Saeculum Mirabilis/Capitolo 6

Indice del libro
International Committee on Intellectual Cooperation della Lega della Nazioni. Sessione plenaria al Palais Wilson, 1924-1927 (Einstein è il quarto da sinistra)

Governo mondiale

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Il momento internazionalista

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La difesa del governo mondiale da parte di Einstein negli anni ’40 è pienamente comprensibile solo nel contesto di un momento storico in cui l'internazionalismo divenne valuta comune nei circoli liberali e in una certa misura anche oltre. La Seconda Guerra Mondiale provocò una rinnovata mentalità del "never again". Il contesto era diverso da quello della Prima Guerra Mondiale ma la questione era la stessa: come riportare alla ragione un mondo in cui la guerra sembrava inestirpabile? A causa dell'avanzare dell'età, fu l'ultima battaglia che la maggior parte della generazione di Einstein fu in grado di combattere. I contributi di alcuni dei suoi contemporanei nella "liberal international" erano finiti o prossimi al finire. Rolland morì nel 1944 e Wells nel 1946 sebbene quest'ultimo continuò a pubblicare fino al suo ultimo anno. Gli ultimi anni di George Bernard Shaw prima della sua morte nel 1950 furono tipicamente pieni di attività letteraria. Iniziò a scrivere di nuovo opere teatrali e ci fu un boom nelle esecuzioni delle sue commedie.1 Gli altri continuarono a dare contributi ai dibattiti sulle questioni internazionali nel dopoguerra. Gandhi venne assassinato nel 1948, avendo, tuttavia, raggiunto l'obiettivo dell'indipendenza indiana e dell'elevazione a santità virtuale. Le sue idee si dimostrarono forze potenti nelle lotte contro la guerra e per i diritti civili in tutto il mondo nei successivi decenni. Thomas Mann produsse opere importanti nel suo ultimo decennio — morì nel 1955, lo stesso anno di Einstein — e fece importanti interventi nella vita pubblica. John Dewey, il più anziano di tutti, continuò a commentare gli affari pubblici fino alla sua morte nel 1952. Bertrand Russell, che visse fino al suo novantottesimo anno nel 1970, iniziò virtualmente una nuova carriera come attivista per la pace, e Schweitzer, che morì a 90 anni nel 1965, allo stesso modo crebbe in visibilità pubblica, non solo come esempio di dedizione alle cause umanitarie in Africa, ma come attivista per la pace la cui parola d'ordine "reverence for life" unì tutte le sue cause. Alla fine della guerra lo stesso Einstein ebbe altri dieci anni, durante i quali, pur continuando il suo lavoro scientifico senza tregua, fu più che mai sotto gli occhi del pubblico. Il mito di Einstein fu cementato, in questa era di drammatici eventi globali, dai mezzi di informazione trasmessi con una portata sempre più globale.

Nell'era atomica l'internazionalismo acquistò per un po' un nuovo appoggio sulla realtà. A causa della minaccia di estinzione, molte idee precedentemente marginali vennero portate al centro del discorso pubblico. All'indomani della guerra il clima politico in Occidente fu sorprendentemente fluido, nonostante o forse a causa del disordine creato dal conflitto globale. L'incertezza generò ansia ma anche speranza, poiché fu spianato il terreno affinché nuove idee e istituzioni potessero attecchire. In una certa misura tali speranze furono realizzate nelle Nazioni Unite e nelle organizzazioni associate, ma furono ben al di sotto di ciò che Einstein e la sua gente speravano. Il periodo di flessibilità durò poco. Alla fine degli anni Quaranta la guerra fredda era calata come una saracinesca sul momento internazionalista. L'immagine di Einstein non subì alcun offuscamento, ma le idee che amava caddero in disgrazia e divennero anzi sospette nell'atmosfera febbrile del maccartismo. Prima di esaminare la particolare interpretazione di Einstein sul governo mondiale, dobbiamo ricostruire il clima dell'opinione intellettuale durante questo breve momento internazionalista.

Einstein non dubitava che la rivoluzione dovesse comportare l'istituzione di un'autorità sovranazionale per garantire la pace. Altri – e ce ne furono molti altri che sostenevano argomentazioni simili – parlavano di "world government", "world federalism", "world law" o "world state", a seconda del particolare taglio che davano alla questione. Torneremo più avanti sui dettagli. Per il momento è la diagnosi del problema internazionale che ci interessa piuttosto che il rimedio. Il presupposto unificante dietro queste idee era che le condizioni delle relazioni internazionali erano cambiate. I governi nazionali erano inadeguati al compito di affrontare i problemi globali e anzi spesso ne erano la causa. Pochi erano così emancipati dal sentimento del nazionalismo come Einstein, ma il sospetto di adorazione della nazione non poteva che crescere più ampiamente a metà del ventesimo secolo con così tante prove a portata di mano sulla capacità delle ambizioni nazionali di generare caos e distruzione. Il ricorso a nuovi concetti di ordine internazionale e nuove istituzioni divenne un passo ovvio. Tali convinzioni non nacquero all'improvviso con la bomba atomica, sebbene provocasse un radicale senso di urgenza. Come abbiamo visto nel Capitolo 3, la fine della Prima Guerra Mondiale produsse la sua propria ondata di internazionalismo, compresa la Società delle Nazioni e i numerosi organismi ad essa associati. Il fallimento dell'internazionalismo nel periodo tra le due guerre non invalidò l'analisi degli internazionalisti, ma anzi agli occhi di molti la confermò. La Seconda Guerra Mondiale fu una diretta conseguenza del mancato confronto con gli esiti della Prima. Nel loro insieme, le due guerre mondiali, a volte caratterizzate come una nuova Guerra dei Trent'anni, produssero cambiamenti sismici nella percezione oltre che nella realtà. Crisi globali generarono prospettive globali.

Dietro i drammi visibili della guerra e della diffusa disgregazione sociale, tuttavia, si celano sviluppi economici e tecnologici di più lungo termine, ai quali gli analisti della politica mondiale di questo periodo si riferivano con sempre maggiore frequenza e che potevano essere riassunti nella parola "interdependence". L'espansione del capitalismo e dell'imperialismo, iniziata nei decenni precedenti la Prima Guerra Mondiale, unì sempre più parti del mondo in reti di dipendenza e interdipendenza, generando disordine e nuove connessioni. Il crollo dell'economia mondiale negli anni ’30 dimostrò l'incapacità delle singole nazioni di isolarsi dalle influenze economiche globali, proprio come fecero le guerre mondiali nell'ambito delle relazioni politiche e militari.2

 
Arnold J. Toynbee

Nessuno fece di più per portare questo tipo di diagnosi all'attenzione del pubblico nel mondo anglofono dello storico Arnold Toynbee. I primi tre volumi del suo Study of History furono pubblicati nel 1934, un secondo lotto di tre nel 1939 e altri tre volumi nel 1954. Fondamentalmente, un riassunto dei primi sei volumi fu pubblicato nel 1948 con enorme successo e enormi vendite, soprattutto negli Stati Uniti, che rapidamente elevarono lo storico allo status di opinionista premonitore. Un editoriale di copertina della rivista Time Magazine e un'ampia visibilità su giornali, periodici e aule accademiche portarono le sue idee saldamente sul mercato globale. Fu molto citato da politici, giornalisti e opinionisti negli anni Quaranta e Cinquanta.3 L'argomento principale del suo lavoro in più volumi era l'ascesa e la caduta delle civiltà nella storia del mondo, ma il presente era raramente distante dalla sua visione come punto di confronto oltre che di giudizio. Una delle principali premesse del suo studio era che lo stato-nazione non era solo pericoloso e distruttivo, ma non era più un "intelligible field of study". Più precisamente, considerava "the spirit of Nationality as a sour ferment of the new wine of Democracy in the old bottles of Tribalism". Il nazionalismo era semplicemente fuori contatto con la realtà: "the characteristic communities of the new age are states whose independence is limited on one or another plane". Nella nuova era dell'interdipendenza globale "the dominant note in the corporate consciousness of communities is a sense of being parts of some larger universe, whereas, in the age which is now over, the dominant note in their consciousness was an aspiration to be universes in themselves".4 Passando dal ruolo di storico a quello di veggente politico, scrisse in un saggio del 1947, "I believe it is a foregone conclusion that the world is... going to be unified politically in the near future", a cui aggiunto tra parentesi: "If you consider just two things, the degree of our present interdependence and the deadliness of our present weapons, and put these two considerations together, I do not see how you can arrive at any other conclusion".5

Non era necessario leggere Toynbee per condividere la sua premessa principale. Tali idee erano già nell'aria prima della Seconda Guerra Mondiale. La guerra e la bomba semplicemente confermarono la validità dell'analisi e la resero urgentemente rilevante. Tra gli intellettuali liberali, la critica del nazionalismo e la percezione del mondo come un tutt'uno divenne saggezza convenzionale, per quanto individualmente le idee fossero espresse. In una conferenza tenuta a Washington nel 1943, Thomas Mann dichiarò: "the sovereignty of national states is being called upon to make sacrifices in favour of the common good". Non aveva il minimo dubbio...

