Storia della letteratura italiana/Teatro del Settecento

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Il Seicento era stato dominato dalla Commedia dell'arte, che in gran parte d'Europa era stata identificata con il teatro italiano tout court. Nel Settecento, come si è già visto parlando dell'Arcadia e dei librettisti, si tentano nuove strade. Mentre Metastasio riforma il melodramma, Goldoni rinnova la commedia e riporta il teatro italiano ad avere un ruolo di primo piano sulla scena europea. Il maggiore tragediografo di questo secolo è però Vittorio Alfieri, che influenzerà i poeti del secolo successivo.

La commedia

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Dopo un lungo secolo di Commedia dell'arte, gli autori di drammi dell'inizio del Settecento si dedicano all'analisi delle forme teatrali e alla fondazione di una nuova drammaturgia. Per la commedia il rapporto con il teatro dell'arte è subito conflittuale, poiché in tutta Europa la commedia delle maschere è considerata la "commedia italiana" con i pregi ma anche i difetti di una drammaturgia quasi assente e la poca cura dei testi rappresentati, quasi mai pubblicati. Inoltre il confronto con la commedia del resto d'Europa penalizza molto il teatro italiano. All'inizio del XVIII secolo la commedia cortigiana si avvale della produzione della scuola toscana della commedia detta "pregoldoniana" del fiorentino Giovan Battista Fagiuoli e dei senesi Girolamo Gigli e Jacopo Nelli.

Grazie all'esempio di Molière e al lento distacco del francese dalla commedia italiana per costituire una forma intermedia di dramma a metà tra quella dell'arte e la commedia erudita, pur mantenendo fisse le presenze di ruoli classici della commedia dell'arte, fa sì che per la prima volta si scoprano i volti degli attori e che le maschere cedano il posto a nuove figure come quella del Borghese gentiluomo, del Tartufo, del Malato immaginario ecc.

Su questo modello i pregoldoniani costruiscono e stendono le trame delle loro commedie, alle volte anche sin troppo simili a Molière. In particolare il personaggio di Don Pilone di Girolamo Gigli è costruito su quello del Tartufo in modo da rischiare il plagio. Altri come Fagiuoli partono invece dalle maschere per ripulire gli eccessi degli zanni. Uno dei ruoli fissi delle sue commedie è quello di Ciapo, contadino toscano, che richiama lo zanni ma anche i servi scaltri della commedia rinascimentale.

La tragedia

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Jean Racine

Se per la commedia la situazione italiana è oscurata dalla ormai centenaria tradizione della commedia dell'arte, per la tragedia la situazione è peggiore. In Italia non era mai esistita una tradizione tragica alla quale ricondursi: anche il Cinquecento aveva espresso ben poco oltre Trissino, Guarini e un Tasso decisamente minore rispetto a quello della Gerusalemme liberata. In compenso esiste un ampio patrimonio tragico all'interno del melodramma ma che non risponde alle esigenze di coloro che ammirano il secolo d'oro francese di Corneille e Racine.

L'erudito e teorico del teatro tragico Gian Vincenzo Gravina, già maestro di Metastasio, tenta una via italiana alla tragedia che rispetti le unità aristoteliche ma le sue tragedie sono fredde, preparate a tavolino e poco adatte alla rappresentazione. Sulla spinta di Gravina si afferma però uno dei migliori tragediografi italiani del Settecento prima di Alfieri: Antonio Conti, che insieme a Scipione Maffei scrive La Merope, la tragedia italiana più rappresentativa di questo inizio secolo e apre le porte alla tragedia di Alfieri.

Per la tragedia, tra gli altri, va ricordato Pier Iacopo Martello, che si rifà al teatro francese del Seicento.

Le riforme del teatro

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Il teatro italiano riprende un ruolo di primo piano all'interno del panorama europeo, nel melodramma con Metastasio (di cui si è già parlato) e nella commedia con Goldoni (1707-1793). Metastasio ridà spessore al libretto, anche a scapito della musica e del canto, purificando il linguaggio poetico e migliorando la caratterizzazione dei personaggi, al punto da divenire non solo il librettista più ricercato fra i musicisti europei, ma persino un autore teatrale rappresentato anche in assenza della musica.

Goldoni è un riformatore e uno sperimentatore, spaziando dalla commedia di carattere a quella di ambiente, dalla drammaturgia borghese a quella popolare, dalla commedia dialettale esaustiva alla rappresentazione della realtà veneziana focalizzata nelle contraddizioni sociali, politiche e economiche.[1]

  1. Giovanni Antonucci, Storia del teatro italiano, Roma, Newton Compton, 1996, pp. 49-56.