamo il privilegio di sapere se il proprietario della mandria abbia dichiarato bancarotta o abbia richiesto un piano di rimborso governativo. Tutto sommato, non sorprende che la locale associazione di allevatori suini abbia chiesto ufficialmente che Gesù lasciasse la loro regione (Marco 5:17).

Paolo il Mago: Atti 19:11-16 modifica

La storia della conversione di Paolo al cristianesimo e dei successivi sforzi di evangelizzazione è tra le storie più conosciute del Nuovo Testamento. Il libro degli Atti, che copre gran parte dei viaggi missionari di Paolo, include la notazione che, insieme alla sua predicazione a Efeso, Dio operò innumerevoli miracoli tramite il nuovo apostolo. Ciò è molto simile alla storia Eliseo. In effetti, Paolo precede i moderni televangelisti nell'inviare fazzoletti che guariscono i malati al contatto e sconfiggono gli spiriti maligni (Atti 19:12: "...al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano"). Non ci vien detto se abbia richiesto un compenso per questo servizio. Ma naturalmente alcuni ebrei che conoscevano la storia degli operatori di miracoli nella Bibbia, pensavano di dover avere il diritto di copiare i metodi di Paolo. Quindi il racconto spiega che “alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi” e aggiunge la formula specifica che impiegarono: “Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica” (Atti 19:13).

Ora, la narrazione identifica specificamente gli esorcisti come “i sette figli di Sceva”, identificato da Luca come “un capo sacerdote ebreo”, e questo è problematico. Sceva potrebbe essere un nome greco o romano, e nessun sommo sacerdote con quel nome prestò mai servizio a Gerusalemme, portando alcuni studiosi a dubitare che Sceva fosse effettivamente ebreo.[18] Ma questi sono dettagli che non devono sminuire il nocciolo della storia, ovvero che solo un cristiano certificato poteva accedere al potere latente nel nome Gesù. Ciò è reso evidente dalla reazione dello spirito maligno, che non si è limitato a ignorare gli esorcisti non certificati ma addirittura entra in dialogo con loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?" Non udendo una risposta adeguata, "l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su tutti loro,[19] li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite" (Atti 19:15-16). In altre parole, i tentativi degli esorcisti ebrei di utilizzare una formula magica cristiana non solo fallirono ma, come lo definì F. F. Bruce, "like an unfamiliar weapon wrongly handled it exploded in their hands".[20]

Conclusione modifica

  Per approfondire, vedi The Bible and humor.

Ho scelto solo alcuni esempi di narrazioni bibliche che utilizzano descrizioni umoristiche, o perlomeno stravaganti, di certi personaggi e incidenti per descrivere eventi che portano un pesante carico teologico. La mia tesi non è che gli autori biblici intendessero che una qualsiasi storia fosse divertente, ma semplicemente che a volte sceglievano modi umoristici per esprimere idee altrimenti serie. Per me, queste descrizioni umoristiche a volte sorprendenti aiutano a rendere indimenticabili storie serie. E di questo, ne son certo, gli autori ne sarebbero stati certamente contenti.

Note modifica

  1. Questa è la parola usata in Esodo 25:9 per il santuario portatile costruito nel deserto. La designazione più comune è ’ohel mo‘ed, "tenda dell'incontro" [con Dio], che ricorre circa 150 volte. In Esodo 39:32, miškan e ’ohel sono combinati nella frase miškan ’ohel mo‘ed, attestando che sono sinonimi (come avviene anche in ugaritico). In Esodo 25:8, il miškan è chiamato semplicemente un miqdaš [santuario], mentre Esodo 28:29 lo designa come ha-qodeš [Il Luogo Santo]. La sezione più interna del santuario è conosciuta come qodeš ha-qodašim [Il Santo dei Santi o Il luogo più sacro ovunque].
  2. Naturalmente, Dio non doveva collaborare con un comitato edilizio!
  3. Opportunamente riassunto da Jo Ann Hackett, “Balaam”, Anchor Bible Dictionary (New York: Doubleday, 1992), I, 569-72. Di seguito citato come ABD.
  4. Jacob Milgrom, The JPS Torah Commentary: Numbers (New York: JPS, 1990), 471, traccia un'utile distinzione tra indovino ("colui che predice gli eventi ma non può alterarli") e stregone ("il mago che afferma di poter maledire o benedire").
  5. The Five Books of Moses (New York: Schocken, 1983), 765.
  6. Le prove archeologiche sotto forma di un'iscrizione dell'VIII secolo proveniente da Deir ‘Alla ci hanno dimostrato quanto fosse famoso Balaam (Bil‘am). Milgrom ha fornito un'eccellente traduzione di questa iscrizione insieme a un'utile panoramica del significato del testo (The JPS Torah Commentary, 473-76). La trattazione più estesa dell'iscrizione è di Jo Ann Hackett, The Balaam Text from Deir ‘Alla (Chico: Scholars Press, 1984).
  7. Cfr. qutz in Numeri 22:3 ae Esodo 1:12.
  8. Cfr. ‘atzum in Numeri 22:6 e Esodo 1:9.
  9. Cfr. Numeri 22:6, 11, e Esodo 6:1; 11:1.
  10. Si noti la formula “formula del messaggero”, koh ’amar Balak, paragonabile a koh ’amar par’oh nell’Esodo.
  11. Si noti la radice k-b-d in Numeri 22:15, 17, 37; 24:11.
  12. Cfr. Numeri 22:18, 22:38, e 24:13.
  13. Letteralmente “un possessore di fantasmi”, cioè qualcuno che era in grado di comunicare con i morti.
  14. Atto che io e altri uomini calvi comprendiamo appieno!
  15. E questo avvenne molto prima della scoperta del Viagra, del Levitra o del Cialis... Inoltre, non ci vien detto con quale metodo partorisca questo bambino!
  16. O due uomini similmente indemoniati, secondo Matteo 8:28-33.
  17. Anche Gadara è troppo lontana dal mare: “Gadara . . . is also too far away, 5 miles SE of the sea” (John McRay, “Gerasenes,” ABD, II, 991). Ma quanta strada dovettero fare i porci per buttarsi a mare?!?
  18. Cfr. W. Ward Gasque, “Sceva,” ABD, V, 1064, per i riferimenti. Tuttavia, molti ebrei avevano sia un nome latino o greco che uno ebraico, come lo stesso Paolo (Sha’ul), l'apostolo. Se si conoscesse il nome ebraico di Sceva, forse sarebbe possibile identificare la persona menzionata nel racconto di Luca.
  19. Il greco amphoterôn potrebbe qui significare semplicemente “tutti” (tradotto così in varie versioni), come spessdo nei papiri del tempo. Per riferimenti, cfr. William Arndt e F. Wilbur Gingrich, A Greek-English Lexicon of the New Testament and Other Early Christian Literature (2nd ed.; Chicago: University of Chicago Press, 1979), 47.
  20. The Acts of the Apostles (New International Commentary on the New Testament; Grand Rapids: Eerdmans, 1952), 368.
  Per approfondire, vedi Serie delle interpretazioni, Serie dei sentimenti e Serie letteratura moderna.