« ...that the world and everyday life are moving, nolens volens, toward a social structure for which the epithet ‘communistic’ is a relatively adequate term, a communal form of life, of mutual dependence and responsibility, of common rights to the enjoyment of earthly goods, as a result of the ever closer relationship of the world, its contraction, its intimacy resulting from technical progress, a world wherein everyone has a right to live and whose administration is everyone’s concern.6 »

Nel 1945 John Dewey notò:

« During the past century the nations of the world have become physically interdependent and tied together in a multitude of ways. This change is by far the greatest in the entire history of man on earth... In light of such a destructive war as the world had just experienced, the peoples of the earth, not just their governmental offcials, must find effective answers to the following question[s]: is a world-government possible?... Today Nationalism is largely a synonym for collective aggressive egoism.7 »

In una delle sue ultime opere, scritta prima della bomba atomica, H. G. Wells descrisse:

« The vast changes... in human power and scope generated by science and invention which have brought us all into intimate contact and put high explosives into our hands, with the result that war was no longer a selective elimination of the surplus young men but a rapid wasting disease, a galloping consumption of the human species... An increasing number of us are realising that the age of independent sovereign states and empires throughout the world, free to make war and prepared to make war, each separated from the other by barriers of language, religion, historical delusions and those differences in habits of life which are called national cultures, is coming to an end, obviously, rapidly... The question is only what kind of world order will arise and how this inevitable coming together of our communities can happen.8 »

Alcuni anni dopo, ma avrebbe potuto essere scritto in quasi ogni fase della sua vita, Bertrand Russell scrisse: "Nationalism is in our day the chief obstacle to the extension of social cohesion beyond national boundaries. It is therefore the chief force making for the extermination of the human race".9

Esempi di idee simili possono essere moltiplicati ben oltre le figure della "liberal international" su cui ci siamo concentrati nei Capitoli precedenti. In un libro progettato per dare peso intellettuale allo sforzo bellico americano, l'antropologa sociale Margaret Mead scrisse nel 1942: "The lesson that the world is one... must be held clearly before us. We must see the war as a prelude to a greater job—the restructuring of the culture of the world".10 Crane Brinton, un eminente storico americano che trascorse la Seconda Guerra Mondiale in Gran Bretagna per il suo lavoro sulla guerra, aveva in mente principalmente le relazioni anglo-americane nella sua analisi della politica mondiale, ma sempre nel quadro di un nuovo ordine globale: "We must attempt a fundamental task of reconditioning ourselves; we must try to break the habit of nationalism" (corsivo nell'originale).11 Infine, Emery Reves, un giornalista e pubblicista ben collegato che presto avrebbe avuto una grande influenza su Einstein, scrisse nel suo The Anatomy of Peace (1945): "There is not the slightest hope that we can possibly solve any of the vital problems of our generation until we rise above dogmatic nation-centric conceptions and realise that, in order to understand the political, economic and social problems of this highly integrated and industrialised world, we have to shift our standpoint and see all the nations and national matters in motion, in their interrelated functions..."12

Idee come queste riempivano i giornali liberali e le case editrici. Naturalmente c'erano dissidenti e nessuno era più scettico sul consenso liberale di George Orwell. Riferendosi in una colonna del Tribune del 1944 a ciò che definì "a batch of shallowly optimistic ‘progressive’ books", gettò acqua fredda sull'intera teoria dell'interdipendenza e sulle sue presunte basi storiche. Tuttavia, nel confutare quello che evidentemente considerava un presupposto diffuso, stava illustrando quanto fosse profondo quel presupposto.13 Né il nuovo internazionalismo era limitato agli intellettuali. C'era una nuova apertura alle idee internazionaliste all'interno dei governi, specialmente in Stati Uniti determinati a superare il loro passato isolazionista. Si trattava di piani pragmatici senza le sfumature filosofiche delle riflessioni degli intellettuali, ma scaturivano sostanzialmente dallo stesso tipo di analisi e si spingevano nella stessa direzione. La pianificazione per il mondo postbellico iniziò non appena l'America entrò in guerra, e al centro di tali piani c'erano nuove istituzioni internazionali che potessero stabilizzare e dirigere il corso del cambiamento come le organizzazioni tra le due guerre non erano riuscite a fare. Scrive uno storico: "The principle of an international organization to keep the peace had become so sacrosanct that it was not even an issue in the 1944 [US] presidential election campaign."14

Un'importante indicazione del pensiero in tempo di guerra negli Stati Uniti, che aveva omologhi anche in Gran Bretagna e in altre nazioni alleate, fu la pubblicazione di un compendio di quattro libri di eminenti politici americani con il titolo collettivo Prefaces to Peace (1943). Pur non avendo uno status ufficiale, rappresentava un importante filone di pensiero ufficiale sul mondo del dopoguerra. Il gruppo era notevolmente diversificato politicamente. Wendell Wilkie, candidato presidenziale repubblicano nelle elezioni del 1940, l'ex-presidente Herbert Hoover, il vicepresidente in carica Henry Wallace e il sottosegretario di Stato Sumner Welles affermarono collettivamente la necessità di pianificare la pace proprio in mezzo alla guerra. Nonostante le differenze di enfasi, due imperativi erano condivisi da tutti: la determinazione a non ripetere l'errore del 1919-20, quando gli Stati Uniti avevano ripudiato l'appartenenza alla Società delle Nazioni, e la convinzione che le considerazioni economiche (di fatto ignorate nel Trattato di Versailles) erano importanti quanto la politica nel definire il nuovo ordine mondiale. Se gli anni ’30 avevano dimostrato qualcosa, era che le economie nazionali non erano entità indipendenti ma erano strettamente collegate l'una all'altra. Ciò significava, in primo luogo, che gli Stati Uniti dovevano partecipare a una nuova organizzazione politica internazionale e, in secondo luogo, nelle parole di Henry Wallace, che gli Stati Uniti dovevano collaborare "with the rest of the world to put productive forces fully to work.15 L'internazionalismo politico ed economico fu successivamente incarnato nelle Nazioni Unite e negli Accordi di Bretton Woods, che comprendevano il International Monetary Fund e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (comunemente nota come World Bank). L'elemento di terreno comune tra queste figure governative americane in questa fase, riflettendo inoltre in tempo di guerra la ferma intenzione di sconfiggere Germania e Giappone, è importante per la storia di Einstein, poiché alla fine degli anni ’40 quel consenso si stava disfacendo, con Henry Wallace divenuto un dissidente dall'emergente consenso sulla guerra fredda, e Sumner Welles invece un membro convinto. Einstein, come vedremo, si intersecò con entrambi verso la fine del decennio, avvicinandosi alla posizione di Wallace e incrociando le spade con Welles.

Mentre il mondo passava dalla guerra a una pace incerta, politici e pianificatori, come anche giornalisti e intellettuali, si guardavano bene dal suscitare aspettative eccessive. Meno idealista della generazione della Prima Guerra Mondiale, castigata dall'enormità ancora maggiore della Seconda, la "generation of 1939" era più sobria, più pragmatica, ma non meno impegnata nel cambiamento di quanto non lo fossero i loro predecessori della Prima Guerra Mondiale, perché, ora che le prove del potere distruttivo della bomba atomica erano davanti a loro, la posta in gioco ora era molto più alta. Per alcuni, soprattutto quelli al governo, l'ONU divenne il programma massimo; per altri, soprattutto tra gli intellettuali liberali e di sinistra, l'ONU era solo un inizio e per di più inadeguato. Nel mezzo c'erano numerose sfumature di opinione. Einstein svolse un ruolo significativo in questi dibattiti, combinando le sue preoccupazioni scientifiche e politiche. La lotta per il controllo internazionale delle armi nucleari e per il governo mondiale fu la principale campagna politica dei suoi ultimi anni. Tuttavia, come risulterà evidente, il governo mondiale non era un concetto semplice o singolare. Come in tutte le cause che si assunse, Einstein era determinato a definire anche questa in un modo che gli si addicesse. L'apparenza di accordo con alcuni partecipanti chiave alle discussioni mascherava alcune differenze significative, come chiarisce la sua corrispondenza privata. Esaminando le opinioni di Einstein sul governo mondiale, otteniamo una finestra su un'arena di dibattito ormai quasi persa di vista. Nel giro di pochi anni lo spazio per il movimento intellettuale era diminuito. L'ONU finì per rappresentare il limite dell'internazionalismo, non il punto di partenza che Einstein e altri avevano voluto che fosse, e il governo mondiale fu spinto ai margini. Al momento della morte di Einstein nel 1955, la guerra fredda era diventata istituzionalizzata e il governo mondiale era diventato un bersaglio dei sospetti dei guerrieri freddi.

