Libro di cucina/Ricette/Finanziera

La finanziera è un piatto tipico piemontese nato durante il medioevo. È un piatto povero, nato dal riutilizzo delle parti scartate durante la trasformazione dei galletti in capponi e di alcuni scarti di macellazione dei bovini.

Ingredienti modifica

Gli ingredienti, in quantitativi secondo il numero dei commensali, sono, nella sua versione attuale[1], prevalentemente costituiti da:

Preparazione modifica

La carne di manzo (o vitello) viene infarinata e fatta appena rosolare nel burro in una larga padella. Si aggiungono le parti molli di bovino e quelle del pollo, opportunamente e precedentemente mondate della eventuale pellicina e lavate in acqua corrente, la salsiccia (eventuale), e dopo un ulteriore, breve intervallo di cottura, si aggiunge acqua e si fa cuocere a fuoco medio; a metà cottura si aggiungono la giardiniera ed i funghi opportunamente scolati e, poco prima di finire, un cucchiaio di aceto ed un mezzo bicchiere di vino marsala secco; si sala e si fa addensare con un'ultima cottura a fuoco vivace e si serve ben caldo. Un buon complemento consiste nell'aggiungere verso fine cottura piselli freschi fatti cuocere a parte nel burro, in quantità tale però da non soverchiare le carni.

Note modifica

  1. Ve ne sono molte, che tuttavia differiscono per particolari vari ma non mutano sostanzialmente la natura del piatto. Le differenze sono anche dovute alla sempre maggior difficoltà di trovare facilmente certi componenti come, ad esempio, i bargigli del gallo.
  2. Le parti molli di bovino, assieme alle parti di pollo della ricetta, sono costituenti fondamentali di questo piatto antico. Esse, prima dell’invenzione e della diffusione dei refrigeratori (secolo XX), non potevano essere conservate data la loro rapida deteriorabilità. Questo faceva di loro un componente povero, cioè di basso prezzo. L’utilizzo di aceto, direttamente o mediante le verdure conservate, è evidentemente finalizzato a correggere il gusto leggermente dolciastro di queste frattaglie e, forse, serviva anche a mascherare un inizio di decomposizione delle medesime, già avvertibile il giorno successivo alla macellazione in assenza di mezzi di refrigerazione. Si trattava comunque di un piatto da consumarsi, proprio per questo motivo, in tardo autunno o nell'inverno.
  3. Questo ingrediente non appartiene evidentemente alla ricetta originale che indicava un modo di utilizzo di parti destinate ad essere gettate nella spazzatura se non utilizzate subito dopo la macellazione. Problema che non sussisteva invece per queste parti “nobili” del bovino, quanto meno per un discreto periodo successivo alla macellazione.
  4. Oggi questa si trova in commercio già preparata in vasi di vetro a tenuta ermetica. Originariamente si preparava molto prima, cuocendo le verdure in acqua ed abbondante aceto.

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