L'impulso verso il Governo Mondiale

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Lo shock delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki comprensibilmente provocò richieste diffuse di misure immediate per controllare questa nuova spaventosa forza. Quale forma di organizzazione sociale umana poteva sperare di tenere il passo con un salto così catastrofico nel ritmo del cambiamento scientifico e tecnologico? In alcuni ambienti il governo mondiale fu semplicemente un tentativo di trovare un'idea che corrispondesse alla portata dell'impatto della bomba, e prevedibilmente in molti casi venne sostenuto solo per poche settimane oltre Hiroshima. Il mutevole arco di opinione espresso dalla principale editorialista americana Dorothy Thompson negli ultimi mesi del 1945 non fu atipico. In agosto affermò che doveva esserci uno stato mondiale; il mese successivo l'idea venne ridotta a un'alleanza militare federativa con qualche sacrificio di sovranità statale, e in novembre questa fu ulteriormente ridotta alla dipendenza da un'ONU rafforzata.16

Quelli come Einstein, tuttavia, che avevano a lungo sostenuto istituzioni "supranational", erano pronti per il dibattito post-Hiroshima sul governo mondiale e lo consideravano un'opportunità per dargli una base di realtà. La gamma di organizzazioni e piani per il governo mondiale era ampia e varia negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Subito dopo Hiroshima sorsero reti di individui preoccupati, mossi inizialmente dal semplice desiderio, come disse Robert Hutchins dell'Università di Chicago, "to tell each other that there must never be another war" e che "we had to have world government".17 Da lì si mossero velocemente per organizzarsi. Alcuni gruppi precedevano la guerra, ma nel clima della crisi atomica ci fu una corsa per stabilire nuove organizzazioni, aggiornare e riformulare vecchi piani e idearne di nuovi. Con la sua consolidata reputazione di pacifista e la sua posizione di scienziato, Einstein fu ripetutamente richiesto a sostenere molte delle nuove organizzazioni e gli individui che le guidavano.

Tra le prime organizzazioni specificamente dedicate al governo mondiale c'era la Campaign for World Government, fondata negli Stati Uniti nel 1937 da due femministe pacifiste, Rosika Schwimmer e Lola Maverick Lloyd. Schwimmer, emigrata ungherese e focosa pacifista radicale, era ben nota a Einstein. Nel 1929, in un caso di alto profilo che arrivò fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti, le fu negata la cittadinanza americana sulla base del fatto che si era rifiutata di impegnarsi a portare armi. Einstein espresse il suo sostegno a Schwimmer in una lettera pubblica dalla Women’s International League for Peace and Freedom. Nel 1930 Schwimmer fece da interprete del discorso del "two per cent" di Einstein a New York. Einstein e sua moglie Elsa rimasero in contatto con Schwimmer per lettera negli anni successivi.18 Nell'ottobre 1945 Schwimmer scrisse a Einstein "wishing to confer with you urgently about steps towards earliest achievement of world government". Evidentemente Einstein non rispose, e si deve presumere che per qualche motivo trovasse irritante la sua attenzione. Tuttavia condivideva con Schwimmer e Lloyd un'importante priorità, ovvero l'idea che un governo mondiale degno di questo nome dovesse essere eletto direttamente dalle persone piuttosto che dagli stati, una posizione caratteristica dei piani più radicali per il governo mondiale.19

Dopo Hiroshima, il governo mondiale conquistò le prime pagine piuttosto che essere una causa marginale perseguita dai radicali. Un articolo del redattore del Saturday Review, Norman Cousins, pubblicato solo pochi giorni dopo Hiroshima con il titolo accattivante "Modern Man is Obsolete", sosteneva che il vasto e indiscriminato potere distruttivo della bomba rendeva ridondante lo stato nazione, dal momento che gli stati nazione non potevano più eseguire la loro funzione tradizionale, che era quella di difendere la vita e la proprietà dei loro cittadini. Solo uno stato mondiale avrebbe potuto fornire il tipo di sicurezza tradizionalmente fornito dallo stato nazione.20 Nel settembre 1945 Einstein fu invitato a unirsi a un gruppo di governo mondiale presso l'Università di Chicago guidato dal suo carismatico cancelliere Robert M. Hutchins. Inizialmente il suo scopo era quello di discutere le questioni sollevate dalla bomba atomica, ma ben presto divenne il Committee to Frame a World Constitution, Costituzione che fu finalmente pubblicata dopo un lungo dibattito nel 1948.21 Einstein rifiutò l'adesione, a causa della salute fragile e della pressione del lavoro, ma inviò un messaggio di approvazione.22 Il mese successivo si tenne a Dublin, nel New Hampshire, un incontro chiave di individui che sarebbero diventati leader del movimento di governo mondiale negli anni successivi, tra cui il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Owen Roberts e l'avvocato di New York Grenville Clark, in seguito autore di World Peace through World Law (1958). Nella sua dichiarazione pubblica, l'incontro di Dublin affermava che l'ONU (ancora non formalmente esistente) era inadeguato al compito di assicurare la pace e che l'ONU doveva essere trasformato in un organo legislativo mondiale. Insistevano inoltre, facendo eco allo spirito del Patto Kellog-Briand del 1928, che "the institution of war must be abolished if civilization is to continue".23

La fondazione nel 1947 di United World Federalists (UWF), fusione di più comitati locali, fu un momento importante sia nel contesto dei tempi che per lo sviluppo futuro del movimento. Divenne uno dei più importanti e durevoli gruppi di governo mondiale, formando la base del World Federalist Movement, che esiste ancora. Einstein era un membro fondatore del suo Consiglio. Appropriatamente, il movimento del governo mondiale divenne molto rapidamente globale. Insieme a gruppi provenienti da più di una dozzina di paesi, l'UWF appoggiò il World Movement for World Federal Government con lo scopo di organizzare una Convenzione mondiale dei popoli a Montreux nell'agosto 1947. Ancora una volta, Einstein fu invitato e inviò un messaggio di sostegno invece di presenziare. Alla convenzione fu concordato di tenere una Peoples’ World Constituent Assembly nel 1950, annunciando nell'appello al pubblico che la scelta era effettivamente tra un mondo o nessuno, "one world or none", in riferimento a un libro con quel titolo pubblicato nel 1946 a cui Einstein aveva contribuito.24

Prominente nella convenzione di Montreux fu Henry C. Usborne, un parlamentare britannico che fondò la Crusade for World Government con lo scopo specifico di cercare di sostituire le Nazioni Unite con il governo mondiale. Usborne non fece mistero del motivo per cui scrisse a Einstein nel dicembre 1947, che era quello di cercare l'approvazione di Einstein per la sua nuova organizzazione "in order to give the plan as much prestige as possible".25 Un altro contatto di Einstein in questo confuso miscuglio di organizzazioni mondiali era Stringfellow Barr, che guidava la Foundation for World Government, istituita nel 1948, anch'essa progettata per alimentare la Peoples’ World Convention. Mentre Einstein aveva qualche dubbio sull'entusiasmo di Barr per i gesti "romantici", non aveva dubbi sul "educational value" degli sforzi pubblici di Barr per conto del governo mondiale e fu felice di scrivere un'approvazione del suo libro United World.26

Non da ultimo tra la panoplia di figure colorate del movimento per il governo mondiale c'era Ely Culbertson, un giocatore di bridge americano nato in Romania che si convertì all'idea di governo mondiale negli anni ’30 e successivamente dedicò gran parte del suo tempo alla causa. Culbertson fu un altro che vide la possibilità di convertire le Nazioni Unite in un vero governo mondiale. Riconoscendo che un "parliament of man" era impossibile per il futuro prossimo, offrì un processo in tre fasi, che definì il suo piano ABC, per riformare le Nazioni Unite in un governo mondiale. Come disse in una lettera a Einstein, la fase A avrebbe stabilito "two world laws—no state (or its citizens) may prepare for or wage aggressive war". Tutti i poteri in queste aree dovevano essere delegati a un Consiglio di Sicurezza modificato, con poteri rafforzati. La fase B avrebbe assegnato il pieno controllo delle armi atomiche e dei piani di disarmo al Consiglio di Sicurezza, e la fase C prevedeva una forza armata federale.27 Culbertson, come Usborne e molti altri, coltivava Einstein per il sostegno e il prestigio che era in grado di fornire alla causa del governo mondiale, ma a volte era Einstein che aveva bisogno di sostegno. Quando un editoriale del Washington Star liquidò le proposte di Einstein sul governo mondiale definendole "only a dream", Culbertson si lanciò in sua difesa con una lunga risposta, sfruttando l'opportunità per precisare il proprio schema.28

L'altro sostenitore del governo mondiale che spiccava tra le connessioni di Einstein era Emery Reves, autore di The Anatomy of Peace (1945). Poiché la loro relazione era particolarmente stretta, Reves riceve un trattamento separato più avanti in questo Capitolo. Nel frattempo, sono necessarie alcune osservazioni generali sulle campagne per il governo mondiale.

In primo luogo, il governo mondiale non sempre significò uno stato mondiale unitario, ma in molti casi una modifica delle strutture esistenti per portare un maggiore controllo sulla guerra e sulla pace. La maggior parte immaginava il movimento verso il governo mondiale come un processo graduale, riconoscendo che gli stati esistenti non avrebbero rinunciato alla loro sovranità, o anche alla parte di essa relativa agli armamenti e alla sicurezza, in un sol colpo. Quindi molti iniziarono con un'istituzione esistente come l'ONU o qualche gruppo di stati che offriva la possibilità di un'unione più stretta. Alcuni di questi piani si fermavano prima di arrivare alla formulazione di un governo mondiale, concentrandosi sui bisogni regionali o sulla compatibilità culturale e ideologica percepita dell'uno o dell'altro raggruppamento. La spinta all'unione a vari livelli era diffusa in questo periodo, guidata non solo dalla reazione alla bomba atomica, ma dal riconoscimento che erano necessarie strutture cooperative per affrontare una serie di vecchi conflitti e nuove sfide. Fu in questo periodo che l'idea degli Stati Uniti d'Europa emerse come una possibilità istituzionale piuttosto che semplicemente un sogno ozioso (o un incubo generato da un dittatore). Proiettando una rete più ampia, Clarence Streit aveva sostenuto l'unione delle nazioni democratiche sin dai primi anni ’30, basata sulle potenze atlantiche ma includendo anche parti europee e di lingua inglese dell'Impero britannico. Il suo libro Union Now fu pubblicato nel 1939. Streit, tuttavia, rimase un convinto atlantista, senza mai abbracciare il concetto di governo mondiale. Al contrario, l'internazionalista britannico Lionel Curtis, che, come Streit, iniziò con un raggruppamento esistente, immaginava il Commonwealth britannico come un modello per un governo mondiale a tutti gli effetti. Sotto il titolo di governo mondiale si poteva quindi trovare un'ampia gamma di soluzioni ai problemi di governo al di là del livello dello stato-nazione. Convinti sostenitori del governo mondiale come Henry Usborne, Ely Culbertson e lo stesso Einstein trovarono estremamente frustrante la tendenza a fermarsi a un livello intermedio di organizzazione. Usborne osservò in una lettera a Einstein che "I used to be a fervent advocate of a United States of Europe", ma ora sentiva che questo concetto stava diventando "more and more dangerous every day", perché distoglieva l'attenzione dall'importante obiettivo di governo mondiale.29 Per Usborne e per lo stesso Einstein, qualsiasi cosa che non fosse un governo mondiale era inaccettabile.

In secondo luogo, partendo dal primo punto, un impegno retorico nei confronti del governo mondiale non significava consenso sui piani di cambiamento. Alcuni sostenitori del cambiamento erano profondamente conservatori, prevedendo forme di ordine che avevano poco a che fare con la democrazia o il consenso. Altri, specialmente quelli con un passato pacifista, proponevano un cambiamento radicale. Alcuni, e Einstein era tra questi, caddevano nell'ambito di questi poli, attingendo a una gamma di idee in una certa misura secondo le possibilità del momento. Sebbene Einstein insistesse sempre sul fatto che il governo mondiale fosse l'obiettivo, i mezzi e la sua fiducia nella probabilità di arrivarci variavano a seconda delle circostanze. Mentre, ad esempio, era generalmente scettico nei confronti dell'ONU come istituzione, in particolare come potenziale semenzaio per il governo mondiale, lo troviamo nel 1953 mentre invia un messaggio a un congresso dell'UWF in cui sostiene l'idea di rafforzare l'ONU e estendendere i suoi poteri per affrontare il problema del disarmo.30 Si confronti questo con la sua opinione espressa nel 1946 secondo cui le Nazioni Unite "does not possess more than moral authority, which... is not sufficient to the task of creating global security".31 Il cambiamento riflette un'importante vena di realismo nella costituzione di Einstein, che lo rese sensibile alla possibilità o meno che un particolare schema fosse realizzato. In questo caso il controllo pratico della realtà fu fornito dal clima di guerra fredda degli anni Cinquanta, in cui le speranze di un accordo internazionale erano state infrante dall'enorme spaccatura tra Oriente e Occidente su tutta la linea delle relazioni politiche e militari.

Questa è in effetti la terza osservazione generale sul movimento di governo mondiale: che alla fine cadde vittima della guerra fredda. Il cambiamento del clima politico esercitò un'enorme pressione sugli attivisti affinché riconoscessero che il governo mondiale non era solo dietro l'angolo, ma sfidandoli anche a mantenere la fede nel governo mondiale come unica soluzione al conflitto globale. Quest'ultimo punto divenne sempre più difficile dall'inizio degli anni ’50 in poi, quando organizzazioni quale l'United World Federalists furono prese di mira come antipatriottiche e sovversive.32 Da ciò all'etichettatura di tutto l'internazionalismo come filo-sovietico il passo era breve. Per gli attivisti del governo mondiale, tuttavia, l'influenza della guerra fredda funzionò spesso anche nell'altro senso, spingendoli verso quelle che i loro amici di sinistra percepivano come posizioni antisovietiche. In verità l'Unione Sovietica non era più solidale con l'idea di governo mondiale di quanto lo fosse con le politiche occidentali in generale, lasciando gli attivisti occidentali con il dilemma che il perseguimento dell'obiettivo del governo mondiale significava alienare i poteri sia in Oriente che in Occidente. Questi problemi sono trattati nel Capitolo 7.

Einstein e il Governo Mondiale

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Einstein scrisse ampiamente sul governo mondiale negli anni del dopoguerra, basandosi sulle argomentazioni che aveva avanzato fin dai primi anni ’20 e con crescente frequenza e intensità negli anni ’30. Gran parte del suo commentario è sotto forma di brevi dichiarazioni quasi stereotipate, ripetute in numerose occasioni a giornali, gruppi politici e corrispondenti privati. Tuttavia, alcuni esempi si distinguono, o per la loro visibilità pubblica o, nel caso di comunicazioni private, per il loro livello di dettaglio, spesso in risposta a una contestazione diretta delle sue opinioni. La sua prima reazione pubblica alle bombe su Hiroshima e Nagasaki avvenne all'inizio di ottobre 1945 come cofirmatario, insieme a Thomas Mann, al giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Owen Roberts, al senatore statunitense J. William Fulbright e a molti altri, di una lettera al New York Times proponendo una "Federal Constitution of the World". La sua prima dichiarazione individuale post-Hiroshima arrivò in un'intervista sull’Atlantic Monthly con il giornalista e conduttore televisivo Raymond Swing, pubblicata alla fine di agosto 1945. Einstein gli aveva scritto all'inizio di quel mese lodando un recente articolo sulla necessità del controllo delle armi atomiche, e il risultato fu un accordo per scrivere un articolo "as told to Raymond Swing".33 "On the Atomic Bomb" era una dichiarazione più dettagliata sul governo mondiale di qualsiasi altra cosa Einstein avesse pubblicato prima, eguagliando il senso di crisi che avvicinava idee precedentemente considerate remote e idealistiche al reame della possibilità. Il segreto della bomba, disse Einstein, dovrebbe essere affidato non alle Nazioni Unite ma a un governo mondiale, che a sua volta dovrebbe essere istituito dalle uniche tre potenze in grado di garantire il segreto della bomba: Stati Uniti, Russia e Gran Bretagna. Poiché attualmente i russi non avevano la bomba, gli altri avrebbero dovuto conquistare la fiducia della Russia consentendo al governo sovietico di scrivere la prima bozza di una costituzione. Insieme, le tre potenze avrebbero quindi prodotto una bozza finale, che sarebbe stata la base per l'adesione di nuovi membri. Non ci dovevano essere ritardi nell'avvio di questo processo, qualunque fosse il punto di vista delle nazioni più piccole. Questo nuovo governo avrebbe avuto giurisdizione su tutte le questioni militari e un solo altro potere, che era quello "to intervene in countries where a minority is oppressing the majority and, therefore, is creating the kind of instability that leads to war".34

Senza dubbio Einstein era più interessato ai principi che ai dettagli. Il tipo di fiducia che Einstein pensava fosse necessario tra l'Unione Sovietica e le altre potenze per sostenere un governo mondiale era esattamente ciò che mancava, anche se da poco era finita la guerra in cui erano stati alleati. È significativo che in questa fase Einstein pensasse che il governo mondiale emergesse da un condominio tra i principali membri dell'alleanza in tempo di guerra contro Hitler — una posizione notevolmente "realista" nel senso che si basava sulla distribuzione del potere esistente, anche se l'emergente guerra fredda dimostrava che le potenze in questione non potevano sostenere l'alleanza in assenza di un nemico comune. Nelle sue speranze per la continuazione dell'alleanza del tempo di guerra, Einstein non era così lontano da molti al governo e in particolare da coloro che progettarono l'ONU con l'Unione Sovietica come uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. La differenza stava nella visione da parte di Einstein del punto finale di quel grande condominio di potere, che doveva essere il progresso verso un governo mondiale con membri universali e poteri plenari sulle armi atomiche e sull'uso della forza. In breve, il concetto di governo mondiale di Einstein era un amalgama di principi pragmatici e idealistici. Quale elemento egli proponesse in un dato momento dipendeva dal contesto e dal destinatario delle sue lettere e dichiarazioni.

Una finestra particolarmente utile sulle opinioni di Einstein e sul dibattito sul governo mondiale in generale è contenuta in uno scambio di lettere tra Einstein e un gruppo di scienziati presso il Centro Oak Ridge del Progetto Manhattan. Si trattava di uno scambio privato, ma sullo sfondo c'era una dichiarazione pubblica, emessa nel settembre 1945, dagli scienziati di Oak Ridge, in cui si sosteneva che l'energia nucleare fosse posta sotto la tutela di un "world security council" e che tutte le nazioni dovessero concordare un regime di ispezioni e resoconti reciproci sui progressi scientifici e tecnici.35 Sembra che alcuni degli scienziati di Oak Ridge non fossero contenti di questa dichiarazione pubblica e scrissero a Einstein per chiedere consiglio. Lo scambio trasmette con grande chiarezza non solo alcuni degli argomenti chiave ma, nel loro tono di controllata urgenza, l'atmosfera del tempo. Per questo motivo cito a lungo gli scienziati di Oak Ridge. Il 28 novembre 1945 scrissero a Einstein come segue:

Several of us who have been working for some time on the atomic bomb project have been meeting to discuss the problems accentuated by the harnessing of atomic energy. Realizing that another war could mean the destruction of our civilization, we are trying to learn how war can be prevented. In connection with this we have read Emery Reves and Mortimer Adler, as well as your article in the Atlantic Monthly and your Open Letter to the American People.

We agree that lasting peace cannot be achieved by any system of confederation, but only by world government. But for it to be a true world government rather than a confederation, all nations must turn over to it all their external sovereignty, including the power to declare war and keep armies, to negotiate military and economic treaties, and to create tariff and immigration laws. There would have to be a world court backed by a world police force.

We feel that differences in economic structure and lack of education in some countries preclude the unified economy and social structure necessary to the establishment of a world government in the very near future. Yet we feel this world government must be established soon if another war is to be averted. Thus we have reached a dilemma.

Your article in the Atlantic favors an immediate federation of the three great powers. In view of the above difficulties we do not see how this can be done. Should we perhaps compromise on the amount of sovereignty to be turned over to such a federation? This automatically brings a confederation, which, if it is called a world government, may deceive and disillusion people. Should we utilize the United Nations Organization, with the hope of turning it into a world government later, and hope that this ‘later is not too late’? You state that you do not believe this should be done. We agree that the United Nations Organization is very weak and that it may not be possible to turn it into a world government.

Yet at present utilizing the United Nations Organization seems to us the only possibility. If it is possible to form a world government now, we entirely agree with your plan. But we cannot see how a world unified economy can now be agreed to. We would greatly value your opinion and advice...36

Alcuni giorni dopo, Einstein rispose così:

I hasten to reply to yours of the 28 November. As to the possibility of establishing world government in the present economic, political and psychological context, the essential point is to what degree individual nations must at the very outset surrender their sovereignty in order to avert the immediate danger of another war. I do not believe the necessary degree of surrender would be as great as you assume. There would be no immediate need for member nations to subordinate their own tariff and immigration legislation to the authority of a world government. In fact, I believe the sole function of a world government should be to have a monopoly over military power, which would make certain that no single nation would ever be in a position to employ, at its own discretion, the troops and military resources stationed within its borders; this could be adequately ensured by a thorough-going international rotation of officers and men.

A permanent world court should be established to restrain the executive branch of world government from overstepping its mandate which, in the beginning, should be limited to the prevention of war and war-provoking developments in the member nations. Individual nations should have the right to appeal to this court whenever they feel that illegal acts have been committed against them. The decisions of the court should be based on a carefully framed charter, ratified by all the member nations, in which the powers and duties of the world executive are codified in the most precise language possible.

The freedom of each country to develop economic, political and cultural institutions of its own choice must be guaranteed at the outset, except when developments occur, such as in Argentina and Nazi Germany, which constitute a potential threat to other countries. Each country should also be allowed to maintain its tariff and immigration legislation. (I might add that while I personally do not consider such unlimited freedom desirable, I believe the primary goal, that of achieving military security, can be attained without curtailing the ‘freedom’ of individual nations.) I hardly believe that the United Nations, as presently constituted, can serve as an effective machinery for implementing world government Our most immediate concern should be to see to it that agreement favouring the establishment of a world government is reached among the chief military powers. The rest would be merely a matter of procedure.37

Questo scambio illustra sia il senso di urgenza che portò molti a cercare nuove istituzioni per prevenire la guerra sia anche il sostanziale margine di disaccordo una volta scesi ai dettagli. Quanto dovevano essere estesi i poteri del governo mondiale? Quanta sovranità dovevano cedere le nazioni? Come si potevano controllare i poteri di un governo mondiale? Forse la questione più importante, ma a cui era più difficile rispondere, fu la questione della transizione al governo mondiale. Se ne discusse poco in questo scambio, o finanche altrove, poiché avrebbe richiesto alle nazioni più potenti di rinunciare a gran parte del potere che avevano, e nelle circostanze attuali ciò era inconcepibile. La battaglia per il controllo internazionale dell'energia atomica, come abbiamo visto, ne era stata eloquente testimonianza.

La differenza centrale tra Einstein e gli scienziati di Oak Ridge era che Einstein credeva che la sovranità fosse divisibile, mentre gli scienziati no. In qualità di "realista", Einstein poteva constatare l'impossibilità di esigere che le nazioni rinunciassero a tutti i loro distintivi di autonomia; egli prevedeva solo che avrebbero unito i loro poteri bellici. Le singole nazioni avrebbero mantenuto il controllo sui loro affari economici e sociali esterni, riassunti approssimativamente in queste lettere come politiche tariffarie e di immigrazione. Gli scienziati di Oak Ridge credevano che, affinché un governo mondiale potesse esercitare veramente poteri governativi, dovesse avere la supervisione di tutte le aree politiche; altrimenti sarebbe stato solo una confederazione o un'associazione di stati piuttosto che un'entità genuinamente sovranazionale. Così gli scienziati pretendevano dal governo mondiale più di Einstein, in quanto credevano che dovesse controllare tutti gli aspetti del comportamento dello stato, ma avevano aspettative inferiori su ciò che poteva essere raggiunto al momento. Einstein prese posizioni opposte su entrambe le questioni. Egli prevedeva una struttura più modesta per il governo mondiale, ristretta ai poteri di far guerra, ma la sua lettera trasmette fiducia che si possano fare progressi verso l'obiettivo del governo mondiale, perché è imperativo, mentre la lettera degli scienziati emana un senso quasi di rassegnazione. Ciò su cui erano d'accordo era che l'ONU fosse una debole canna su cui fare affidamento per una transizione al governo mondiale, sebbene gli scienziati fossero disposti ad accontentarsi dell'ONU in assenza di qualcosa di meglio, mentre Einstein era decisamente contrario.

Chi era il realista in questa discussione? Per quanto riguardava Einstein, gli scienziati si aspettavano troppo dalla loro richiesta di cessione della sovranità nazionale. Non sarebbe mai successo. Nessun paese sarebbe mai stato d'accordo. Ma quanto era realistica l'ipotesi di Einstein che i poteri bellici potessero essere separati da altre aree di governo? La funzione ultima del governo non era forse quella di difendere l'integrità dello stato e, se questa dovesse essere abbandonata, come poteva lo stato salvaguardare le altre funzioni del governo? Einstein non appare come il realista in questa fase dell'argomentazione. Entrambe le posizioni sono indicazioni della difficoltà di concepire strumenti istituzionali di cambiamento di fronte a una nuova realtà che mina lo stato di cose esistente. A rigor di termini, entrambe le parti sono utopiche, dal momento che cercano un luogo che non esiste (utopia = nessun luogo), ma rimane il vantaggio di mantenere una qualche connessione con la realtà. Il dilemma è irrisolvibile: quanto più dettagliato, quanto più perfetto è il progetto per il cambiamento, in genere tanto più difficile è vedere come si possa raggiungere tale obiettivo; quanto più vicino alla realtà esistente potrebbe essere uno schema di cambiamento (vale a dire affidandosi alle Nazioni Unite), tanto meno probabile sarebbe stato in grado di affrontare i problemi che avevano stimolato la ricerca del cambiamento in primo luogo. Ciascuna parte incorpora una vena di realismo nella speranza che dia corpo alle rispettive proposte utopiche.

Einstein e Emery Reves

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Questo dilemma è evidente in tutto il pensiero di Einstein sul cambiamento sociale e politico, ma con particolare chiarezza nelle discussioni sul governo mondiale. Spinto ad adottare posizioni utopistiche in riconoscimento della gravità della crisi, lo troviamo continuamente incline a qualificare tali posizioni, spesso in modi minori ma comunque significativi, di fronte a una varietà di pressioni, non ultima la sua stessa sensibilità alla realtà. Inoltre, l'adozione di una posizione utopica o monistica comportava sempre il rischio di contraddire uno degli altri valori del suo schema di valori. Ciò è particolarmente evidente nel suo rapporto con una figura chiave nel dibattito sul governo mondiale che stabilì i termini per la discussione durante i mesi estivi del 1945: vale a dire, Emery Reves, autore del best-seller The Anatomy of Peace (1945). L'influenza di Reves sugli scienziati di Oak Ridge è stata relegata a una nota a piè di pagina nella storia, ma il suo rapporto con Einstein è apparso molto più ampio. I resoconti della loro relazione, tuttavia, sono stati stranamente incompleti.38 Einstein non era il vero e proprio "one-worlder" che Reves voleva che fosse. Le riserve di Einstein la dicono lunga sulla sua individualità e sul suo schema pluralistico di valori.

Emery Reves era uno scrittore ed editore ungherese poliedrico e multilingue che dall'inizio degli anni ’30 aveva fatto carriera inserendo articoli di autori importanti in periodici di tutto il mondo con un'enfasi particolare sulla difesa della pace e della comprensione internazionale. Di famiglia ebraica, il suo cognome era originariamente Rosenbaum, successivamente ungherizzato dal padre in Révész e poi anglicizzato in Reves durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver lasciato l'Ungheria nel 1922, studiò a Berlino e Parigi poi a Zurigo, dove completò un dottorato in economia. Tornato a Berlino per lavorare come giornalista, nel 1930 fondò il suo servizio stampa globale e agenzia letteraria, The Cooperation Press Service for International Understanding. Nel 1933, sotto minaccia di arresto da parte dei nazisti, si trasferì a Parigi. Fu durante questo periodo che firmò personaggi politici importanti come Winston Churchill, per il quale in seguito si impegnò nella pubblicazione della sua History of the Second World War. Reves lasciò Parigi per la Gran Bretagna poco prima della caduta della Francia nel giugno 1940; a quel punto Churchill gli trovò un posto presso il Ministero dell'Informazione britannico. Einstein aveva corrisposto con Reves nei primi anni ’30 e aveva scritto almeno un articolo su suo ordine. Era anche un ammiratore del libro di Reves A Democratic Manifesto (1943), il che significava che era stato preparato e in attesa della pubblicazione di The Anatomy of Peace nell'estate del 1945.

Il libro prese d'assalto l'opinione liberale. Il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Owen Roberts, affermò, secondo il racconto di Reves, che "he read the book twice in two days and that it entirely expresses his convictions".39 Lo stesso Einstein scrisse a Reves: "I have read your book... carefully and finished it in 24 hours. I agree with you whole-heartedly in every essential point".40 Costituzione federale del mondo, un ordinamento giuridico mondiale funzionante, se speriamo di impedire una guerra atomica". È accaduto, continuava la lettera, che fosse stato recentemente pubblicato un libro, Anatomy of Peace di Emery Reves, «che esprime in modo chiaro e semplice ciò che tanti di noi hanno pensato... Esortiamo gli uomini e le donne americane a leggere questo libro, a pensare alle sue conclusioni, discuterne con i vicini e gli amici privatamente e pubblicamente.'41 Einstein era co-firmatario, insieme al giudice Owen Roberts, Thomas Mann e molti altri, di una lettera al New York Times il 10 ottobre 1945, che sosteneva "a Federal Constitution of the World, a working world-wide legal order, if we hope to prevent an atomic war". Si dava il caso, continuava la lettera, che fosse stato recentemente pubblicato un libro, The Anatomy of Peace di Emery Reves, "which expresses clearly and simply what so many of us have been thinking... We urge American men and women to read this book, to think about its conclusions, to discuss it with neighbours and friends privately and publicly".41

Il messaggio di Anatomy of Peace era inequivocabile. Qualsiasi rimodellamento dell'ordine mondiale doveva mirare a eliminare la guerra e, poiché la guerra era la conseguenza dell'attrito tra entità sovrane chiamate stati-nazione, il governo mondiale doveva assorbire le molteplici sovranità delle nazioni esistenti in un tutto unificato che fosse "capable of creating a legal order within which all peoples may enjoy equal security, equal obligations and equal rights under the law".42 Con un tratto di penna Reves liquidò l'"internationalism" come un concetto pericoloso e fuori moda, poiché continuava a presupporre l'esistenza di nazioni sovrane. Con lo stesso gesto eliminò anche il concetto di autodeterminazione e sicurezza collettiva, dottrine amate dalla generazione della Prima Guerra Mondiale, perché anch'esse poggiavano sul fondamento corrotto dello stato nazionale.43 Ora, per la prima volta nella storia, come conseguenza dell'industrialismo e del progresso tecnologico, "one power can conquer and rule the world" (corsivo nell'originale). L'unica vera scelta rimasta all'umanità era se l'istituzione di un governo mondiale dovesse essere raggiunta con il consenso democratico o con la conquista. Se, a causa della cecità umana, la conquista si rivelava l'unica via, allora così sia:

« It serves no reasonable purpose to prolong the death throes of our decrepit institutions and to postpone inevitable events only to make the changes more painful and more costly in blood and suffering. It would be better to have done with this operation as quickly as possible so that the fight for the reconquest of lost human liberties can start within this universal state without too much loss of time.44 »

In retrospettiva è sorprendente che l'analisi unidimensionale di Reves abbia ricevuto tanta attenzione. Ciò deve essere attribuito al senso di crisi creato dalla bomba e alla fame di soluzioni. Nel caso di Einstein, la corrispondenza privata mostra che la sua adesione era meno sincera di quanto suggerisca la documentazione pubblica. Non è tanto che fosse in disaccordo con Reves, anche se, come vedremo, lo era su questioni cruciali, ma che le loro mentalità erano agli antipodi. In una lettera a Einstein poco dopo la pubblicazione di Anatomy of Peace, Reves disse: "I do not think that without your philosophical outlook this book could ever have been written". Per "philosophical outlook" intendeva evidentemente non il pacifismo di Einstein, ma la sua scienza. Scrisse Reves: "This book is an attempt to bring into the utterly confused debates on political and social problems a beginning of scientific approach, without which I see no chance of getting out of the present chaos". Riteneva possibile isolare con mezzi scientifici l'unico fattore che aveva causato tutte le guerre in passato: vale a dire, il conflitto tra entità – fossero tribù o stati o altri raggruppamenti – che rivendicavano la sovranità.45 Tuttavia, come abbiamo visto nel Capitolo 2, l'approccio di Einstein ai problemi politici e sociali era essenzialmente etico e ben distinto dal suo approccio alla scienza.

Crepe nell'adesione di Einstein al vangelo secondo Reves iniziarono ad apparire nel novembre 1945, quando scrisse a Reves di un nuovo poscritto al suo libro, che era stato ristampato poco dopo Hiroshima per tenere conto della nuova realtà atomica. Einstein scriveva: "I have one concern insofar as it appears as though world government can be established by the peoples independently of the existing states. Also you have said nothing about confining the competence of the world government to the military sphere which is directly connected to the avoidance of war."46 La risposta di Reves seguì un formato regolare, utilizzato da entrambi, in cui si assicuravano a vicenda di essere d'accordo con tutto ciò che l'altro diceva tranne una cosa. In questo caso Reves rispose che non poteva essere d'accordo con Einstein sul fatto che la misura precisa in cui il governo mondiale doveva avere autorità dovesse essere stabilita in anticipo, sebbene fosse certo che non poteva essere limitata alle questioni militari. È evidente che non rispondeva al primo punto di Einstein sulla possibilità che il governo mondiale potesse essere istituito indipendentemente dagli stati. Né sorprende che Reves dovesse tacere su questo, perché era abbondantemente chiaro dal suo libro che gli stati non avrebbero avuto posto nel suo schema di governo mondiale, che avrebbe assunto la forma di un "super-state".47 Concedere questo punto ad Einstein avrebbe significato concedere gran parte dell'intero argomento del libro. Aggiunse di temere che "debate on details at this stage when our task is to persuade the peoples of the fundamental principles and the need for world government... will only produce reactions and negative criticism detrimental to the cause".48

In realtà non si trattava solo di dettagli, come dimostrò il successivo scambio epistolare. Einstein aveva ricevuto una lettera da un certo B. Hirsch, leader ebreo del New Jersey, in cui si lamentava che Reves aveva denigrato il sionismo equiparandolo ad altre forme di nazionalismo aggressivo. Anche la fede ebraica, aveva scritto Reves in Anatomy of Peace, aveva ceduto, come l'islam e il cristianesimo, al "neo-pagan nationalism, in the process, forgetting the fundamental teaching of their religion: universalism".49 Einstein replicò a Hirsch che aveva ragione a criticare quel passaggio del libro di Reves, poiché "our so-called nationalism is mere defense and not lust for political power". Aggiunse, forse inutilmente, che "the quoted passage is not free from a Jewish inferiority complex" (come ho già puntualizzato supra, Reves era di origine ebraica). Einstein avvertì Hirsch che il brano sugli ebrei non aveva nulla a che fare con il resto del libro di Reves, "which is very clear and meritorious".50

L'atteggiamento di Einstein era del tutto coerente con la sua posizione di lunga data sul sionismo, ma si scontrava manifestamente con l'interpretazione del nazionalismo di Reves, come divenne chiaro in seguito. Hirsch scrisse a Reves, come aveva suggerito Einstein, inviando una bozza come allegato a Einstein chiedendo la sua approvazione. Hirsch espose a lungo la storia degli ebrei, il che dimostrava, disse Hirsch, che il senso ebraico di solidarietà di gruppo e il desiderio di avere una patria riflettevano emozioni tribali non ataviche, ma un desiderio di praticare in pace e sicurezza le loro credenze culturali e religiose ereditate. La storia recente, oltre a un lascito secolare di discriminazioni, sicuramente meritava tale considerazione per gli ebrei.51 A sua volta Reves rispose a lungo, inviando anche la sua bozza a Einstein per la sua approvazione. Con un tono di rassegnazione piuttosto che di rabbia, Reves affermava di aver compreso il desiderio di Hirsch di vedere il proprio popolo e la propria fede come un'eccezione alla regola secondo cui il nazionalismo era una cosa negativa, ma Hirsch stava semplicemente facendo ciò che facevano tutte le nazioni e le fedi, ovvero supplicare che il loro caso fosse diverso da tutti gli altri, la cui prova era l'intera caterva di richieste che Reves aveva ricevuto da nazionalisti e aderenti a religiosi di ogni genere. Il punto era, disse Reves, che "no nationalism, no nation-state is aggressive or evil from the point of view of its own people but it is such from the vantage point of other peoples. The danger is not this or that nationalism but the sovereign-state structure as such". Nella sua lettera di accompagnamento a Einstein, l'irritazione di Reves per l'apparente appoggio di Einstein a Hirsch viene appena nascosta. Poiché Einstein aveva incoraggiato Hirsch a scrivere, Reves sentiva di non avere altra alternativa che rispondere a lungo.52

In un successivo scambio di lettere, Reves ed Einstein mantennero un intenso scambio di battute, assicurando che ciascuno comprendeva la posizione dell'altro e che sui punti essenziali erano ancora d'accordo. "Your position is taken as a whole the only healthy one", scrive Einstein a Reves. A Einstein, Reves risponde: "Your letter makes me feel we might agree not only on fundamentals, but also on details".53 La posta in gioco era troppo alta perché ammettessero serie divergenze, ma il divario intellettuale rimane visibile. Da parte di Reves è evidente la sua ripetuta insistenza che qualsiasi forma di nazionalismo fosse dannosa per la pace mondiale; da parte di Einstein è evidente, oltre al caso del sionismo, la sua convinzione che le ex-colonie come l'India abbiano diritto a una nazionalità indipendente. Già nel 1942, in risposta a una richiesta di un membro dell'Indian National Congress, Einstein dichiarò: "It is my conviction that the Indian nation has a right to manage its own affairs freely... I am convinced that the time of colonial dependence on advanced [hochkultivierte] nations will soon be a thing of the past...". Quando l'India ottenne l'indipendenza nel 1947, egli inviò messaggi di congratulazioni.54 Al contrario, Emery Reves rifiutò lo stesso principio di autodeterminazione nella forma in cui era stato generalmente promosso. L'autodeterminazione senza un organismo superiore che regoli le relazioni tra le nazioni, cioè un governo mondiale, sarebbe stata semplicemente una ricetta per la guerra. Se l'attuale feticismo del nazionalismo fosse continuato, "we shall have to face the claims of the innumerable nationalities in Europe, Asia, and even in Africa, to have sovereign states of their own".55

Forse ancora più illustrativo della differenza tra Einstein e Reves fu il profondo scetticismo di quest'ultimo su Gandhi e il Congress Party durante la lotta per l'indipendenza indiana. Il Congress, credeva Reves, rappresentava "high-caste Hinduism and... reactionary Indian capitalism". Se Gandhi e i suoi simili dovessero ottenere il potere in India, "it would not result in anything remotely like a democratic way of life". Sì, l'India doveva diventare una nazione indipendente "to the same extent as other peoples in the interdependent world of tomorrow, but the process would be retarded rather than promoted by breaking up the functioning [British] Commonwealth within which India can take its place". Qualunque libertà godesse ora il popolo indiano, qualunque fosse il suo desiderio di libertà politica, qualunque grado di autogoverno, pace e sicurezza di cui godesse ora, "they have learned from the British".56 È difficile immaginare una posizione su Gandhi e sull'indipendenza indiana – o addirittura sul dominio coloniale britannico – più lontana da quella di Einstein, ma era implicita nell'interpretazione dogmatica da parte di Reves del nazionalismo come un male assoluto. Anche Einstein nutriva profonde riserve sul nazionalismo, ma riconosceva che in molti casi, di cui l'India era certamente uno, le aspirazioni all'indipendenza rappresentavano desideri genuini e giustificati di libertà e autoprotezione. La verità è che, per quanto riguardava la lotta per il governo mondiale, Einstein e Reves si incontrarono su un terreno ristretto. Attorno all'area critica dell'accordo sulla necessità di una qualche forma di organizzazione sovranazionale c'erano fasce di terreno conteso, da cui si tenevano alla larga il più possibile.

Valutazione del Governo Mondiale secondo Einstein

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Da dove viene la posizione di Einstein sul governo mondiale? Alcuni contemporanei e biografi sono stati ansiosi di dipingere Einstein come un insulso idealista privo di senso pratico. L'esempio più famoso di tale giudizio fu il resoconto di un'intervista con Einstein tenuta nel giugno 1947 da William T. Golden per conto del Segretario di Stato americano. L'intervista è il risultato della richiesta da parte di Einstein di parlare al Dipartimento di Stato dei pericoli della guerra atomica e dei possibili mezzi per affrontarla — altro esempio di Einstein che cerca di trasmettere il suo messaggio direttamente al governo. Il riassunto fatto da Golden delle opinioni di Einstein è completo e secondo tutte le apparenze accurato, ma Golden era scettico sulla comprensione di Einstein di questioni al di fuori del suo campo. Riferì che Einstein parlava "with deep feeling but with almost childlike hope for salvation and without appearing to have thought through the details of his solution. The field of international politics is not his métier". Golden concludeva: "He seemed naive in the field of international politics and mass human relations".57

Non c'è nulla di sorprendente nel giudizio di Golden. Einstein non era un politico e anzi si sentiva a disagio con loro. Non era un attento analista di politica internazionale. Golden lavorava per persone a cui era richiesto di trovare soluzioni politiche a problemi politici immediati. La forza di Einstein, scrive il biografo Ronald Clark, che spesso è contrario ai suoi interventi in questioni non scientifiche, "lay less in diplomatic haggling and compromising, than in the bold imaginative gesture outside the normal round".58 Nei termini stessi di Einstein, il suo sforzo fu ampiamente educativo, in quanto fornì un commentario critico continuo su questioni vitali del giorno piuttosto che un manuale pratico su come arrivare a una certa destinazione. Visto in questo modo, il suo distacco dalle istituzioni in cui era esercitato il potere era una condizione dell'influenza come esercitava.

Più significativo dell'ingenuità politica di Einstein, se ci interessa collocare le sue idee nel loro contesto, è il modo in cui il suo pensiero si è intersecato con i dibattiti contemporanei e quindi come aiuta a illuminare i suoi tempi. Einstein era una voce in mezzo a un coro internazionalista spesso discordante, che includeva non solo intellettuali di vario genere, ma anche leader politici. Come è stato sottolineato, l'impulso internazionalista che guidò Einstein e molti altri contribuì anche a creare la nuova architettura economica globale a Dumbarton Oaks e alle Nazioni Unite. Né durante quel momento internazionalista tra la metà e la fine degli anni Quaranta la difesa del governo mondiale stesso fu appannaggio esclusivo degli intellettuali. Thomas Finletter, un avvocato che aveva lavorato presso il Dipartimento di Stato prima e durante la guerra e agito come consulente per la conferenza di fondazione delle Nazioni Unite, fu anche firmatario della "Declaration of the Dublin, N.H., Conference" nell'ottobre 1945, che chiedeva il governo mondiale. Successivamente diresse una commissione governativa d'inchiesta sulla "Survival in the Air Age" e nel 1950 venne nominato Segretario dell'aeronautica militare dal presidente Truman. Truman ricevette alcune critiche dai conservatori per aver nominato un noto membro dell'UWF a questa posizione, ma difese con forza la nomina. È vero che lofece in un modo che suggeriva che organizzazioni come l'UWF fossero di importanza sempre minore, la cui appartenenza era sfortunata anche se non dannosa.59 Tuttavia, l'episodio illustra sia l'elemento di fluidità politica dell'immediato dopoguerra, che consentiva ai funzionari governativi in servizio di essere membri di organizzazioni marcatamente "liberal", sia il grado in cui la guerra fredda stava prendendo il sopravvento mentre il decennio volgeva al termine. In poche parole, in questo periodo le opinioni di Einstein si collocano verso un'estremità di un continuo spettro di opinioni internazionaliste piuttosto che rappresentare una posizione marginale.

Un'ulteriore prospettiva sull'idea einsteiniana del governo mondiale è fornita da intellettuali liberali che condividevano alcuni dei suoi valori internazionalisti ma dubitavano della fattibilità del governo mondiale nell'immediato futuro. In risposta all'articolo di Einstein sull’Atlantic Monthly del novembre 1945, l'ex sottosegretario di Stato americano Sumner Welles fu aspro riguardo alla visione apparentemente credula di Einstein riguardo all'Unione Sovietica come possibile partner per la pace, riservando il suo commento più critico all'opinione di Einstein secondo cui un governo mondiale doveva avere il potere di intervenire nei paesi in cui una minoranza opprimeva la maggioranza. Non si applicava forse, chiese Welles, all'Unione Sovietica? Era anche critico nei confronti della mancanza di fiducia di Einstein nelle Nazioni Unite, che erano agli inizi. Il governo mondiale, scrisse Welles, doveva essere l'obiettivo finale, ma ci sarebbe voluto del tempo e l'impegno nei confronti dell'ONU, che, nonostante tutti i suoi limiti, era la migliore prospettiva per la cooperazione internazionale. Le proposte di Einstein, concluse, erano irrimediabilmente idealistiche.60

Einstein scrisse una risposta, che tuttavia fu pubblicata solo dopo la sua morte. Come ci si poteva aspettare, la sua risposta fu essenzialmente etica piuttosto che istituzionale o politica. Nell'ambito dell'attività umana, diceva, "everything depends on the strength of men’s convictions. Given that no one could doubt the apocalyptic consequences of a war among the great powers, is it really a sign of unpardonable naivety to suggest that those in power decide among themselves that future conflicts must be settled by constitutional means rather than by senseless sacrifice of great numbers of human lives?" Inoltre, il metodo dei passi lenti e pazienti era stato provato ed era fallito: "There was no gradual way to secure peace" (corsivo nell'originale). La formazione degli Stati Uniti dalle ex colonie britanniche "through a resolute and creative act" era un buon precedente per il tipo di soluzione richiesta nell'attuale pericolosa situazione.61

Einstein non fu il solo a invocare l'esempio della Costituzione degli Stati Uniti in relazione al governo mondiale. In effetti, la prevalenza del modello federale nelle organizzazioni di governo mondiale con sede negli Stati Uniti era una naturale conseguenza della sua stessa esperienza politica. Nel suo The Anatomy of Peace, Emery Reves, un emigrato ma come Einstein impressionato dal sistema di governo americano, invocava gli argomenti di Alexander Hamilton in Federalist Papers (1787-8) a favore della ratifica della Costituzione degli Stati Uniti. L'esperienza della Confederazione aveva dimostrato che lasciare la sovranità nelle mani dei singoli Stati portava solo al conflitto e alla disunione. "History demonstrates how right Hamilton was", disse Reves, e gli stessi argomenti si applicavano ora a livello mondiale.62 L'analogia americana, tuttavia, era un'arma a doppio taglio. Il teologo e filosofo politico Reinhold Niebuhr la usò per sostenere il caso opposto in un articolo il cui titolo – "The Illusion of World Government" – trasmette l'essenza della sua argomentazione. Praticamente tutti gli argomenti a favore del governo mondiale, scrisse, "rest upon the simple proposition that the desirability of world order proves the attainability of world government". Ma i governi non sono mai stati creati per decreto e in ogni caso "have only limited efficacy in integrating a community". La fondazione degli Stati Uniti non ha dimostrato la validità del governo mondiale. La Costituzione degli Stati Uniti non ha creato essa stessa l'unione; l'unione è stata forgiata nella lotta contro un nemico comune, e lo scopo della Costituzione non era creare qualcosa di nuovo ma, nelle parole del suo preambolo, stabilire "a more perfect union": cioè più perfetta di quella che esisteva secondo lo Statuto della Confederazione. E anche allora ci volle una sanguinosa guerra civile per stabilire pienamente il primato della Costituzione.63 Significativamente, lo stesso Einstein aveva invocato la guerra civile americana in risposta a un piano di pace che gli era stato inviato per la sua approvazione a metà degli anni ’30, ma per affermare il contrario. Einstein affermava che non si poteva fare affidamento sulla parola dei governi nazionali per impedire lo scoppio di una guerra, poiché le loro iniziative potevano essere annullate da potenti interessi all'interno delle nazioni, come anche, per analogia con la storia americana, nel 1861 gli stati del Sud sfidarono il governo federale. L'ordine fu ristabilito solo dopo l'esercizio di determinante forza militare da parte dell'esercito dell'Unione. Per estensione, solo una "world authority" sostenuta dal potere militare avrebbe potuto produrre lo stesso risultato su scala globale.64

Un'ulteriore prova della popolarità dell'analogia con il federalismo americano in relazione al governo mondiale si trova in una lettera di J. Robert Oppenheimer a Einstein. Einstein aveva scritto a Oppenheimer nel settembre 1945 nell'errata convinzione che Oppenheimer fosse stato un firmatario della petizione Oak Ridge sul controllo internazionale dell'energia atomica che Einstein, insieme a Emery Reves, considerava carente in quanto era ancora legata alla nozione di un mondo di nazioni sovrane. Per rafforzare il suo punto, Einstein allegò una lunga lettera di Emery Reves che delineava il suo concetto di governo mondiale. Nella sua risposta a Einstein, Oppenheimer sottolineò di non aver firmato la petizione e di essere d'accordo con le obiezioni di Einstein, anche se in modo meno completo con quelle di Reves. La sua riserva si basava sulla sua opinione che "the history of this nation up through the Civil War shows how difficult the establishment of a federal authority can be when there are profound differences in the structure and values of the societies it attempts to integrate. I therefore view the problem as more, rather than less, difficult than Mr Reves suggests".65

La differenza tra Einstein-Reves e Welles-Niebuhr-Oppenheimer si riduce al loro giudizio sulla probabilità che le nazioni accettino di cedere la loro sovranità al servizio della pace globale. Einstein e Reves presumono, sulla base dell'urgenza esistenziale della questione, che il punto finale non possa essere in dubbio. Il governo mondiale deve venire: era una questione di sopravvivenza. I loro commenti confermano la conclusione di uno storico del movimento federalista mondiale secondo cui "it is almost impossible to exaggerate the importance of the feeling that there were no alternatives to federalism".66 La questione era semplicemente come garantire un governo mondiale contro il regresso. Al contrario, Niebuhr, Welles e Oppenheimer dubitano che si possa raggiungere un accordo su una struttura per il governo mondiale, data la diversità delle nazioni del mondo e la loro propensione a non essere d'accordo.

A un certo livello, questi scambi illustrano la malleabilità dell'analogia americana, riecheggiando i dibattiti sulla natura del federalismo nel corso della storia americana. Può darsi che, per nuovi arrivati come Einstein e Reves, la cui conoscenza del passato americano era sommaria, l'analogia fosse particolarmente allettante, in particolare la visione della Costituzione federale concepita in un periodo di settimane nel 1787. Al fine di stabilire la posizione di Einstein sulla questione del governo mondiale, tuttavia, lo si mostra allineato con Reves sul principio di base, se non sull'architettura dettagliata, del governo mondiale: la sovranità nazionale deve essere severamente ridotta, anche se (nel alla luce delle riserve di Einstein su Reves discusse in precedenza) non poteva essere totalmente abbandonata. E, inoltre, deve accadere presto; il mondo non poteva aspettare che comparisse un consenso. In sintesi, troviamo Einstein che difende fermamente il terreno centrale su cui si basa l'argomentazione per il governo mondiale, mentre respinge le sue implicazioni più estreme. Starà con Reves su questo terreno centrale ma non difenderà le sue posizioni periferiche.

A giudicare dalla frequenza e dall'intensità dell'impegno di Einstein con la questione del governo mondiale, per lui si avvicinava per importanza al sionismo culturale. Riuniva in un unico fascio la sua preoccupazione di come sbarazzarsi dei conflitti che davano origine alla guerra e di come controllare gli strumenti della guerra. Parlava della sua autoidentificazione come cittadino del mondo piuttosto che di una singola nazione. A differenza della solita politica spacciata da chi detiene il potere e del realismo "sophisticated" degli intellettuali sostenitori del gradualismo, la campagna per il governo mondiale stette all'altezza della portata della crisi globale causata dalla guerra, dalla creazione e dall'uso di armi atomiche bombe e dallo scivolamento nella guerra fredda.67 Tuttavia, come abbiamo visto, Einstein non permise che la sua adesione al principio del governo mondiale lo tagliasse fuori da cause come il sionismo e l'indipendenza indiana, che pure esprimevano con forza il suo senso di ciò che era importante. Che ciò sia considerata una contraddizione o un'apertura alla complessità, era parte integrante della sua capacità di influenzare i dibattiti su una serie di cause. Negli ultimi anni della sua vita, l'effetto polarizzante della guerra fredda rese questo equilibrio molto più difficile da mantenere.

Il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru e sua figliaIndira Gandhi visitano Albert Einstein alla Albert Einstein House, 112 Mercer Street a Princeton, nel 1949

(Note e riferimenti a fine libro)

  Per approfondire, vedi Serie delle interpretazioni, Serie dei sentimenti e Serie letteratura moderna.